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Autore: Aika_chan    12/09/2013    2 recensioni
"Ricordo solo di aver mancato la presa del secondo staggio, sono caduta di schiena, ho sbattuto pesantemente la testa, tanto che subito dopo, ho visto il soffitto richiudersi sopra il mio sguardo. Ho visto la morte. Ho visto la fine."
Una ex-ginnasta dalla carriera tutta in ascesa, racconta la storia di come ha iniziato a volare, e di come poi è caduta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' il mio primo, ultimo, giorno di superiori, è il giorno dell' inizio della fine, di nuovo.
E la mia nuova insegnante di italiano, ha pensato bene di farci scrivere un tema su di noi.
Sarà che prima di quest' anno insegnava alle scuole medie, ed è rimasta un tantino indietro con la mentalità, sarà che 25 alunni spaventano a tal punto una donnina minuta e spaurita come la prof in questione, da costringerla a "torturarci" fin da subito o sarà semplicemente che aveva voglia di farmi irritare già alla prima ora, ma sta di fatto, che ha sottolineato più volte che il lavoro è obbligatorio per tutti, e io sono davanti a questo foglio bianco da due ore, e non ho idea di quello che andrò a scrivere.
Quindi, dato che qualcosa devo buttar giù per forza, cara professoressa, credo partirò dall' inizio.
Sono nata in un piovoso 10 agosto di 18 anni fa, sono del segno del leone e il mio nome è Amira.
Nome strano vero ? Lo so, il problema è che fui concepita durante un viaggio di mia madre e di mio padre in Marocco per una specie di missione umanitaria o non so cosa, e quando a quella che poi diventò mia madre fu data la lieta notizia, cominciò a sviscerare i meandri di internet per trovare un nome che le ricordasse il luogo in cui ho avuto origine.
E' così che quando nacqui, il mio destino venne segnato da un nome particolare, da una madre non proprio normale, che amava trasformare casa nostra in una qualsiasi parte del mondo a rotazione e da un padre che sarebbe volentieri scappato, dalla nostra famiglia, non proprio normale.
Grazie a Dio non lo fece, così riuscii a conoscere anche un minimo di normalità durante la mia infanzia.
Quando all' età di 3 anni mi resi conto che quel nome che mi era stato affibbiato a forza, mi avrebbe portato tutto tranne che amichetti con cui giocare, cominciai a presentarmi come Anna.
Non lo scelsi a caso, adoravo il cartone animato Anna dai capelli rossi, così, dato che la tinta non mi era concessa e dato che casa mia aveva il solito tetto marrone, decisi di immedesimarmi nel personaggio (chiaro segno di parentela con la donna che mi ha partorito) facendomi chiamare, appunto, Anna. All' inizio lo facevo per gioco, oggi a distanza di anni, molte persone non conoscono neanche il mio vero nome.
All' età di tre anni, come tutti i bambini, anche io venni mandata a provare i vari sport, giusto per non crescere incollata alla televisione.
L' unico problema, è che alla mia famiglia piace esagerare, per cui non ne provai uno, non due e neanche tre, ma ben quattro.
Nuoto, come tutti, danza classica, in quanto femmina, scherma, mio nonno aveva un passato da schermidore, per cui l'omaggio ai grandi della famiglia era d'obbligo e ginnastica artistica.
Già, ginnastica artistica, se oggi ripenso a giorno della prova, durante il quale non facevo altro che frignare perchè non riuscivo a stare in equilibrio su una mini-trave di poco sollevata da terra, mi viene da ridere. Da vera leonessa testarda, m' incallii a tal punto su quella specie di esercizio che costrinsi i miei genitori a iscrivermi al corso, volevo dimostrare a quel dannato pezzo di legno che contro di me non poteva vincere.
Non vinse.
All' età di otto anni entro a far parte della squadra giovanile di ginnastica che andrà ai campionati di quell' anno, a dieci anni il mio primo oro di squadra. Pochi mesi dopo, il mio primo oro personale.
Il mio attrezzo preferito, erano le parallele asimmetriche.
L' attrezzo che oggi odio, sono le parallele asimmetriche.
Comincio a farmi un nome, gara dopo gara, competizione dopo competizione, divento in poco tempo una delle migliori ginnaste del panorama italiano.
A quattordici anni appena compiuti abbandono la categoria juniores ed entro nella senior.
Tutto un altro pianeta. Gli allenamenti era duri, intensi, sfiancanti, faticosi, dolorosi. Erano la parte più bella delle mie giornate. 
Non sono più una bambina, divento una donna forte e indipendente, giro il mondo e porto la mia natura di ginnasta di qua e di la, sfidando nuove e vecchie ragazze, squadre più o meno forti. 
Diventando sempre più forte.
Il mio nome era stato ormai costruito, ero diventata "Anna, la principessa che vola". 
Perchè? Semplice, tra gli attrezzi ero brava in tutti, ma quello in cui mi distinguevo erano le parallele, quei pochi secondi di stacco tra la presa di una sbarra e l' altra, mi permettevano di volare, letteralmente, volavo alta nel cielo, lasciando indietro tutte le preoccupazioni dei punteggi e le tensioni degli allenamenti, volavo, semplicemente volavo. Quei secondi di libertà, portavano chi mi guardava a credere che fosse possibile volare senza essere superman, portavano chi mi guardava, a credere che io non potessi mai cadere.
Si sbagliavano.
A sedici anni, sono la più giovane tra le poche ginnaste d' elite, scelte per partecipare alle olimpiadi, mi sono distinta ai campionati assoluti nazionali, come hai mondiali, ho soffiato l' oro, a chi per anni conquistava la medaglia, come se niente fosse.
Non me ne rendevo conto, di essere un prodigio, così mi definivano, io semplicemente facevo ginnastica, chi mi guardava sembrava non avesse mai visto nessuno fare le cose che facevo io. Non lo capivo.
Alle olimpiadi, vengo nominata capitano della squadra, dicevano: "hai la stoffa del leder, sai guidare e motivare le tue compagne, per portare alla vittoria", io ero semplicemente me stessa. Sempre in quell' ambito presentai il mio elemento distintivo, un particolarissimo salto alle parallele, mi avrebbe permesso di volare sempre più in alto.
Ci ha permesso di arrivare per la prima volta ad un oro di squadra in un ambito così prestigioso. 
Mi è valso il soprannome di "la principessa d'oro".
L' anno successivo, sogno di presentare agli assoluti la versione più complessa del mio elemento, quello si, che mi avrebbe permesso di raggiungere il cielo.
Mi avrebbe permesso davvero, di volare.
Mi ha solo permesso di cadere.
Ricordo solo di aver mancato la presa del secondo staggio, sono caduta di schiena, ho sbattuto pesantemente la testa, tanto che subito dopo, ho visto il soffitto richiudersi sopra il mio sguardo. Ho visto la morte. Ho visto la fine.
Si, perchè quel giorno è finito tutto, niente più "Anna, la principessa che vola", niente più "principessa d' oro". Solo il buio, e il dolore.
Mi risveglio in un' asettica stanza d' ospedale, con l' odore del disinfettante chi mi buca le narici.
Sono rimasta in coma quattro giorni, l' impatto col suolo è stato così veloce e rapido da aver costretto il mio cervello ad assopirsi, per non morire.
Sono caduta.
E la mia carriera, si è spenta in un secondo come è cominciata.
Non ricomincerà mai, se prima amavo volare, oggi ho paura di toccare le sbarre che mi permettevano di farlo.
Oggi, non sono più una ginnasta. Sono semplicemente Anna, che racconta la sua storia a chi si crede invincibile.
Questa, prof, sono io.
Mi rendo conto che tutta questa melensa storia, possa averla annoiata non poco, e che avrebbe potuto tranquillamente trovare tutto su internet, ma, se me lo concede, credo non sia la stessa cosa, leggerla su uno schermo anonimo, piuttosto che dalle parole, e dalla penna di chi ne è la protagonista.
Amavo volare, ma sono caduta.



Angolino per me ^^
Prima di qualsiasi cosa: il nome "Amira" in arabo significa proprio "principessa", è per questo che un dei soprannomi dati ad Anna, si riferiscono proprio alla principessa.
Passiamo ad altro: oggi festeggio il mio primo mese su EFP (yuppii) !
Per cui per festeggiare regalo a voi questa one-shoot originale. Spero vi sia piaciuta ! 
Lasciatemi pure una rcensione, leggerò e risponderò con molto piacere.
Un bacio.
Aika
  
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