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Autore: kymyit    13/09/2013    1 recensioni
Anno dopo anno, però, gli presentavano ragazzi terrorizzati, alcuni speranzosi, molti semplicemente rassegnati. Li aveva sempre visti morire nell’arena. Aveva sempre dovuto scegliere fra uno di loro, invano.
Tradimento, dolore, vergogna, impotenza. Haymitch annegava il tutto con fiumi d’alcol. Ma più beveva, meno era d’aiuto ai suoi ragazzi e meno era d’aiuto, più loro morivano e il circolo vizioso continuava fino a spingerlo, ogni sera prima del grande giorno, a contemplare se non fosse il caso di farla finita.
-Non fare sciocchezze.- esordiva Effie, alternando la frase al “non dire sciocchezze”, quando lo raggiungeva e gli strappava dalle mani la bottiglia. Lo strigliava ben bene e lo trascinava al sicuro, perché altrimenti le pigliava un accidente.
Effie, piccola stupida Effie.
Haymitch si lasciò guidare da lei anche quell’anno con un sorriso appena abbozzato sulle labbra. Certo che quell’anno sarebbe stato diverso, sarebbe stato il suo ultimo anno.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Haymitch/Effie
Prompt: stasera mi butto
Sfida Lanciata da: Princess Monster su Efp
Note: Scritta per il gruppo Fanfiction Challenges II su Facebook. Ambientata la notte prima dell'inizio degli Hunger Games. Il mio debutto nel fandom, perdonatemi, sono commossa *afferra fazzoletto* spero vi piaccia. Non pensavo di scrivere su di loro, in effetti quando ho visto il prompt ho pensato alla canzone, e Haymitch avrebbe anche potuto saltare su un tavolo e fare un concertino ma poi la mia vena malinconica ha preso il sopravvento, lo farò cantare un'altra volta u.u

Che dire, spero vi piaccia >_<




Una notte, un’altra notte, l’ultima notte




The night is so long when everything's wrong
If you give me your hand I will help you hold on
Tonight,
Tonight.

(Last Night, Skillet)


Non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima, pensò Effie, che avrebbe trovato Haymitch sul tetto.
Quel pazzo l’avrebbe uccisa, un giorno.
E glielo disse, sì sì, glielo disse dalla prima volta che non doveva più azzardarsi a farle prendere certi spaventi. Solo in seguito aveva saputo del campo di forza, allora era ancora inesperta, perciò aveva smesso di preoccuparsi più del dovuto. Ma passavano gli anni e quello tornava sempre lì, puntualmente, a contemplare con sguardo perso il mare di luci di Capitol City. Un mare abbacinante che pareva reclamare quel relitto di un distretto remoto.
-Stasera mi butto.- le diceva, tradendo nel suo biascichio un tono di sfida.
-Oh, non dire sciocchezze.- rispondeva lei. Come se avesse potuto fra l’altro, ma gli diede corda. Discutere con lui era già irritante di suo, quando era ubriaco poi (cioè la maggior parte delle volte) era ancora peggio. Con le buone, poiché lei era una persona a modo, tentava di convincerlo a tornare dentro.
-Su, vattene a letto. Non puoi lasciare i tributi di quest’anno senza un mentore.-
Haymitch allora la guardava e lei capiva, lo capiva eccome quello che attraversava il suo cervello, così come, d’altro canto, lui comprendeva ciò che pensava lei. Non che la donna ci mettesse molto impegno a nascondere tale verità.
Che lui ci fosse o meno, il destino dei tributi del 12 era segnato.
-Stasera mi butto.- ripeté lui, anche quell’anno, quella sera.
Effie credeva che il suo cuore ormai avesse smesso di perdere battiti per quello zotico d’un ubriacone, ma si sbagliava.
-Non dire sciocchezze.- iniziò, le sembrava di ripetere lo stesso patetico copione da cent’anni, eppure non riuscì a non tradire un velo di preoccupazione. -Pare che quest’anno abbiano buone possibilità di vincere.-
-Lo dici tanto per dar fiato a quella boccuccia, oppure lo pensi davvero?- domandò lui, guardandola fissa negli occhi. Per la prima volta dopo tanto tempo quello sguardo non era ottenebrato dall’alcool. Il suo tono, invece, era indagatore e cinico come sempre.
-Certo.- rispose lei, costatando con piacere l’assenza di bottiglie fra le mani dell’uomo. -Hai visto l’ottimo lavoro che ha svolto Cinna quell’abito. Katniss è sulla bocca di tutti. Per non parlare di Peeta, la sua rivelazione ha travolto il pubblico. Quest’anno sarà tutto così emozionante. Avranno sponsor a palate e tu dovrai fare la tua parte, non posso occuparmi di tutto io.-
Haymitch sospirò. Come pensava, Effie era sempre la solita, non sembrava avere afferrato il concetto di fondo di tutta la questione.
Che gli Hunger Games erano un abominio, che la vittoria non era una vera vittoria, ma solo la chiave per una gabbia dorata e ancor più crudele. Tanto ampia quanto asfissiante, un agognato inferno che molti sopportavano a malapena pur di continuare a vivere.
Quanti erano impazziti?
Quanti erano morti?
Quanti si facevano giorno e notte per avere un minimo di conforto nell’oblio?
Quanti si vendevano al miglior offerente?
Quando Haymitch aveva compreso di non avere scampo, aveva iniziato a bere.
E chi lo voleva uno come lui? Almeno non doveva preoccuparsi della sua immagine, almeno lo lasciavano in pace a marcire. Fra i molti amanti di Finnick Odair e una bottiglia di scotch francamente preferiva la seconda.
Anno dopo anno, però, gli presentavano ragazzi terrorizzati, alcuni speranzosi, molti semplicemente rassegnati. Li aveva sempre visti morire nell’arena. Aveva sempre dovuto scegliere fra uno di loro, invano.
Tradimento, dolore, vergogna, impotenza. Haymitch annegava il tutto con fiumi d’alcol. Ma più beveva, meno era d’aiuto ai suoi ragazzi e meno era d’aiuto, più loro morivano e il circolo vizioso continuava fino a spingerlo, ogni sera prima del grande giorno, a contemplare se non fosse il caso di farla finita.
-Non fare sciocchezze.- esordiva Effie, alternando la frase al “non dire sciocchezze”, quando lo raggiungeva e gli strappava dalle mani la bottiglia. Lo strigliava ben bene e lo trascinava al sicuro, perché altrimenti le pigliava un accidente.
Effie, piccola stupida Effie.
Haymitch si lasciò guidare da lei anche quell’anno con un sorriso appena abbozzato sulle labbra. Certo che quell’anno sarebbe stato diverso, sarebbe stato il suo ultimo anno.
Se Katniss o Peeta, o tutt’e due, chissà, fossero usciti vivi da quell’arena, forse ci sarebbe stata una scossa in tutta Capitol City. Forse avrebbe smesso di vagare nel limbo della sua vita, incantato da una flebile, stupida, speranza. Avrebbe smesso di fare il mentore, avrebbe smesso di portare sulla coscienza altre giovani vite.
Se avessero perso, avrebbe dato un taglio a tutto.  Guardò verso la città, verso il campo di forza che l’aveva sempre trattenuto dal buttarsi di sotto. Chissà perché poi, dopotutto bastava semplicemente lanciarci contro qualcosa per riaverla indietro. Un coltello, un sasso, qualsiasi cosa.
Non era così che un campo di forza simile gli aveva salvato la vita?
Non era così che gli era stato portato via tutto?
Non era forse così che volevano negare loro anche quella misera, disperata, e perché no, coraggiosa via di fuga?
-Quest’anno sarà emozionante.- diceva sempre Effie, lo ripeteva fino alla nausea. Forse in cuor suo sperava lo fosse davvero. Lo disse anche quella sera, tante volte, come a volergli fare afferrare il concetto. Haymitch si lasciò guidare mano nella mano (mano nel polso in realtà, ma erano dettagli) fino alla sua stanza, manco fosse sua madre.
-Hai capito? Cerca di stare sobrio anche domani!- lo redarguì seria.
-Già.- rispose lui affrettatamente -Chissà che non ti affideranno un distretto migliore l’anno che verrà.-
-Lo spero.- disse lei senza smettere di stringergli il polso. -Vorrei avere dei vincitori, qualche volta.-
Già, invece di quei ragazzi nessuno tornava indietro, nessuno.
-Ora dovrei andare a letto, domani ci aspetta una grande, grande giornata.- la imitò l’unico vincitore ancora in vita del remoto Distretto 12.
-Lo spero.- rispose lei, tradendo un sentimento che Haymitch trovò estraneo in lei. L’uomo schioccò la lingua contro il palato e sorrise divertito, scuotendo la testa.
-C’è qualcosa che ti preoccupa?-
A quella domanda l’accompagnatrice s’irrigidì, sotto strati e strati di trucco, la sua pelle acquistò un leggero rossore.
-Ma certo che sono preoccupata! Ti do l’impressione di una che prende le cose alla leggera?!-
-Intendo qualcosa oltre il tuo lavoro, qualcosa di più grande di te, di me, persino di tutte le vite che andranno sprecate.-
-Non dire così!- si alterò lei, per poi parlare nuovamente con un tono di voce meno acuto. -Io non sono così… - si guardò intorno, leccandosi appena le labbra, nervosa, impaurita. Quasi nessuno dovesse sapere ciò che la turbava, come se si vergognasse o temesse. Haymitch si chiese se mai l’avesse vista fragile come in quel momento.
- Non sono così superficiale come credi.- concluse altezzosamente, prima di lasciargli andare il polso. Haymitch se lo massaggiò.
-No, sei umana, meno male.- le rispose con un sorriso e un tono che sembravano tanto una presa in giro.
-Buonanotte.- le disse Haymitch -Ora ti conviene andare a dormire, domani ci aspetta una grande, grande giornata.- ammiccò.
Effie sorrise appena e rimase a fissare la porta che la separava dall’uomo. Non che si aspettasse che aprisse nuovamente, non voleva neppure. Solo che…
Per quanto si ostinasse a respingere le domande etiche prima ancora che si formassero nel suo cervello, anno dopo anno, ogni volta che estraeva quei nomi, ogni volta che saliva su quella terrazza, ogni volta che Haymitch Abernathy condannava a morte il suo fegato tracannando alcolici di ogni genere, queste risorgevano e come onde impetuose s’abbattevano sulla sua coscienza.
Di volta in volta, tutto sembrava più abominevole e lei, plagiata creatura, si ritrovava nella spiacevole situazione di chi apre gli occhi per la prima volta.
Su un mondo di luci che non brillano, su un abisso terrificante.

 
   
 
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