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Autore: _Lepi_    13/09/2013    0 recensioni
Bea è una ragazza sola, con cui la vita non è stata generosa: ha perso il padre e la madre se n'è andata senza neanche un messaggio, lasciando dentro di lei un vuoto incolmabile. L'unica cosa a cui può aggrapparsi sono i suoi nonni, Seba e la sua amica d'infanzia, Giorgia, che si è appena trasferita. Grazie a loro, Bea riesce ad affrontare faccia a faccia il suo dolore, mentre la vita va avanti e le riserva continui cambiamenti e non poche sorprese-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Prologo
 
 
 
 
 
 
 
C’è un vuoto nel dolore, centinaia di schegge trafiggono il cuore, ti fanno sentire il freddo. Per questo il dolore è vuoto. Ed è anche pieno, ovviamente.
È vuoto quando è tanto che lo porti dentro, e si è attaccato alle tue ossa e lì si è calcificato, quando penetra nei tessuti, invade il sangue nelle vene, buca, spinoso e sgradito, è freddo come il ghiaccio attaccato ai vetri delle finestre.
È pieno, invece, nel momento in cui inizi a percepirlo, quando esplode come un ordigno nel petto, è caldo e fa male, affonda nel profondo, come la lama di un coltello e ferisce, e taglia. Il tempo lo congela e lo rende vuoto. Come un malessere persistente, come un’abitudine. Ma c’è e sta lì, aggrappato a tutto di te, e pizzica, e buca come un ago sulle tue ferite e sui tagli che ha già fatto in precedenza.
La verità è che io sono anche profondamente arrabbiata. La mia rabbia, talvolta, supera l’intensità del mio dolore, mi consuma. Io odio il mondo e odio anche vivere, da un pezzo a questa parte. E questo odio che mi fa male, che colma le mie ferite, mi fa infuriare di più, perché io non sono mai stata così scostante e insofferente nei confronti del mondo. A me il mondo piaceva, anche se era sbagliato, anche se non era quello che mi avevano promesso da piccola. Mi piaceva alzarmi la mattina, bere il caffè e sentire che ero un giorno più grande e sperare che quel giorno appena iniziato fosse speciale. Mi piaceva sorridere e fare dei piccoli gesti per rendere ogni giorno indimenticabile: comprare un cappello, truccarmi anche se poi restavo in casa, indossare un vestito, scrivere una poesia, scoprire una nuova cosa che mi piaceva.
Invece adesso bevo il caffè e mi sento mentalmente lontana anni luce dai piccoli piaceri che stimolano il mio corpo. Mi infastidisce la pioggia la mattina e anche gli odori, talvolta. Ogni giorno assomiglia al precedente, scandito dalla mia solita routine, diviso fra scuola e lavoro.
Ho sedici anni e l’unica cosa che mi piace davvero è il silenzio. Col tempo ho imparato anche ad amare questa sensazione di instabilità, ho imparato che vivere sul filo del rasoio mi fa sentire in qualche modo viva.
Mi asciugo le lacrime e mi alzo dal pavimento, con un capogiro. Non dovrei piangere di mattina, mi fa male la testa ed è una sensazione forte quanto sgradevole, ho tutto il viso arrossato, gli occhi annebbiati e mi sento confusa. Quando mai non mi sento confusa, d’altronde. Non c’è mai una volta in cui penso con lucidità, sono come il soggetto passivo della mia stessa vita, come uno spettatore al cinema. Il film è il mio passato, lo spettatore… non sono sicura di essere neanche lo spettatore. Potrei essere il regista. Anche se…no, non è il mio ruolo. Il regista almeno stringe un legame con il film che deve girare, lo interpreta, lo capisce, lo vive. Io no. Io non vivo la mia vita da ormai troppo tempo.
Lui è andato via.
Il pensiero mi colpisce come un pugno infuocato nello stomaco e mi toglie il respiro. Sono talmente assente che non lo sento quasi, quel dolore che mi trafigge, lo percepisco lievemente. È pieno. È vuoto.
Mi bagno le guance con l’acqua fresca e scendo per andare alla fermata del pullman. È freddissimo fuori, il vento soffia e mi punge le guance umide, attivando le mie terminazioni nervose, ed è molto buio. Spero che l’autobus non ritardi, per ammazzare il tempo mi infilo le cuffie dell’ iPod nelle orecchie e scelgo una di quelle canzoni triste e melense che mi accompagnano lentamente verso il definitivo risveglio, ma che mi lasciano sul baratro.
Mi piace il baratro. Però lo temo, anche.

 

  
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