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Autore: _Nevermind_    15/09/2013    4 recensioni
"Nessuno è certo di qualcosa, nel tuo mondo, Katelyn. Nessuno sa di preciso qual è il suo scopo...il suo scopo nella vita, sì. La gente puo' solo immaginare cosa la aspetta... Cosa è destinata ad essere, a diventare. Non abbiamo il controllo su nulla, in questa vita." si fermò e tornò a fissare il bianco.
"Hai detto che questo accade nel "mio mondo". Ma se non siamo nel "mio mondo", noi dove ci troviamo, ora, Jim?" lo guardai speranzosa che la sua risposta mi avrebbe fatto capire qualcosa in più.
Si girò. Mi guardò.
"Lo sai dove siamo." si girò dall'altro lato.
"Lo so." una scossa mi percorse. La sentii vibrare per tutto il corpo.
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Non aspettatevi una love story o cose simili. Spero che questa storia vi faccia in qualche modo riflettere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aprii gli occhi. La mia vista era offuscata. Li strofinai con la punta dell'indice e del medio. Alzai lo sguardo al cielo.
Nevicava, in quel posto senza tempo. Nevicava, là dove nessuno sarebbe mai potuto arrivare.
Non avevo realizzato bene dove mi trovassi. 
Sapevo solo che se mi trovavo lì, in quel momento, sotto quei fiocchi lucenti, alla flebile luce di quel sole bruciante che ti scioglie l'anima e ti logora la mente, c'era un motivo e quel motivo era che dovevo -dovevo- fare qualcosa, catturare un battito di ciglia, vivere un solo istante e portarmelo per sempre dentro.
Era successo così, dal nulla, avevo perso i sensi e mi ero risvegliata in quel mondo candido, in una strada desolata sparsa da qualche parte in un qualche mondo che mi apparteneva -che mi appartiene-, coperta da un manto innevato e freddo ma allo stesso tempo così caldo da darti un brivido di piacere e incredulità al contatto con esso.
Non mi domandavo nemmeno perchè. Sapevo solo che era così che doveva andare. E quando vidi, in lontananza, la sagoma di un uomo avvicinarsi, mi convinsi ancora di più che era il destino ad avermi trasportata lì, dove le strade non hanno nome e la vita è flebile, sospesa su un filo e così fragile da poterla toccare con un dito.
Più l'uomo si avvicinava a me, più dettagli di lui riuscivo a cogliere. Quello che mi colpii di più fu sicuramente il fatto che, nonostante camminasse sulla neve, le impronte al suo passaggio rimanessero impresse per qualche secondo per poi sparire. Come tracce indelebili che vengono cancellate, come se avesse oltrepassato il limite tra terra e cielo. Come se fosse stato un'entità visibile ma impalpabile, percettibile solo con un sesto senso innato.
Era a petto nudo, sembrava non soffrire affatto il freddo. La sua figura eterea e slanciata camminava vacillando, con un'andatura barcollante. Era piuttosto alto.
Quando fu a qualche metro da me e lo vidi appoggiarsi al breve tratto di staccionata di legno e vernice scrostata per poi accendersi una sigaretta, pensai che dovevo aver già incontrato quell'uomo da qualche parte.
Dentro di me sapevo benissimo chi lui fosse, solo che la mia mente non era così lucida da permettermi di pronunciare il suo nome ad alta voce.
Dalla sua bocca non usciva fumo. Soffiava fuori quello che aveva appena aspirato, ed uscivano note, parole e ricordi che io probabilmente non sarei nemmeno in grado di raccontare.
Aspirava il fumo per poi espirare il mondo. Perchè sì, aveva il mondo tra le dita il Re Lucertola.
Prese tra le mani un accendino e cominciò a giocherellarci.
"Hai paura della morte?" si rivolse a me.
Feci uno scatto. Cercai di realizzare quello che stava accadendo.
"Io...Mi spaventa l'idea di perdere tutti i miei cari e andarmene per sempre..." risposi titubante.
"Hai paura di andartene per sempre, dici?" con l'accendino diede letteralmente fuoco ad un fiocco di neve. Appiccò velocemente come fosse carta e poi svanì nel nulla. Mi sembrava impossibile che una cosa del genere potesse accadere.
Si sollevò dalla staccionata e, procedendo lentamente, con le gambe fasciate nei pantaloni di pelle e la cintura scura, compiendo piccoli passi invisibili, si avvicinò a me.
Abbassò il tono della voce, che acquistò profondità. Mi salii un brivido lungo la schiena.
"Hai mai avuto davvero a che fare con la morte?" sussurrò.
Non ci pensai molto.
"No", ed era la verità. Non ero mai stata colpita da un lutto o altro. Non avevo davvero idea di cosa significasse venire a stretto contatto con la morte. Non potevo realmente immaginarlo.
"Sai, non dovresti mai giudicare un libro dalla copertina. La morte è molto più di quanto voi crediate." disse con un accenno di sorriso sul volto.
Mi era sembrato di udirlo pronunciare la parola "voi". Lui aveva detto "voi". Ma da chi era composto quel "voi"? Chi eravamo quei "noi"?
Si portò una mano tra i capelli e cominciò a fare dei piccoli gesti circolari.
"Quand'ero bambino venni a contatto per la prima volta... Sì, per la prima, con la morte... Avrò avuto cinque o sei anni, e ricordo bene che... si, ce n'erano veramente tanti... quell'autocarro si era schiantato...e tutti quegli indiani feriti, il sangue..."
Riprese a compiere dei piccoli passi.
"In quel momento l'anima di uno di quegli indiani morti dev'essere... Sì dev'essere proprio... Come entrata in me, deve essermi entrata dentro" Jim sussultò.
"E' proprio questo quello che cerco di farti capire... Non devi valutare la morte come... Come la fine. La morte è solo un'altra porta. Una delle numerose porte che aprono la via tra il noto e l'ignoto. Una porta..." si interruppe. Guardò un punto fisso per qualche istante. Si girò a guardarmi.
"Tu...come ti chiami?" domandò con aria turbata.
"Katelyn. Mi chiamo Katelyn." dissi guardandolo dritto negli occhi. 
Ricominciò a girare, a muoversi lentamente creando cerchi eterei sulla neve che duravano un battito di ciglia, uno schiocco di dita, la caduta di una lacrima.
"E tu sai perchè ti trovi qui, Katelyn?" mi chiese conyinuando a girare in tondo.
Non sapevo cosa rispondere. La risposta mi era chiara, eppure c'era qualcosa che non quadrava.
"Lo so, eppure non ne sono convinta." risposi a sguardo basso.
"Nessuno è certo di qualcosa, nel tuo mondo, Katelyn. Nessuno sa di preciso qual è il suo scopo...il suo scopo nella vita, sì. La gente puo' solo immaginare cosa la aspetta... Cosa è destinata ad essere, a diventare. Non abbiamo il controllo su nulla, in questa vita." si fermò e tornò a fissare il bianco.
"Hai detto che questo accade nel "mio mondo". Ma se non siamo nel "mio mondo", noi dove ci troviamo, ora, Jim?" lo guardai speranzosa che la sua risposta mi avrebbe fatto capire qualcosa in più.
Si girò. Mi guardò.
"Lo sai dove siamo." si girò dall'altro lato.
"Lo so." una scossa mi percorse. La sentii vibrare per tutto il corpo.
"Da quanto siamo qui?" domandai.
"Da quanto siamo qui?" domandò.
"Da un istante" risposi.
"Da sempre" rispose.
Non avevo ancora fatto nemmeno un passo. Tracciai mentalmente una linea da seguire, e così feci.
Lo affiancai e mi misi, con lui, a fissare quell'immensa distesa bianca che si espandeva sotto i nostri occhi. Sembrava non finire mai. E forse, in effetti, era davvero così.
"Riesci a vederla, Katelyn? La linea di confine tra vita e morte." puntò un dito verso l'orizzonte.
"Io non ci riesco,Katelyn. Perchè è come... è come se fossero fuse, come se al centro di esse ci fosse un vortice che le mischiasse. Ecco vedi, quel confine invisibile è attraversabile, puoi farlo. Puoi mettere piede dall'altra parte. Ma se non stai attento..." fece un segno di esplosione con le mani, gesticolando quasi affannosamente.
"Se non stai attento sei nel vortice e BAM! Non riesci più a distinguere realtà e finzione. Ci sei dentro, e non puoi uscirne. Ma allo stesso tempo sai che è giusto così, perchè in fondo è quello che hai sempre voluto..." lentamente abbassò lo sguardo per poi posarlo su di un fiocco di neve che stava per toccare terra.
"Io ho fatto tante cose, Katelyn. Quello che ti chiedo è di provare per una volta a... non vedere la "morte" come la fine di tutto. Non vederla come un qualcosa che termina sul più bello e che ti fa lasciare incompleto... tutto... che ti incasina. La morte non è una fuga dalla realtà, è lo spirito che tocca un punto a cui il tuo corpo non potrebbe mai arrivare. E'la tua anima che, come un serpente... cambia pelle. E rinasce, Katelyn. Rinasce." Jim, lo sguardo rivolto verso l'orizzonte.
Tutto d'un tratto era come se il velo che avevo avuto davanti agli occhi fino a quel momento mi fosse stato tolto, come se le mie certezze si fossero rafforzate, come se avessi trovato la soluzione ad un problema che pareva irrisolvibile. Eppure, improvvisamente, avevo capito. Ed era stato proprio il Re Lucertola a farmi accorgere di quello che stava succedendo.
Tutto ciò che dovevo fare era svegliarmi. Lanciarmi nel vortice, oltrepassare il confine vita-morte. Toccare il punto più alto per poi lasciarmi cadere. Dovevo semplicemente risvegliarmi.
Il Re Lucertola sembrò aver interpretato dalla mia espressione ciò a cui ero arrivata.
"Vedo che hai capito" disse accendendosi un'altra sigaretta.
Indietreggiai di qualche passo per poi prendere a camminare verso la strada vuota e desolata. I miei passi restavano impressi sulla neve, niente e nessuno avrebbe potuto cancellarli. Ne feci sempre di più, fino a creare una scia bianca dietro di me. La mia aura rimase impressa in quel posto dove le strade non hanno nome.
Mi voltai un'ultima volta, vidi la sagoma del Re allontanarsi anch'essa.
"Ehi, Jim" dissi a voce bassa, quasi per non farmi sentire.
Lui alzò la testa e mi fece cenno.
Sorrisi ampiamente e,con leggerezza ed un pizzico di malinconia, dissi:
"...Quel confine non è mai esistito, non è vero?" 
Lui ridacchiò, farfugliò qualcosa tra sé e sé e, chinando il capo, si voltò incamminandosi verso il nulla per poi allontanarsi sempre di più, fino a scomparire. Sulla neve non rimase alcuna traccia del suo passaggio, come se nessuno fosse mai stato lì.
Continuai a camminare, finchè una luce bianca mi abbagliò. Pensai che era il momento in cui avrei toccato il punto massimo. Procedetti senza esitazione verso quello sfavillio impercettibile, impalpabile, luminoso ed eterno.
Mi risveglia dal coma sulle note di "The End" dei Doors.
Erano le ore 8.30 del mattino del 3 Luglio 1991.
A vent'anni esatti dalla scomparsa del Re Lucertola.
  
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