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Autore: Finne The Phoenix    12/09/2013    1 recensioni
Si sa..La notte porta consiglio. Eppure, sotto quel cielo senza luna, Edward e Winry vagano con la mente in pensieri che li rendono ancora più confusi. Il primo, bloccato in una stazione ferroviaria, l'altra dispersa nel bosco del suo paese. Luoghi e situazioni diverse ma, entrambi, si ritrovano a sperare, forse inconsciamente, di ritrovarsi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Without Moon, Whithout You

 
Erano le due del mattino. Il freddo gelido e pungente di Gennaio si faceva strada sotto il solito mantello rosso di Edward, che si era coperto come meglio poteva per affrontare quella lunga notte.
Alphonse era partito da qualche giorno insieme al colonnello Roy Mustung e i ai suoi uomini ,approfittando del fatto che essi si stessero dirigendo a Ishvar. Aveva stretto amicizia con una ragazzina di quelle parti e così ,si era deciso di raggiungerla. La cosa turbava molto il fratello, ma forse si doveva solo  arrendere all’idea che stesse crescendo, anche se dentro un’armatura.
Il più piccolo si era fatto promettere da Edward che in sua assenza non avrebbe proseguito le ricerche sulla pietra filosofale.
Promessa che ovviamente non mantenne.
Approfittando della mancanza del fratello aveva cominciato a spostarsi da un posto all’altro. In un certo senso si sentiva liberato dalle responsabilità che aveva nei riguardi di Alphonse. Non che per lui fosse un peso, ma molte volte aveva evitato di combattere o fare qualcosa di sconveniente solo per non turbare il fratello più piccolo.
Aveva cominciato a seguire numerose piste, che infine lo avrebbero condotto in un paesino a lui molto familiare: Reesembool.
Al solo pensiero di tornare in quel luogo gli vennero i brividi. Eppure era casa sua. Era il posto nel quale era nato, dove aveva trascorso forse i momenti più belli della sua vita. Allora perché gli procurava tanta angoscia dover tornare li?
Infine si era deciso: aveva raccattato il minimo indispensabile e si era diretto verso la stazione.
Ed ora si ritrovava li, solo, al freddo, seduto a terra con la schiena poggiata contro il suo borsone.
Si guardò attorno: la stazione aveva un’aria abbastanza sinistra.
Intorno a lui si cominciò a formare una sottile nebbia che avvolse quel luogo isolato e disperso nel vuoto. Le esili finestre di legno dell’edificio cominciarono a cigolare per il lieve vento che le faceva muovere.
Accanto a lui si trovava una vecchia porta di legno, dove vi era appesa una targa con scritto “Closed”.
<< Non me ne ero accorto.. >> Pensò Edward ironicamente.
Si scostò lievemente il mantello ed estrasse un pacchetto dalla tasca sinistra dei pantaloni. Ne tirò fuori una sottile sigaretta, che riuscì ad accendere a fatica, visto il vento che continuava a soffiare.
Bel vizio si era preso. Si concedeva una sigaretta ogni tanto, ma da quando Al era partito fumava a tutto spiano.
Una nuvola di fumo si cominciò a mescolare con la nebbia, che man mano diventava sempre più fitta. Adesso riusciva solo a vedere i binari che aveva di fronte a se.
<< Che notte triste >> disse a voce alta per scacciare un po’ il silenzio.
Alzò la testa verso il cielo. Non c’era nemmeno la luna.
Poi la sua mente incominciò a vagare verso il pensiero che tra un paio di ore avrebbe raggiunto il suo paese. Improvvisamente gli venne un enorme peso al cuore: Winry.
Cosa avrebbe dovuto fare? Doveva andare a trovarla? No… non poteva. L’avrebbe ferita di nuovo, come sempre. Eppure, anche se gli costava molto ammetterlo, sentiva la sua mancanza.
Ma cosa diamine gli passava per la testa?! Lui, l’alchimista d’acciaio non poteva scendere a tali sentimentalismi!
Aveva 17 anni, non era più un bambino!
Anche se gli mancava terribilmente esserlo. Quando era piccolo aveva una famiglia, aveva una casa, aveva i suoi arti e suo fratello in un sano corpo umano. E poi stava sempre insieme a Winry..
Dannazione, ci aveva pensato di nuovo. Ma perché tutti i suoi pensieri sfociavano sempre su di lei? D’altronde era solo una sua amica d’infanzia, in seguito la sua meccanica.. E basta!
Una folata di vento arrivò inaspettatamente, facendogli volare dalle dita la sigaretta e sollevando un polverone di sabbia che, per colpa dell’umidità, si appiccicò tutta nel viso, nei capelli e negli abiti del giovane Elric.
<< Ecco, ci mancava solo questa!>> sbuffò irritato.
In quel momento l’unica cosa che Edward desiderava di più era prendere il treno, trovare una locanda e farsi un bel bagno caldo.
Chissà se faceva questo brutto tempo anche a Reesembool. Magari Winry si era già fatta un bel bagno caldo.
No. Questo no!
<< Basta Edward, smettila!>> si ripeteva nella sua mente, dandosi qualche colpetto sulla fronte.
Tornò a guardarsi intorno. Certo che non c’era proprio niente da fare li. Era sempre abituato all’avventura, all’azione. Ma si consolò pensando che forse quello era l’unico momento di tranquillità che avrebbe potuto trascorrere. Pensò ad un ipotetico combattimento, al fatto che avrebbe dovuto sicuramente scontrarsi con qualcuno. E sarebbe dovuto stare attento per non danneggiare i suoi automail. Ma cosa pensava? Winry era la migliore meccanica che si potesse avere. I suoi automail erano forti e potenti. Sospirò. Niente, quella sera si sarebbe dovuto arrendere all’evidenza che ogni suo minimo pensiero si posava su di lei.
Si sistemò al  meglio il mantello a causa del vento che aumentava sempre più.
<< Dai Edward, tanto peggio di così non ti può andare >>
Poi improvvisamente un fulmine piombò a qualche metro da lui, sicuramente attirato dal ferro dei binari. Il rumore lo fece sobbalzare.
Rimase così, ad occhi strabuzzati, guardando il punto sul quale era atterrato il fascio di elettricità, maledicendosi per aver parlato troppo presto.
 
 
 
 
Pochi minuti dopo, a Reesembool , si diffuse un terribile boato che fece tremare le finestre. Winry si svegliò di soprassalto, ansimando per il forte spavento.
Si ritrovò tutta aggrovigliata tra le coperte, in una stanza buia come la pece , rischiarata solo dai flash dei lampi che si liberavano in cielo.
Si ricordò che sua nonna era partita per un servizio a domicilio ed in quel momento l’assalì un forte senso di angoscia. Stare in quella casa, di notte, con quel tempo. Da sola. Un altro rumore la fece trasalire: era il cancello della gabbia di Dan che si doveva essere aperto per il forte vento. In quel momento le venne un attacco di panico.
<< Dan!>> Urlò la ragazza, anche se consapevole che nessuno potesse sentirla. Si alzò con uno scatto fulmineo dal letto, precipitandosi fuori dalla sua stanza. Cominciò a scendere le scale a due a due, rischiando di rompersi l’osso del collo. Prima di scaraventarsi fuori riuscì a prendere una misera torcia e una giacca, che si infilò alla men peggio.
Corse fuori dalla porta d’ingresso, combattendo con il forte vento che aveva cominciato a sollevare foglie e terra. Socchiudendo gli occhi riuscì solo a vedere il suo cane che si addentrava nel boschetto accanto alla sua dimora.
<< Dan! Stupido cane, vieni qua ! DAN!>> la ragazza sperava con tutta se stessa che una volta che l’animale avesse sentito il suo richiamo sarebbe ritornato da lei.
Cosa che ovviamente non avvenne. Il cane prese la rincorsa e sparì tra gli alberi.
<< Oh no..>> riuscì solo a dire la bionda.
Poi, presa da un’incredibile scatto di coraggio, si chiuse la porta alle spalle e iniziò a rincorrere il suo Dan, mentre anche lei veniva inghiottita dalle tenebre della selva.
Intorno a lei, tra il vento e l’oscurità, non si capiva niente. Più si addentrava e più gli alberi diventavano fitti. I rami sporgenti incominciarono a graffiarle il viso e a lacerarle gli abiti.
Il sotto del pigiama era oramai uno straccio.
<< Ma perché mi devo sempre cacciare in queste situazioni? >> pensò Winry, cercando di sdrammatizzare.
<< Dan!>> riprese a chiamarlo.
Continuava a camminare, appoggiandosi ai tronchi e ai rami degli alberi per darsi maggiore sostegno. Arrivò una folata di vento, più forte delle altre, che le scagliò addosso alcuni microscopici pezzettini di terra nel volto. La ragazza chiuse gli occhi automaticamente e d’istinto afferrò un ramo, che però si rivelò essere troppo esile e gracile, tanto da spezzarsi e da farla scivolare verso una piccola fossa.
Winry aprì gli occhi e un dolore lancinante proveniente dalla caviglia la fece sobbalzare. Cadendo doveva essersi presa una brutta storta. Il luogo dove era atterrata era però molto più riparato dal vento, tanto da fargliene arrivare solo pochi soffi.
La consolazione degli sciocchi, pensò.
<> Neanche il tempo di dirlo e la torcia cominciò a fare intermittenza, fino a farla spegnere del tutto. Winry era circondata dal buio più totale. Provò ad alzarsi, ma la caviglia non glielo consentiva proprio. Dopo numerosi tentativi si arrese, e si accasciò al suolo, sedendosi e portandosi le gambe al petto, per coprirsi e stare più calda. Faceva un freddo indescrivibile.
Si ritrovava in quella assurda situazione per colpa di quel dannato cane.
<< Se sapevo che finiva così non ti costruivo l’automail per la tua zampa!>> urlò Winry in preda alla disperazione, sfogandosi un po’.
La ragazza inclinò la testa verso l’alto. Non c’era nemmeno la luna quella notte. La giovane si ritrovò a pensare a quante volte era venuta da piccola in quel bosco a giocare insieme ai fratelli Elric.  Quel posto le aveva sempre fatto paura ma quando era con i due si sentiva protetta e al sicuro. Specialmente con Edward. Il minore era più fifone. Sorrise ricordando che un pomeriggio si era persa proprio li e che Edward l’aveva cercata per tutto il giorno. Infine l’aveva ritrovata abbracciata ad un tronco mentre piangeva disperata. Lui, preso da un momento di tenerezza, l’aveva abbracciata e riportata a casa dalla nonna.
Le vennero le lacrime agli occhi pensando che in quel momento, non l’avrebbe aiutata nessuno. Sua nonna non c’era, Alphonse non c’era. Edward non c’era. E forse non ci sarebbe stato mai. Perché le succedeva tutto questo? Perché le persone più importanti della sua vita se ne erano andati?
Ricacciò dentro le lacrime. No, non poteva piangere. Specialmente in un momento come quello. Buttarsi a terra non serviva a niente. Anche se tecnicamente a terra c’era eccome.
Nonna Pinako sarebbe ritornata a casa tra due giorni. Quindi sarebbe dovuta rimanere intrappolata li?! Senza cibo, ne’ acqua. Al freddo?
Scacciò via quei brutti pensieri. Magari tra un paio di ore, quando si sarebbe fatto giorno, qualcuno sarebbe passato di la e l’avrebbe aiutata. Ma chi?
A quest’ora se Edward fosse stato con lei tutto questo non sarebbe mai avvenuto. Sicuramente si sarebbe offerto lui di andare a recuperare Dan e di certo non sarebbe ruzzolato giù in un fossato come un’imbecille.
Oh diamine. Perché pensava a Ed? Cosa c’entrava lui in tutta questa storia?
Lui oramai non faceva più parte della sua vita. Si erano incontrati solo poche volte in tutti quegli anni che Edward e il fratello erano partiti, e la maggior parte delle volte solo incontri di tipo lavorativo, ovvero quando il testone distruggeva i suoi preziosi automail. Ma cosa si aspettava? Un uomo forte e tenace come lui.. Oh no. Lo aveva appena definito..uomo?
Beh effettivamente non era più un ragazzino. Forse aveva anche la ragazza.
A quel pensiero Winry si paralizzò. A questo non aveva mai pensato. Magari era proprio per questo motivo che non si faceva mai sentire.
La promessa di non piangere dopo quel pensiero fu vana. Una lacrima cominciò a rigarle il viso. E tra il vento e i tuoni nessuno poté sentirla singhiozzare.
 
 
Erano ormai le tre. Edward era oramai praticamente disteso al suolo, supplicando Iddio di far arrivare il treno al più presto. Lampi e tuoni persistevano, ma ancora non si accingeva a piovere. Nemmeno una goccia scese da quel cielo senza luna.
Eppure, per un attimo, ebbe quasi la sensazione che gli fosse caduta sul volto qualche cosa di bagnato. Qualcosa di umido e caldo. Come..come una lacrima.
Si disse che magari era solo il sonno ,che gli giocava davvero dei brutti scherzi.
Cominciò a sentire un lieve tremolio sotto il suo corpo, segno che il treno era nelle vicinanze. Stava per avere un ripensamento dell’ultimo minuto:
<< Con quale faccia torno a Reesembool? Con che coraggio torno da lei?>> ripensò Edward sentendo le vibrazioni del suolo che si facevano più intense. Il buio e il silenzio della notte furono smorzati dal pesante rumore del treno e dei suoi macchinari. Il biondo guardò a destra e cominciò ad intravedere il mastodontico veicolo che si avvicinava. Quando prima pregava di vederlo arrivare, adesso si pentiva amaramente di essere stato così precipitoso. Non aveva pensato alle conseguenze che avrebbe comportato il suo ritorno in paese. Perché era sempre così istintivo? Forse doveva interrompere le ricerche come aveva promesso al fratello. Malgrado fosse così insicuro sul da farsi, appena il treno sfrecciò davanti a lui non se la sentì di abbandonare i suoi propositi. Fece un profondo respirò e recuperò il suo borsone. Da quel treno non scese nessuno.
Si aprirono solo le porte. L’alchimista sembrò alquanto disorientato ma, dopo un attimo di esitazione, allungò la gamba d’acciaio e salì sul treno.
La carrozza era deserta. Certo, chi era così folle come a lui a prendere il treno in piena bufera e in più a così tarda notte?
L’unica cosa positiva era il bel calduccio del vagone. Il veicolo ripartì subito, non avendo altri passeggeri, e il giovane Elric, ancora in piedi, si ritrovò a doversi sostenere alla panca per non essere scagliato a terra dopo quella brusca partenza.
<< Iniziamo bene..>> pensò mentre si accomodava comodamente vicino al finestrino. Il sonno prese subito il sopravvento.
 
 
 
Dopo un paio di minuti si aprì la porta che comunicava con il vagone accanto, e ne uscì un uomo sulla cinquantina.
Incominciò a fare il suo solito girò d’ispezione, convinto che anche in quella carrozza non ci fosse nessuno. Poi notò un ragazzo con la testa appoggiata al finestrino, nel bel meglio del sonno. Provò per un attimo compassione per lui: era malconcio, con tutti i vestiti sgualciti e ricoperto di sabbia e polvere dalla testa ai piedi. Subito pensò che si trattasse di uno straniero e inizialmente ebbe quasi pena nel doverlo svegliare. Ma in fin dei conti, era quello il suo mestiere.
 
 
<< Signore.. scusi..>> Edward fu delicatamente scosso all’altezza delle spalle. Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti a sé il controllore, che lo osservava con curiosità. Si rese immediatamente conto delle sue condizioni pietose e cercò di ricomporsi alla meglio.
<< Mi duole disturbarla, ma mi deve conferire il suo biglietto>> continuò l’uomo scrutandolo.
<< Ah si, certo. Mi scusi. Ecco tenga>> gli rispose consegnandogli il suo ticket.
L’uomo lo timbrò e gli sfoggiò un sorriso.
<< Ecco fatto. Grazie e buon riposo>> concluse ritornandogli il pezzo di carta con adesso un vistoso timbro nero.
Una volta che il controllore passò nell’altro vagone, Edward sprofondò di nuovo tra le braccia di Morfeo.
 
Il treno impiegò due ore per giungere a destinazione. E così, alle cinque del mattino, Ed fu svegliato dalla sonora frenata che il veicolo effettuò.
Il fischio di quest’ultimo diede la conferma. Era davvero arrivato a casa. Ancora frastornato si mise il borsone a tracolla e, barcollando per il sonno, si diresse verso le uscite.
Una volta fuori si rese conto che anche a Reesembool il tempo non era dei migliori: lampi e vento avevano invaso anche il suo paese. Si mise il cappuccio e aspettò che il treno partisse prima di intraprendere il suo cammino. Quando lo stridio delle ruote riprese, il treno si allontano, lasciandolo così nuovamente da solo e con quell’orribile sensazione di ansia.
<< Ma tu guarda, quel cane sembra proprio Dan>> pensò intravedendo una bestiola che camminava intorno ai binari.
< Ma quel cane è Dan! > constatò Edward vedendo l’automail impiantato da Winry. Infatti l’animale, accortasi della presenza del ragazzo, gli si fiondò praticamente addosso, scodinzolandogli felice.
 Inizialmente Edward lo coccolò e gli fece qualche festa, ma poi si rese improvvisamente conto di una cosa. Quel cane era da solo. Un’indescrivibile sensazione di panico gli attorcigliò lo stomaco quando cominciò a pensare che forse poteva essere successo qualcosa a Winry.  Pinako lo aveva avvisato del fatto che lei sarebbe mancata. Quindi fece due più due : Winry era da sola, Dan era da solo.
Il fuoco si accese negli occhi di Ed.
<< Dan! Dov’è Winry?!>> domandò al cane, anche se subito dopo si sentì uno stupido per aver chiesto notizie della ragazza ad un animale.
Ma Dan, per tutta risposta, incominciò a correre verso il bosco.
 
 
 
Era oramai stesa li per terra da tre ore. La caviglia le faceva sempre più male e continuava a gonfiarsi sempre di più. Era coperta di terra, fango e foglie. Ma non le importava niente. Il suo unico pensiero era uscire di li. In più il freddo aveva cominciato a farsi sentire da un pezzo, e la ragazza tremava come un fuscello.
Credeva che sarebbe morta assiderata da li a poco.
Forse sua nonna si sarebbe sentita in colpa per averla lasciata da sola. Povera Pinako, anziana com’era, a vedere il corpo della nipotina tra le foglie e privo di vita, le sarebbe preso un infarto.
Forse l’unica che avrebbe sofferto davvero sarebbe stata solo lei. Poi non si poteva davvero morire così giovani. Lei..lei non aveva nemmeno dato il suo primo bacio. A questo suo ultimo pensiero arrossì. Chissà cosa si provava. E mentre cercava di immaginarlo, nella sua mente si fece spazio la figura di Edward , mentre violava le sue labbra.
Winry sgranò gli occhi. Oh santo cielo, ma cosa le saltava in testa?
Mentre vaneggiava con i suoi pensieri udì lo scricchiolare di alcune foglie.
<< Non farti illusioni. Devono essere quei dannati scoiattoli!>> si rimproverò lei.
Invece, al posto degli scoiattoli, si ritrovò davanti il suo cane.
<< Dan!>> urlò in un misto tra rabbia e felicità.
Il cucciolo vedendo la padrona scivolò giù nel fossato e si buttò tra le sue braccia.
<< Guarda un po’ chi è tornato! Il fuggitivo! Dovrei staccarti una zampa, ma non quella con l’automail, un’altra, tanto per divertirmi!>> lo sgridò lei sorridendo. In fondo era felice di vederlo. Anche il suo cane non era messo tanto bene: era lercio e pieno di fanghiglia attaccata in tutto il pelo.
La ragazza trovò un po’ di grinta e decise di riprovare ad alzarsi. Si aggrappò ad un tronco e si sollevò da terra con tutte le sue forze. Ma non giunse nemmeno a metà strada che si lasciò ricadere a terra, rimanendo ancora aggrappata all’albero.
Il suo morale sprofondò insieme a lei. Si ritrovò improvvisamente inghiottita di nuovo dalle tenebre.
Un rumore di foglie e rami spezzati le fece sollevare il capo, e quello che vide, la lasciò senza fiato.
Non poteva essere. Era una visone? No, era vero. Un ragazzo era sopra il fossato,ma riusciva a distinguerne solo l’ombra per il buio che li circondava. Aveva il fiatone, segno che forse aveva corso un bel po’ prima di giungere lì.
<< Winry! Stai bene?>>
Quella voce era così familiare, sembrava quasi quella di.. No! Non poteva essere lui!
Il ragazzo scivolò con attenzione nel fossato, fino ad arrivarle vicinissimo. Ecco, adesso ne aveva la conferma.
<< E..Ed?>> riuscì solo a sussurrare.
<< Si Winry, sono io>> rispose preoccupato.
<< Ma che ci fai tu qui?>>
Il ragazzo le sorrise. << Beh, dovrei farti la stessa domanda dal momento che questa è la seconda volta che ti ritrovo nel bosco avvinghiata ad un tronco.>>
La ragazza sorrise rendendosi conto che effettivamente aveva ragione. Si staccò impulsivamente dall’albero e cercò di andargli incontro, ma la caviglia le impedì nuovamente di muoversi.
Soffocò un urlo a fatica.
<< Cos’hai? Sei ferita?>> domandò apprensivamente Edward chinandosi verso di lei.  
<< Non è niente, ho solo preso una brutta storta!>>
<< Ahh ma perché ti cacci sempre in queste situazioni?>> le chiese nuovamente mentre constatava le condizioni della caviglia.
La ragazza lo guardò fisso in viso.
<< Perché in cuor mio so’ sempre che verrai tu a salvarmi>>
A queste parole Edward alzò lo sguardo verso di lei, e la osservò per attimi che parvero infiniti.
Poi si rese conto la ragazza stava tremando per il forte freddo e d’istinto si sfilò il mantello e lo ripose nelle sue spalle.
<< Ed ma sei pazzo? Perché lo fai? Ti ammalerai di sicuro!>>
Edward diede le spalle alla giovane e se la caricò sulla schiena.
<< Perché tanto, in cuor mio, so che ci sarai sempre tu a curarmi>>
Lo disse tutto di un fiato. Edward non era mai stato bravo a dire certe cose, non amava i giri di parole. E questo Winry lo sapeva. Ma questa sua frase l’aveva totalmente spiazzata. Non se l’aspettava.
Così Winry avvolse le sue braccia intorno al collo del ragazzo e, una volta spostata la sua treccia, gli poggiò delicatamente le labbra accanto all’angolo della bocca.
<< Grazie Edward>>
Il biondo era praticamente paonazzo, un gesto così avventato dalla sua Winry non se lo aspettava proprio. Un momento! L’aveva per caso chiamata la Sua Winry?
Fu distratto dai suoi pensieri quando sentì il corpo della ragazza diventare sempre più leggero e rilassato: si era addormentata.
E in quel momento si sentì il ragazzo più potente e importante di questo mondo.
Si ritrovò poi a riguardare il cielo. Si era rischiarato, era più sereno. Ed ecco che da dietro una nuvola fece capolino una sfera luminosa che rischiarò il cielo:
Quella notte la luna c’era.
La Luna era sempre stata li, in silenzio, nascosta.
In fondo si ritrovò a pensare che Winry  era molto simile ad essa. Lei c ’era sempre, anche se non si vedeva. Era sempre li, ad aspettare pazientemente il suo ritorno. E quando riusciva a vederla,a sentirla e a starle accanto, anche una notte oscura e tenebrosa come quella, si trasformava in una notte piena di luce e di speranza.
E tra questi suoi ultimi pensieri, Edward si avviò verso quella che oramai era diventata anche la sua casa. E quando finalmente riuscì ad uscire da quel bosco, le prime luci dell’alba si fecero strada, oltrepassando l’oscurità di una notte che, in fin dei conti e nonostante tutto, si era rivelata essere una delle più belle della sua vita.
 

 
  
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