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Autore: EtErNaL_DrEaMEr    18/03/2008    8 recensioni
[Eclipse.] Mi guardava, seduta sullo sgabello.
Sembrava mi stesse aspettando.
Ne ebbi la certezza quando mi si avvicinò danzando, rimproverandomi dolcemente del mio ritardo.
Non capii.
...ma i gentiluomini non mancano mai di rispetto ad una donna.
"Mi dispiace, signorina"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eclipse
I personaggi sotto citati non mi appartengono, ma sono proprietà della loro creatrice. No scopo di lucro.



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I'm sorry, miss



Tutto era buio. La Luna pallida veniva spesso oscurata da nuovole nere di passaggio.
Ma tanto la conoscevo bene quella strada, ormai. L'avevo fatta quel pomeriggio, e avrei dovuto ripercorrerla chissà quante volte ancora.
Galveston - Houston.
Houston - Galveston.

La stanchezza cominciava a farsi sentire, ma non avevo tempo di riposare. Anzi, avrei potuto farlo, ma non prima di aver raggiunto la città.

A un chilometro dalla città fui interrotto nei miei pensieri da delle figure che si avvicinavano nell'oscurità.I loro corpi bianchi sembravano volteggiare, sollevati da terra, e riflettevano i raggi della Luna, donando loro ancora maggior lucentezza.
Erano delle donne...ed erano belle. Stupende.
Ciò che di più bello e affascinante i miei occhi avessero mai visto.
In un attimo furono a pochi metri da me.
Ero sceso da cavallo; pensavo fossero parte del gruppo che avevo appena portato a Houston.
Poi mi resi conto che era impossibile. Volti del genere...non li avrei mai dimenticati.
Continuai a guardarle, incurante che il mio sguardo curioso e sconcertato da tanta bellezza potesse risultare poco educato.


« E' rimasto senza parole»


A parlare era stata la ragazza dalla pelle diafana, la più alta. Mi guardava con un sorrisino a dipingerle il volto perfetto. Non sembrava sorpresa dalla mia reazione.
La giovane dai capelli biondissimi mi si fece più vicino. Istintivamente, pensai di fare un passo indietro. Il mio corpo, però, non si muoveva di un centimetro.
Sembrò annusarmi.


«Mmm, delizioso»


...Sì, mi aveva proprio annusato. Quando si allontanò impercettibilmente da me, sembrò rivolgermi uno sguardo...famelico, bramoso.
Incapace di parlare, vidi la terza ragazza, colei che non aveva mai parlato. Si avvicnò alla bionda, anche lei dalla pelle di gesso, e le sussurrò qualcosa veloce all'orecchio. Troppo veloce perché io potessi comprendere le sue parole.
Una voce pacata, tranquilla. Ma che non ammetteva repliche.
L'unica cosa che le mie orecchie udirono fu un richiamo alla sua compagna.


« Concentrati, Nettie»


Ecco cos'aveva detto.
A dire il vero, sembrava più come un'ordine. Lei, la mora, sembrava essere la più importante, colei che prendeva le decisioni.
Quando il suo volto da angelo si rivolse a me, quasi trasalii. Mi guardò, mi descrisse, come chi sta valutando se acquistare o meno un articolo.
Mi definì "irresistibile". Non seppi se preoccuparmi o meno per quel giudizio.
Cosa significava, per lei, "irresistibile"?
Disse che "voleva tenermi".
...Perché?...Ora, sentivo crescere in me la paura.
La bionda la guardò, quasi dispiaciuta della decisione della bruna. Le disse che era meglio per lei andarsene, visto che avrebbe rischiato di uccidermi.
Maria -così si chiamava la ragazza dai tratti tipici messicani- le disse di portare con sè anche Nettie, l'altra ragazza.
Un altro fremito mi percorse la schiena. Avrei dovuto scappare. Sapevo che avrei dovuto salire in groppa a quel cavallo e andarmene.
Ma non potevo scappare di fronte a delle donne...a degli angeli.
Le altre due ragazze si allontanarono, veloci, come erano venute.

Restammo soli io...e Maria.
Lei mi guardava incuriosita. Io sentii svanire ogni certezza, ogni convinzione a cui avrei potuto aggrapparmi.
Mi chiese il mio nome, mi rivolse delle parole con voce gentile. Si augurò che io sopravvivessi.
Ora nelle mie vene scorreva terrore puro.
Avvolto del buio della notte, circondato dal nulla, con la Luna come unico testimone, non mossi un passo, quando lei mi si avvicinò.
E quando le sue labbra si posarono, gelide, sul mio collo, rimasi immobile.
Smisi di respirare.
... Nel vero senso della parola.


*********

Ormai avevo perso il conto degli anni.
Tornai a casa -una sorta di quartier generale- stanco. Non una stanchezza fisica; ero stanco di condurre quella vita. Se quella di un vampiro si potesse ancora chiamare vita. Decenni di guerre, decenni di morti...decenni di morti...per mano mia. Era incredibile come da qualche tempo quel pensiero mi desse fastidio. Una sorta di blocco allo stomaco....un senso di colpa?

Maria mi aspettava seduta ad una sedia. Aveva lo sguardo pensieroso, fissava il vuoto. Mi trattenni a qualche metro da lei. Era strano; Maria non era mai pensierosa. Ad un mio impercettibile movimento, si girò di scatto, fissandomi.
Nei suoi occhi rossi, c'era quasi...insofferenza.
Un brivido mi percorse la schiena, quando ricordai dove avevo già visto quello sguardo. Nettie. E Lucy.
Anche loro rivolgevano lo stesso atteggiamento a me e Maria, poco prima di rivoltarcisi contro.
...ma Maria non avrebbe mai agito in quel modo. Sarebbe stato contro i suoi stessi interessi. Combattere contro di me avrebbe significato rischiare di mandare all'aria ciò che per decenni era stato il suo obiettivo.
...Eppure, sapevo che stavo solo cercando di autoconvincermi. Quello che vedevo in lei non potevo nasconderlo a me stesso.
E se lei avesse attaccato, se sul serio fosse stata disposta ad attaccare me, il suo unico e più fedele alleato...allora io mi sarei difeso. Istinto di sopravvivenza. Anche quando significa porre fine alla vita di colei che ormai era la mia stessa esistenza.

*****************


Erano passati cinque anni...uno scherzo per me, che ormai potevo contare decenni di vita alle mie spalle. Peter era tornato.
Peter, il neonato sopravvisuto tre anni.
Peter, il mio amico.
Peter, che aveva avuto il coraggio di andarsene. Di prendere con sè Charlotte e di scappare. Per vivere, di nuovo.
.....
...E ora lo stesso Peter era qui davanti a me, a parlarmi euforico ed entusiasta del suo nuovo stile di vita. Niente più guerre, niente più pericoli e rischi.
Da quando se n'era andato, al Nord, non aveva più combattuto, pur entrando in contatto con altri come noi. Anzi, era riuscito a conviverci insieme, pacificamente. Un concetto assurdo, per me.
Non appena finì di parlare, ero pronto a partire con lui. E così feci.
Partii, e mi lasciai alle spalle Maria. Nessun rancore. Una sorta di sollievo per non doverla uccidere, ma assolutamente nessun sentimento che mi trattenesse con lei.

Me ne andai senza rimpianti.


**********************


Il vento soffiava forte. Impetuoso. Le strade di Filadelfia erano popolate solo da gente che cercava di ripararsi e correva verso il primo posto coperto disponibile.
Non mi piaceva quel tempo.
Appena trovai un posto abbastanza deserto e buio, mi ci infilai dentro pure io. Ero irrequieto. Avevo sete. Ma avrei dovuto trattenermi ancora per un po'.
I miei occhi neri erano resi ancora più irriconoscibili dal cappuccio che mi ricopriva quasi tutto il volto. Quando, in un gesto quasi avventato, alzai lo sguardo per vedere chi e cosa mi stava attorno, la vidi.
Il bancone non era molto affollato, chi vi sedeva aveva un'aria stanca, spesso a causa del troppo bere. Lei invece mi sorrideva....e stava fissando proprio me. Dovette fare un piccolo salto per scendere dallo sgabello, minuta com'era. Anche lei indossava un capuccio. Mi chiesi perché.
Poi, quando mi fu di fronte, capii perché. Una tale bellezza avrebbe destato troppa curiosità. Lei...era come me.
Non sapevo cosa volesse da me. Pensai mi volesse attaccare, ma lei continuò a sorridermi, con la testa leggermente inclinata di lato.
Continuavo a non capire. Poi lei parlò.


«Mi hai fatto aspettare parecchio.»


Mi colse di sorpresa.
.....Che mi conoscesse?
La mia indole umana si fece sentire. Mai mancare di rispetto ad una signorina. E' così che si comportano i bravi gentiluomini del Sud.
Mi chiani poco, in segno di scuse.


«Mi dispiace, signorina»


Con la testa ancora china, vidi davanti agli occhi una mano bianca ed esile.
Alzai lo sguardo. Mi stava porgendo la mano.
...E io la afferrai. Senza sapere perché.


Per la prima volta in almeno un secolo sentii rinascere la speranza.


****************


Si diresse sicura verso la massiccia porta di legno scuro che spiccava sulla facciata della casa. Non aveva avuto alcun problema a trovare quell'abitazione, seppur non fosse affatto in vista.
Le sue nocche bianche si avvicinarono veloci al legno, e con un movimento leggero e incredibilmente aggraziato bussò.
Subito ci aprì la porta una donna. Non era molto alta e slanciata, ma in lei riconoscevo quella bellezza, quell'unicità che sapevo essere propria solo di quelli come noi. Ci rivolse uno sguardo sorpreso, che si accentuò ancor di più mentre vedeva Alice sfilarle davanti, dritta verso il grande salone, come se non avesse avuto bisogno di alcun permesso. Come se conoscesse già a memoria quella casa.
Non sapendo che fare, rivolsi uno sguardo quasi di scuse per l'invadenza alla donna ancora ferma sulla porta, e seguii Alice.
Mi fermai sulla soglia della sala.
Di fronte a me, quattro vampiri mi guardavano con la stessa sorpresa che avevo vista poco prima negli occhi della donna alla porta.
Il primo a muovere un passo verso me e Alice -per niente intimorita o a disagio- fu quello che mi sembrava essere il più maturo tra di loro. Biondo, e con un sorriso cordiale, si avvicinò ad Alice.
Lei, non appena se lo vide davanti, inclinò la testa di lato, ricambiando il sorriso.


«Salve, Carlisle...» disse, sicura di sè. Poi uno ad uno, si rivolse agli altri presenti nella sala. «Emmett...Rosalie...Esme..» ci fu ancora più dolcezza nella sua voce, quando chiamò per nome l'ultima di loro. Era la donna che ci aveva aperto.


Poi si girò ancora di poco, fino a incrociare le iridi stranamente dorate dell'ultimo componente di quell'insolita famiglia. Aveva i capelli di un colore bronzeo; la pelle di gesso come tutti gli altri. Era seduto su una poltrona e guardava fisso Alice, impassibile. A differenza degli altri, in lui non leggevo sorpresa o preoccupazione. Solo curiosità.
Il sorriso di Alice si fece ancora più ampio, sinceramente felice.


«...Edward...» disse infine, dolcemente.

Quando distolse lo sguardo dal suo, si rivolse nuovamente a Carlisle..o almeno così mi sembrò.
Sul suo volto si dipinse un sorriso da bambina, mentre , con le mani giunte dietro la schiena, si dondolava piano avanti e in dietro, perlustrando con gli occhi tutto ciò che era intorno a lei.
Sembrava quasi impaziente.
...E non ci fu ombra di timidezza quando chiese:


«...Qual è la mia stanza?...»



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Rieccomi tornata;P!!
Spero che questa storia vi sia piaciuta ugualmente, pur non trattando di Edward e Bella. Quando ho letto la storia di Jasper, mi è venuta quest'idea. In fin dei conti, non si tratta di altro che di una sorta di 'rivisitazione' dell'accaduto (infatti molte frasi sono riprese tali e quali, in corsivo, dal libro), con qualche aggiunta;)!!
...Infine, volevo dirvi davvero grazie di cuore per i vostri bellisimi commenti all'altra mia ff su Twilight. Davvero. Non mi aspettavo potesse piacervi così tanto, quindi vi ri-ringrazio tantissimo!! *me con i lacrimoni*
Spero mi lasciate qualche recensione anche su questa storia, che mi è piaciuto molto scrivere!


Un bacione enorme=*
  
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