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Autore: Jawn Dorian    13/09/2013    3 recensioni
"Non ti alzare, tranquilla. Io vado e torno. Aspettami qui, dolcezza."
Aspettami qui, ecco cosa aveva detto.
E lei l'aveva fatto.
L'aveva aspettato.
{...}
"Perchè è morto?! Perchè le persone muoiono?!"
"Non lo so, Milly."
"Se veramente esiste un Dio, perchè me l'ha portato via?!"
"Non lo so."
"La verità è che non è abbastanza misericordioso!"
~ ~ ~
Tributo a Nicholas D. Wolfwood.
Durante una notte qualsiasi, mentre Vash è ancora in cerca di Knives, Meryl sente Milly piangere.
Lei non è solo il suo capo, è sua amica...e sente di doverla aiutare.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 "Non voglio morire! Ci sono ancora moltissime cose che vorrei fare! Io voglio restare ancora un po' con loro. Perché non posso!? Tu pensi che io non me lo meriti, non è così, Signore? Io sono troppo sfrontato a chiederti di perdonare uno come me... e tu non sei abbastanza misericordioso."



 

"Non sei abbastanza misericordioso"




Meryl da prima aveva aperto solo gli occhi. 
Li aveva aperti lentamente, non capendo perchè lo stesse facendo.
Le sue palpebre erano terribilmente pesanti e i suoi sensi annebbiati.
Per attimi interi la sua percezione fu nulla, tanto che si girò lentamente su un fianco per tentare di ricadere nel sonno.
Poi li distinse. Dei mugolii che venivano dall'altra stanza.
Rumori poco distinti, irriconoscibili, in pochi attimi di lucidità appena acquistata assunsero un terribile significato.
"Oh, no, Milly."
Sebbene ancora stordita dal sonno, la ragazza si trascinò fuori dal letto con l'immediatezza di una mamma che sente un bimbo reclamare il biberon.
Mosse pochi passi e -infischiandosene dell'ora tarda- spalancò la porta della camera dell'assistente.
"Milly..."
La sua giovane collega era rannicchiata sul letto, reduce da un dolore incancellabile, più doloroso delle ferite di guerra. Sul giaciglio, posato di fianco a lei, c'era l'oggetto che le riusciva a dare un po' di conforto. Una croce. La panneggiatura fissata con delle cinghie nascondeva il metallo pesante che costituiva la vera essenza di quel ricordo: un'arma.
Era ironico come il peso di quella, non fosse niente paragonata alla croce fatta di sofferenza che Milly si portava dietro, da quando il suo proprietario l'aveva lasciata sola.
L'assicuratrice la vide alzare gli occhi gonfi di lacrime. Sembravano ancora più azzurri e luminosi, nella notte. 
A Meryl per un attimo venne da lacrimare, ricordandosi che l'uomo che avrebbe potuto far sua quella splendida coppia di stelle, ora non esisteva più.
Ma si diede un contegno, come al solito.
"Milly, tu..."
Cominciò. La sua bocca sarebbe di certo esplosa in uno straripamento di parole, parole di conforto che voleva assolutamente offrire alla sua amica, ma che lei declinò ancora prima di sentire.
"Capo, sto bene, davvero"  i singhiozzi le mozzavano la voce, le lacrime le solcavano il viso in maniera inaudita, e tradivano quelle sue parole rassicuranti "non volevo svegliarti, torna a dormire. Sei stanca morta, e il signor Vash non è ancora tornato. Domani dobbiamo andare a lavorare, e non voglio crucciarti anche con i miei...problemi..." le ultime parole le morirono in bocca. Nuove lacrime bollenti le bruciarono le guance.
Meryl non esitò neppure un secondo. Come un gattino, strisciò sul letto lestamente. Non spostò la croce del reverendo, non se la sentì.
Trovò quanto spazio bastava per sedersi di fronte a Milly, che la guardò con aria confusa. I suoi occhi da cucciolo, velati di lacrime, la fissavano con insistenza. La ragazza si lasciò andare del tutto, ritrovandosi con le braccia attorno al collo della sua giovane apprendista.
"Capo?"
La stava abbracciando. Con una presa assurdamente ferrea, per una della sua taglia.
"Capo, io sto bene!" si sentì urlare contro. Ma sapeva che non era vero. Meryl era consapevole di tante cose, cose che non sfioravano nemmeno vagamente Milly, forse perchè era ingenua, forse perchè cercava di essere forte. Ma quell'assurdo tentativo di non sfogare il dolore nemmeno di fronte a lei la stava facendo esasperare.
Insomma, se la sua collega aveva bisogno di piangere, lo facesse, qual era il problema?
Incurante delle lamentele, strinse più forte, e parlò con un tono così dolce e materno che per un attimo non si sentì più sè stessa.
"Milly, basta. Dimmi quello che pensi per davvero. Perchè non dici niente? Sfogati, qui ci sono solo io. Arrabbiati, se lo vuoi. Rimarrà tra me e te."
La ragazza ebbe un attimo di esitazione, in cui tutto gli tornò alla mente.
Tutto.
Ogni cosa.
La luce del mattino.
Il letto disfatto.
Lui, che era la prima persona che aveva visto svegliandosi.
"Non ti alzare, tranquilla. Io vado e torno. Aspettami qui, dolcezza."
Aspettami qui, ecco cosa aveva detto.
E lei l'aveva fatto.
L'aveva aspettato.
Non si era mossa, non se ne parlava. Nicholas le aveva detto di aspettarlo lì.
Sarebbe tornato, di sicuro. E poi sarebbero partiti di nuovo tutti insieme.
Apettami qui, aveva detto. 
E lei aveva aspettato, ecco tutto.
Ma poi il rumore, gli spari, la polvere.

La stanza si riempì di grida.
"Perchè non è rimasto qui?! Perchè non mi ha portato con sè?!"
"Ti ha protetta, Milly."
"Perchè è morto?! Perchè le persone muoiono?!"
"Non lo so, Milly."
"Se veramente esiste un Dio, perchè me l'ha portato via?!"
"Non lo so."
"La verità è che non è abbastanza misericordioso!"
Fu l'ultima frase di senso compiuto, prima che fosse Milly ad arpionare letteralmente Meryl per la vita, poggiando gli occhi sulla sua spalla e riempiendola di lacrime. La mora non fece altro che carezzarle i capelli dolcemente, non imponendole in alcun modo di fermarsi, ma lasciandola sfogare per la prima volta senza alcun filtro.
Si calmò dopo una lunga ora di pianto. Gli occhi arrossati, i capelli scompigliati, stanca morta.
Certo non se lo poteva aspettare, ma dopo pochi secondi, alla castana sbucò un solco lungo il viso. Un sorriso. Un sorriso di chi si è liberato di un peso.
Era Milly, la sua Milly. Sapeva che concluso quell'unico pianto, il giorno dopo avrebbe avuto di nuovo energia da vendere e la positività che nemmeno la persona più felice del mondo avrebbe potuto sperare.
 Quanto era forte. Quanto avrebbe voluto essere come lei.
Lei, che doveva essere il 'capo' della spedizione, doveva saper portare quel peso sulle spalle, doveva adempire ai suoi compiti con positività.
E invece era lì a piangersi addosso perchè non riusciva a confessare i suoi sentimenti a Vash.
E poi eccola là, quella che era la più giovane delle due, l'apprendista, la svampita, la ragazzina, l'ingenua che le sorrideva dopo aver perso un pezzo di anima.
"Devi promettermi una cosa, capo."
Non le sembrò il momento di tentennare, non esitò, la assecondò.
"Ma certo."
"Dovrai dire al signor Vash quello che provi non appena torna. Non dovrai aspettare, nè farti domande, nè farti venire alcun dubbio, capo. Promettilo."
"Te lo prometto."
Dopo che Meryl ebbe detto quella frase, la notte sembrò prendere una piega dolce, luminosa e vivida di speranza, come le strade che le due ragazze avrebbero percorso.
Si addormentarono appoggiate l'una all'altra, come in una silenziosa promessa di continuare a sostenersi sempre, anche in futuro.
La croce del reverendo era ancora di fianco a loro, sul letto. E non importava quanto fosse fatta di freddo metallo e sporca di polvere da sparo: Milly sentiva provenire da quell'oggetto un buon odore -l'odore di lui- e il tepore necessario per superare un'altra notte.


 
"Mi spiace, dolcezza."




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ANGOLO DI DICCHAN
La cosa buffa è che avevo già visto la scena della morte di Nicholas, prima di cominciare l'anime.
Ed ero convintissima che quindi non mi sarebbe dispiciuto più di tanto, che non mi sarei potuta affezionare così tanto al suo personaggio da rimanerci male,  sapendo già benissimo che doveva morire.
E invece vi lascio immaginare quanto ho allagato casa.
Ho visto solo l'anime di Trigun, e l'ho trovato davvero splendido. Lì per lì non volevo neppure provare ad aggiungerci qualcosa, non mi ritengo all'altezza. Ma oh, le parole mi sono uscite da sole.
Spero qualcuno la apprezzi, mi sono impegnata abbastanza.


  
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