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Autore: mikka    11/09/2013    1 recensioni
Avevo sempre sbagliato.
Una bracciata a destra, sinistra, destra e respirazione.
Avevo sempre avuto la pretesa di sapere tutto e, soprattutto, di avere il diritto di incolpare e giudicare gli altri per gli errori ed i fallimenti.
Un, due, tre, respirazione.
Presuntuoso non è nemmeno il termine adatto per definirmi, sono sempre stato un vigliacco, ecco cosa.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Vi avverto: deprime ed anche tanto. Io ho pianto mentre la scrivevo, quando l'ho riletta ed anche quando l'ho pubblicata.  Magari a voi non succederà, lo spero, ma siccome sono abbastanza sensibile su queste tematiche mi sembra doveroso, soprattutto per chi è come me, dare un avvertimento generale senza fare spoiler sulla storia.
Sarete liberi di odiarmi alla fine, sul serio, vi capirò perfettamente.
La citazione alla fine mi è venuta proprio mentre rileggevo la storia per postarla. Dunque mi è sembrato carino inserirla per condividerla con voi.

Buona lettura e, se vi va', mi farebbe molto piacere sapere i vostri pareri.



Requiem For A Dream

 

Avevo sempre sbagliato.
Una bracciata a destra, sinistra, destra e respirazione.
Avevo sempre avuto la pretesa di sapere tutto e, soprattutto, di avere il diritto di incolpare e giudicare gli altri per gli errori ed i fallimenti.
Un, due, tre, respirazione.
Presuntuoso non è nemmeno il termine adatto per definirmi, sono sempre stato un vigliacco, ecco cosa.
Un, due, tre, allungamento e virata.
Un povero stupido convinto di poter fare quello che voleva, quando gli pareva, senza la consapevolezza di dover accettare tutto per poter migliorare.
Un, due, tre, respirazione.
C'era sempre qualcuno a cui affibbiavo colpe insulse, inesistenti, che in realtà avrei dovuto prendermi sulle spalle, analizzarle e farne tesoro. Ho commesso tanti errori, troppi, credendo di essere, sempre e comunque, nel giusto.
Scatto, allungamento, virata.
Tremavo come un pulcino e credevo, pretendevo, di essere la perfezione. Stronzate. Ecco, nella mia vita ho fatto solo stronzate e, sinceramente, non riesco a ricordare nemmeno una cosa bella, positiva.
Un, due, tre, respirazione.
Mi sono proclamato, senza che lui me l'avesse chiesto davvero, il portatore glorioso del sogno di mio padre. Nemmeno per un attimo, troppo orgoglioso, mi sono fermato a pensare che forse non ne ero in grado, che non ero tanto forte e bravo per arrivare davvero ad essere un'atleta olimpionico.
Un, due, tre, allungamento, virata.
Ho intrapreso un cammino di determinazione e solitudine, imponendomi il disprezzo di tutte le persone che amavo: perché se privo di sentimenti a distrarmi, potevo essere libero di pensare esclusivamente al nuoto.
Un, due, tre, respirazione, inizio dei crampi.
Per anni ho avuto però un pensiero fisso: Haru. Lui era l'ostacolo al mio successo, un ragazzo apatico senza il minimo senso di competitività e di realizzazione, che nuotava meglio di chiunque avessi mai conosciuto. Qualcuno così forte che, però, voleva solo stare nell'acqua, senza alcun desiderio di supremazia. Non l'ho mai capito, non ho mai compreso come potesse essere felice di nuotare e basta, non potevo e non potrò mai capirlo perché io non sono libero.
Un, due, tre, respirazione, allungamento, crampo al polpaccio, virata.
Quanto stupido sono stato? Mi chiedo davvero come, realisticamente, abbia potuto pensare che Haru fosse l'ostacolo ai miei sogni? Stupido. Sono stato davvero uno stronzo con lui. Non voglio pensare a cosa possa aver provato, pensato, Haru in questi anni: non sono così forte da poterlo accettare e realizzare.
Un, due, tre, respirazione, affaticamento.
Ho ferito senza pietà tutte le persone che mi amano. In realtà ho dovuto ignorare, sopprimere con la forza, il dolore che ogni mia azione, parola, mi procurava: pensavo solo a diventare più forte ed i sentimenti, non so nemmeno come, erano diventati la prima cosa che volevo estirpare dalla mia persona. Potessi tornare indietro cambierei tutto, ma purtroppo non posso; nessuno può.
Un, due, tre, respirazione, allungamento, virata, dolore.
Sono esausto, ma non posso, non devo ancora mollare, devo continuare. Devo fendere quest'acqua fino a non sentire più il mio corpo. L'acqua. Ho dato tutto per lei, ho rinunciato a tutti per lei. Si può essere più falliti? Dare tutto quello che hai per colei che ti ha portato via tutto senza nemmeno ripagarti, anzi. Ho dato la colpa dei miei fallimenti, delle mie paure, delle mie insicurezze a tutto tranne che alla cosa giusta: l'acqua.
Un, due, tre, respirazione, appannamento della vista.
Se non fosse stato per lei mio padre sarebbe vivo, avrebbe avuto l'occasione di scegliere, di provare a realizzare il suo sogno. Io non mi sarei sentito solo, legato a lui solo dal nuoto, pensando che solo se avessi realizzato il suo sogno, lui, in qualche modo, sarebbe stato fiero di me e mi avrebbe amato. Ma non mi sono mai reso conto che ho dato tutta la mia vita per un sogno che non è il mio, per qualcosa che mi ha solo distrutto anziché salvarmi. Ho fatto di tutto per rendere orgoglioso qualcuno che, probabilmente, nel suo profondo mi avrebbe odiato per sempre, perché la mia nascita aveva stroncato la sua carriera, la sua ragione di vita. Mi sono aggrappato con tutto me stesso ad un fantasma, tradito dalla cosa che amava di più.
Tocco del bordo. Ansimi, fiato corto, dolore generale, irrigidimento muscolare.
Ho paura. Non piango da anni ma, sinceramente, non ho più motivi per trattenermi. Cosa me ne faccio di questo stupido orgoglio che, come un muro, mi ha protetto, ma che in realtà mi ha solamente ferito giorno dopo giorno? Non ho nulla per cui lottare. Non ho nulla in cui credere. Ho vissuto una vita che non è stata la mia e adesso che, finalmente, l'ho realizzato posso dire di non essere nessuno.
Schiena contro le piastrelle, il capo che si abbandona fino a trovare appoggio contro il bordo, gli occhi al cielo sereno che penetra dal soffitto vetrato.
Ho deluso tutti, ho ferito tutti, ho abbandonato tutti. Mia sorella, i miei amici, i miei compagni della Samezuka e Haru. Che senso ha avuto innamorarmi di lui, se poi io stesso l'ho abbandonato e odiato più di qualsiasi altra cosa? Sinceramente sono davvero stanco. L'acqua si è presa tutto, gliel'ho permesso inconsciamente, mi ha ingannato, mi ha illuso e ha vinto.
Scivola piano, la schiena aderisce perfettamente alla superficie ma, aiutata dalla lubrificazione dell'acqua, pian piano scivola. Acqua alla gola.
Sono stato un bastardo senza gloria. Qualcuno per cui io, sinceramente, non verserei nemmeno una lacrima.
Acqua al mento.
Ho qualcosa adesso. Per la prima volta ho un desiderio tutto mio. Voglio essere libero. Voglio liberarmi di tutte le responsabilità, voglio espiare le mie colpe, voglio punirmi per i miei errori, voglio vincere io questa volta. Per una volta voglio vincere davvero.
L'acqua si agita, il corpo scivola, lento, e l'acqua ricopre il capo.
Il corpo si abbandona senza nessun tentativo di risalire verso l'aria.
Posso, finalmente, smettere di essere me. Posso finalmente essere in pace.
L'acqua si calma.
Il silenzio aleggia.
L'alba penetra dalla vetrata.
La calma regna sovrana.
La pace risuona.



La morte è come un ballo.
Sei nella sala, ascolti la musica. Passi il tempo ad ascoltarla, senza davvero soppesare quanto essa sia assordante, presente. Ed è un attimo.
Non te ne accorgi. Non sai come, né da quanto tu stia ballando. Incalzi ogni passo con apprensione, confuso, e poi l'inchino. Il ballo si è concluso. In attimo, come un adagio, tutto il tuo percorso è finito; tu non te ne sei nemmeno accorto e soprattutto non l'hai nemmeno vissuto.

-Mikka-


Venite a delirare -anche a linciarmi, se volete, dopo questa storia- qui con me: here

  
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