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Autore: I Fiori del Male    12/09/2013    4 recensioni
Un episodio aggiuntivo, tra i ricordi che riguardano Katniss e Peeta. Si può collocare negli anni successivi alla morte del padre, ma precedenti ai primi Hunger Games.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Primrose Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE HUNGER GAMES
Fiori e biscotti
 
 
 mentre leggete, vi consiglio di ascoltare la canzone “rules”, che fa parte dell’album “songs from district 12 and beyond” di Hunger Games. Trovo che rispecchi molto l’atmosfera :) 
 
- Guarda! Guarda Katniss! Non sono bellissime? –

Prim, la mia sorellina, saltella sulle punte dei piedi. Non posso fare a meno di notare che la suola delle scarpe si sta staccando, presto ce ne vorranno di nuove. Probabilmente le stanno anche un po’ strette, solo che non si lamenta, per non darmi noie, per non farmi stare in pensiero.  La raggiungo. Si è fermata, come sempre ogni volta che la porto un po’ in giro, davanti alla vetrina del fornaio. Quando salta, le trecce bionde, luccicanti al sole, sobbalzano assieme a lei, sciupandosi un po’. La gonna si solleva leggermente, scoprendo le ginocchia che mi sembrano sempre troppo nodose. Nell’insieme tuttavia, risulta talmente buffa che non riesco a trattenermi dal sorridere.

Adesso si è fermata, il viso spiaccicato sulla vetrina. – Staccati da lì, Prim, se ti vede la signora Mellark ... – la moglie del fornaio è un tipo piuttosto antipatico. Credo nutra una certa antipatia nei confronti di noi del giacimento, e mi aspetto di vederla uscire di corsa dalla porta nel giro di qualche secondo, urlando di non insudiciarle la vetrina coi nostri visi sporchi di polvere di carbone. Non che per Prim valga. Lei ha ripreso quell’aria residenziale tipica di mia madre, ma è sempre figlia di un minatore.

Guardo anch’io nella vetrina. Esposte in bella vista, scintillanti di allegria nei loro colori vivaci, ci sono varie torte, di diverse forme e dimensioni. Sia io che Prim abbiamo avuto la fortuna di assaggiarne una, anche se piccolina, quando papà era ancora vivo, in uno di quei rarissimi momenti in cui potevamo permetterci uno sfizio per festeggiare, e cioè quando lo stipendio rientrava a casa. Fu l’unica volta in cui mangiammo una torta. – hai ragione, sono molto belle. – dico, e la mia voce inevitabilmente si incrina un po’. Vorrei poter comprare alla mia sorellina tutte le torte che vuole, ma non possiamo permettercelo. Malgrado questo, le decorazioni elaborate di ogni torta mi affascinano.

Alcune sono ricche di fiori, altre di strani disegni che non rappresentano nulla, anche se mi scopro a seguirne gli intrecci con lo sguardo. Ce ne sono un paio decorate a stelline, su una c’è un gigantesco cuore rosso brillante.

- Certo che il signor Mellark è davvero bravo ... – commento ammirata. Sono delle piccole opere d’arte. Per un attimo penso che non sarei in grado di rovinarle mangiandole, ma è più probabile che le divori in un sol boccone, perché oltre che belle saranno certamente anche buonissime. – Non le fa lui. – sento Prim rispondere.

- E chi le fa, allora? – alzo per un attimo lo sguardo, sovrappensiero, e incrocio un paio di occhi azzurri scintillanti al di la della vetrina. Il tempo si ferma. Di fronte a me c’è Peeta, il figlio del fornaio, e per un secondo mi sembra di trovarmi sotto una pioggia torrenziale, a fare i conti con una fame tremenda che mi scava le viscere, mentre il tronco ruvido di un albero mi graffia la schiena anche attraverso la giacca da caccia di papà, troppo grande per me. Lui è lì di fronte che mi osserva, con due pagnotte di pane tra le mani. ne stacca alcuni pezzi bruciati, lanciandoli ai maiali, poi le tira verso di me, si volta  e torna nel negozio, senza dire nulla.

- Katniss, cosa c’è? Katniss! – esclama mia sorella, e io torno al presente. – Niente, Prim ... – rispondo, senza nemmeno guardarla. Mi rendo conto che sto fissando la vetrina da un secolo solo quando sento mia sorella dire – Ciao, Peeta! –

Mi volto di scatto e lui è li, in ginocchio a terra per stare al livello di mia sorella. Tra le mani stringe un fagottino di carta. – Sono per te e tua sorella – dice, alzando per un solo secondo lo sguardo su di me, per poi tornare a guardare Prim, che sorride e lo ringrazia. Lui le passa una mano tra i capelli, scompigliandoli, accompagnando il gesto con un sorriso abbagliante. Poi getta uno sguardo allarmato alla porta e rientra in tutta fretta, mentre il mio “grazie” mi muore in gola. Prim mi tira per la giacca. – Che ti succede? – mi chiede, preoccupata. Scuoto la testa per dire che non ho niente, ma in realtà non lo so davvero. Torniamo al giacimento senza parlare. Quando arriviamo a casa, ci sediamo al tavolo e racconto a Prim del giorno in cui Peeta mi regalò quel pane che ci tenne letteralmente in vita.

- Allora è stato lui! Ma sai, io in fondo lo sapevo già – mi dice, annuendo con l’aria di chi sa tutto. – Secondo me gli piaci. –

Scuoto la testa, inspiegabilmente agitata. – Ma no, che dici! Ci conosciamo appena! – Prim non replica e sorride, cosa che mi mette ancor più in agitazione, perché mi da l’impressione che lei sappia cose che io non so, e probabilmente è vero. – Vogliamo assaggiare questi biscotti? – chiedo, per cambiare discorso. Prim batte le mani entusiasta e io srotolo il pacchetto. Per un attimo, resto a osservare i biscotti incantata, chiedendomi come abbia fatto a decorare in quel modo una superficie tanto piccola. Poi mi rendo conto che ne sono sei.

- Deve aver pensato anche alla mamma – osserva Prim, dando voce ai miei pensieri. Mi si forma un nodo in gola. Possibile che sia stato tanto attento?

Prendiamo solo due biscotti, uno ciascuna. Certe rarità è meglio farle durare a lungo. Mentre richiudo il pacchetto, il mio cuore smette di battere.

 Ora che li guardo meglio, posso riconoscere i fiori dipinti con la glassa sui biscotti.

Minuscole primule lilla.

E denti di leone, gialli come il sole.
 
 
   
 
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