Film > High School Musical
Ricorda la storia  |      
Autore: Hypnotic Poison    18/03/2008    4 recensioni
“Non chiedermi perché ti amo, Gabriella. Non chiedermi perché non riesco a vivere senza di te. Non chiedermi perché non ti riesco a dimenticare.”
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gabriella Montez, Troy Bolton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non chiedermi perché…

Non chiedermi perché…

 

 

 

*Dedicata a Titty90 per ringraziarla di quella che mi ha dedicato, ma soprattutto perché ha accettato la mia amicizia, senza chiedere perché…*

 

 

“Bene, allora esci dalla mia vita e non entrarci mai più!!!”

 

Queste erano state le ultime parole che gli aveva rivolto prima di chiudergli la porta in faccia.

 

Lui aveva cercato di farsi perdonare; aveva gridato, aveva tirato pugni alla porta, ma lei non aveva ceduto. Era sparita dalla sua vita.

 

L’ennesima litigata, la più forte. Quella volta l’aveva combinata davvero grossa; quell’estate lontana al Lava Spring non era niente in confronto.

 

E ora, mentre era a quella noiosa festa ‘per celebrità’, le sue parole gli erano tornate in mente per chissà quale ragione.

 

Troy sbuffò, bevendo un sorso dal suo bicchiere di champagne.

 

Gabriella aveva sempre avuto ragione. Tutte le volte che gli diceva che era cambiato, che era un egoista, che sembrava vivere perennemente con una maschera. Era proprio così, ma lui era stato troppo testardo per ammetterlo.

 

E l’aveva persa, definitivamente.

 

Chi ci aveva messo lo zampino, anche quella volta? Già, proprio Sharpay Evans. Quella biondina presuntuosa e scaltra. Pronta a tutto per ottenere quello che voleva.

 

Li aveva separati al liceo, e c’era riuscita anche anni dopo.

 

No, Troy non aveva tradito la donna che amava. Semplicemente, grazie a Sharpay era riuscito ad entrare all’università, si era sentito in debito nei suoi confronti e non le diceva mai di no.

 

La biondina rigirava la questione a suo favore; ben presto, Troy si era ritrovato a partecipare a più eventi mondani di quanti riuscisse a programmarne, spesso lasciando a casa Gabriella, che non ne andava pazza.

 

E i loro litigi aumentavano, non c’era mai un attimo di pace. Fino all’ultima volta in cui l’aveva vista.

 

Dopo quella notte, Gabriella aveva salutato i suoi amici, aveva fatto le valigie ed era partita per una destinazione a lui sconosciuta.

 

Lui era rimasto solo, con la morte nel cuore. Persino i suoi amici non lo chiamavano più, arrabbiati quanto la ragazza.

 

Solo Sharpay era rimasta accanto a lui, pronta come una gatta davanti alla tana del topo.

 

Ma Troy non era così stupido, e l’aveva respinta. Non l’aveva mai voluta, e mai l’avrebbe fatto.

 

Si era buttato a capofitto nello studio e nella squadra; raggiunta la laurea, si era dedicato solo al basket.

 

Ma, per ogni cosa provasse a fare, sentiva sempre che gli mancava una parte di lui. Quella parte dai dolci occhi da cerbiatta, che spesso aveva fatto piangere.

 

Non ne aveva più trovate altre come lei, non riusciva a dimenticarla.

 

Per questo, a ventisei anni, era detto uno dei ‘più ambiti scapoli di New York’.

 

Già, si era trasferito. Era troppo il peso dei ricordi, ad Albuquerque. Non aveva più niente da fare lì: niente amici, niente amore, quindi meglio cambiare aria.

 

Pensava che magari sarebbe riuscito a trovare un’altra ragazza da amare almeno la metà di quanto avesse amato Gabriella. Illusione grossissima, perché la cercava ancora nelle altre, nonostante tutto.

 

Scosse la testa, e mandò giù un altro sorso di alcol. Almeno per quella sera voleva divertirsi, e tentare di dimenticare quello che era successo cinque anni prima.

 

 

###

 

 

“E ancora… ancora tu. Ma non dovevamo vederci più… e sento tutto il mio dolore. Quello che non so, quello che non ho vissuto, quello che mi manca. Per sempre. Ma quante braccia ti hanno stretto per diventare quello che sei. Come hai ragione. Come è vero. Che importa. Tanto lei non me lo dirà, purtroppo. Così resto in silenzio. E la guardo. Ma non la trovo. Allora vado a cercare quel film in bianco e nero durato due anni. Una vita. Quelle notti passate sul divano. Lontano. Senza riuscire a farmene una ragione. Graffiandomi le guance, chiedendo aiuto alle stelle. Fuori, sul balcone, fumando una sigaretta. Seguendo poi quel fumo verso il cielo, su, più su, oltre… lì, dove proprio noi eravamo stati. Quante volte ho nuotato in quel mare notturno, perso in quel cielo blu, portato dai fumi dell’alcol, dalla speranza di incontrarla di nuovo. Su e giù, senza sosta. Lungo Hydra, Perseo, Andromeda… e giù fino a Cassiopea. Prima stella a destra e poi dritto, fino al mattino. E ancora oltre. E a tutte chiedevo: “L’avete vista? Vi prego… ho perso la mia stella. La mia isola che non c’è. Dove sarà ora? Cosa starà facendo? Con chi?”. E intorno a me il silenzio di quelle stelle imbarazzate. Il rumore fastidioso delle mie lacrime sfinite. E io stupido che cercavo e speravo di trovare una risposta. Datemi un perché, un semplice perché, un qualsiasi perché. Ma che sciocco. Si sa. Quando finisce un amore si può trovare tutto, tranne che un perché.”

 

“Gabriella, ma stai ancora a leggere? Dai, che facciamo tardi!”

 

La mora trasalì e chiuse di scatto il volume: “Tu farai tardi, Holly. Ti ho detto che non vengo!”

 

Holly spuntò fuori dalla sua camera, vestita di tutto punto ma con un asciugamano attorno alla testa per trattenere i capelli bagnati: “Ancora con questa storia? Adesso basta, me l’hai promesso! Sei vestita e pettinata, una serata fuori non ti ucciderà! Come tua superiore, te lo ordino!”

 

Gabriella sbuffò e appoggiò il libro sul tavolino. Doveva smetterla di perdersi in quelle favole romantiche.

 

L’amore non esisteva, punto e basta. O meglio, era solo uno strumento per ferire. E lei ne sapeva qualcosa.

 

Holly sciolse l’asciugamano, liberando la cascata di ricci rossi, e la prese per mano: “Forza, la macchina ci aspetta di sotto!”

 

La spinse dentro la limousine, e si rilassò contro lo schienale.

 

“Ooh, adoro questa macchina. Ora, Gabriella, ricordati che non ti ho portata qui solo per lavoro! Cerca anche di divertirti!” l’ammonì.

 

Lei annuì e si mise a guardare fuori dal finestrino.

 

Holly Harris era una famosa fotografa di moda, conosciuta per i suoi bellissimi servizi e la sua giovane età, che l’aveva presa sotto la sua ala quando aveva cominciato a lavorare come giornalista.

 

Da quel momento, si poteva dire che erano diventate grandi amiche, e Holly non perdeva occasione per portarla con sé in ogni luogo andasse.

 

“Tu scrivi, io fotografo! Meglio di così!” ripeteva sempre.

 

Perciò, pure quella sera l’aveva costretta a vestirsi elegante ed ad accompagnarla a quella festa, anche se Gabriella non ne aveva assolutamente voglia.

 

La limousine si fermò davanti ad un alto palazzo, ed un ragazzo in uniforme andò ad aprire loro la portiera.

 

“Sorridi, Gabry… per una volta, goditi le feste dei VIP!”

 

Gabriella sbuffò e la seguì lungo il percorso che le portava dalla macchina all’entrata del palazzo, scintillante per i flash dei fotografi.

 

Non le erano mai piaciuti quegli eventi mondani; ricordavano guai, per lei. Si maledì mentalmente per non aver accettato subito l’invito di Taylor a passare il week-end da lei. Le sarebbero bastate poche ore di treno per incontrarla!

 

Raggiunsero quella che sembrava una discoteca, e la mora arricciò il naso: le si sarebbero frantumati i timpani, se la musica avesse tenuto quel volume per il resto della serata.

 

Un cameriere in livrea le passò accanto con un vassoio di bicchieri di champagne, e lei ne prese uno.

 

“Ecco, brava, ubriacati! Per questa volta hai il mio permesso! Ora scusami, ma penso di aver visto Johnny Depp là in fondo e vorrei tanto scambiarci due chiacchiere!” Holly sparì in mezzo alla folla prima che riuscisse a fermarla.

 

-Perfetto!- pensò esasperata –E ora che ci faccio qui?-

 

La sua timidezza ritornava spesso a galla, quando era sola in mezzo a tanti sconosciuti.

 

Beh, certo, nessuno poteva classificare pienamente George Clooney o Brad Pitt nella lista degli ‘sconosciuti’, ma lei non ci aveva mai parlato, e non aveva voglia di farlo!

 

Cominciò a gironzolare per la grande sala affollata, sorridendo ogni tanto a qualcuno che la salutava, e bevendo dal suo bicchiere.

 

Poi, all’improvviso, le sembrò di riconoscere qualcuno, tra la gente.

 

Guardò meglio: no, probabilmente si era sbagliata. Uno stupido scherzo della sua mente.

 

Scosse la testa, e ritornò indietro.

 

 

###

 

 

Holly lasciò soddisfatta anche quel gruppo di persone, ridendo felice.

 

Bene, era riuscita a fissare un appuntamento con il signor Bloom per un servizio fotografico, e aveva già deciso che Gabriella si sarebbe occupata dell’intervista.

 

Le piaceva proprio, quella ragazza, anche se sembrava sempre nascondere qualcosa.

 

Per quanto provasse a farla divertire, i suoi occhi rimanevano perennemente tristi.

 

Qualcuno chiamò il suo nome, lei si girò per rispondere e si scontrò con una persona.

 

“Oh, mi scusi! Non volevo!” si scusò.

 

“Non si preoccupi! Tutto a posto?”

 

Holly alzò lo sguardo, e incrociò due occhi azzurri come il cielo; sarebbe arrossita, se non fosse stata abituata a lavorare spesso con uomini molto belli.

 

Ghignò sorpresa: “Il signor Troy Bolton, colui che non si fa mai fotografare! Piacere!”

 

Troy sorrise confuso, stringendo la mano che lei gli porgeva: “Piacere. Lei sarebbe…?”

 

“Holly Harris, fotografa di moda.”

 

“Ah, certo. Ho sentito molto parlare di lei, mi è capitato anche di vedere alcuni suoi servizi. Molto belli, davvero.”

 

Lei ringraziò con un cenno del capo: “Avrò mai il piacere di fotografare anche lei? Sa, tra di noi è una specie di ‘trofeo’. Lo schivo e aitante playmaker, incatturabile per molti obbiettivi.”

 

Troy sorrise e scosse la testa, leggermente confuso. Era simpatica, quella donna. Aveva spirito.

 

Le lanciò un’occhiata, mentre lei continuava a parlare. Sembrava avere una trentina d’anni, ed era davvero carina.

 

“Come mai è qui, signor Bolton?”

 

Lui alzò le spalle: “Mi hanno invitato. Non posso sempre rinunciare, giusto? E lei?”

 

“Un po’ per lavoro, un po’ per divertimento. Ho portato anche una mia collega più giovane, così impara qualcosa in più! Ehi, eccola lì!” Holly allungò una mano tra la folla e afferrò per un braccio una ragazza dai lunghi capelli a boccoli “Tesoro, voglio presentarti il nostro prossimo soggetto!”

 

Gabriella si voltò al richiamo del suo capo, e si sentì mancare. Perse la presa sul suo bicchiere di champagne, che cadde a terra in piccoli frammenti, gli occhi le si riempirono di lacrime.

 

~ E ancora… ancora tu. Ma non dovevamo vederci più… e sento tutto il mio dolore. Quello che non so, quello che non ho vissuto, quello che mi manca. ~

 

“Ti senti bene, Gabriella?”

 

Lei non rispose alla domanda di Holly, rimase ferma con gli occhi incatenati nei suoi. Senza riuscire a staccarsi.

 

Mille ricordi si affacciavano nei loro cuori; mille sorrisi, mille rimpianti, troppo dolore, troppa felicità.

 

Poi Gabriella ricacciò indietro le lacrime che prepotenti cercavano di uscire, e scappò via, incapace di rimanere un solo istante in più.

 

Holly si voltò verso Troy, senza capire cosa fosse successo: “Ma… voi due vi conoscete, immagino.”

 

Lui non potè far altro che annuire: “Siamo… siamo stati insieme fino… a cinque anni fa… ed è stata colpa mia se… è finita…”

 

Quell’ultima frase fu appena sussurrata, tanto che la giornalista fece fatica a comprendere.

 

“Oh. Capisco. Allora… sei tu quello per cui è sempre triste…”

 

Troy si girò di scatto: “Cosa?!”

 

Lei fece spallucce: “Non l’ho mai vista ridere di cuore, neanche una volta. Ha sempre un ricordo che la blocca, ma io non ho tutta questa confidenza per chiederle il perché. Allora, è evidente che non ti ha ancora dimenticato. E nemmeno tu, a quanto pare.”

 

Il ragazzo strinse il pugno. Il suo cuore batteva troppo forte.

 

La sua punizione. Averla e non poterla avere. Proprio quella sera, il ricordo del loro ultimo incontro.

 

“Troy…” sussultò quando sentì la mano di Holly sul suo braccio “Le cose non accadono per coincidenza. C’è sempre una ragione a tutto. Quindi, non è stato un caso se stasera vi siete rivisti. Valla a prendere. Ho visto come vi guardavate; è il momento giusto per provare a riparare i vostri errori. Corri da lei.”

 

Lui la guardò. Forse aveva ragione. Lui rivoleva Gabriella, perché l’amava, perchè era tutto ciò che gli serviva. La sua stella, la sua Isola Che Non C’è.

 

-Non c’è una stella in cielo che non possiamo raggiungere…-

 

Doveva tentare. Senza un perché.

 

 

###

 

 

Gabriella piangeva silenziosa sul balcone del palazzo.

 

Sotto di lei, New York scorreva luminosa e viva, ma lei vedeva tutto nero.

 

Perché doveva sempre soffrire? Perché, perché, quando cercava di dimenticarlo, lui ricompariva? Cosa aveva fatto di tanto male?

 

Voleva soltanto poter essere felice, invece era stata segnata per sempre.

 

Una cicatrice che non sarebbe mai più andata via.

 

Si coprì la bocca con una mano per nascondere i suoi singhiozzi disperati.

 

Non ci sarebbe riuscita, lo sapeva. Avrebbe per sempre portato con sé quel sentimento che non la lasciava andare.

 

Lei amava Troy, con tutto il cuore. Lo stesso Troy che l’aveva fatta soffrire, che la faceva soffrire.

 

Sentì la porta a vetri aprirsi, ma non si girò. Non le importava più niente.

 

Che la vedessero, che la compatissero. Non poteva certo andare peggio di così.

 

“Gabriella…”

 

Il suo nome, pronunciato dalla sua voce. Un colpo al cuore, un altro, un singhiozzo più forte.

 

Lo sentì avvicinarsi, ma senza raggiungerla. Forse per paura, chissà.

 

V-vattene via…” balbettò con voce rotta.

 

Ma Troy rimase fermo, dietro di lei, ad ascoltarla piangere con il cuore che si lacerava ad ogni singulto.

 

“TI HO DETTO DI ANDARTENE!!” Gabriella si girò urlando, e lui fece un passo indietro, spaventato dalla sua rabbia.

 

Lei tremava, il viso arrossato e solcato dalle linee nere del trucco colato, piangeva senza sosta.

 

“Non mi hai già fatto abbastanza male, eh?! Vuoi divertirti ancora?!” urlò disperata.

 

Troy si sentiva malissimo. Aveva ragione lei, solo lei. Perché non riusciva a lasciarla andare?

 

“Io…io non ho mai voluto farti del male, Gabriella…” mormorò.

 

Una sensazione di deja-vu li avvolse. Come tanti anni prima, le stesse parole, le stesse lacrime. Ma su quel ponticello c’era un filo di speranza in più.

 

Lei rimase ferma a singhiozzare, le braccia strette al petto, lo sguardo fermo a terra.

 

Il ragazzo le si fece vicino, le accarezzò una guancia, asciugandole le lacrime.

 

Gabriella rabbrividì, un po’ per il vento fresco che le spostava i capelli, un po’ per quel contatto che le mancava ormai da così tanto tempo.

 

Voleva separarsi da lui, ma non ci riusciva. Sentire le sue mani calde sul volto la riportava indietro di tanti anni, così felici…

 

Lo guardò negli occhi, sentendosi morire: “Perché? Perché continui a perseguitarmi?”

 

Troy non rispose, continuò solo ad tergerle le guance bagnate.

 

“Io… io non ce la faccio ad essere presa in giro di nuovo, Troy. Non voglio essere la stupida che aspetta a casa perché non appartiene al tuo mondo. E… e mi sembrava di avertelo già detto. Perchè?”

 

Lui sorrise timidamente: “Non chiedermi perché ti amo, Gabriella. Non chiedermi perché non riesco a vivere senza di te. Non chiedermi perché non ti riesco a dimenticare.”

 

Gabriella ricominciò a piangere, stringendo la sua camicia tra le mani: “Come faccio a sapere che non mi stai mentendo di nuovo? Che sei davvero tu? Io non ti conosco più, Troy! Non sapevo più chi eri, come faccio a saperlo adesso?!”

 

“Perché adesso ho capito, Gabriella! Non ho più bisogno di essere chi non sono, di presentarmi a mille e mille feste, di cantare per promessa! Adesso non ci sono più borse di studio, squadre che cercano nuovi talenti! Non c’è più Sharpay che…”

 

La ragazza si sottrasse alla sua presa, interrompendolo: “Oh, Sharpay, Sharpay, sempre Sharpay! Non è soltanto sua la colpa! E visto che ti piace tanto, perché non sei con lei invece che qui a distruggere me?!?”

 

“Io non posso stare con lei, Gabriella!” anche Troy iniziò ad urlare “Lo vuoi capire che posso amare solo te?!? Che per quanto possa cercare, in ogni donna vorrò sempre te? Che ti sogno ogni santa notte, chiedendomi dove sei, cosa fai o con chi sei?!”

 

Gabriella gli diede le spalle, appoggiandosi al parapetto. Era distrutta, sia fisicamente che mentalmente.

 

Non ce la faceva a rispondere, no. Ogni singola fibra del suo corpo voleva voltarsi, abbracciarlo e baciarlo. Ma, da qualche parte nel suo cuore ferito, c’era un piccolo mormorio che le diceva di no. E lei non sapeva chi ascoltare.

 

Lui l’abbracciò da dietro, stringendola forte: “Riproviamoci, Gab. Sarà diverso, questa volta. Sarà perfetto.”

 

Lei guardò giù, le lunghe colonne luminose delle auto in fila. Lontana, misteriosa, la Statua della Libertà.

 

Sentiva il cuore di Troy battere contro la sua schiena, impazzito, veloce. Battere all’unisono con il suo.

 

-Cosa devo fare?- pensò disperata.

 

“So che sarà difficile ricominciare da capo, ma se ci impegneremo ce la potremo fare. Siamo una squadra, ricordi?” le mormorò all’orecchio.

 

A Gabriella sfuggì un sorriso, e insieme a lui tornarono a galla altri ricordi.

 

Se prima aveva pensato solo a quelli brutti e dolorosi, ora ripensava alle emozioni che le aveva fatto provare. Al suo sorriso, al suo abbraccio, al suo calore.

 

E poi, lontana, le ritornò in mente una frase letta su un libro di quando era bambina.

 

Se solo, per una volta ancora, potessi perdermi nel calore di un tuo abbraccio…

Se solo, per una volta ancora, potessi perdermi nel cielo dei tuoi occhi…

 

Lei poteva. Poteva tornare ad essere viva, insieme a quella parte che le mancava da cinque anni.

 

Si girò verso di lui, mentre il vento dispettoso le spostava una ciocca di boccoli davanti al viso.

 

Troy subito gliela sistemò dietro all’orecchio, come quando erano ragazzi; Gabriella arrossì, ebbe la conferma di tutto.

 

“No…” mormorò scuotendo la testa, con un sorriso.

 

Troy rischiò di avere un infarto, ma lei lo fissò negli occhi: “Non ti chiedo perché mi ami. Perché avrei la stessa risposta che dovrei darti io…”

 

Incrociò le braccia attorno al suo collo, e lo baciò.

 

Rimasero così, a lungo, in un bacio che racchiudeva tutte le loro risposte.

 

Senza chiedere un perché.

 

Fine

 

 

 

Probabilmente vi sto stressando con tutti questi aggiornamenti, ma finché non avrò il mio computer…

Beh, questo è il mio regalo di compleanno (evvai!!) per voi. Spero che vi sia piaciuta!

Quante volte vi sarete chiesti perché si ama una persona? Secondo me, non esiste risposta. Ecco il perché (eheh) del titolo, o dell’ultima frase di Gabriella.

Ah, per la cronaca, il libro che lei stava leggendo è “Ho voglia di te” di Federico Moccia.

 

Ringrazio chi mi ha commentato in “Prova di coraggio”: Armony_93; romanticgirl; scricciolo91; ciokina14; Herm90.

 

Un bacione a tutte e un grazie in anticipo!!

 

Hypnotic Poison

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > High School Musical / Vai alla pagina dell'autore: Hypnotic Poison