NdA:
Era
da un po’ che non scrivevo niente, mi mancava :’)
Questo è solo una piccola
oneshot di sfogo, giusto una schifezza per riordinare la mia mente
prima di
cominciare a studiare. Perché sì, ho
già compiti il primo giorno di scuola.
Non
sono una grandissima shipper della coppia Yohn o Joko (???), ma appena
finito
di vedere USA vs John Lennon e…
bè,
ecco, questo è ciò che la mia piccola mente
bacata è riuscita a partorire c:
Bacibaci!
*M
8
dicembre 1980
Non
è molto tardi, ma
d’inverno le giornate finiscono sempre prima,
perciò sembra notte inoltrata.
Abbiamo appena finito di lavorare, tutto è andato alla
grande e John è stato
fantastico; ma ora la stanchezza comincia a prendere posto
all’euforia di poco
prima e lo vedo, in parte a me, scivolare sul sedile
dall’auto con un’aria
distrutta.
La
macchina procede
lentamente, lungo le grandi strade affollate di New York. La radio
racconta
notizie che nessuno di noi è in vena di ascoltare, a parte
forse l’autista, ma
credo che anche lui sia abbastanza spazientito da
quell’aggeggio che non sta un
attimo zitto.
Forse
però, è un bene che
sia accesa: ci sarebbe troppo silenzio, senza.
-Amore,
che ne dici se ci fermiamo da qualche parte? Chessò,
magari in un ristorante… Per rilassarci un po’,
sai, prima di tornare a casa.-
propongo, stanca di dover assistere a quel noioso spettacolo.
Lui
sorride, nonostante
tutto. –No, Yoko. Voglio vedere Sean.
Il
suo amore per suo figlio
non può non farmi sorridere. –Probabilmente
starà già dormendo.- cerco di
fargli cambiare idea, ma poi ci ripenso. Ha un bellissimo rapporto con
Sean e
non sarò certo io a distruggerglielo.
Ricala
il silenzio e inizio
ad agitarmi. Non mi piace che John sia così taciturno. Fino
a poco fa rideva e
scherzava come sempre, ma suppongo sia quello l’effetto che
gli fa, tenere in
mano una chitarra e suonarla con tutto sé stesso.
Deve
semplicemente essere
molto stanco, dopo la lunga e faticosa giornata di oggi; sono sicura
che sia
così. Eppure non riesco a trattenermi dal domandargli:
-Tutto bene, John?
Lui
si volta e mi guarda. Mi
fissa con quei piccoli occhi scuri, come se volesse capire le mie
intenzioni;
naturalmente so che non è così, so che si fida di
me più di chiunque altro. Ma in
quelle profonde iridi scorgo una consapevolezza troppo grande per
essere
nascosta, che per qualche strano motivo non si sente pronto a
condividere con
me. Sospira e si avvicina dolcemente, stampandomi un bacio sulle labbra.
-Ti
amo.- gli dico
sorridendo, cercando così di farlo aprire con me, come ha
sempre fatto, se c’è
qualcosa che lo turba.
Risponde
al sorriso e torna
a baciarmi.
-Adesso
ci facciamo una
bella dormita, Yoko. Io, tu e il nostro piccolo Sean.- annuncia fiero.
Mi
appoggio alla sua spalla,
ormai rassegnata, e lui, prontamente, mi stringe in un abbraccio.
Arriviamo
al Dakota Building
in quella che sembra un’eternità e
l’auto si ferma davanti all’edificio.
Aspetto che l’autista mi apra la portiera, prima di scendere,
seguita da mio
marito.
Mi
prende la mano e la
stringe forte, mentre ci incamminiamo verso l’ingresso,
pronti a rientrare.
Lo
sento sussurrare. -Ti amo
anch’io.