UN RICORDO
SEPOLTO SOTTO LA NEVE
UOMO E LUPO
Ulula il bosco,
la tua voce risponde.
Vento o creatura
di selve signora?
Solo il tuo sogno
conosce risposta.
Negli astri il ricordo
di segreti dolori
che ancora gridano
nella notte di Asgard.
Una sola scintilla
ti splende nel cuore:
le stelle lassù,
l’orsa del cielo,
che vaga maestosa,
di lei una parte
nel tuo spirito arde,
in te del suo cosmo un granello
soltanto...
ma quanta fierezza
in singola gemma,
come il compagno
che a te si è donato,
con te il suo grido
eleva alla luna;
uomo e lupo,
uguale mistero.
Stretti
l’uno all’altro, il ragazzo con i capelli color ghiaccio
e il lupo con la cicatrice a forma di mezzaluna, attendevano pazientemente che
la tempesta si decidesse a concedere una tregua al paesaggio sconvolto. Da due
giorni ininterrotti ormai il vento soffiava sbuffi di neve e gelo sulla distesa
sconfinata di Asgard ed era così fitta la cappa di caos elementale calata sul
mondo che niente era distinguibile al di là di un passo dal naso.
Nessuno
che avesse trovato il coraggio di uscire in quel candido inferno, transitando
davanti a quel minuscolo antro scavato da zampe di lupo e mani di umano,
avrebbe notato le due figure rannicchiate ed immobili, fuse come fossero una,
non solo a causa del sipario che la tempesta aveva lasciato cadere dal cielo,
ma anche perché il ragazzo, con le sue semplici vesti artigianalmente
fabbricate e i lunghi capelli che parevano plasmati in quell’ambiente dalle
tinte tenui, teneva abbracciato il fratello dal pelo decisamente più scuro, se
ne stava disteso sopra di lui, occultandolo allo sguardo di occhi indiscreti,
proprio come le vesti e i lineamenti fisici celavano egli stesso.
Non
si erano più mossi, nonostante i morsi della fame, sapevano attendere; non
appena le condizioni atmosferiche lo avessero consentito, sarebbero usciti allo
scoperto e avrebbero richiamato il branco, per guidarlo alla necessaria battuta
di caccia atta a sfamare tutti i componenti.
Tuttavia,
in quel momento, non erano i bisogni primari a dominare i pensieri del ragazzo
e il lupo, da sempre in simbiosi con il cucciolo d’uomo che aveva tenuto al
proprio fianco come un fratello, accompagnava il susseguirsi di diverse
emozioni che si alternavano nella mente umana e al tempo stesso ferina; così
entrambi, in assoluta sintonia, partecipavano delle due nature perfettamente
complementari.
“É
un giorno speciale, Jing.”
Le
orecchie aguzze del maestoso animale vibrarono in
risposta al messaggio psichico che alcun orecchio umano avrebbe saputo
intendere.
Il
volto del giovane si levò verso la diradante barriera di spruzzi ghiacciati;
guardava dinnanzi a sé il ragazzo, alzandosi in piedi, scrutava i suoi occhi,
il lupo, specchiandosi in essi, pronto ad
accompagnarlo in ogni singola mossa.
“Possiamo
uscire, amico, ma niente caccia ancora… tu sai dove dobbiamo andare prima, non
è vero?”
Una
parca carezza si posò tra le orecchie tese e un guaito d’assenso precedette il
primo passo che entrambi compirono, specularmente, insieme.
“Questo evento è solo per noi due fratello mio… più tardi
lasceremo che il branco si unisca a noi…”
Dopo
pochi minuti di cammino fianco a fianco, la feroce tempesta si era ridotta a
sporadiche cadute di fiocchi che vagavano, abbandonati a se stessi, alla
ricerca di un luogo in cui dissolvervi nel nulla immacolato.
Tutto
era immobilità e silenzio quando si fermarono tra alberi imponenti che
accolsero il loro arrivo in una solenne contemplazione di eventi tanto piccoli
per loro e tuttavia sembravano comprendere quale significato immenso
rappresentassero per quei minuscoli esseri, che sotto le loro fronde innevate
cercavano accogliente conforto.
Il
giovane si chinò ai piedi dell’abete più alto, sovrano incontrastato del bosco
di Asgard; chiuse gli occhi, per rivivere ancora quel sogno di una vita che non
gli apparteneva più, ma che era comunque parte di lui. Non erano nitidi i
ricordi di quell’antica esistenza, solo flash, nei quali scorgeva un bambino circondato da
amore, immerso in cavalcate e giochi, in corse sfrenate nei corridoi di quel
palazzo che spesso tornava a contemplare, da lontano, senza trovare il coraggio
di avvicinarsi di più; vi tornava con i fratelli lupi e lo scrutava, dalla
sommità del promontorio che sovrastava la valle e ogni volta lo trovava più
cadente, più eroso dall’implacabile scorrere del tempo… ogni volta un po’ più
rapito dal sentore di morte che si stendeva come un sudario su quelle che ormai
non erano che anonime rovine dimenticate da tutti, tranne che da quel ragazzo e
dai suoi compagni non umani, unici ad avergli dimostrato, dal giorno della
tragedia, un po’ di pietà.
No,
non era giusto definirla pietà, avrebbe significato svalorizzare, agli occhi di
un mondo già sufficientemente cinico, il legame simbiotico che aveva instaurato
con quei messaggeri ancestrali di un universo innocentemente selvaggio.
Non
vollero spingersi così in là, quel giorno, il ragazzo ed il lupo e si fermarono
nel bosco dove, ai piedi dell’abete, il giovane si lasciò cadere in ginocchio;
qui, per l’ennesima volta, rivisse quel giorno, spartiacque di due esistenze
per tanti versi agli antipodi.
“Il
giorno in cui… sono diventato lupo…”
Jing
replicò con un mugolio al sussurro tremante sfuggito alle pallide labbra di colui che, nell’aspetto, non era più di un fanciullo, ma
belva innocente nello spirito ferito; quest’ultimo sollevò una mano e, ancora
una volta, la posò tra le orecchie del compagno:
“Non
temere mio amato, non rimpiango nulla, non rinnego il nostro incontro…
ma non posso dimenticare che quel giorno ho perduto chi mi diede la
vita, i soli esseri umani che mi abbiano mai realmente amato…”
Il
lupo acconsentì a quella spiegazione, lambendogli dolcemente la mano con la
lingua umida e calda ma quel gesto conteneva in sé, altresì, un invito,
affinché il ragazzo ancora frugasse nella propria memoria.
“Non
l’ho dimenticato, sai? Non ho dimenticato che, insieme a
te, lei fu la prima a scagliarsi contro l’orso in mia difesa, mentre… gli
esseri umani tanto degni di rispetto… fuggivano abbandonando me e i miei
genitori al nostro destino…”
Un
uggiolio accompagnò i mesti movimenti della coda di Jing
mentre, con il muso, andava a strusciarsi teneramente contro il petto
del giovane che accolse tali effusioni abbracciandolo e stringendolo a sé.
Nel
frattempo, posò una mano su un punto preciso del tappeto di neve, al di sotto
di una fronda che si allungava più delle altre.
“Tua
madre è sepolta qui, insieme alla mia e insieme a mio
padre… così deve essere perché noi… siamo fratelli…”
Ancora
un abbraccio, ricambiato dal lupo che si sollevò sulle zampe posteriori,
posandogli quelle anteriori sulle spalle e adagiando il muso sulla spalla
sinistra del compagno umano, con un guaito di autentico amore.
“Era
destino, amico mio… fratello… lei aveva già deciso di adottarmi dopo aver visto
i miei genitori cadere sotto l’assalto dell’orso, dopo aver visto la nostra
scorta fuggire… voi non mi avreste mai abbandonato…”
Un
pugno rabbioso contro il suolo che sollevò sbuffi di polvere bianca, accompagnò
la successiva, disperata esclamazione:
“E
come si può sostenere che un essere umano abbia più valore rispetto a voi, come
sostenere che abbia più dignità in un mondo che l’umanità stessa rende orribile?!”
Le
spalle scosse dai fremiti, il ragazzo rimase in quella posizione a lungo e il
lupo lo scrutava, attento e pronto a comprendere ed assecondare ogni moto
dell’animo di colui con il quale, da tempo, conviveva in un miracoloso legame.
Ogni tanto, dopo essersi riaccucciato, discreto, al suo fianco, sollevava una
zampa, a sfiorarlo gentilmente, come a ricordargli che lui era presente e che,
finché fossero rimasti insieme, niente nell’universo avrebbe potuto ferirli.
All’ennesima,
soffice carezza, il giovane si riscosse, lo guardò, prese
quella zampa tra le proprie mani:
“Io
sono come te, sono diventato lupo e resterò lupo fino alla fine dei miei
giorni, solo così mi riterrò degno ed orgoglioso di vivere! Non mi riconosco e
non mi riconoscerò mai più nella natura umana che tutto distrugge! Gli esseri
umani se la sognano la dignità dei lupi!”
Lo
scodinzolio di Jing si fece frenetico e, contemporaneamente, si alzarono entrambi, un attimo prima che un lungo ululato squarciasse
l’ovattato silenzio.
“Il
nostro branco ha fame, non facciamoli attendere oltre!”
In
balzi veloci si lasciarono il bosco alle spalle e risposero a quel richiamo
selvaggio con il loro doppio ululato che si innalzò minaccioso verso il pallido
cielo di Asgard.