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Autore: viviana_celenza    13/09/2013    0 recensioni
Fatemi sapere se vi piace. ♥
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Presi in fretta i miei quaderni ormai caduti a terra. Gli rimisi nell'armadietto di scuola e a testa bassa me ne andai in classe.
Erano gli ultimi giorni di scuola, i più brutti, ne erano tante le tensioni, forse e anche per questo che ho litigato con quella che credevo fosse la mia migliore amica. Sharon.
Ma ormai era cambiata, frequentava le persone “famose” della scuola, non la riconoscevo più.
Di solito non litighiamo mai, più delle volte per colpa del suo comportamento e dei miei “capricci”, perchè sono ancora una bambina sfigata che non ha amici, per lei.
Sono stanca di tutto questo, non c'è la faccio più.
Mia madre che mi tartassa con la scuola e quindi mi devo impegnare per non deluderla, le gare importanti di pattinaggio che mi stanno tutti soffocando.
Vorrei scoppiare, come un palloncino, volare, lontano da tutti per poi cadere a terra, in un altro posto sconosciuto.
Ero in balia dei miei pensieri che mi facevano scoppiare la testa, quando sentii una voce che mi trapanava la testa.
“ Lewis, Lewis, basta, vai dalla preside.” mi disse con tono arrabbiato la professoressa di matematica, vedendomi tra i miei pensieri, come ogni giorno alla sua ora.
Odio matematica, non mi è mai piaciuta, non ci ho mai capito niente. Troppi problemi, regole da imparare a memoria e ricordare, disegni geometrici..
Mi viene il voltastomaco solo a pensarci.
Ricollegai il cervello.
“Mhm “ mugulai,solo.
“Mhm un corno Lewis, stai sempre a pensare agli uccelli che volano all'ora mia, è mai possibile? Non ti ho mai vista, neanche una volta attenta e pronta a rispondere alle domande.” urlando, dei compagni si trattenevano a non ridere.
“Si..ma.”
“Niente 'ma' signorina, forza, vai dalla preside.”
sbuffai, poi feci quello che mi era stato detto di fare. Mi alzai, camminai con la testa bassa, non riuscivo a sopportare quando hai gli sguardi fissi su di te, meno che quello di Sharon.
Arrivata da quella fottutissima porta che varcavo sempre, ormai era quasi un abitudine, la preside mi conosceva bene.
A volte lasciava anche perdere e non diceva niente a mia madre, ma a volte era veramente spietata, poche volte era serena e buona, ed oggi non sono stata fortunata.
La preside vedendomi di nuovo per la ventottesima volta sulla soglia della porta, non rimase sorpresa, senza che io dicessi niente, iniziò lei a parare:
“Ma che devo fare con te, che stai sempre fra le nuvole? Sei venuta in presidenza questa settimana 3 volte più questa. Dirti di metterti a studiare adesso sarebbe inutile, ma così mi fai capire che vuoi essere bocciata. E' questo che vuoi Lewis ?” con tono disperato.
Feci spallucce, senza guardarla.
“ Va bene signorina, se non le interessa niente, allora provvederò con gli altri professori a questa decisione.”
“se non ti interessa niente allora puoi andare, e non farti vedere più fino all'anno prossimo.” aggiunse
Forse non mi interessava più di tanto, poi l'unica materia che avevo un voto sotto la media era matematica, nelle altre andavo bene, di solito non si boccia solo per una materia.

“Allora, com'è andata oggi a scuola Hope ?” disse urlando dalla cucina.
“bene.” dissi a voce troppo bassa.
“cosa?”
suona il telefono
Mamma smette di cucinare per andare a rispondere, quando realizzo che poteva essere la preside.
Faccio un salto e urlo a mamma che ci sarei andata io a rispondere, ma troppo tardi, rispondemmo insieme ed era proprio la preside che parlava.
A quel punto attaccai e mi buttai a peso morto sul mio letto.
Aveva finito la chiamata, la sentivo infuriata che saliva le scale per mangiarmi.
“Spiegami cosa ti prende? Vuoi essere bocciata signorina?” disse entrando in camera mia, con la dolcezza di un bisonte, urlandomi in faccia.mi vengono i brividi e non riuscivo mai a controbatterla.
“no.” dissi incerta.
“Allora, adesso stai in punizione e visto che ci mancano 1 mese alla fine della scuola, recupererai in questi giorni, se non studi non ti faccio fare più pattinaggio.” disse sbattendo la porta, senza farmi rispondere.
“e comincerai da adesso.”
rientrò in camera, mentre stavo prendendo il computer e le cuffiette per andare su internet e ascoltare la musica, ma mi tolse il computer e tutto e mi mise il libro di matematica al posto del computer.
Benissimo, ho litigato con quella che credevo fosse la mia migliore amica, a scuola mi vogliono bocciare, devo stare a casa a studiare per punizione, senza computer, perchè non è che il mio cellulare sia all'ultimo grido, anzi era un catorcio che mi aveva regalato anni fa mio padre, quindi non potevo stare su internet, ma aveva dei giochetti carini.
Iniziai a studiare matematica, non sapendo cosa fare, iniziai con le equazioni e problemi.
Mi addormentai sopra i libri, stanca per aver studiato tanto, la mamma senza svegliarmi, mi mise una coperta sopra le spalle per tenermi calda, anche se era quasi estate. Come fanno le mamme tanto affettuose, poi mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò.
La mattina mi svegliai con la testa sopra la scrivania e il libro di matematica sotto, alzando la testa, per la posizione scorretta, oggi mi faceva male anche il collo.
Era iniziata un altro giorno di merda, forse peggio dello scorso.

A scuola, cercai all'ora di matematica di stare attenta, ma non ci riuscì lo stesso a capire qualcosa della lezione.
A parte Sharon che non mi rivolgeva la parola da 2 settimane non avevo amiche o amici, perchè Sharon mi metteva sempre in redicolo di fronte alla gente, per entrare nel gruppo delle “vip” e farsi accettare.
Ogni volta che facevamo qualcosa, noi sfigati, le “vip” dovevano renderla sempre pubblica e metterci in ridicolo.
Oggi erano uno di quei giorni che si erano puntati su di me.
Oramai ci stavo facendo l'abitudine, però a volte esageravano veramente.

Ero ritornata dall'allenamento di pattinaggio, ed ero esausta, non vedevo l'ora di andare a dormire, ma BUM c'è la mamma che rovina sempre tutto.
Dovevo studiare ancora e ancora matematica senza capirci niente.

(Sotto fondo: http://www.youtube.com/watch?list=RD02VT1-sitWRtY&v=0G3_kG5FFfQ&NR=1&feature=endscreen )

Poi arrivò un giorno, quel giorno che scombussolò la mia vita, quella notizia che mi spezzò il cuore in mille pezzi.
Ormai la mia vita non aveva più senso. Non riuscivo più a pensare al mio futuro, era tutto buio e pieno di sofferenza.
Mi trovavo dentro il letto, era appena finita la scuola erano i primi giorni d'estate, quindi non faceva ancora tanto caldo.
Non mi ero ancora svegliata del tutto, quando arriva un telefonata, era pomeriggio, avevo tanto sonno, perchè in questi giorni l'allenamento era davvero molto pesante.
Mi trovavo a casa di mio padre a Manhattan, perchè i miei genitori si sono separati da quando io avevo 4 anni.
Anche se del tenero c'è, e c'è sempre stato, solo che litigavano spesso per delle stupidaggini, e dopo tante litigate l'avevano finita lì, anche se si sentivano spesso per telefono.
Sentivo mio padre che saliva piano le scale, dopo che aveva attaccato, poi aprì la porta senza bussare, non era il suo solito.
Si avvicinò a me con faccia preoccupata, era come terrorizzato nel dirmi questa cosa, non sapeva mentire.
“perchè quella faccia preoccupata” dissi mettendomi seduta sul letto per parlare meglio. “che mi devi dire?” aggiunsi.
“bhè ecco, è.. ehm..” mormorò a bassa voce, così che io non capì niente di quello che cercava di farfugliare.
“dai papi, così mi fai spaventare.” dissi iniziando a preoccuparmi seriamente.
“Ecco mi hanno chiamato l'ospedale di Londra.” fece una pausa “mi hanno detto che tua madre ha fatto un incidente con la macchina.”
A quelle ultime parole mi irrigidì, la mia vista era vuota, guardavo per terra, una lacrima iniziò a scendere sulla mia guancia, così che seguirono anche le altre.
Di colpo sentì il cuore di mio padre che batteva velocemente sul mio orecchio. Sentivo le sue enormi mani che mi toccavano i miei lunghi capelli castani chiari, mi baciava la fronte poi mi sussurrava all'orecchio “la mamma è una donna forte, non te lo dico solo per farti calmare, perchè non servirebbe, ma lei veramente, ha sempre lottato per tutto, non si è mai arresa e non si arrende mai, anche quando è al limite è sempre felice, sorridente e disponibile per tutti, vedrai, che fra non molto la ritroverai ai fornelli come sempre sorridente che ti prepara le fritelle che ti piacciono tanto.” disse baciandomi la testa.
Continuavo a piangere, singhiozzando, adesso era ancora peggio, pensavo a tutto quello che ha fatto per me, anche se io non sono mai stata una figlia perfetta, mai.
Lei mi è sempre stata vicina come un amica quando c'è ne era bisogno e come una madre responsabile e severa.
La cosa che mi dava più fastidio era quella che prima di andare una settimana da mio padre noi avevamo litigato come sempre e quindi non l'avevo nemmeno salutata bene e averle detto il “ti voglio bene” che a volte esce raramente. A tutti questi pensieri, mi venivano i brividi e scoppiavo ancora di più a piangere, bagnando la maglietta di mio padre.
Nessuno fiatava. La mia testa era un enorme centro di pensieri, ricordi e domande che si incastravano da sole e quello che riuscivano a far uscire erano solo le lacrime.
Poi presi forza, staccandomi dal abbraccio di mio padre cercai di guardarlo nei suoi enormi occhi marroni. “com'è successo? Da quanto stà lì?” ad ogni parola singhiozzavo.
“Ieri sera verso le 7 e mezza di sera.” mi spiegò facendomi delle carezze per farmi calmare. Aggiunse visto che io non rispondevo mi limitavo soltanto a piangere e singhiozzare.“vuoi rimanere un attimo da sola amore?”
Annuì.
Quando lui fù fuori, scoppiai a piangere in un pianto infinito, mi infilai dentro le coperte con la testa in mezzo al cuscino. Così, piano piano, mi addormentai tra quelle morbide coperte che mi cullavano, sperando che sia solamente un brutto sogno da dimenticare una volta e per sempre.

Invece non era così.
Mi svegliai, fuori era buio, segno che era notte fonda e che avevo dormito tanto nel letto. Decisi di vedere l'ora dal cellulare, ma quando si accese la luce mi diede fastidio a gli occhi, poi me li schiarì e vidi che ore erano, 3:37 del mattino.
Perfetto, non avevo più sonno, in più la casa era grande ed io avevo paura, quindi rimasi dentro il mio letto a pensare a mamma, a come si sente,a immaginarmela dentro quel letto nella clinica, piena di tubi, macchine elettroniche che emettono dei rumori.
Mi scese una lacrima, me l'asciugai subito.
Decisi che quando si sarebbe svegliato mio padre, saremmo andati a trovare mamma, anche se sapevo che non mi avrebbe fatto tanto bene. Ma io la volevo vedere, mi manca e non riesco a stare senza lei, quella donna forte e coraggiosa che mi ha messa al mondo e mi ha sopportata fino a gli estremi delle forze.
Cercai di perdere tempo. Visto che c'era una bellissima vista dalla finestra, (Manhattan http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5f/Manhattan_from_Weehawken%2C_NJ.jpg )mi alzai e mi avvicinai per poggiarmi per terra, presi le cuffie e premei Play, e mi tuffai nel mio mondo segreto che era la musica.
Stavo ascoltando i miei idoli, Demi e Justin. Loro mi davano la forza di andare avanti, ogni volta che c'era un ostacolo da superare, basta che indossavo le mie cuffiette premevo il tasto magico e le loro voci mi facevano tremare il cuore, i brividi mi passavano per tutto il corpo.

La mattina seguente mi svegliai con una coperta sopra le gambe, non mi ricordavo di averla presa, forse era stato mio padre.
Mi alzai anche se era difficile, visto che mi faceva male il collo e la schiena per quella posizione un po' scomoda.
Cercai mio padre nell'appartamento enorme.
“ah, eccoti qui.” dissi
“buon giorno amore mio, come stai?” disse dandomi un bacio sulla fronte
“bene.... cioè male” dissi sedendomi sopra lo sgabello di fronte al bancone, dove papà stava preparando la colazione.
“lo so amore, è difficile, ma vedrai che la mamma si riprenderà, sono sicuro.” disse, fermandosi ed avvicinandosi a me per prendermi le mani e mi guardò nei suoi occhi marroni scuri.
“lo spero, tanto papà.” abbracciandolo.
“sappi che ti voglio bene.” prendendomi di nuovo le mani.
“anche io, tanto Gerry.” è il suo nome.
“senti, io oggi non vado a lavoro perchè mi sono preso tre giorni di permesso per stare a casa con la mia Hope. Ti và bene?”
“grazie papà, ma non dovevi, me la so cavare da sola, se poi ti licenziano? Dici che sono stata io?”
“no, fa niente, ho detto la verità e sono stati loro a darmi 3 giorni liberi.”
“vabbè, se lo dici tu, comunque ho pensato che potremmo andare a trovare mamma, la voglio vedere, mi manca molto.”
“ne sei proprio sicura?”
“si.” dissi cercando di essere sicura e forte di me, anche se dentro un po' di paura ne avevo.
“ok, allora adesso è troppo presto, ma se vuoi ci andiamo questo pomeriggio, che è più sicuro che ci faranno entrare.”
“uhm.” mugulai mentre stavo bevendo il latte. Che significava un 'ok'.
Finita di fare la colazione mi andai a vestire, ( cosìhttp://www.polyvore.com/like_love_song/set?id=80407824 ) qui a Manhattan non faceva tanto caldo, nemmeno d'estate, anzi pioveva spesso.
Pronta, non sapevo cosa fare, quindi accesi il computer ed entrai su Facebook, Twitter e Ask, e misi un po' di musica cercando di non pensare a mamma, ma era impossibile.

Stavamo per entrare dentro l'ospedale, quando mi bloccai.
“che succede Hope, hai paura?”
“emh.. no, solo un po' nervosa.” dissi nervosamente, è vero, avevo anche paura.
“se non ce la fai veniamo domani o un altro giorno.” mi rassicurò.
“no, dai entriamo, mi sento meglio.” dissi convinta.
“entriamo.” mi diede la mano, come quando ero piccola e avevo paura di perdermi nel luna park e gli stringevo la mano, tanto da stritolargliela.
Camminando per quei corridoi si sentiva l'odore della malinconia, c'era tristezza, così forte che ti travolgeva, vedere tutte quelle persone sofferenti, con la loro triste storia alle spalle, pieni di ferite e di malattie, che ti guardavano con uno sguardo pieno di tristezza, ti parlano attraverso uno sguardo, riesci a capire tutto quello che hanno passato.
Quell'odore di muffa, perchè nessuno apriva le finestre, era come una prigione. Non mi sono mai piaciuti gli ospedali, sono sempre stata una ragazza allegra e solare, anche dopo tante esperienze brutte, anche se non avevo amici e gli unici che avevo se ne erano andati o vivevano in Italia.
Ecco, di fronte a quella porta che mi divideva da mia madre, dovevo riuscire a varcarla.
“sei sicura di farcela da sola hope?”
“si, tanto prima o poi la dovrò vedere no?”
“ok, dai vai, se poi ti senti male dimmelo e c'è ne andiamo subito.”
Annuì, poi entrai.
Mi avvicinai lentamente, fino ad arrivare al suo lettino, vicino alla finestra come le piaceva tanto a lei.
Appena la vidi mi irrigidì, una lacrima mi scese sulla guancia.
Poi mi avvicinai a lei e le presi la mano.
“M-mamma” riuscì solamente a dire, poi scoppiai a piangere e poggiai la testa sopra il suo braccio bianco e senza forza.

HOLA.!
Ok, l'inizio può essere un pò noioso e brutto, ma se andate avanti la storia migliorerà.. Fatemi sapere se vi piace. Siate buone con me. 
Grazieee.!
viviana.
   
 
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