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Autore: Sway_    11/09/2013    0 recensioni
Prima storia che scrivo spero vi piaccia :)
"Dal bosco a qualche centinaia di metri da noi uscì un gruppo di cervi in preda al pamico, li inseguiva un gigantesco lupo fulvo"
È la storia di Nasha, una ragazza scappata dalla sua città in cerca di territori nuovi. Il suo viaggio però comprenderà anche un lupo e forse il suo primo amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano già diversi mesi che vaggiavo. Non più legata alla mia città, ero partita in cerca di una vita migliore. Così, una notte, ero montata a cavallo con l'idea di non tornare, asciando solo un biglietto all'unica persona che mi era rimasta, mia sorella Helen. Lei che, essendo più grande di me, si era trovata marito e aveva formato una famiglia. Cosa potevo centrare io con la sua vita? Non eravamo neanche tanto legate, quindi senza rimorso le scrissi due brevi righe:
"Cara sorella, sono partita con l'intento di non tornare. Ti scrivo solo per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me in questi ultimi anni dopo la morte di nostro padre. Con affetto Nasha."
Sicuramemte non fu un addio dei più calorosi, la fretta e il debole legame che ci univa non mi fecero trovare parole migliori. Ed eccomi qui, sdraiata a terra in mezzo a un prato, con i capelli corvini che si intrecciano col lerba e col sole che mi abbronzava la pelle bianca come il latte.
Hicup, il purosangue che scelsi per il viaggio, brucava tranquillo a qualche metro di distanza, dovevo essere a qualche miglio dal Mare del Nord poiché le notti iniziavano ad essere molto fredde.
D'un tratto il cavallo alzò la testa irrequieto. Io mi alzai di scatto e corsi da lui per evitare che scappasse. In lontananza sentii anch'io un suono, parevano zoccoli: molti, moltissimi zoccoli, in preda alla fuga. Raccolsi la mia roba e mi diressi col cavallo dietro a un grosso masso abbastanza largo da nasconderci.
Dal bosco a qualche centinaia di metri da noi uscì un gruppo di cervi in preda al pamico, li inseguiva un gigantesco lupo fulvo. Lo vidi balzare addosso a un cervo maschio e morderlo al collo, affondando i denti nella sua carne. Per poi inseguirne un altro. Rimasi dietro alla roccia inorridita mentre quella bestia massacrava il terzo cervo e lo trascinava verso gli altri. Sembrava stanco e i cervi ancora vivi erano ormai lontani. Ciò che vidi dopo fu hai limiti dell'impossibile.
Avevo sentito parlare di persone che sapevano usare la magia ma non avevo mai visto nulla del genere, il lupo si accasciò a terra e si tramutò in un uomo dalla bellezza magnetica vestito normalmente a parte la giacca di pelo che richiamava quello del lupo. Impugnai d'impulso la spada che anni prima mio padre forgiò per se, iniziai ad avvicinarmi spaventa come poche volte in vita mia. L'uomo a qualche passo da me stava spellando e pulendo i cervi. Nel tentativo di avvicinarmi, l'alta erba provocava lievi fruscii ad ogni mio passo ma lui parve non accorgersene, allora con la spada saldamente in mano continuai ad avvicinarmi, ero a pochi passi da lui e in un secondo mi ritrovai a terra con la spada poco lontana.
L'uomo, che poco prima era girato di spalle, adesso era retto davanti a me e i suoi occhi azzurri e profondi mi scrutavano. Io mi rialzai riprendendo spada lui, invece stette fermo come ad aspettare una mia mossa. Allora strinsi l'elsa e feci un passo, lui a sua volta ne fece un altro verso di me. Impaurita e ammaliata da quel uomo movei un fendente che lui schivò con facilità e, trovando il momento adatto, mi diede un poderoso pugno allo stomaco. Io, lasciando cadere la spada, svenni ma l'uomo mi afferrò tra le sue possenti braccia prima che toccassi il suolo.
Mi svegliai che era già notte inoltrata, ero stesa di fianco a un fuoco coperta da quella che sembrava essere la giacca dell'uomo che mi aveva colpita. Mi sedetti e mangiai la carne che c'era nella ciotola di fianco a me. Li non c'era nessuno, neanche quel barbaro che, a giudicare dai cervi morti e dalla giacca che mi riscaldava, a quanto pare mi aveva curata.
Provai ad alzarmi ma una fitta allo stomaco mi fece urlare e ricadere a terra, mi alzai la camicia e vidi un gonfiore all'altezza dello sterno, probabilmente mi ero rotta una costola. Mi rassegnai e capì che scappare sarebbe stato solo doloroso e controproducente ma per sentirmi al sicuro mi portai la spada al fianco.
Ore dopo tornò l'uomo di cui ancora non sapevo il nome, non mi guardò neanche e si sedette, mangiando la sua parte di cibo per poi distendersi.
"Come sai che non ti ucciderò durante il sonno?" chiesi, stupita.
Ci fu un lungo silenzio poi l'uomo rispose.
"Hai una ferita che non ti permette di muoverti con agilità, e anche se fossi nel pieno delle tue forze non riusciresti neanche a graffiarmi.." poi tacque.
Io ammaliata dalla sua voce tornai in me e riflettei sul discorso che mi aveva appena fatto.
"Non credi di essere troppo sicuro di te?" chiesi offesa della poca considerazione che aveva della mia forza.
"Se si tratta di battere una ragazzina scappata di casa no, non sono troppo sicuro di me"
Offesa strinsi l'elsa della spada pronta ad affondargliela nel petto così mi alzai di scatto, ma urlai per il dolore.
L'uomo non si mosse. Solo dopo, con calma, voltandosi mi disse:
"Visto? Avevo ragione. Ragazzina torna a casa questo non è un posto adatto a te."
"No!" dissi convinta "Voglio viaggiare e vedere il mondo, sogno di diventare una guerriera."
L'uomo scoppiò in una fragorosa risata che mi raggelò il sangue. "Hahahah una guerriera, ragazzina sei svenuta al primo pugno, non dire assurdità hahaha."
"Ero solo molto affamata!"
"Non prendermi in giro." disse vedendomi rossa in volto.
Dopo qualche minuto di silenzio, nei quali l'uomo continuò a fissarmi, disse:
"Come ti chiami? Perché hai tentato di conficcarmi la tua spada nella schiena?"
Il suo volto, a quelle parole, si fece serio. Io intimorita stetti zitta;
"Ti conviene parlare, non sono un uomo con notevole pazienza..."
"Mi chiamo Nihall" dissi quasi balbettando "Vengo dalle terre a sud, viaggio da parecchi mesi." poi tacqui.
"...Non hai risposto alla domanda."
"Ero spaventata e inorridita, l'ho fatto senza pensarci..."
"Se fossi stato un assassino a quest'ora saresti sotto terra." disse con tono glaciale.
Calò il silenzio, ero stata sgridata, ammonita e derisa da un perfetto sconosciuto, abbassai il volto e non apri più bocca.
Lui si sdraiò di nuovo, e io non riuscivo a smettere di fissarlo. Indossava solo una camicia di lino semitrasparente che lasciava intravedere i muscoli della schiena e le possenti spalle; i lunghi capelli rossi vicini alla luce del fuoco rilucevano come le fiamme stesse.
Passarono alcune ore, di fianco a me avevo ancora la sua giacca di pelo, anch'esso rosso ma di una tonalità più spenta, mi alzai lentamente con la giacca in mano ero intenta ad andarmene, quell'uomo di cui non sapevo nulla era bello ma spaventoso e non potevo fidarmi.
La ferita faceva meno male e io riuscì a fare alcuni passi prima che qualcosa mi bloccasse la caviglia. Mi voltai di scatto e vidi la mano dell'uomo e i suoi occhi, che dal basso mi scrutavano severi.
"Sdraiati e dormi" disse.
Io cercai di fare un altro passo ma lui mi strattonò la caviglia facendomi cadere all'indietro poi, a mia sorpresa, mi afferrò e mi distese a terra poco lontano da lui.
"Dormi!" mi ordinò
Io, rassegnata, mi misi la giacca sotto la testa e cercai di dormire. Davanti a me ora c'era il suo volto, mi fissò per un secondo e chiuse occhi. Io mi voltai, non sarei riuscita a dormire se avessi continuato a fissarlo, il suo volto mi attirava.
Quando mi svegliai, la mattina seguente, il sole era già alto e lui non c'era più.
"Ma dov'è andato?" mi chiesi perplessa.
"Sono qui" disse una voce alle mie spalle che mi fece sobbalzare.
Mi girai di scatto e lo vidi che avanzava verso di me. Poi mi sfiorò il petto senza toccarmi. Sentii un forte calore e il dolore cominciò attenuarsi poco per volta.
"Grazie.." dissi sbalordita.
Mangiammo una colazione improvvisata in completo silenzio. Quando stavamo per alzarci, iniziai a chiedere:
"non so ancora il tuo nome.."
"Arthas" disse velocemente senza smettere di riordinare.
"Perché non mi hai lasciata scappare questa notte? Cosa ne vuoi fare di me?"
"Non voglio farti niente di male ma dovresti scegliere meglio i momenti in cui scappare, la foresta è pericolosa la notte non ti conviene fare la stupida"
"E quindi che dovrei fare? Seguire te?"
"Assolutamente no! Io viaggio da solo! Trova la strada da seguire e arrangiati" disse quasi urlando.
Feci per andarmene quando aggiunse con acidità:
"Hey, la mia giacca.."
Io mi tolsi lo zaino dalle spalle presi la giacca e gliela lanciai in faccia. Non sapevo perché fossi arrabbiata ma sperai di non doverlo più rivedere.
Montai su Hicup e, abbastanza velocemente, me ne andai...
 

Salve a tutti, è il mio primo racconto e spero vi sia piacuito. A breve metterò il seguito, scrivo tutto senza una vera e propria guida qundi non posso farvi anticipazioni.
A presto, Sway :D
  
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