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Autore: Daygumw    11/09/2013    0 recensioni
What if, if today was your last day and tomorrow was too late, could you say goodbye to yesterday?
E così,eccoci qui, rinchiusi in un mondo ovattato. Fatto di musica, legami deboli come ragnatele, e sogni. Sogni confusi che sono molto meglio della realtà e in cui è facile rinchiudersi...
Chiudere gli occhi ascoltando musica e immaginando...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sbatté con forza la porta dietro di sé. Ma nessuno la sentì. Era quel suo perenne chiudersi dentro sé stessa che odiava di più di sé stessa.
“ come è andata la giornata?” chiese una voce immaginaria.
“ come al solito” rispose la ragazza nella sua mente.
Ed era la verità, la pura e semplice verità. Terribilmente monotona.
Mandò un messaggio a Marco, “Sn Lucia T v s c vediamo in biblioteca x studiare?”. Si sentiva una perfetta idiota ad aspettare la risposta che infondo sapeva che non sarebbe mai arrivata. Marco non era proprio un suo amico e, come tutti gli altri, non aveva molta stima di lei (non ne aveva per niente). Nessuno ha stima di nessuno. Perché nessuno si fida mai di nessuno. E nessuno più nessuno fa: niente, zero assoluto.
Giuseppe entrò nella sua camera seguito da Filippo.
- Lu, ma lui mi ha preso la macchinina, quella che si muove con la rincorsa.- . i soliti.
- Non è vero, quella era mia!-
- Ma ci stavo giocando io! Chi va a Roma perde poltrona!-
- No, non è giusto! Lu, diglielo che non è giusto, deve ridarmela!-
I due bambini iniziarono a menarsi mentre la ragazza li guardava a metà tra il divertito e l’esasperato. Erano così uguali che era difficilissimo distinguerli, ma una sorella riesce a distinguere i suoi fratelli, anche quando sono gemelli.
- Basta. Fate testa e croce.- suggerì infine.
Tanto sapeva come sarebbe finita, uno avrebbe perso e avrebbe chiesto la rivincita. Dopo tre volte il vincitore avrebbe preso il suo premio trionfante, come un eroe. Il perdente invece sarebbe corso nelle braccia della mamma finché non avesse ottenuto anche lui un premio. Era sempre così, e forse lo sarebbe stato all’infinito.
Almeno l’avrebbero lasciata in pace. E così fecero.
Così Lucia si richiuse nel suo mondo, accese l’mp3 e si sparò rap nelle orecchie a tutto volume. Le parole entravano dentro e la ferivano ma erano le stesse che avrebbe urlato lei, ma si limitava ad ascoltarle. E intanto scriveva sul suo quaderno sgualcito che portava sempre con sé, come il cellulare, come qualcosa d’indispensabile.
                                                                                                                                                             “5/12/12
È inutile piangersi addosso. I grandi non piangono e io non sono più una bambina. Ma mi sento stra sola e non riesco a capire perché non posso essere come tutte le altre che se ne fregano altamente di quello che a loro non garba. e stanno sempre con le persone che sono carine, simpatiche ed hanno qualcosa che io non ho la più pallida idea di cosa sia. Non importa. – Hai sbagliato-  mi dicono, sempre. Ma che cosa mi succede? Lo so, è quel sentimento che si prova quando si sente che nessuno ti vuole tra le palle. E vorresti scomparire, morire. Tanto chi se ne accorgerebbe? Nessuno. E continuano a dire menzogne, o forse sono io che continuo a mentire? Ma perché vorrei un’altra verità che purtroppo non esiste…”
 
Le parole le uscivano come un fiume in piena.
Non c’era nessun motivo vero per piangere, ma le lacrime fuggivano via dal suo cuore insieme a quelle parole che nessuno avrebbe mai letto, che avrebbero fatto male solo a lei. E Lucia lo sapeva, ma non le importava.
Si nascose sotto le coperte, come un qualcosa per proteggersi dal freddo. Inutile, perché il freddo era dentro di lei.
Si sfregò le mani al buio. Non poteva dormire, non ci riusciva. Come se fosse nata con una maledizione addosso. Non riusciva a dormire, solo rare volte quando era stanchissima. Quella notte era come tutte le altre: insonne
Si alzò, si sedette e si rialzò di nuovo nervosa. Le sue mani dovevano fare qualcosa. Allora prese un foglio e si mise a disegnare, non sapeva cosa, iniziò e basta, per poi alla fine ritrovarsi davanti l’immagine di una bambina con le mani tra i capelli. Disperata.
Si guardò le mani come per interrogarle, ma non ebbe nessuna risposta.   
  
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