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Autore: Cat in BB    11/09/2013    0 recensioni
Questa è la mia storia. Il ritratto di una ragazza che soffre la società, cerca la solitudine e che odia l'estate. Contenta che finalmente sia arrivato settembre.
Quando qualcuno racconta una storia, mette a disposizione altrui un pezzo di se. E quando qualcuno decide di ascoltarla, stabilisce un legame diretto con quel frammento. Questo crea un confronto e il confronto spesso aiuta a fare chiarezza interiore.
Metto a disposizione questo scritto con la speranza che, a te che lo leggerai, sia utile per capire un pezzettino in più di te stesso.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sente più nulla.
Ma nonostante cerca di stare il più immobile possibile, spaventata dall'idea che, con la prima mossa avventata, sarebbe stata investita da tutto quel dolore. Perchè quel dolore è li. Le basta guardarsi dentro per capire che c'è, intenso e inesorabile. Ma meglio continuare a fingere e ad ingnorarlo.

Sono  passati tre giorni, tre giorni di silenzio. Dopo aver pranzato prende in mano l'Ulisse di J.Joice, sapendo di non essere una di quelle persone capaci di leggere un romanzo del genere e sapendo che dopo poche righe l'avrebbe appoggiato sul comodino. Ciò nonostante si delizia leggendo giusto quelle due pagine,  piene di parole,  e capisce quanto le mancano, le parole.
Non è proprio una ragazza di tante parole lei, e quelle che dice sono per lo più confuse e sbagliate. Si esprime meglio con il silenzio, e con le immagini. Tuttavia, di parole, ne è avida. Le cerca ovunque. Ama quelle che messe insieme creano una storia, sia pur fittizia quanto di vita vissuta. Si riempie la testa di racconti finchè non riesce a trovarne uno originale,  descritto con prose e dialettiche eccellenti, condito d'arte e dettagli ricercati.  Quello che cerca sempre e disperatamente. Quello che le regala assuefazione, una specie di congiunzione di tutti i suoi sensi, in cui il pensiero è leggero e si sente finalmente in pace.
Non sa cosa fare di quella giornata, se passarla a crogiolarsi o se reagire... 
No, di reagire non se ne parla. Tra cinque giorni tornerà alla sua vita, e quale momento più adatto di quello per riprendere in mano se stessa e ristabilire il corso delle sue azioni? 
Il dubbio di non esserne in grado nemmeno allora lo ha, ma è abbastanza ostinata da non permettersi un altro errore in una frazione così minima di tempo e quindi determinata a superare tutto e ad andare avanti.
La nota positiva è che fra questi cinque giorni c'è pure un week-end di mezzo. 
E Il sabato è il giorno in cui lei sopprime il suo lato oscuro ( composto da: il bisogno di solitudine, la sociopatia e il fastidio nei confronti delle persone) e dopo una serie di compulsioni e la giusta dose d'alcool, è pronta ad affrontare la gente.
Anche se ultimamente nemmeno il sabato riesce a divertirsi e a staccarsi dai suoi pensieri, per questa volta ne è fiduciosa, sa che ci riuscirà.
Ha troppo bisogno di spegnere e di svuotare il cervello. E una serata con l'aspetto curato alla perfezione, l'abito giusto e gli accessori abbinati, fatta di drink e di attenzioni maschili, è l'unica medicina capace di farla stare meglio.
 Almeno per qualche giorno, ma giusto il tempo per fare il check in di chi è e ritornare ad esserlo.
Perchè è questo che sente in questo momento, il dispiacere d'aver perso di vista se stessa, d'essersi abbandonata a qualcosa che non era al 100% lei, e tutto ciò che non è lei, addosso a lei, non le piace.
Ma per spiegare il suo problema bisogna partire dall'inizio dell'estate,  sottolineando il fatto che lei odia l'estate..

Lei odia l'estate perchè in estate non riesce a divedere con confini netti le sue due vite e le sue due personalità. Per il resto dell'anno passa cinque giorni su sette in città e i week-end altrove, riesce a relegare le divese identità ai diversi luoghi e ai diversi periodi di tempo, ma d'estate, in cui passa tre mesi sui monti, si trova stabile, incapace di far combaciare le sue estenuanti compulsioni quotidiane e con una continua confusione mentale che sfocia nell'apatia quando va bene, nell'ansia e nell'ipertensione per il resto delle volte. 
Ma finalmente è arrivato settembre e il momento della catarsi, e a metà del mese lei tornerà in città e al dualismo della sua essenza.
Settembre è il periodo più difficile, quello in cui lei deve concentrarsi per rimettere insieme i pezzi. Ogni anno è diverso, ma quest'anno il lavoro da fare non sarà particolarmente difficile. 
O per lo meno, piú facile dell'anno scorso.
Perchè esattamente un anno fa, è stato atto in lei il cambiamento più radicale possibile. Dopo aver messo in discussione ogni aspetto della sua esistenza ha capito ciò che voleva essere, aveva in mente un immagine, e dopo alcuni mesi quell'immagine era lei. Con qualche dettaglio da perfezionare, ma il tempo c'era. 
Un anno fa aveva preso e buttato via i precedenti ventitre anni. Era stato un incidente stradale a renderla diversa. Non che avesse mai creduto agli aforismi dei filosofi del qualunquismo, come "nulla da valore alla vita come vedere in faccia la morte", anche perchè non era di questo che si era trattato. 
Era stato un incidente stupido, un errore di distrazione generale, che, a lei nello specifico, aveva causato solo tanto rumore per nulla, tanta paura inizialmente e un immenso spreco di tempo e di denaro successivamente.  
Ma quel fatto fu necessario per lei, per la sua crescita personale diciamo. Le scatenò forti attacchi d'ansia, di panico. Di rabbia talvolta. Dopodichè nervosismo e insofferenza si tramutarono in rassegnazione. 
Ed è in quel momento che cominciò a piangere. Un pianto inconsolabile, oppresso da troppi dispiaceri accumulati da troppo tempo, pieno di nostalgia, di tutti quegli anni sprecati ad essere quello che gli altri volevano, con il giudizio di tutti gli altri peso sulla testa, a cercare invano di ribellarsi, a guardare nello specchio un immagine fittizia costruita a malomodo, e ad andare a dormire la sera con il sangue pieno di veleno.
Fu proprio la rassegnazione a rimetterla in pace con il mondo, la guardò negli occhi e decise di portarla con se, come la piú fedele delle amicizie, l'unica che realmente voleva, con cui realmente poteva fare i conti e tirare le somme. Dopo quella grande lezione, ancora oggi punta tutto su di lei, e lei mai l' ha delusa.
La rassegnazione è il primo passo per accettare se stessi. E il secondo lei lo fece quando smise di rinnegare la sua essenza più profonda, quella che da sempre disdegnava, ignorandola e reprimendola il più possibile. L'unica che, quando a sprazzi riusciva ad emergere, la mandava in estasi. 
Lei era un artista e solo a quel punto capì che per essere soddisfatta doveva creare arte. 
S'impegno così, nel diventare un artista anche sotto il punto di vista professionale, ci riuscì senza particolari complicazioni. Sì, dovette andare contro tutto e tutti... Quei tutti che volevano per lei una carriera diversa, più vicina a tematiche umanistiche e sociali, come educatrice o insegnante . Per la prima volta lo scontro non fu invano e infine ottenne la meritata vittoria. Così imboccò la sua strada, quella fatta a sua misura.
Come se l'universo avesse creato una sentiero apposta per lei, e una volta imboccato, questo andasse diritto a destinazione.  Pochissimi ostacoli e a volte leggermente tortuoso, ma sempre appagante. La fatica diventava piacere, la stanchezza era inibita e la passione si tramutava in bellezza. 
Per l'appunto, lo decise proprio a settembre, e il lasso di tempo compreso fra quel mese e giugno passò in un battito. Passò i feriali in città e metà del suo tempo lo spese a disegnare e a cercare arte. Il resto lo divise tra la palestra, la cura ossessiva del corpo, una leggera ossessione per l'ordine e la pulizia, tra i romanzi e la lettertura, i fumetti, l'interesse per l'attualità e il giornalismo, tra i dibattiti e le interviste in radio e televisione, a guardare vecchi film e ascoltare album di artisti indipendenti.
I week-end li passava rilassandosi. Allentando la tensione di una settimana all'insegna dell'ordine, dell'ossessione per la perfezione. E dell'infallibilità dei sui programmi, studiati nei minimi dettagli per far combaciare i tempi ristretti con le troppe cose da fare. 
Dicevo, durante i week-end lasciava respirare l'altra, di personalità. Quella pigra. 
Iniziava tutto il sabato mattina, a volte andava a Milano, a volte saliva sui monti. I sabati milanesi erano all'insegna dello shopping e la sera riservata alle discoteche. I sabati in montagna dedicati all'alcool e allo sfoggio del suo aspetto. La domenica, il suo giorno preferito, era l'unico non impostato da uno schema. Quello che avrebbe fatto la domenica l'avrebbe deciso la domenica stessa.
Tutto ciò disegna un profilo molto chiaro di che persona è lei, una persona disturbata. 
Anche se come suona dirlo sembra peggio di quello che in realtà è.
Il suo disturbo nasce dalla necessità di controllare ogni singolo secondo del suo tempo, per paura che il fuori programma la trascini nella noia, nell'ansia o nell'indolenza.
Esattamente quello che le succedeva d'estate.

Come dicevo, per capire il perchè lei stesse soffrendo in questo momento, bisogna tornare all'inizio dell'estate di quest'anno...
Quando, come ogni trascorso, si ritrovò relegata ad uno solo dei suoi due mondi: il piccolo paese di montagna. 
All' inizio fu terribile, ci mise meno dei primi venti giorni a perdere se stessa, quella se stessa tanto felice di essere diventata. Era confusa, aveva perso il controllo e in ogni attimo di lucidità, in cui se ne rendeva conto, si sentiva ribollire il sangue. 
Seguirono la noia e l'apatia. Tornò a drogarsi di serie tv, che per il suo cervello, erano l'anestetico assoluto. Si perse nei meandri del best-seller, romanzo giallo, polpettone da spiaggia del momento, lo assalì con avidità, trascurando il sonno e il resto del mondo. Passò l'intera settimana a letto, ne uscì solo quando si sentì mancare il respiro. Ci mise un paio di giorni a eliminare la maschera d'ansia che si era creata attorno al suo petto.
Infine, ricominciò ad abusare di quella medicina potentissima chiamata immaginazione, capace di attutire al minimo ogni singola emozione e a procurare euforia se mescolata con la speranza. 
Sognava un viaggio a Parigi a settembre. Sognava settembre. Con la mente evadeva in luoghi e situzioni fantomatiche e alle volte si spingeva oltre: s'illudeva del fatto che le sue fantasticherie, a breve, sarebbero diventate realtà. Con questo riusciva ad andare avanti un paio di giorni, ma siccome erano creazioni mentali improvvisate e di poco spessore, quasi subito perdevano il loro effetto. 
Quanto rimpiangeva l'infanzia, in cui  una fantasia spaziava nella vastità di mille mondi e situazioni possibili e riusciva a tenerla impegnata, almeno almeno un mese! In più, senza il minimo dubbio sul fatto che, prima o poi, sarebbe stata reale!
In tutto questo caos, perfino il sabato perse il suo fascino. Usciva, si, ma non si divertiva più. In realtà ho il sospetto che nemmeno ci provasse. Ad ogni modo, tutto ciò comprese i primi due mesi.
Ci furono una decina di giorni appena più di sostanza, fu invasa da una pesante ispirazione artistica, si concesse un week-end al mare e partecipò ad un matrimonio.
Ma ad ogni modo non ci fu nulla da fare, quando le cose decidono di andare male non si può che aspettarsi il peggio... Agosto, il peggio!
Inesorabile, le  negò tutti gli svincoli adottati in precededenza. Passò anche l'ultima settimana del mese al mare, con il risultato di sentirla, in fine, arrivata in sottopelle tutta l'insofferenza. Cosa che le negò il sonno per parecchie notti.
Tornò a casa e una settimana dopo, ossia tre giorni fa, successe.
Si lasciò cadere nel baratro. 
Il dolore era li, e anche la consapevolezza che combattere contro l'estate era una crociata inutile, che per ora non aveva mai visto vittoria. Si sentiva esausta e irritata dal fatto che all'ultimo aveva ceduto, commettendo di nuovo l'errore di lasciarsi impadronire dallo sconforto. 
Semplicemente si arrese. Andò in camera e si mise a letto. Dormì ad intervalli fino a stamattina. Pervasa da un sonno pesante, senza sogni. Le membra rigide e gli arti doloranti.I battiti cardiaci irregolari, un peso insostenibile a schiacciare il petto e il respiro occluso. Digrignava i denti e una morsa le stringeva tutta la zona cervicale. Al risveglio ancora stanca, più silenziosa del solito, inappetente e lenta nei movimenti. Il sonno sempre presente,  la sufficienza del silenzio per calare di nuovo nell'ignoto. Tre giorni di nulla totale colmati stamattina, quando appena sveglia, capì di non sentire più nulla.

Non sente piú nulla, resta immobile. 
Sa che il dolore è li, vorrebbe continuare ad ignorarlo. Ma sa anche che, li ci resterà per sempre; strettamente congiunto allo spettro delle sua malattia: la depressione.
Una malattia organica insita dentro di lei, diagnosticata durante l'adolescenza, con cui dovrà combattere per sempre.
In passato l'ha resa spesso vittima, fino alle cure farmacologiche talvolta. Ma adesso è diverso, adesso sa che lei non è la sua malattia. Adesso lei conosce se stessa, ha affrontato se stessa ed è diventata se stessa.   Adesso lei è forte.
Decide di guardarlo negli occhi quel dolore. Così prende carta e penna e scrive di lei, di come infine sia riuscita a tenergli testa. 
Tira fuori tutte quelle parole che lei continuamente cerca, e che brama, finalmente riesce a farle sue. Le sputa tutte sul foglio, esorcizzando la sua anima e spremendo il suo cure, guidata dall'amuleto più potente con cui l'uomo possa farsi scudo, la voglia di reagire e di cambiare le cose.
E, dopo aver riletto quello che ha scritto, capisce di essere ancora più forte di quello che pensava. E questo è tutto ciò che c'è da sapere su di lei.
  
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