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Autore: Camelia013    11/09/2013    0 recensioni
Credo che stare ad aspettare sia davvero un magro affare: mi sento schiacciata dai tuoi occhi di ghiaccio, ma sento che nel tuo cuore ci sono ferite che il tempo non potrà guarire; sento il respiro di qualcuno che si sforza di trasalire e le catene che mi stringono i polsi. Sai cosa intendo. Merito la felicità che augurai in quella dannata lettera a mio padre, in una notte di forte desiderio e tenacia? Riuscirò a spezzare ... quelle catene?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Orgoglio
Quella sera sapevo di avere la carica sufficiente per affrontare quel pubblico: esso sembrava emozionato, ma che fosse anche pronto a criticare la mia esibizione.
Ricordo solo che Mitch, il mio manager, mi disse: "Falli neri, piccola." e che qualcosa, dentro di me, mi sussurrò che tutto sarebbe andato al meglio.
Presi il microfono e raggiunsi il palco mentre il mio vestito, contornato da paillettes dorate, strisciava sul pavimento; quella distesa di persone mi fece esitare per un istante, ma quando
l'orchestra cominciò a suonare, la mia voce quasi fu costretta a seguire quella melodia per cui avevo lavorato da mesi.
Quando la musica cessò, il silenzio fu immediatamente sostituito da applausi e urla. Ero andata bene?
Ritornai nel backstage e tutto lo staff che lavorò con me quasi si commosse nel vedermi finalmente davanti ad un pubblico.
"Io lo sapevo, Jamie."
 
"Complimenti Jamie, sei stata davvero brava!" esclamò emozionata Priscilla mentre mi faceva compagnia nel mio camerino.
Arrossii per le congratulazioni e mi sfilai gli orecchini d'oro, per poi poggiarli delicatamente sul davanzale: "Chissà se un altro locale mi prenderà ancora, in futuro ..."
"Stanne certa, mia cara. Stasera il pubblico ti ha mangiata con gli occhi: eri stupenda!"
Non credetti alle parole di Priscilla, anzi: per tutta quella sera non feci altro che rimuginare sugli errori fatti o sulle azzardate irrealizzate.
Mi sedetti e cominciai a struccarmi: gli occhi erano tutti appannati e rossi; dovevo essere esausta. Priscilla, invece, rimaneva poggiata sulla colonna di marmo e mi osservava a braccia consente.
"Ti è ancora arrivato." mormorò.
Spalancai gli occhi.
Era ancora arrivato?
Sì, era da parte a me. Quel meraviglioso mazzo di rose blu, rilegato da un nastro nero. Mi arrivava sempre, quando mi esibivo.
Quella volta però, oltre ai maestosi fiori e il nastro, c'era anche un biglietto. Impaziente, lo presi e lo aprii.
Ero curiosa, lo ammetto. Volevo sapere chi mi mandava quei doni.
Per Jamie.
"Tutto qui?!" sbottai.
 Priscilla sogghignò.
"Che cosa c'è da ridere?"
"Non sapevo fossi così ansiosa di sapere chi fosse il giovanotto che ti manda questi fiori."
Sorrisi in tono scherzoso, cercando di nascondere il mio imbarazzo: "Voglio sapere la sua identità solo per dirgli, finalmente, di togliersi dai piedi."
"Non essere così dura, Jamie. Lo so che dici così solo per nasconderti."
Priscilla mi conosceva fin troppo bene. La conobbi l'anno prima, quando trovai Mitch e insieme a lui decisi di iniziare questa carriera. Mi stette vicina, sia fisicamente che emotivamente, ogni qual volta dovetti esibirmi.
Aveva il doppio dei miei anni ma i suoi ragionamenti erano fin troppo paragonabili a quelli di una ragazza della mia età; forse per questo andavamo d'accordo.
Ripiegai il capo, cercando di camuffare il mio ben evidente disagio.
Priscilla mostrò il suo sorriso perfetto, strizzando gli occhi verdi.
 
Era più forte di me. La mia testa era colma di domande: chi era? Perché lo faceva? Perché proprio delle rose blu?
Forse era Jude, una vecchia fiamma del liceo finita male, che mi faceva degli scherzi, o forse era un uomo sulla sessantina che apprezzava il mio talento.
O forse ...
"Hei! Tu! Non devi stare qui!" sentii tuonare dalla porta la mia guarda del corpo. C'era anche lui?!
Mi precipitai al portone, uscii e intravidi un ragazzo fuggire e sparire all'angolo del corridoio.
Provai a seguirlo anche se a fatica, a causa dei tacchi.
"Signorina Gilles..!" mi chiamò la guardia poi, cominciai a sentire solo il mio fiato, il sangue alla gola e il rumore della mia corsa disperata.
Fuoriuscii dal locale e finalmente vidi il giovane che, vicino alla strada, tentava in vanamente di salire su un Taxi, sotto la pioggia.
Mi avvicinai a lui, con l'ansia che mi fermentava nello stomaco: "Scusi ..." gli toccai la spalla.
Egli si girò, ma con un scatto nervoso e un sussulto impacciato: era un ragazzino molto magro, con degli occhiali rotondi e l'apparecchio.
"Oh mio Dio! Jamie Gilles!" ansimò con un sorriso faceto.
"C-Ciao." balbettai, amareggiata per la persona ritrovatami davanti.
Mi diede una margherita: "Q-Questa è per lei, signorina Gilles." barbugliò "Arrivederci!" e fuggì.
No.
Non era lui.
"Jamie! Ma sei impazzita, per l'amor di Dio!?" avvertii una voce dietro di me: era Mitch che mi coprì le spalle con un cappotto: "Prenderai un mal di gola!" mi spalleggiò, accompagnandomi dentro.
Ma non ebbe importanza.

‘Erano da mesi che non dormivo così bene’.
Questo pensai quando, spalancati gli occhi, avvertii la freschezza e morbidezza delle lenzuola e l’odore della pioggia che scrosciava sulle persiane.
Mi alzai, mi avvolsi la vestaglia di seta e percorsi la camera tappezzata di moquette rossa, abbastanza rilassata.
“Buongiorno Coca-Cola.” Salutai la mia gatta che stava appollaiata su un cuscino, accanto al mio letto. “Dormito bene, dolcezza? Io sì: da favola.” Mormorai al felino.
La sera prima non ebbi avuto modo di ispezionare la stanza che mi aveva prenotato Mitch così, in quel momento di tranquillità, iniziai ad osservare il soffitto, i mobili e i quadri: i muri perdevano la modestia, con quella masserizia in mogano e i dipinti costosi.  Le finestre, grandi quanto trasparenti, mostravano il paesaggio urbano che non sapevo se ammirare o disprezzare: una quantità spropositata di gente percorreva la strada, coperta dagli ombrelli, in contrasto con i Taxi gialli, persi nel traffico.
Attempando quell’ambiente, per un istante ripensai a quel mazzo di rose blu e quella mattina tranquilla si tramutò in una tempesta di pensieri, dubbi e speranze.
Non capivo perché quegli stupidi fiori avessero avuto un impatto così devastante su di me. Dovevo assolutamente scoprire chi me li mandava o non mi sarei mai messa il cuore in pace.
Questo piccolo segreto lo ritenevo imbarazzante e vergognoso, infatti non ne parlai con nessuno, tranne che con Priscilla.
Mitch diceva sempre: “Il segreto del successo è la sicurezza e l’insensibilità.” e io non dovevo invaghirmi di niente. E di nessuno.
Quando iniziai questo lavoro, il mio staff mi fece il lavaggio del cervello: stava cercando, infatti, di tramutarmi in una sciacquetta egocentrica, ma con un grande talento; io non volevo subire questa trasformazione, anche se il terrore di un futuro congedo mi terrorizzasse.
Ero scappata di casa, a soli 18 anni e fu Mitch a trovarmi: papà non accettava il fatto che non volessi iniziare il college, ma che piuttosto desiderassi cominciare una scuola di canto.
Mia madre morì dieci anni prima, perciò mio padre pensava di comandare solo lui. Non ce la facevo più.
Fuggii una mattina di Dicembre: faceva molto freddo e aveva appena cominciato a nevicare. Presi una borsa e posi, al suo interno, quello che riuscii a trovare: vestiti, qualche soldo, un paracqua e una coperta.
Papà lavorava come infermiere, perciò aveva la maggior parte dei turni lavorativi durante la notte, per questo rimanevo spesso da sola, alla sera.
Fu il momento ideale per darsela a gambe.
Scrissi un biglietto e lo misi sul comodino che era situato nella camera da letto. Ricordo di avergli augurato felicità e che me la fossi augurata un po’ anche per me.
Venni fuori dal portone di casa e, con un sospiro deciso, percorsi il marciapiede gelido, contornato dai fiocchi di coltre bianca. Dopo qualche minuto, una forte sensazione di sicurezza si accese in me, come il fuocherello che comincia a germogliare in un caminetto, durante una precipitazione nevosa. Quella destrezza mi scaldò tutta la notte, mentre dormivo nel treno rigido della Metropolitana, che mi stava portando chissà dove.
Transitai cinque interminabili giornate di girovago per la Louisiana, con una preghiera stretta in grembo.
Quella fiamma celatasi giorni prima si spense: c’era troppo gelo, in quel mondo ignorante; non riuscii a tenere in vita quel fuoco.
Iniziai a pentirmi della mia decisione: ‘Forse, avrei dovuto cominciare il college!” oppure “Dovevo rimanere a casa!” pensai. Ma era troppo tardi.
Arrivò il momento in cui dovetti dimostrare al Pianeta che ero diventata una donna.
Forse, il focolare si sarebbe riacceso.
Si riaccese.
“Tutto bene, ragazzina?” percepii una voce, uno di quei giorni. Quell’ammonimento apparteneva ad un signore di media statura, con delle simpaticissime basette scure. Era Mitch.
Presa da un senso di solitudine e frustrazione, raccontai a quell’uomo la mia disavventura, accompagnata da qualche singhiozzo o lacrima; in poco tempo, scoprii che la persona che incontrai stava cercando disperatamente la chiave del suo successo: una Musa, una cantante … più o meno: gli bastava una giovane intonata, bella e appetibile, ma soprattutto che non facesse domande e che non ricattasse per denaro. Avevo tutto i requisiti, secondo lui.
Ero consapevole che mi stesse sfruttando e che mi avesse scelto per la mia ingenuità, ma non mi importava: volevo cantare e mi bastava un tetto e del cibo; magari anche della compagnia.
Accettò le mie condizioni e mi portò via dalla Louisiana.
In quel momento fui veramente lontana da casa: mi trasferii in California.
Realizzai il mio sogno: Mitch m’iscrisse ad una scuola di musica e diventai una cantante professionista nell’arco di un anno.
Ma ricevetti la felicità che mi augurai nella lettera indirizzata a papà? No. Però c’era una cosa di cui andavo molto orgogliosa: tutto quello che compii e tutte le scelte che effettuai le feci perché lo volevo io.


≈Angolo Scrittrice≈
Salve a tutti! Per ora non conosco nessuno su EFP, e mi sono iscritta per far conoscere questa storia un po' particolare. Non sono brava a scrivere, però mi sono impegnata. Se ci sono degli errori, ditemelo in un commento. Ne aspetto molti! Grazie ancora, ciao!

 
  
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