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Autore: RobDarko    15/09/2013    6 recensioni
Sebastian era steso sul letto e fissava Kurt mentre si abbottonava la camicia. Si accarezzò placidamente la pancia, godendosi lo strano silenzio del mattino dopo.
Di solito era Sebastian a spezzarlo, alzandosi e andando a stampargli un bacio sulla nuca.
Ma fu Kurt a parlare per primo. Respirò, a occhi chiusi, –Sebastian lo vide dallo specchio- e gli chiese: «Quindi?».
Sebastian alzò un sopracciglio, sorpreso. «Quindi che cosa?»
[.....]
«Quindi resti un'altra notte oppure parti oggi pomeriggio?»
Kurtbastian, angst (ma leggero, su), slice of life, what if.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Santana Lopez, Sebastian Smythe
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Arrivo.

 
Premessa: Sia Kurt che Sebastian sono OOC da fare schifo. Di solito cerco di contenermi nell’IC, ma sapete cosa? Non mi importa più di tanto. Questa one shot è stata scritta per divertimento e sfogo personale, e infatti ci sono elementi che in una storia scritta “per la pubblicazione” avrei tagliato. In sostanza, così è e così ve la pigliate. Non intendevo fare bashing su Blaine o su Santana, o neanche su Kurt se vogliamo, quindi mi dispiace se ho offeso i personaggi e li ho oltraggiati.
Buona lettura!
P.s: GRAZIE a Ross per il betaggio e per il supporto morale. Ti voglio bene.

 



Sebastian era steso sul letto e fissava Kurt mentre si abbottonava la camicia. Si accarezzò placidamente la pancia, godendosi lo strano silenzio del mattino dopo.
Di solito era Sebastian a spezzarlo, alzandosi e andando a stampargli un bacio sulla nuca.
Ma fu Kurt a parlare per primo. Respirò, a occhi chiusi, –Sebastian lo vide dallo specchio- e gli chiese: «Quindi?».
 
Sebastian alzò un sopracciglio, sorpreso. «Quindi che cosa?»
 
La domanda fece sospirare Kurt, che non avrebbe voluto dare più spiegazioni di quelle necessarie, ma Sebastian si divertiva da morire a farlo parlare più del necessario.
 «Quindi resti un'altra notte oppure parti oggi pomeriggio?»

Non suonò tremendo come sembrava nella sua testa, ma nascondeva altre richieste spaventose nessuno dei due era capace di dire. Quindi condividerai il letto con me anche stanotte? Mi lascerai accarezzarti i capelli e abbracciarti? Salterai un altro giorno di scuola per stare qui con me?
 
Sebastian finse di pensaci su e, dopo qualche minuto di teso silenzio in cui Kurt si innervosiva e lui si divertiva da morire, rispose: «Sì, parto domani pomeriggio.»
 
Kurt dovette trattenersi dal sospirare di sollievo, ma chiuse gli occhi e sorrise poco, mostrando un secondo i denti. Li riaprì giusto in tempo per vedere Sebastian alzarsi e andare verso di lui. Si voltò e incontrò il suo sguardo.
 
«Kurt,» iniziò Sebastian, anche troppo serio. «Noi siamo qualcosa?»
«Eh?» chiese Kurt, sentendosi immensamente stupido. Doveva aver frainteso in qualche modo, Sebastian non poteva aver davvero detto una cosa del genere.
 
«Intendo, Kurt, il fatto che scopiamo, che mi baci quando arrivo all’aeroporto, che ci abbracciamo… vuol dire che siamo qualcosa, non è vero? Perché non credo che tu lo faccia con tutti.» Spiegò Sebastian, incrociando le braccia.
 
Kurt sembrò sorpreso, non ci aveva mai pensato davvero. Voleva dire davvero qualcosa a livello emotivo per lui invitarlo a passare il fine settimana a New York e finirci a letto ogni volta? Pasticciò con la bocca, deciso a dire qualcosa di molto intelligente, ma ne uscì solo un «Non lo so.»
 
Sebastian lo guardò in modo strano, come se fosse offeso dalla sua incertezza «Allora lo facciamo solo perché sono il primo disponibile a scopare?»
 
«No, no, è che-» Kurt tentò di spiegare, ma non riuscì davvero a trovare qualcosa da spiegare. Non lo sapeva e basta, non ci aveva mai pensato.
 
«Beh, che stronzo. Non credevo di essere solo un rimpiazzo.» Sebastian fece per allontanarsi da Kurt, ma quest’ultimo gli afferrò il braccio, arrabbiato.
 
«Perché, per te significo di più di questo?» Ribatté, lasciando Sebastian ammutolito. «Beh, me lo aspettavo. Vado a lezione.» Disse Kurt, glaciale, e uscì dalla stanza.
 
Sebastian rimase per un minuto a fissare le tende smosse, pensando che avrebbe potuto fermarlo. Avrebbe potuto correre nell’atrio e salutarlo a modo suo, ma si limitò a sedersi sul letto e sferrare un pugno al materasso.
 
Kurt per lui significava qualcosa di più di uscite a New York, sesso sicuro e abbracci gratis? Non ci aveva mai pensato davvero. “Andare a New York” significava tutte queste cose; gli veniva naturale scegliere i giorni in cui poteva saltare la vita – scuola, lavoro, amici- e uscire a bere o presentarsi da lui con una borsa con un paio di cambi e una cheesecake fresca e chiudersi nell’ appartamento di Kurt. Non si era mai preoccupato di dargli un nome, sicuro che ci avesse già pensato Kurt, ma non lo aveva fatto.
 
E questo irritava e feriva Sebastian.
 
Era fastidioso non sapere cosa fosse quella giravolta che faceva il suo stomaco ogni volta che lo riconosceva tra la folla dell’aeroporto, o il calore sulle guance quando lo baciava scherzosamente sul naso. Voleva sapere cos’era quel calore simile alla felicità dopo l’orgasmo, o perché dopo ogni litigio aveva voglia di baciarlo.
 
«Bah!» esclamò, frustrato.
 
Se Kurt non aveva intenzione di pensarci, non ci avrebbe di certo pensato lui. Stava per alzarsi quando il campanello lo fece sobbalzare. Sarà Kurt, pensò. Si diresse verso la porta con un sorriso trionfante. Si stava già preparando la battuta da lanciargli quando, aprendo la porta, si ritrovò davanti l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere a New York.
 
«Sebastian?» domandò Blaine, sorpreso.
 
Sebastian lo guardò: era anche più basso di quanto ricordava, aveva un sacco di gel e un cardigan giallo improponibile su dei pantaloni neri. E una valigia piccola che innervosì Sebastian.
 
«Ciao Blaine,» iniziò freddo. «Non so se ti hanno avvisato, ma in questa casa si può entrare solo dal metro e settanta in su.» Sebastian incrociò le braccia sul petto mentre Blaine sbatteva le palpebre confuso.
 
«Ma- ma non capisco, che ci fai qui?» chiese, cercando di guardare alle sue spalle. Stupido, visto che gli arrivava a malapena al collo.
 
«Potrei farti la stessa domanda.» Ribatté Sebastian acido.
 
«Beh io sono qui per Kurt e-»
 
«Stronzate.» Lo interruppe Sebastian. «Io sono qui per Kurt, e non mi risulta che lui ti abbia invitato. Perciò puoi spostare il biglietto di ritorno al prossimo volo verso Culonia, perché non sei il benvenuto.» Sebastian inclinò la testa, le labbra serrate. Normalmente, avrebbe avuto un ghigno, ma stavolta non riusciva proprio a trovare la situazione divertente.
 
«Tu? Tu qui per Kurt? Ma ti odia!» Esclamò Blaine, sinceramente confuso. Sebastian gli concesse un sorriso di scherno.
 
«Sei rimasto indietro, killer, sono cambiate tante cose. Adesso vattene prima che il mio stomaco ceda per colpa di tutto quel disgustoso gel che ti metti in testa.» tentò di congedarlo, ma Blaine bloccò la porta.
 
«Aspetta, aspetta! Che significa che sono cambiate delle cose? Che cos’è cambiato?» Chiese, ma Sebastian non era disposto a dargli una spiegazione. Non in quel momento, non a lui e non dopo un litigio con Kurt.
 
Sebastian gli afferrò le spalle e lo spinse leggermente indietro «Stai fuori da questa storia, Blaine. So che ti piace farti i cazzi degli altri, letteralmente intendo, ma davvero questi non sono e non saranno affari che ti riguardano. Stai fuori dalla vita di Kurt, l’hai già rovinata abbastanza.» Concluse, pronto a chiudergli la porta in faccia.
 
«Cosa? Rovinare la vita a Kurt? Io amo Kurt, non farei mai niente per rovinargli la vita!» si difese Blaine, stranito Sebastian. Non poteva fare a meno di trovarlo vagamente eccitate, anche se minacciosa.
 
Sebastian rise di scherno.
 
«Sul serio, Blaine? Dio, solo tu potevi tirare fuori con una motivazione così stupida.» Fu quasi come se sputasse la parola. « Presentarti a casa di una persona che non vuole più vederti senza essere invitato. Vattene, trovati un altro ragazzo da tormentare e lascia Kurt in pace.»
Lascialo stare una volta per tutte così non piangerà ogni volta che sente qualcuna delle vostre stupide canzoni. Lascialo stare perché non voglio più che soffra per te. Lascialo stare cazzo, perché voglio smetterla di pensare che stia pensando di farlo con te quando non mi guarda negli occhi mentre scopiamo.
 
«Sebastian, tu non capisci, è l’unico modo che ho per scusarmi!» Esclamò Blaine, spazientito. «Ho fatto un errore, tutti li facciamo, ma io voglio smetterla di sentirmi una cattiva persona e aggiustare le cose!»
 
«Un errore?» chiese Sebastian. Si sentiva il sangue al cervello, ma si sforzò di non urlare. «Un errore è lavare una maglietta nera con dei vestiti bianchi. Un errore è rovesciare qualcosa. Un errore, Blaine, è dimenticarsi di fare una ricerca di scienze. Spezzare il cuore a una persona non è un errore!» Sebastian perse buona parte del controllo, e Blaine lo notò. «Tradire una persona non è un errore, è da pezzi di merda! E comunque, Blaine, flash news: se fai cose da cattiva persona sei una cattiva persona!» sbottò, alzando la voce.
 
Blaine rimase in silenzio, valutando cosa dire. Kurt aveva raccontato a Sebastian del tradimento? E proprio lui, Sebastian Smythe, gli faceva la morale sulle cose da cattiva persona?
 
«Non credo che tu possa farmi questo discorso, Sebastian. Non sai nulla sulle relazioni, su me e su Kurt, quindi penso che tu debba tacere e basta. Sei solo un rimpiazzo e lo sai.» Blaine non aveva idea di come gli fosse uscita l’ultima frase, forse perché lo pensava davvero, forse perché aveva bisogno di ferirlo.
 
Detto, fatto.
 
L’espressione arrabbiata e a disagio di Sebastian si trasformò: le sopracciglia si aggrottarono e le labbra cascarono giù e si dischiusero. Sarebbe sembrato solo sorpreso se non fosse per il suo sguardo carico di rimprovero, dolore e rabbia. Aveva anche un po’ gli occhi lucidi, ma sembrava impossibile agli occhi di Blaine.
 
«Può darsi.» Disse Sebastian, cercando di suonare convinto e beffardo. «Può darsi che mi stia solo usando, ma non è così. Sei tu a non sapere nulla di noi, Blaine. Adesso puoi anche andartene.»
 
«Questa conversazione non porterà a nulla.» constatò Blaine. «Ti prego Sebastian, fammi entrare e basta. Aspetterò Kurt e non ti darò fastidio, davvero, fammi solo stare qui. Non saprei dove andare.»
 
«È un problema tuo.» rispose Sebastian, offeso dalla pretesa di restare lì, proprio come se qualcuno l’avesse invitato. «Adesso sparisci prima che chiami la polizia e dica loro che un pazzo sta cercando di entrare in casa del mio ragazzo spacciandosi per il suo ex.» sentenziò, incrociando le braccia sul petto.
 
Blaine sbarrò gli occhi «Ma-ma tu non puoi farlo! Non è v-vero!» balbettò, scioccato.
«Hai ragione, ma a chi pensi che crederebbero, a te, vestito di tutto punto e col trolley o a me, che sono in mutande e ho dei capelli tremendi?» ribatté Sebastian, pregustando la vittoria sul palato.
 
Blaine sembrò arrendersi.
 
«Tornerò stasera.» Disse, girando i tacchi e trascinando il suo trolley.
 
Sebastian chiuse la porta scorrevole e sospirò pesantemente. Fece un paio di respiri profondi e strinse le labbra.
Cosa faccio? Devo andare via? Non voglio. Si guardò intorno, in preda al panico.
 
«Parlare con Blaine Nanerson ti riduce in questo stato? Patetico. E pensare che ti credevo quasi alla mia altezza.»
Sebastian quasi sobbalzò a sentire la voce di Santana: indossava un vestito corto a righe verdi, era scalza, aveva i capelli appoggiati su una spalla e il trucco sugli occhi sbavato.
 
«Che cazzo ci fai qui?» fu tutto quello che riuscì a dire Sebastian, troppo scioccato. Era sbucata all’improvviso.
 
Santana fece un gesto annoiato con la mano. «Scala anti incendio, ho visto che c’era Blainolo davanti alla porta e sono salita da lì.»
«Hai sentito tutto?» chiese Sebastian, ignorando volutamente l’immagine di Santana che entrava dalla finestra.
 
«Abbastanza da volerlo strozzare di più di prima.» rispose.
 
«Ha ragione, Santana? Sono solo un rimpiazzo per Kurt?» Sebastian buttò fuori la domanda prima che potesse fermarsi. Santana lo guardò in modo strano.
 
«Vieni a fare colazione e non dire assurdità.» Tagliò corto, dirigendosi verso la cucina. Sebastian la seguì di malumore, grato di non aver avuto risposta.
 
Santana posò sulla tavola tre tipi di biscotti diversi, il pane da tostare, la marmellata, il succo d’arancia, diverse merendine, il burro, un paio di banane e due tazze. Colse lo sguardo scioccato di Sebastian mentre andava a preparare il caffè e alzo il sopracciglio.
 
«Beh?» chiese «Faccio una colazione abbondante, o il sarcasmo non mi parte prima di mezzogiorno.» Spiegò, piuttosto seria.
 
«Hai il coraggio di bere caffè, succo d’arancia e mangiare una banana uno di seguito all’altro?» osservò Sebastian stupito.
 
«Tu fai pompini prima di colazione, non sei proprio il tipo che può farmi la predica.» Ribatté piccata Santana, indicandogli la sedia a destra del capotavola. Sebastian, di tutta risposta, occupò quella a sinistra.
 
La guardò fare il caffè per entrambi, indeciso se rifarle quella domanda o meno. Optò per la seconda domanda che gli venne in mente.
 
«Dove sei stata stanotte?»
 
Santana non si girò, ma rispose comunque «Se fossero affari tuoi lo sapresti già, Mangustian. Ritieniti fortunato se ti sto preparando la colazione.» Non poteva vederla in faccia, ma sapeva benissimo che un mezzo sorriso le stava attraversando il viso mentre faceva l’irritata.
 
«Stai ancora lavorando in quel bar per lesbiche come escort sotto nome di ballerina?» La provocò Sebastian. Lei si girò e gli rivolse un sorriso compiaciuto.
 
«Che è decisamente più di quanto potresti fare tu, con quel culo incavato che hai non ti prenderebbero neanche a lavare i bicchieri.» Ribatté. Si avvicinò a tavola con il contenitore del caffè e riempì le tazze. Posò quella di Sebastian a destra, come se gli avesse obbedito. Sebastian le scoccò un’occhiataccia e allungò la mano per prenderla.
 
«Ho conosciuto una ragazza, stanotte.» Raccontò Santana dopo un lungo sorso di caffè. Afferrò un pacco di biscotti al cioccolato e ne prese un paio, poi mise il pacco di fronte a Sebastian. «Era una delle modelle svedesi che devono fare il servizio a cui lavora Kurt. Alta, bionda, occhi azzurri e delle dita davvero lunghe, se capisci che intendo.» Raccontò.
 
«C’è della cheesecake al cioccolato in frigo.» la interruppe Sebastian. L’aveva comprata il giorno prima, quando era arrivato a New York.
 
Il ricordo del retrogusto di cheesecake e nutella sulla lingua di Kurt gli fece correre un brivido giù per la schiena.
 
«Tengo tantissimo a lui.» disse Sebastian di punto in bianco, beccandosi un’occhiataccia da Santana. Evidentemente l’aveva interrotta di nuovo mentre raccontava della sua modella svedese.
 
«Che hai detto?» fece Santana incredula, posando la fetta di pane che stava imburrando.
 
«Ho detto che tengo molto a Kurt, Santana.» le ripeté Sebastian più deciso, guardandola negli occhi.
 
«Ah. Che dolce.» commentò Santana «Ti stavo dicendo, e a quel punto Erin si è tolta un’oliva dalla scollatura e…»
 
Sebastian ascoltò il racconto di Santana bevendo il suo caffè, prestando relativa attenzione, già più di quella che le aveva concesso fino ad allora. Era meglio pensare a Santana e la sua modella svedese che a Kurt e quella confusa nube di sentimenti.
 
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Kurt lasciò l’istituto della NYADA nervoso.
 
La lezione di circa un’ora che avrebbe dovuto seguire era sfociata in una verifica di canto improvvisa e, a parere di Kurt, senza senso. Inoltre, Bethany, una sua collega ballerina, lo aveva implorato di aiutarla a scegliere un vestito per una serata di gala o qualcosa del genere. Generalmente, Kurt avrebbe adorato stare nella stanza di Bethany ad aiutarla coi vestiti e gli accessori, ma il pensiero costante di Sebastian lo innervosiva.
 
Era combattuto: da una parte sperava di trovare Sebastian ancora a casa sua, dall’altra quasi sperava che fosse partito col primo volo per non affrontare la situazione complicata. Ma Sebastian non se ne sarebbe andato così, senza neanche rinfacciarglielo.

 
Si sistemò i capelli dirigendosi alle scale della metropolitana, ma proprio mentre si apprestava a scenderle si sentì chiamare.
 
«Kurt!» Lo chiamò Blaine. «Ehi, Kurt!»
Kurt sospirò e si girò a guardare Blaine, che correva verso di lui e agitava la mano. Non era felice di vederlo, ma l’ombra di un sorriso gli attraversò le labbra.
Sei ancora in tempo per fingere di non averlo visto e andare via si disse, ma era un ragazzo corretto, quindi lo aspettò.
 
«Ciao.» Lo salutò. «Che ci fai qui?»
 
Blaine fece un respiro profondo.
«Sono qui per scusarmi, Kurt.» Annunciò, e Kurt si trattenne a stento dall’alzare agli occhi al cielo. Blaine ignorò quel gesto e cercò di continuare, ma Kurt lo fermò con un’occhiataccia mirata.
 
«So già quello che vuoi dirmi, ma per una volta lascia parlare me. Sei stato a letto con un altro ragazzo e ti senti male per questo, l’ho capito. Ho capito anche che vuoi chiedermi scusa e lo trovo giusto, però mettiamo caso che io ti perdoni: tra noi due non cambierebbe nulla. Chiedere scusa è giusto, ma non tornerà tutto come prima. Sono cambiate troppe cose da quando eravamo il Kurt di Blaine e il Blaine di Kurt.» Spiegò Kurt.
 
«Sono cambiate tante cose, eh? Sei la seconda persona che me lo dice da questa mattina.» disse Blaine, suonando molto infastidito.
 
«Che vuoi dire?» chiese Kurt, raggelato. Non poteva essere andato a casa sua. Doveva essere una coincidenza
 
«Sono andato a casa tua, stamattina,» iniziò Blaine. «E ho incontrato il tuo ragazzo, o almeno ha detto di esserlo. Che cosa pensi di fare mettendoti con Sebastian, Kurt? Rimpiazzarmi? Ti vuoi vendicare a tal punto da stare con Sebastian Smythe? Lo sappiamo tutti e due che lo odi, è un gesto veramente immaturo da parte tua. Ti stai facendo usare da lui per-»
 
«STA’ ZITTO!» sbottò Kurt, sorprendendo Blaine. «Stai solo zitto, va bene? Non ne sai niente di questa storia.»
 
«Ma Kurt, che c’è da sapere? Lo capirebbe chiunque che è solo una ripicca, è solo così immaturo da parte tua che non riesco a crederci.» Rispose Blaine dopo qualche secondo, spazientito.
 
«Smettila di parlarmi di immaturità, Blaine.» Non sapeva come mai quel discorso stesse prendendo quella piega, ma non gli piaceva. Kurt sentiva che avrebbe detto qualcosa che avrebbe ferito Blaine e non voleva. «Cerca solo di accettare che è finita. Non sono più il tuo Kurt.»
 
«E adesso vorresti dirmi che sei il Kurt di Sebastian?» ribatté Blaine, arrabbiato, ma con gli occhi umidi lucidi
«Non sono il Kurt di nessuno.» rispose Kurt, più secco di quello che avrebbe voluto. Si girò, arrabbiato e confuso, e scese le scale della metropolitana ignorando le urla di Blaine.
 
---
 
Alla fine, Santana andò a lavoro, lasciando Sebastian da solo.
 
Non si era risparmiata le battute sul non aprire a nessuno e non accettare le caramelle dagli sconosciuti. Lui l’aveva salutata in modo sgarbato, e lei aveva risposto con qualcosa di altrettanto maleducato.
Ordinaria amministrazione.
 
Sebastian si sedette sul divano e si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da fare. Prese il cellulare, aprì l’applicazione di Facebook e la richiuse senza neanche guardarla, poi controllò i messaggi, nervoso. Gettò il cellulare e incrociò le braccia, sbuffando.
Non gli piaceva avere la mente così ossessivamente occupata da parole sgradevoli come rimpiazzo e usato. Kurt non lo usava, era Sebastian ad usare lui.
 
Ma se non fosse stato così? Cosa sarebbe successo se, alla domanda “mi stai usando?”, Kurt avesse risposto di sì? Kurt era capace di farlo, di spezzare il loro rapporto in questo modo?
 
Sì, ne sarebbe capace se fossi solo il suo rimpiazzo pensò Sebastian. Si passò le mani tra i capelli e dopo appoggiò le braccia sulle gambe, facendo penzolare le mani tra le cosce. Non riusciva a crederci, Blaine non poteva avere ragione. Sebastian riprese il cellulare e aprì whatsapp. Uscì dalla chat con sua madre e entrò in quella di Kurt. Rilesse l’ultimo scambio di sms:
 
Kurt, 15:41
Non vedo l’ora che tu sia qui. Sono al lavoro. Compra la cheesecake, okay?
 
Sebastian, 15:43
Anche io non vedo l’ora di essere da te. Frutti di bosco?
 
Kurt 15:43
Sorprendimi :)
 
Respirò rumorosamente. Non poteva essere falso. All’improvviso, una sgradevole e dura ipotesi logica si fece largo tra i suoi pensieri, insieme a un oscuro bruciore all’altezza del cuore e una stretta allo stomaco.
 
Aveva immaginato tutto? In effetti, era sempre lui a baciare Kurt dopo il sesso. Sebastian strinse forte gli occhi, imponendosi di calmarsi. Se lo stava usando, bene. Lo avrebbe lasciato senza il suo giocattolo. Si alzò dal divano e andò nella stanza di Kurt, tirando fuori la valigia da sotto il letto. Cercò i suoi vestiti in fretta e li lanciò con rabbia nel trolley, le guance bagnate e la mente confusa.
 
«Sebastian?»
La voce di Kurt, all’improvviso, fu come un proiettile. Sebastian si girò immediatamente, troppo arrabbiato per pensare. Lo guardò attraverso la cortina delle lacrime inspiegabili che erano decise a non fermarsi, e continuare a scorrergli lungo il viso e sparire sotto il mento.
 
«Me ne vado.» Disse, con voce alterata, che lo faceva vergognare e sentire debole. Non era così che si comportava, quindi perché lo stava facendo?
 
«Cosa? E perché?» chiese Kurt, spiazzato, come se nulla fosse, come se non l’avesse usato tutto quel tempo. Si avvicinò a lui, provando a toccargli un braccio «Cos’è successo, Sebastian, perché stai piangendo?»
 
«NON MI TOCCARE!» gridò Sebastian, spingendo via la mano di Kurt. «Non è successo niente, voglio solo andarmene. Non voglio vederti mai più.»
 
Era strano, per Sebastian Smythe, dire ciò che pensava senza scegliere le parole.
Non l’aveva mai fatto. Fin dai tredici anni le aveva sempre scelte, pesandole, valutando cosa dire e quando dirlo. Il dolore rende le persone sincere, e quest’improvvisa sincerità irritò lui stesso. Era ammettere di stare soffrendo.
 
Kurt aveva le sopracciglia aggrottate e non riusciva a capire quale fosse il problema, perché Sebastian voleva andare via. «Che diavolo sta succedendo, Sebastian!» alzò la voce e gli uscì più come un’esclamazione che come domanda.
 
Sebastian si abbassò sul letto e chiuse la valigia, stringendo gli occhi. Voleva smetterla con quelle lacrime inutili e andarsene con dignità. Kurt stava dicendo qualcosa, non gli importava. Non gli interessavano le sue scuse, anche se faceva male. E poi, Kurt gli afferrò le braccia e lo costrinse a guardarlo «Cos’è successo, Sebastian? Ci sono dei problemi a casa, è successo qualcosa a scuola?» Kurt faceva domande come se non sapesse nulla. Per la seconda volta, Sebastian allontanò.
 
«Succede,» spiego Sebastian, tirando sul col naso. «Succede che ho scoperto tutto. Era ovvio, no? Sono sempre stato un rimpiazzo per te. Ma sai una cosa? Non mi farò trattare così. Non sono una puttana, Kurt, non-» Non mi innamorerò di te per poi soffrire quando tornerai con quello «Non mi farò usare.». Dopo averlo detto, sentiva sentì il cuore più leggero, ma anche più dolorante.
 
Kurt sembrò spiazzato, ma poi il suo viso si chiuse in una di quelle sue espressioni indecifrabili. (Come i suoi silenzi.)
 
«Te l’ha detto Blaine, non è vero?»
Sebastian emise un verso stizzito. Sentiva gli occhi bruciare, ma, per fortuna, aveva smesso di piangere.
 
«Riguarda sempre tutto Blaine, non è vero? Dici che non lo ami più, ma continua a essere il centro di tutto.» Aveva una brutta voce, dopo il pianto e le urla.
 
«Stronzate!» esclamò Kurt, attirando l’attenzione di Sebastian. «Non hai la minima idea di come... di cosa… sei solo un idiota! »
Kurt batté il piede per terra, guardandolo con quegli occhi pieni di rimprovero e rabbia. Avrebbe dovuto scusarsi, avrebbe dovuto lasciarlo andare, ma non ce la faceva. Sebastian lo mandava totalmente in bestia.
 
«Non c’è problema!» rispose Sebastian. Trascinò la valigia giù dal letto, alzando il manico «Ti libero immediatamente da queste stronzate e da questo idiota!»
 
Sebastian cercò di spostare Kurt, ma lui lo afferrò e lo guardò dritto negli occhi. Doveva alzare un po’ la testa ma riuscì a essere molto convincente quando disse, con un’inaspettata voce bassa.
«Tu non vai da nessuna parte.»
 
Ci fu un lungo secondo in cui Sebastian valutò se spingerlo via e andarsene o cedere alla tentazione delle labbra di Kurt. E mentre ci pensava, Kurt aveva già preso la decisione: baciò Sebastian con decisione, poggiandogli una mano sul petto. Sebastian ricambiò quel bacio, sentendo la tensione andare via. Tirò Kurt più vicino e gli mise una mano nei capelli. Quando le lingue si toccarono, il suo stomaco fece una capovolta. Kurt chiuse le dita sulla sua maglietta e lo spinse sul letto.
 
Interruppe il bacio e lo guardò dall’alto. Sarebbe stato bello dirgli qualcosa per rassicurarlo, o intimidirlo, ma semplicemente gli diede il tempo di sistemarsi meglio prima di saltargli addosso.
 
Si baciarono per un po’, parlando coi muti gesti d’affetto, e poi Kurt infilò le mani sotto la maglietta di Sebastian, che si staccò da lui e lo guardò in modo strano, sorpreso e incredulo. Kurt gli appoggiò l’indice sulle labbra e lo baciò ancora, e ancora, e ancora.
 Gli sbottonò i pantaloni, Sebastian gli tolse la camicia. A poco a poco, tra baci e risate silenziose, si tolsero tutto i vestiti.

Kurt prese Sebastian guardandolo negli occhi, ansimando forte e tenendolo stretto. Sebastian disse qualcosa durante l’orgasmo, ma Kurt non riuscì a capire.
Uscì da lui e lo abbracciò forte, ascoltando il battito veloce del suo cuore.
 
---
Il giorno dopo, Kurt accompagnò Sebastian all’aeroporto. Si abbracciarono a lungo, ancora affamati di contatto umano. Stavano attirando un sacco di sguardi, ma non importava a nessuno dei due.
 
«Beh, di sicuro adesso non avrò più bisogno di abbracciare nessuno per le prossime due vite e mezzo.» Disse Sebastian, quando sciolsero l’abbraccio.
 
Nonostante fosse una battuta tremenda, Kurt sorrise lo stesso.
«Non ci conterei. Come se non sapessi che hai un cuscino legato che abbracci di notte.» lo canzonò, continuando a sorridere. Sebastian, sorpreso, pasticciò con la bocca, facendo ridere Kurt.
 
«Scherzavo!» chiarì, e gli diede una pacca amichevole sul braccio. Era così che funzionava il loro rapporto: schiaffi morali e carezze fisiche.
 
Quando chiamarono il volo di Sebastian, Kurt gli diede un rapido abbraccio. Sebastian invece gli alzò la testa e lo baciò. Riuscì a dargli un bacio a stampo, perché Kurt si tirò subito via.
 
«Chiamami quando arrivi.» gli raccomandò Kurt.
 
«Sono già arrivato.» Replicò Sebastian, e poi si diresse verso il check in, ignorando Kurt che gli chiedeva spiegazioni. Prima di sparire oltre la porta, lo salutò con la mano. E Kurt ricambiò, cercando di sorridere nonostante la confusione. Provò a pensare. Cosa voleva dire che era già arrivato? Era ancora a New York! E poi il cellulare gli vibrò, un messaggio di Rachel. Ma ce ne era anche un altro.
 
Incuriosito, Kurt aprì prima l’altro:
 
Sebastian, 8;09 24/02/2013:
 
Vedrai, riuscirò ad arrivare al tuo cuore ;) Non deve essere difficile, dato che sono già arrivato al culo.
 
«Che cos-» mormorò, confuso. Poi sorrise.
Sebastian era decisamente riuscito ad arrivare al suo cuore. E anche al suo culo. 
  
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