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Autore: Sonia_bff    14/09/2013    1 recensioni
Avete mai pensato a cosa provi un'atleta prima di una gara importante? Le emozioni che gli si agitano dentro? Io ci ho riflettuto particolarmente quando ho visto una ragazzina di 15 di nome Ruta battere delle campionesse mondiali di nuoto. Una ragazza sconosciuta che da un giorno all'altro ha avuto il coraggio di misurarsi con se stessa, e di urlare al mondo tutto il suo potenziale. Ho provato a immaginare tutto questo e, beh... questo è quello che ne è venuto fuori
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA MIA FAVOLA OLIMPICA

 

30 luglio 2012
Caro diario,
Sono le 23 passate e sono appena tornata in stanza. Ti avevo promesso che ti avrei scritto solo dopo aver finito le mie gare, e ho mantenuto la promessa. Con la gara di oggi ho concluso la mia olimpiade.
Ancora non riesco a crederci. Io, una ragazzina di 15 anni, a gareggiare con delle campionesse di fama mondiale. Ti rendi conto? È difficile spiegare a parole i sentimenti che si provano. Sapere che sono qua a Londra, nel villaggio olimpico, è indescrivibile. Sembra un sogno. Tutte le volte che vedo Bolt, la Pellegrini passarmi di fianco, mi si agitano tutte le cellule del corpo. Peccato non avere il coraggio di chiedere anche solo una misera foto, ma non fa niente. Il villaggio è stupendo, sai? Appena ti giri vedi atleti, quelli con la A maiuscola, stare tranquilli a chiacchierare fra di loro a pochi metri di distanza da te.
Pensare che tra pochi giorni sarà tutto finito mi spezza il cuore, anche se so che mi ricorderò questi momenti per sempre. Già mi immagino da nonna a raccontare ai miei nipoti della mia avventura.
Scommetto che sei curioso di sapere come sono andate le gare. Va bene, adesso ti racconto tutto.
Le eliminatorie le ho passate abbastanza rilassata, soprattutto quando ho visto che quelle di fianco a me dopo i primi cinquanta metri erano già molto indietro. Nessuno mi ha badato molto. Guardando la telecronaca sento qualche accenno al fatto che sono giovane ma niente di più. Mi sono stupita quando ho notato che comunque i miei tempi coincidevano con quelli delle Big, come la Soni e la Suzuki. Già da lì mi iniziavo a immaginare come sarebbe stato salire sul podio, di fianco a quelle due colonne portanti del nuoto di oggi. Poi però mi davo della stupida e scacciavo quei pensieri inutili. “Insomma ammettiamolo”, mi ripetevo in testa,” non avrai la presunzione di paragonarti a loro Ruta, no?”
E con questi pensieri mi sono addormentata due giorni fa, già con la mente rivolta alle semifinali.
Il giorno seguente, vale a dire ieri, mi sono svegliata con l’adrenalina a mille, avrei potuto sopportare qualunque fatica. Non credere che mi stessi già illudendo di passare, anzi. Dopo il breve riscaldamento mattutino le mie speranze erano praticamente sotto lo zero. Ma ero comunque intenzionata a dare il meglio di me. D’altra parte avevo guadagnato l’oro ai giochi europei giovanili, potevo giocare alcune carte.
Durante il pranzo avevo mangiato a fatica, lo stomaco era completamente chiuso a causa della gara, ormai imminente. Avevo milioni e milioni di domande ad affollarmi la testa. “E se mi viene un crampo mentre nuoto? E se mi blocco e non parto nemmeno? E se…” ed ero andata avanti così fino al momento della gara. Inutile dire che il cuore non voleva saperne di starsene dentro al petto e con un battito che non andasse oltre i duemila. Pff figuriamoci se quel simpaticone si smentisce proprio oggi.
Comunque, con le mie amate cuffie mi ero diretta in piscina. Mancava un’ ora e già l’ansia era alle stelle. In più, come se non bastasse, vedevo le mie avversarie tranquillissime, come se stessero andando a prendere il sole, anziché ad una semifinale olimpica. Incoraggiante!!
In quel momento avevo deciso che avrei dato il massimo, che potevo farcela, almeno ad accedere alla finale. Non so spiegare cosa all’improvviso mi avesse dato tutta questa carica, ma sentii una fiducia in me stessa che non avevo mai sperimentato in tutti i miei 15 anni.
Raggiunsi il blocco con la mente che era tutta incentrata sulla gara. Rivedevo ogni movimento, ogni respiro che avrei dovuto eseguire nei prossimi 3 minuti. Neanche ad accorgermene ed ero in acqua. È impressionante come stare immersa mi faccia sentire calma. Non guardavo neanche le mie avversarie nelle corsie laterali, non mi interessava. Stavo solo dando il massimo di me stessa. Sentivo l’acqua scorrere di fianco a me e farmi scivolare delicatamente. Quasi non mi accorsi di aver fatto la virata. Avrei potuto chiudere gli occhi che non sarebbe cambiato molto. Tirai su la testa e vidi il muretto avvicinarsi. E li diedi uno sprint in più. Toccai e quasi non ci credevo quando vidi il mio nome sul tabellone. Specifico. Il mio nome sopra a tutti su quel tabellone. Non potevo crederci. Ci ero riuscita! Ero in finale ai giochi olimpici. Ero una delle migliori otto del mondo intero.
Non so perché, ma pensai alla mamma. Alla mamma che avevo perso quando avevo solo 4 anni, di cui ho solo alcune immagini sfocate nelle mia testa. E l’ho dedicata a lei. Dall’emozione non sono riuscita a trattenere una lacrima. Stentavo, e stento tuttora, a crederci. “È impossibile” mi ripetevo.
Ma nonostante la mia testa si rifiutasse di accettare che fosse davvero successo, che finalmente non fosse più solo un sogno di una adolescente a cui piace nuotare, ormai dentro di me si era accesa una speranza, che cresceva sempre di più col passare delle ore.
Ieri mi sono addormentata col sorriso sulle labbra, sai, diario? Si perché in qualunque modo fosse andata oggi sarei stata comunque soddisfatta di me stessa.
Stamattina il mio sorriso non si era spento, e quei folli dubbi che avevo ieri prima della gara erano spariti nel nulla. Mi ero svegliata con la convinzione di fare qualcosa di grandioso, volevo stupire tutti, me la sarei giocata alla pari con le altre. Non avevo nulla da perdere, avrei dato fondo a tutte le mie forze.
Raggiunsi l’ingresso della piscina con passo sicuro, a testa alta; almeno per questa edizione, avrei messo la mia firma personale.
La cosa che mi rendeva più orgogliosa, era di poter dimostrare alla gente, ai miei coetanei in particolare, che se non è mai troppo tardi per credere nei sogni, non è mai neanche troppo presto. Chi dice che tu non possa diventare un oro olimpico a quindici anni? Se sei qui è perché te lo sei meritato, perché hai lavorato per ottenere questa soddisfazione, e sprecarla non è giusto.
Al blocco di partenza mi ero estraniata dal mondo. Potevo sentire l’adrenalina nelle vene scorrermi veloce, come se anche lei volesse dimostrare al mondo che sì, era lì per combattere.
Per i primi cinquanta metri, mi abituai alla presenza dell’acqua intorno a me, entrando in sintonia con i movimenti, dandomi coraggio e forza. Poi aumentai il ritmo fino quasi al massimo. Stavo prendendo velocità e fermarsi adesso era quasi impossibile. Girai la testa di poco solo una volta, ma quello che vidi mi bastò. La Sony era dietro di me, così come la russa. Alla virata avevo mezzo metro di distacco. Dovevo aumentare ancora un po’ perché la Soni è nota per il suo sprint dopo la virata. Nonostante non lo credessi possibile, dopo il suo attacco ero ancora davanti a lei, e probabilmente fu questo a darmi la forza di affrontare gli ultimi cinquanta metri. Nuotavo e nuotavo, respirando regolarmente e muovendo braccia e gambe sempre con più forza. Mancava poco, dieci metri, otto, cinque ,tre e poi eccolo. Avevo toccato il muretto, e l’avevo fatto per prima. Stavolta nessuna lacrima. Me l’ero meritato e sudato questo tempo.
Quando vidi il mio nome nel punto più alto del tabellone, mi permisi anche di esultare.
Poi venne il momento più bello. Oh diario, neanche puoi immaginare come mi sentivo in quel momento. Avevo voglia di saltare, di urlare, di abbracciare la gente, potevo fare qualunque cosa volessi. Mentre chiamavano il nome della giapponese, per il terzo gradino del podio, scorsi con lo sguardo tutto il pubblico, chi festeggiava e chi invece era deluso. C’era energia allo stato puro lì dentro, era quasi palpabile. Chiamarono la Soni, e il mio cuore prese a battere superando ogni suo record precedente. La vedevo sorridente e mi promisi di imparare da lei. Nonostante fosse appena stata battuta da una ragazzina di appena quindici anni, sorrideva felice, baciava il suo argento e salutava il pubblico, ringraziandolo. Mi venne da pensare ai cinesi, che quando arrivavano secondi avevano un’espressione in volto che sembrava quasi avessero appena ucciso il loro cane.
E mentre sentivo il mio nome, che suonava strano con la pronuncia inglese, mi esplose dentro una gioia incontenibile, che mi riempì tutta. Sentivo il peso di quella medaglia al collo, cantavo l’inno, gli applausi calorosi della gente per una perfetta sconosciuta. Fu tutto perfetto. Dalle foto agli abbracci con le altre concorrenti alle interviste in un inglese non troppo perfetto. Non cercai neanche di trattenere le emozioni, piangevo, ridevo, non ci potevo credere. Continuavo a guardare il pubblico che mi continuava a sostenere, nonostante non mi conoscesse o tifasse per qualcuno che non era arrivato. Me lo ricorderò a vita quell'istante, quell'attimo di felicità pura che mi ha riempito il cuore.
Ti chiederai perché sono a scriverti a quest’ora…beh perché c’è stata una festa qui al villaggio, e non ci crederai ma tutti gli atleti presenti mi applaudivano. Dalla Sony alla Pellegrini a Tom Daley.
Sono riuscita, non so come, a trattenermi dal piangere, ringraziando tutti per questa meravigliosa sorpresa.
E quindi eccoci qua diario, ti avevo promesso che ti avrei raccontato tutto ed è quello che ho fatto. Ho vissuto una gara olimpica, ho una medaglia d’oro olimpica, sono stata dentro al villaggio olimpico, ho conosciuto atleti olimpici e ho vissuto emozioni olimpiche. Si perché forse è questa la parola che rende più l’idea della forza delle sensazioni che si sono scatenate dentro di me ogni singolo istante in questi due giorni, e che sono certa ricorderò per lungo tempo.


Ciao Diario, si torna alla normalità e, chissà, magari fra quattro anni ti troverai a leggere altre pagine di emozioni come queste. Speriamo!!!


 
Con affetto,
Ruta

ANGOLO AUTRICE:
buongiorno gente!
Allora, prima di tutto grazie per essere arrivati fino a qua. Per me è la soddisfazione più grande sapere di essere riusciti a coinvolgervi così tanto. Questa one shot l'ho scritta l'anno scorso, giusto dopo aver visto la finale di questa ragazza. Gli avvenimenti descritti sono realmente avvenuti, e mi piace pensare che anche le sue emozioni possano essere simili a quelle che ho raccontato qua sopra. Da 16enne nuotatrice non ho potuto fare altro che immaginare cosa avrei provato io al suo posto. E niente, non vi trattengo oltre. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se ci sono aspetti che potrei migliorare, accetto tutto. D'altronde è solo la seconda storia che pubblico.
Grazie ancora,
Sonia

 






 
  
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