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Autore: dontlookback    15/09/2013    3 recensioni
" [...] Ho solo bisogno d’amore. Non illudermi Zayn, so che per te non conto nulla. Finiamola qui,ti prego, non ce la faccio più.”
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Again
 
Di nuovo, c’ero cascata di nuovo. Ancora una volta ero finita a letto con lui, l’avevamo rifatto e, sinceramente, ero stanca di quella situazione. Come ogni volta, ero rannicchiata contro il suo corpo, con la vita stretta dal suo braccio e la testa sul suo addome. E, ancora una volta, ero riuscita ad umiliarmi da sola. Non mi ero ancora allontanata da lui ma era finalmente arrivato il momento di mettere la parola fine a quella “storia”, un punto a quella faccenda, di metterci non una pietra ma una montagna sopra e cancellare per sempre tutto ciò che stava succedendo da sei mesi a questa parte. Come una stupida, gli avevo ripetuto quell’ insulso e, per lui, insignificante “Ti amo”, senza ricevere alcuna risposta, se non una maggiore pressione sul fianco. Ero stremata, il silenzio di quella stanza mi stava uccidendo e pensare a ciò che era successo pochi minuti prima era una vera e propria tortura. In più, stargli così vicina mentre dormiva, essendo consapevole di non essere nulla per lui se non la sua “amica di letto”, era realmente straziante. Mi stavo rovinando con le mie stesse mani, ero profondamente delusa da me stessa, dal mio comportamento. A volte mi sentivo sporca, usata, ma forse era realmente così. Non ero l’unica a soffrire, anche lui, o quell’altro, come preferiva chiamarlo lui, stava male, ed era colpa mia. Sì, perché avevo trovato qualcuno che mi amava e l’avevo lasciato per lui, che di me si vergognava, per cui ero solo uno stupido passatempo per soddisfare i suoi “bisogni”… Inconsapevolmente, iniziai a piangere ricordando il viso e gli occhi di quello che aveva deciso di essere il mio migliore amico, che sei mesi prima era il mio ragazzo e che era rimasto e continuava ad amarmi, nonostante l’avessi lasciato per un altro. Ricordavo perfettamente la tristezza e la delusione nei suoi occhi gonfi di lacrime e il sorriso amaro che gli si era dipinto sul volto. Ricordavo perfettamente il suo abbraccio dopo ciò che gli avevo detto, il suo “ricorda solo che ti amo e che per te ci sarò sempre, qualunque cosa accada”. Poi era andato via sorridendo, un sorriso spento, diverso da tutti gli altri che mi regalava. E purtroppo, ricordavo ancora com’ero finita in quella situazione. Ogni giorno maledicevo quella stupida serata, quella stupida festa; se non ci fossi andata, restandomene a casa a guardare un film o una cassetta di quando ero piccola, com’ero solita fare, avrei evitato tutto questo casino, l’avrei dimenticato e probabilmente sarei tornata con Louis e sarei stata felice. Continuavo a piangere silenziosamente, reprimendo i singhiozzi mordendomi il labbro inferiore convita che lui stesse dormendo. Funzionava così: dopo aver scopato dormivamo insieme e al nostro risveglio finivamo di vestirci e io me ne tornavo a casa distrutta. Volevo andarmene da lì, ma avevo deciso di aspettare che si svegliasse; dovevamo parlare, la dovevamo finire qui.
 
“Hei che hai?”
 
Non stava dormendo, era sveglio. La voce non era quella di uno che si era appena svegliato. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo, anche quando le mie prime lacrime gli avevano bagnato il petto. Perché non mi aveva ancora mandato via allora? Cosa aspettava a dire di rivestirmi, a dire che mi avrebbe accompagnato alla porta?
 
“Sam?”
“Sono stanca Zayn… Non ce la faccio più. Sono stufa di essere il tuo giocattolino, mi fa male e dovresti saperlo. Sono stanca di essere usata. Ho bisogno di amore, ciò che tu non mi dai. Ho bisogno di qualcuno che ci sia sempre per me, che mi ami per ciò che sono, non per chi pensa che io sia. Ho bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto bene, anche se sa meglio di me che non sarà così. Che mi stia accanto quando sto male, che invece delle serate in discoteca, stia con me a casa a guardare un cartone animato, che passi intere nottate con me al telefono perché non sto bene. Che mi stringa quando ci sono i temporali, perché ne ho una fottutissima paura. Ho bisogno di qualcuno che quando litighiamo, al posto di mandarmi a fanculo, mi ‘sbatta’ contro un muro e mi baci. Ho solo bisogno d’amore. Non illudermi Zayn, so che per te non conto nulla. Finiamola qui,ti prego, non ce la faccio più.”
 
Mi accarezzava la schiena con una mano e con l’altra mi teneva più stretta a lui; in quel modo mi sentivo ancora peggio. Cercai di divincolarmi dalla sua presa per riprendere le mie cose e andare via di lì. Ciò che ottenni invece, fu una presa più salda, e la mia testa venne schiacciata contro il suo petto. Avevo iniziato a singhiozzare, mi stavo sfogando, mi stavo mostrando fin troppo debole ai suoi occhi e non dovevo. Le sue labbra si posarono sulla mia testa, lasciandovi un bacio e il suo sussurro mi fece venir voglia di prenderlo a pugni, cosa che effettivamente poi feci.
 
“Sam è tutto ok, andrà tutto bene…”
“Non è vero, lo stai  dicendo solo perché te l’ho detto io. Smettila di prenderti gioco di me, mi distruggi. Non sono niente per te, lasciami andare.”
 
Continuavo a tirargli pugni sull’addome, senza ricevere lamenti, senza essere liberata dalla sua presa.
 
“Shh, non piangere.”
 
Non sopportavo più tutto ciò così con uno strattone mi liberai e scesi dal letto prendendo i miei jeans senza però smettere di piangere. Mi infilai i pantaloni quando sentii due braccia avvolgermi la vita e la schiena combaciare perfettamente con il suo petto.
 
“Lasciami”
“Perché non mi fai parlare?”
“Non c’è niente da dire, niente
“Samantha, fammi parlare. Io devo… Chiederti una cosa”
“Cosa? Perché non mi fermo e mi faccio trattare meglio da puttana, eh? O perché non vado a farmi fottere? Ti dico io perché: L’HAI GIA’ FATTO TU!”
“CAZZO LASCIAMI PARLARE!”
“Hai già fatto abbastanza, non mi servono le tue stronzate. Questa volta non mi fermerò, non cederò ancora.”
 
Presi la mia felpa indossandola e scendendo di corsa le scale. Trovai di sotto i genitori del moro che mi guardavano interrogativi. Continuavo a piangere mentre facevo saettare lo sguardo dalla madre al padre; sicuramente avevano sentito ogni cosa e ora pretendevano delle spiegazioni.
 
“Scusatemi, io… Arrivederci”
 
Così dicendo mi avviai alla porta aprendola e richiudendomela alle spalle. Iniziai a correre a perdifiato finchè non arrivai a casa. Mi chiusi in camera non volendo né sentire né tantomeno vedere nessuno. Ignorai mia madre che continuava a chiamarmi da dietro la porta, lo stesso feci quando arrivò mio padre, quando vennero a portarmi la cena e con il cellulare che non la piantava di vibrare a causa delle continue chiamate e dei continui messaggi di Louis.
 
*Due settimane dopo*
 
 Mi svegliai distrutta, ma mi imposi di alzarmi e andare a scuola.  Mi lavai e mi cambiai, prendendo la cartella e dirigendomi verso scuola. Appena varcata la soglia del cancello mi sentii afferrare un polso: ancora lui. Mi si parò davanti, continuando a trattenermi, per non farmi andar via; evidentemente sapeva che l’avrei fatto se mi avesse lasciato. Lo fissavo aspettando che parlasse, ma niente. Ero decisa ad andarmene quando lo sentii parlare.
 
“Senti… Mi dispiace ok? Non sono bravo con le parole, con le persone, soprattutto con quelle a cui tengo e tu,- disse puntandomi un dito contro,- sei una di quelle. Non capisco perché, ma verso di te provo una sorta di affetto, che va oltre il bene. Mi sento in dovere di proteggerti, di starti accanto. So di essere un coglione per non aver risposto prima a quei ‘ti amo’ ma ho intenzione di farlo ora. Ho capito che senza di te non sarei nulla, ho bisogno di te per andare avanti. L’ho capito troppo tardi, lo so, ma, Sam io… Ti amo”
 
Ero rimasta spiazzata da quelle parole. Era tornato da me, dopo due settimane e stava dicendo di amarmi.
 
“Cos’è Malik, non hai trovato nessuna puttanella disposta ad aprirti le gambe, quindi sei tornato da me?”
 
L’acidità era sempre stata il mio punto di forza. Lessi dispiacere nei suoi occhi, forse prima era stato sincero.
 
“Non ti ho mai considerato una puttana Samantha. E sai benissimo, anche meglio di me che le ragazze qui dentro farebbero la fila per passare anche solo tre secondi nel mio letto.”
 
Era vero. Lui era uno dei ragazzi più ambiti del liceo, uno di quelli su cui tutte scommettevano.
 
“Sono arrivato tardi, ne sono consapevole. Ti sto solo chiedendo un’altra possibilità. Voglio darti quell’amore che stai cercando, quell’amore che nessun altro meglio di me saprà donarti.”
 
Rimasi ferma a guardarlo fin quando la campanella prese a trillare, segnando l’inizio delle lezioni. Mi voltai camminando in direzione dell’ingresso principale. Lui era lì immobile che mi guardava, mi sentivo bruciare la schiena sotto il suo sguardo. Mi voltai un ultima volta, sentendo una lacrima rigarmi il viso prima di oltrepassare la porta: l’avevo perso, per sempre.

 
  
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