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Autore: LORIGETA    20/03/2008    20 recensioni
“Le tre! Sono le TRE!” Sbraitò balzando a sedere, ora tutti e due avevano incrociato le braccia immusoniti. La donna alzò le spalle e lui parve indignato, borbottò qualcosa, ma tacque nel vederla mordersi il labbro, il repentino cambiamento biologico del suo corpo poteva riservare parecchie sorprese, era meglio non farla agitare troppo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Una voglia, una donna, un saiyan.

 

 

Era l’afa opprimente tipica d’una notte di agosto.
Dalla finestra aperta poteva guardare le stelle sparpagliate nel buio del cielo, le tende d’ organza fluttuavano mosse da un gradevole soffio di vento.
Che cosa tremenda non riuscire a dormire!
Bulma aveva continuato e continuato a rigirarsi, adagiandosi prima su un fianco e poi sull’altro, ottenendo solo di spiegazzare la bella camicia da notte.
Esasperata ad un tratto annaspò e poi si sollevò di colpo per mettersi a sedere, nell’ombra delineata sulla parete individuò un sagoma inquietante, effetto della cattiva digestione.
Aprì la bocca per sbadigliare,sicché lasciò che lo sguardo si perdesse verso sinistra e per un attimo si accorse di trattenere il fiato.
Guardare Vegeta mentre dormiva era stupefacente, così simile ad una statua dalla pelle diafana, le braccia nude sporgevano dal lenzuolo, il viso rilassato dal torpore lo rendeva ancor più affascinante. Dalle labbra socchiuse gli sfuggiva un sibilo roco, russava, eppure si ostinava a negarlo quando gli veniva rinfacciato, Bulma sorrise ripensando a quanto si irritasse. 
I giorni temibili di Majin Bu erano stati esiliati in una parte remota della memoria lasciando spazio a nuove giornate serene, ai loro piccoli screzi che tanto amava.
Pervasa da un attacco improvviso d’ansia sentì il bisogno di porsi alcune domande, essendo in un particolare periodo, avendo gli ormoni in subbuglio, spesso soggetta a cambi d’umore.
Perché si sentiva simile ad un palloncino sul punto di scoppiare? Perché la tormentava quella fame esagerata?
Non sapeva nemmeno cosa potesse saziarla, più mangiava e più le veniva voglia di ricominciare e alla fine correva a vomitare, piegandosi verso il lavandino o il water colta da forti conati.
Scrollò la testa scacciando quegli inutili interrogativi e si portò istintivamente una mano sul ventre, lo carezzò con la punta delle dita sentendo la pelle tesa e un bozzo prorompere verso il basso, probabilmente un piedino.
Aveva desiderato così tanto un altro figlio prima di vivere quello stralcio di vita apocalittico, segnato dal sangue, dalle lacrime e dalla morte del suo compagno.
Quando Vegeta ritornò alla fine dell’incubo, si era sentita pronta ad aprirgli il cuore al fine di capire se anche lui potesse allietarsi all’idea di avere un altro frugoletto in giro per casa.
La donna sospirò e si tuffò nei ricordi ripescando quella notte d’amore in cui, guardandosi negli occhi, egli non si era negato e l’aveva esaudita facendo sì che in lei germogliasse il seme di una nuova vita. 
Si era ritrovata in lacrime di gioia alla scoperta della gravidanza.
E al diavolo quelli che tanti anni prima avevano dato per follia la loro attrazione, il rapporto che li univa si era concretizzato un poco alla volta solidificandosi in un vero sentimento.
Il saiyan si era nel frattempo girato dandole le spalle e Bulma non resistette, gli sollevò la maglietta per baciargli la pelle, lo ascoltò grugnire prima che si voltasse di scatto, giusto in tempo per cogliere un sorriso incurvale le labbra.
“Bulma, che succede, perché non dormi?” Ogni volta sembrava cadere dalle nuvole, con quel tono tra il seccato e l’imperioso come se ignorasse l’insonnia che da tempo tormentava le sue notti, già, ma lui solitamente dormiva senza accorgersi dei lunghi sospiri con cui la compagna aspettava il nascere dell’alba.
“Non riesco a dormire, il bambino si muove, spinge, fa mille sussulti, spiegami come faccio a chiudere occhio.”  Per qualche secondo lui preferì tacere, le labbra strette in una linea dura, gli occhi rivolti verso la sveglia digitale.
“Le tre! Sono le TRE!” Sbraitò balzando a sedere, ora tutti e due avevano incrociato le braccia immusoniti.
La donna alzò le spalle e lui parve indignato, borbottò qualcosa, ma tacque nel vederla mordersi il labbro, il repentino cambiamento biologico del suo corpo poteva riservare parecchie sorprese, era meglio non farla agitare troppo.
La scienziata fece una smorfia avvertendo sulla lingua un sapore amaro, un leggero conato di vomito le risalì la gola, provava una sensazione di vertigine.
“Anguria.” Aveva scelto una sola parola per esprimere il concetto del proprio fabbisogno, una voglia improvvisa e pazzesca aspettava d’essere soddisfatta.
Lui le diede un’occhiata con un sopraciglio inarcato,realizzando che stava per essere coinvolto in qualche assurdo capriccio.
“Anguria? Cosa stai farneticando? Ho sonno, lasciami dormire!” concluse seccato.
“Eh no, mio caro principe, potresti anche smetterla di essere egoista per una volta. Tuo figlio potrebbe risentirne se non mangio subito una fetta di quel frutto.”
“Che cosa vuoi dire? Cosa stai dicendo? Sono tutte scempiaggini!” Cosa si aspettava,  che capitolasse così facilmente? Che ci mettesse entusiasmo e si alzasse a quell’ora assurda per andare in giro a svaligiare l’orto di qualche contadino?
Bulma sbarrò gli occhi incredibilmente azzurri e senza preavviso scattò in piedi trascinando a terra il lenzuolo, rilanciò immediatamente l’accatto più agguerrita che mai.
“Non sono sciocchezze, si dice che una voglia insoddisfatta lasci un segno sulla pelle del nascituro, non vorrai che nasca con una patacca rosa, magari sul viso? ” Malgrado in quel momento non ne fosse troppo convinta, insistette con le proprie teorie fino a sfinirlo. Era intenzionata a trionfare, come sempre.
“Una patacca rosa sul viso? Stai vaneggiando,  sono tutte dicerie! E poi dove te lo vado a trovare quel coso! ” La guardò in cagnesco, ma intanto si era alzato e sollevò una mano indeciso se afferrare la tuta.
“Vai nel deposito ortofrutticolo, non è distante, basterà che sfondi la porta e recuperi il bottino, semplice no?!” Lo fulminò con un sorriso, toccandosi il pancione, avanzando lentamente verso di lui senza staccare gli occhi dal suo viso.
“Maledizione donna!” Era arrabbiato, adirato con se stesso, poiché sapeva di stare per cedere, il suo sguardo severo la colpì, ma le labbra tradirono la sua debolezza.
“E va bene! Andrò a prenderti quella dannatissima anguria, ma sia chiaro io da domani mi trasferisco in un’altra stanza!” Quella minaccia non sortì in lei alcun effetto, anzi, la fece ridere sotto i baffi, era troppo spaventoso per lui accondiscendere alle bizzarrie di una terrestre? Lo studiava divertita dalla velocità con cui si rivestiva, gli era grata ma si guardò bene dal dirglielo.
“Non è divertente? Un tempo cercavi le sfere del drago e adesso vai alla ricerca di una grossa e succulenta sfera di colore verde.” A lui “cascò” la mascella, non sopportava che riesumasse con voce sarcastica le proprie gesta passate.
Le gambe nerborute del saiyan si mossero verso la finestra, scattante salì sul davanzale e si sporse in avanti per librarsi nel buio, sentiva il vento spingergli indietro i capelli, godeva dell’ebbrezza della velocità, fiero delle sue innate capacità guardava dall’alto la grande capitale assopita.
“Il deposito mi sembra che sia da quella parte, è inammissibile cosa mi tocca fare, cadere così in basso!”
Il principe dei saiyan colto in flagrante… stava per rubare un cocomero! Così immaginò avrebbero scritto i giornalisti l’indomani, riempiendo le prime pagine dei maggiori quotidiani di Città dell’ovest se il custode lo avesse scoperto, ma in fondo poteva sempre farlo a pezzi con un raggio d’energia prima che potesse denigrarlo agli occhi del mondo.
Non ci volle molto perché l’imponente edificio si specchiasse nelle sue iridi, giaceva ai piedi di una collinetta poco distante dalla periferia, intorno v’erano poche altre costruzioni e migliaia di cassette di legno ammassate una sull’altra.
Non poteva perdere troppo tempo e starsene lì a ricacciare il suo orgoglio, la sua pazienza aveva cominciato a vacillare non appena le suole degli stivaletti si posarono al suolo.
Vegeta si guardò attorno con aria furtiva e si sforzò di mantenere la calma, dirigendosi con passo felpato verso la porta metallica dell’ingresso.
Un cane di grossa taglia tenuto da una spessa catena d’acciaio iniziò a ringhiare, si muoveva sbavando, smanioso di lanciarsi verso l’intruso.
“Tsk, sta zitto se non vuoi che ti faccia diventare docile come un agnellino!” Gli occhi neri e penetranti sortirono l’effetto desiderato: l’animale guaendo si rifugiò nella cuccia, con la coda tra le zampe.

**********

 

Bulma non aveva la benché minima idea di quanto tempo occorresse al compagno per compiere la missione, a quel punto era meglio infilarsi a letto e accendere il televisore, ma se le cose fossero andate come sperava non l’avrebbe fatta attendere troppo,  cosicché avrebbe potuto assaporare quel delizioso gusto di cui tanto sentiva il bisogno.
Allungò le gambe e sistemò un cuscino dietro le spalle, il bambino si muoveva agitato, capogiri, nausea, dolori alla schiena la colsero togliendole il respiro.
“Resisti ancora un attimo tesoro”, mormorò con dolcezza. “Papà sta arrivando.”

 

**********

 

 

Entrò in quel deposito in meno di un secondo, era bastata una leggera pressione della mano e la porta aveva ceduto aggrovigliandosi come cartone. I suoi passi risuonavano nel silenzio, guardava profilarsi numerose file di contenitori che maledì con tutta la forza che aveva.
Ma era inutile darsi dell’imbecille, ormai che stava per mettere le mani sulla refurtiva,  anche se si sentiva ridicolo, quasi colpevole di compiere una simile sciocchezza, ma gli bastò pensare a quegli occhi azzurri, intensi, intriganti, per farlo procedere con determinazione verso i container, divelse il primo coperchio guardando con delusione le centinaia di banane.
“Ma dove sono quei maledetti cocomeri?” Nell’oblunga cassa affianco trovò delle mele rosse e in quella dopo delle pesche, diede un calcio nella successiva facendo rotolare a terra un quintale di albicocche.
“Un anguria! Mi serve solo un’dannatissima anguria!” Mai come in quel momento avrebbe voluto prendere a calci qualcuno, se solo gli fosse apparso davanti Kakaroth!
“Ehi bellimbusto! Dico a te, con quei capelli da pazzo scatenato!” gridò una voce inducendolo a voltarsi e a digrignare i denti. Quando gli capitavano certe cose rimpiangeva i vecchi tempi, non aveva mai tollerato che qualcuno gli parlasse con strafottenza, ora gli sarebbe piaciuto tanto zittirlo quel buono a nulla.
Le iridi feline di Vegeta riuscivano a scorgere la sagoma dell’uomo nonostante fosse nascosta nell’oscurità, gli stava intimando la resa, credendo di non correre rischi mentre impugnava una pistola e gliela puntava contro.
“Senti babbeo, dammi subito un’anguria e me ne vado, prima che mi penta e ti cambi i connotati.” Gli ordinò con un ghigno poco rassicurante.
Poi il principe si mosse e fulmineo si ritrovò con il viso ad un centimetro dal suo, lo strinse per il colletto della camicia spingendolo verso la parete e poi lo sollevò diversi centimetri da terra.
L’uomo realizzò con terrore di non aver alcuna speranza per contrapporsi a quella forza immane, prima di arrendersi restò a bocca aperta, poi lentamente aprì il palmo della mano e lasciò cadere l’arma sul pavimento.
“Se-senti amico, ho moglie e quattro ragazzi, non voglio rimetterci le penne, quello che cerchi è in fondo alla parete, nell’ultimo cassone. Prendile anche tutte, ma lasciami stare!” Tossicchiò piano, la stretta lo aveva finalmente liberato.
Senza proferire parola Vegeta gli diede le spalle e calpestò il pavimento umido a grandi falcate per dirigersi verso il punto indicatogli. Non intendeva sprecare un minuto di più dentro quel magazzino, non aveva dimenticato la ragione dei suoi sforzi, ma nemmeno di aver guidato l’armata di Frezeer alla conquista d’interi pianeti, operazioni delicate che aveva concluso con prontezza e precisione, ed ora invece per ironia della sorte, pur avendo concluso l’incarico, poteva solo vantarsi di aver in mano una grossa anguria.
Il guardiano era rimasto immobile ad osservarlo, non aveva visto un ladro comportarsi in modo così stravagante, possibile che non gli interessassero i soldi custoditi nell’ufficio adiacente? Era senz’altro uno svitato.
“Che hai da guardare? Ringrazia che ho poco tempo altrimenti ti farei passare la voglia di fissarmi!” L’uomo aveva ingoiato, sconvolto dal fatto di sentirsi così inerme, lo guardò allontanarsi ed emise un sospiro di sollievo.
Aveva dato libero sfogo ai propri poteri per avanzare sulla via di casa, lasciando dietro di sé una scia che squarciava il cielo, stringeva forte tra le mani la grossa sfera verde timoroso che potesse sfuggirgli.
“Ecco qua!” Il saiyan fece in suo ingresso dalla finestra e saltò a terra guardandola dritta negli occhi.
Bulma sorrise dolcemente, aveva atteso tanto quel momento.
“Grazie al cielo, non sai quanto ho patito.” Il tempo di alzarsi e di infilare le sfiziose ciabattine rosa e gli si parò davanti, i capelli le ricadevano sciolti sul volto e non riuscivano a celare la sua eterea bellezza.
Un rauco sospiro era sfuggito dalle labbra di Vegeta, era innegabile che fosse l’unica donna capace di fargli perdere la testa, la sola capace di fargli compiere le cose più assurde, di fargli battere così forte il cuore.
“Bada che è l’ultima volta che ti accontento, non mi parlare più delle tue strane voglie, che altro non sono che infantili capricci!” Aveva stretto i denti adottando la solita espressione seccata, anche se lei non sembrava intenzionata a ribattere, gli parve strano.
“Che c’è? Perché fai quella faccia? Non volevi assaggiare quel coso? Come mai non scendi in cucina?” domandò bruscamente.
Se solo avesse potuto ignorare i suoi occhi, le sue labbra morbide, la voce suadente.
Bastava che lo guardasse in un certo modo per farlo capitolare, tuttavia provava molto più di un’attrazione fisica, esisteva un qualcosa di inspiegabile che lo induceva a sentirsi parte di lei, si era insidiata nella sua mente e nel cuore.
“Aspettami sveglio che torno subito.” Gli aveva sussurrato in un orecchio, la guardò allontanarsi e chiudere la porta, era assolutamente intenzionato ad ignorare quella raccomandazione.
“Tsk, se pensa che stia sveglio ad aspettare i suoi comodi si sbaglia di grosso, sono le quasi le cinque e voglio dormire!” Concesse un’occhiatina all’orologio, spense la luce e si liberò della tuta, si infilò sotto le lenzuola e cercò di rilassarsi, ma invano.
Il ticchettio della sveglia cominciò a dargli sui nervi, l’afferrò e la lanciò contro il muro, ma ecco spuntare lei dalla porta, la richiuse piano e a piccoli passi raggiunse il letto.
“Vegeta, sei sveglio?” chiese distendendosi al suo fianco e non ci fu nessuna risposta, fingeva di dormire.
Lo guardò con attenzione e d’un tratto il suo umore imprevedibile cambiò nuovamente: il sorriso si tramutò una smorfia.
“Uffa, gli avevo detto di aspettarmi!” Gli occhi fissi e spalancati sui suoi chiusi, beh, per ovvietà a lui non interessava, stava russando!”
“Sei proprio uno scimmione incivile, come puoi trascurarmi così? Ho una voglia!” urlò con disapprovazione.
Travolto da un’ondata di irritazione l’uomo si sollevò con impeto, stavolta avrebbe girato i tacchi, era arcistufo di sopportarla.
“Un’Altra?! Mi hai stancato Bulma! Tieniti la tua voglia che io penso alla mia. IO  voglio dormire e per colpa tua non ho chiuso occhio! Non mi interessano macchie e macchiette, che nasca pure a pois il bambino!” Raccolse i vestiti per andarsene, non aveva pensato prima a quanto potesse diventare noiosa una donna incinta, difatti quando lei aspettava il loro primogenito era partito per potersi allenare.
“Sei solo un’egoista, ma fa niente, vattene pure, vorrà dire che glielo spiegherai tu a nostro figlio il perché avrà stampato nel corpo uno strano segno a forma di labbra.” Certo che riusciva sempre a sorprenderlo, era senza parole e fu lui a spezzare il breve silenzio.
“Ora cos’è questa storia della labbra? Un altro ritrovato per farmi ammattire?” chiese rapidamente, la sua curiosità risultò più che evidente.
“Se ti avvicini ti spiego.” Parlò a voce bassa, gli batteva il cuore selvaggiamente nel vederlo camminare verso di lei, sentì l’alito caldo sfiorarle le guance e avvampò.
“Allora cosa sono tutti questi misteri?” sbraitò, non era il momento adatto per scherzare, Bulma lo guardò sbattendo le palpebre.
“Sicuro di non voler conoscere la mia nuova voglia?” Tutto era meglio di quelle parole incomprensibili, la bocca del principe s’era incurvata in un sorriso di sfida.
“Va bene! Ma qualsiasi cosa sia non mi interessa!” Alzò le spalle in un gesto indifferente.
“E’ troppo, questo è troppo!” La donna lo trafisse con occhi fiammeggianti e gli sbottò contro.
“Volevo solo baciarti, troglodita!” gridò.
“Come?” Attaccò lui bianco in faccia come un lenzuolo.
“Sì, ma non importa,  mi terrò questa voglia. Forse hai ragione, non devo credere a certe dicerie!” Indietreggiò scossa dal proprio sfogo.
“Basta scherzare, è una questione seria.” disse Vegeta con voce roca.
C’era finalmente qualcosa che gli piaceva fare, che desiderava, una voglia che volevano soddisfare entrambi.
Con le dita le sfiorò in contorno delle labbra, la guardava intensamente.
Restò a pensare per un momento, il sangue gli pulsava a mille nelle vene, la prese piano fra le braccia bramando le sua bocca color corallo.
“E’ meglio non rischiare Bulma e poi sarebbe un disonore per me avere un figlio marchiato da una tua voglia inesaudita!” La voce era provocante.
Lei poteva vedere i suoi occhi ardere come tizzoni, trattenne il fiato quando posò la bocca sulla sua e la baciò con passione, le ginocchia non la reggevano, in un baleno si sentiva di nuovo felice.
Bulma aprì gli occhi, vide il suo volto virile, sentì il suo odore maschio, eccitante e improvvisamente lo colpì al petto con forza, ormai priva di controllo.
“Sei diventata matta? Il cocomero ti ha annacquato il cervello?” chiese sorpreso da quella strana razione, benché ormai le stranezze fossero all’ordine del giorno a casa loro.
“No, è solo che non possiamo fare l’amore, non adesso, guardami, sono una mongofliera!”
Lui era così affascinante, così sfacciatamente bello e si lasciò sfuggire un ghigno divertito.
“Vedi, mi prendi in giro! ” Il principe le appoggiò le mani sulle spalle, alzò il capo incatenandosi ai suoi occhi.
“Non mi importa se sembri un pallone gonfiato, piuttosto sono preoccupato, perché io ho sempre questa voglia di te? Sarà una malattia o cosa?”
Bulma scoppiò a ridere e lui la baciò di nuovo, era un amante incredibile, il suo Vegeta, una voglia che sapeva non si sarebbe mai estinta.

 

Fine.

 

 

Ciao raga ^^ in questo periodo sto aggiornando con meno frequenza…

Chiedo scusa e prometto di rimediare non appena avrò più tempo libero a disposizione.  

Come sempre ho scritto velocemente e spero di non aver reso Vegeta troppo OOC …ç_ç  nel caso scusate. 

Mi farebbe piacere un vostro parere anche per dirmi che vi ha stomacato!!! 

Un bacio grande

Grazie a Sara e ad Alan per averla letta in anteprima e per i loro consigli. ^^

 

LORIGETA ^^

  
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