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Autore: _wallflower13    12/09/2013    2 recensioni
One shot sull'ultima puntata della quarta serie "Always".
Ho cercato di immaginare cosa può aver provato Kate dopo aver lasciato il distretto ed essersi trovata da sola. Il tutto ha come sfondo la canzone "You found me" dei The Fray, che ho sempre attribuito (e non so perché) a questa serie tv.
E' la prima one shot che scrivo su questa serie tv, quindi vi prego di perdonare la banalità della cosa.
Spero di avervi incuriositi.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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You found me

 


Il semaforo non si decideva a diventare verde, quel rosso acceso nel buio delle strade la irritava.
Sbuffò, ma non per il semaforo, non per il temporale che era scoppiato qualche minuto prima, ma per la giornata che aveva avuto.
Aveva lasciato il lavoro che amava e che aveva lottato per ottenere, quello che più le aveva dato soddisfazioni nella vita, ma non le importava.
L’uomo che le aveva sparato era scappato lasciando senza ancora un vero colpevole l’omicidio di sua madre, non aveva più niente se non una cicatrice a ricordarglielo, ma non le importava.
Era rimasta appesa al tetto di un palazzo per un braccio rischiando di morire, di perdere tutto quello per cui aveva lottato, ma neanche questo le importava. L’unico costante pensiero era lui, Rick, e se n’era andato. Questo le importava. Avevano chiuso di nuovo, quante volte era successo in questi anni? Ogni volta erano tornati a lavorare insieme, stavolta però sembrava definitiva e la cosa le faceva paura.
Venne distratta dal verde del semaforo, dopo quella giornata l’unica cosa che poteva fare era tornare a casa, mettere la testa sul cuscino e augurarsi di sprofondare nel terreno, ma non era lì che voleva andare. Parcheggiò al parco giochi e accese la radio sperando di trovare un po’ di conforto, o forse per non sentirsi sola. Alzò il volume e scese dall’auto lasciando i finestrini aperti, un pezzo house giungeva alla fine. La pioggia aveva inzuppato l’erbetta che al contatto con le sue scarpe produceva un curioso rumore. Si sedette sull’altalena incurante del fatto che si stava bagnando completamente. Il presentatore annunciò una canzone che partì qualche secondo dopo, la macchina non era molto lontana dall’altalena e riusciva chiaramente a distinguere le parole.
 
I found god
On the corner of first and Amistad
Where the west was all but won
All alone, smoking his last cigarette
I said where you been, he said ask anything.
 
L’aveva già sentita quella canzone, ricordava bene la voce del cantante e quelle parole. Ogni singolo verso le ricordava lui. La amava e le era stato accanto ogni secondo in quegli anni e lei aveva dato per scontata la sua presenza, non chiedendosi se un giorno avrebbe rischiato di perderlo.  Non aveva nemmeno il coraggio di immaginare un giorno senza di lui, credeva di essere forte, ma era incredibilmente fragile invece. Le parole che le aveva detto il giorno prima le ronzavano ancora in testa.
 
Where were you?
When everything was falling apart
All my days were spent by the telephone
It never rang and all I needed was a call
That never came to the corner of first and Amistad.
 
Le aveva detto di non volerla perdere, di non gettare via la sua vita e lei non lo aveva ascoltato. Le aveva detto di amarla e lei si era preoccupata solo di rimproverargli il fatto che qualcuno lo aveva telefonato per allontanarla dal caso e non le aveva detto nulla. Le aveva nascosto che qualcun altro sapeva di tutta quella storia, ma al momento non le interessava. Si diede della stupida centinaia di volte per essere stata così superficiale con lui.
 
Lost and insecure
You found me, you found me
Lying on the floor surrounded, surrounded
Why'd you have to wait?
Where were you? Where were you?
Just a little late you found me, you found me.
 
Quella canzone la stava straziando, aveva voglia di alzarsi e spegnere la radio per impedire a quella canzone di scavarle il cuore così tanto. Lui l’aveva davvero trovata, le aveva migliorato la vita, aveva reso ogni giorno trascorso insieme al distretto più solare, più divertente e meno pressante. Lui e le sue teorie senza senso che però alla fine portavano alla verità, lui e il suo caffè, in quei quattro anni non c’era stata una mattina in cui non le avesse portato il caffè come piaceva a lei, lui che adesso era scivolato via da lei, come la pioggia sulla sua giacca di pelle o sul ferro ghiacciato dell’altalena.
 
In the end everyone ends up alone
Losing her, the only one who's ever known
Who I am, who I'm not, who I want to be
No way to know how long she will be next to me.
 
Come era possibile che si fosse resa conto di amarlo quando ormai era troppo tardi? Quando ormai lui non era lì a salvarla? Ne avevano passate così tante insieme che ormai era abituata a girarsi e a trovarlo al suo fianco. Erano quasi morti congelati ed erano insieme, avevano rischiato di essere sbranati da una tigre, ma erano insieme e anche ammanettati. Era rimasta appesa ad un cornicione ma lui non era lì per la prima volta. Aveva bisogno di lui e l’aveva capito in una situazione estrema, invece di chiedere aiuto, si era preoccupata di chiamarlo, di urlare il suo nome. Quando l’avevano tirata su si aspettava di trovarlo lì, e invece era circondata solo dai suoi colleghi. Per tutto il tempo non aveva pensato ad altro se non a lui, anche mentre la voce irritante della Gates la rimproverava.
La canzone intanto era finita, ma quei quattro minuti di musica uniti a quell’incessante temporale l’avevano aiutata in un certo senso a chiarirsi le idee. Avrebbe dovuto farlo molto tempo prima, forse quella notte dopo quel bacio, l’anno prima. Tornò in macchina, ne aveva abbastanza di tutto quell’umido sulla testa. Alzò i finestrini e sospirò, qualche lacrima calda si fece spazio sulle sue guance, le asciugò subito e girò la chiave dell’auto, “E’ il momento di giocarsi tutto.” Pensò. Voleva fare un tentativo, forse l’avrebbe mandata via, forse avrebbero litigato di nuovo, ma almeno non si sarebbe più nascosta dai suoi sentimenti. Non ci mise molto ad arrivare, ma quando entrò nell’ascensore cominciò a sentire la tensione portarle via tutti i buoni propositi. Che avrebbe fatto se l’avesse rifiutata?  Sarebbe riuscita a ricominciare facendo finta di niente? Doveva riuscirci.
Perché nell’amore non era così determinata come lo era nel suo lavoro? Perché doveva sbattere la testa prima di capire le cose?
Era davanti la sua porta, non c’era più tempo per ripensarci o scappare via, ora o mai più.
Suonò il campanello. Quei pochi minuti le parvero ore interminabili ma quando aprì la porta la tensione scomparve all’istante. Restò a guardarlo senza parlare mentre entrambi cercavano qualcosa da dire, lui era visibilmente sorpreso.
 
“Che cosa vuoi Beckett?”
 
“Voglio te.”
   
 
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