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Autore: PerseoeAndromeda    21/03/2008    3 recensioni
Un cucciolo d'uomo e un lupo, simbiosi perfetta anche nella condivisione del dramma. Protagonisti: Fenrir di Asgard e il suo lupo
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN RICORDO SEPOLTO SOTTO LA NEVE

UN RICORDO SEPOLTO SOTTO LA NEVE

 

UOMO E LUPO

 

Ulula il bosco,

la tua voce risponde.

Vento o creatura

di selve signora?

Solo il tuo sogno

conosce risposta.

Negli astri il ricordo

di segreti dolori

che ancora gridano

nella notte di Asgard.

Una sola scintilla

ti splende nel cuore:

le stelle lassù,

l’orsa del cielo,

che vaga maestosa,

di lei una parte

nel tuo spirito arde,

in te del suo cosmo un granello

soltanto...

ma quanta fierezza

in singola gemma,

come il compagno

che a te si è donato,

con te il suo grido

eleva alla luna;

uomo e lupo,

uguale mistero.

 

 

Stretti l’uno all’altro, il ragazzo con i capelli color ghiaccio e il lupo con la cicatrice a forma di mezzaluna, attendevano pazientemente che la tempesta si decidesse a concedere una tregua al paesaggio sconvolto. Da due giorni ininterrotti ormai il vento soffiava sbuffi di neve e gelo sulla distesa sconfinata di Asgard ed era così fitta la cappa di caos elementale calata sul mondo che niente era distinguibile al di là di un passo dal naso.

Nessuno che avesse trovato il coraggio di uscire in quel candido inferno, transitando davanti a quel minuscolo antro scavato da zampe di lupo e mani di umano, avrebbe notato le due figure rannicchiate ed immobili, fuse come fossero una, non solo a causa del sipario che la tempesta aveva lasciato cadere dal cielo, ma anche perché il ragazzo, con le sue semplici vesti artigianalmente fabbricate e i lunghi capelli che parevano plasmati in quell’ambiente dalle tinte tenui, teneva abbracciato il fratello dal pelo decisamente più scuro, se ne stava disteso sopra di lui, occultandolo allo sguardo di occhi indiscreti, proprio come le vesti e i lineamenti fisici celavano egli stesso.

Non si erano più mossi, nonostante i morsi della fame, sapevano attendere; non appena le condizioni atmosferiche lo avessero consentito, sarebbero usciti allo scoperto e avrebbero richiamato il branco, per guidarlo alla necessaria battuta di caccia atta a sfamare tutti i componenti.

Tuttavia, in quel momento, non erano i bisogni primari a dominare i pensieri del ragazzo e il lupo, da sempre in simbiosi con il cucciolo d’uomo che aveva tenuto al proprio fianco come un fratello, accompagnava il susseguirsi di diverse emozioni che si alternavano nella mente umana e al tempo stesso ferina; così entrambi, in assoluta sintonia, partecipavano delle due nature perfettamente complementari.

“É un giorno speciale, Jing.”

Le orecchie aguzze del maestoso animale vibrarono in risposta al messaggio psichico che alcun orecchio umano avrebbe saputo intendere.

Il volto del giovane si levò verso la diradante barriera di spruzzi ghiacciati; guardava dinnanzi a sé il ragazzo, alzandosi in piedi, scrutava i suoi occhi, il lupo, specchiandosi in essi, pronto ad accompagnarlo in ogni singola mossa.

“Possiamo uscire, amico, ma niente caccia ancora… tu sai dove dobbiamo andare prima, non è vero?”

Una parca carezza si posò tra le orecchie tese e un guaito d’assenso precedette il primo passo che entrambi compirono, specularmente, insieme.

Questo evento è solo per noi due fratello mio… più tardi lasceremo che il branco si unisca a noi…”

Dopo pochi minuti di cammino fianco a fianco, la feroce tempesta si era ridotta a sporadiche cadute di fiocchi che vagavano, abbandonati a se stessi, alla ricerca di un luogo in cui dissolvervi nel nulla immacolato.

Tutto era immobilità e silenzio quando si fermarono tra alberi imponenti che accolsero il loro arrivo in una solenne contemplazione di eventi tanto piccoli per loro e tuttavia sembravano comprendere quale significato immenso rappresentassero per quei minuscoli esseri, che sotto le loro fronde innevate cercavano accogliente conforto.

Il giovane si chinò ai piedi dell’abete più alto, sovrano incontrastato del bosco di Asgard; chiuse gli occhi, per rivivere ancora quel sogno di una vita che non gli apparteneva più, ma che era comunque parte di lui. Non erano nitidi i ricordi di quell’antica esistenza, solo flash, nei quali  scorgeva un bambino circondato da amore, immerso in cavalcate e giochi, in corse sfrenate nei corridoi di quel palazzo che spesso tornava a contemplare, da lontano, senza trovare il coraggio di avvicinarsi di più; vi tornava con i fratelli lupi e lo scrutava, dalla sommità del promontorio che sovrastava la valle e ogni volta lo trovava più cadente, più eroso dall’implacabile scorrere del tempo… ogni volta un po’ più rapito dal sentore di morte che si stendeva come un sudario su quelle che ormai non erano che anonime rovine dimenticate da tutti, tranne che da quel ragazzo e dai suoi compagni non umani, unici ad avergli dimostrato, dal giorno della tragedia, un po’ di pietà.

No, non era giusto definirla pietà, avrebbe significato svalorizzare, agli occhi di un mondo già sufficientemente cinico, il legame simbiotico che aveva instaurato con quei messaggeri ancestrali di un universo innocentemente selvaggio.

Non vollero spingersi così in là, quel giorno, il ragazzo ed il lupo e si fermarono nel bosco dove, ai piedi dell’abete, il giovane si lasciò cadere in ginocchio; qui, per l’ennesima volta, rivisse quel giorno, spartiacque di due esistenze per tanti versi agli antipodi.

“Il giorno in cui… sono diventato lupo…”

Jing replicò con un mugolio al sussurro tremante sfuggito alle pallide labbra di colui che, nell’aspetto, non era più di un fanciullo, ma belva innocente nello spirito ferito; quest’ultimo sollevò una mano e, ancora una volta, la posò tra le orecchie del compagno:

“Non temere mio amato, non rimpiango nulla, non rinnego il nostro incontro… ma non posso dimenticare che quel giorno ho perduto chi mi diede la vita, i soli esseri umani che mi abbiano mai realmente amato…”

Il lupo acconsentì a quella spiegazione, lambendogli dolcemente la mano con la lingua umida e calda ma quel gesto conteneva in sé, altresì, un invito, affinché il ragazzo ancora frugasse nella propria memoria.

“Non l’ho dimenticato, sai? Non ho dimenticato che, insieme a te, lei fu la prima a scagliarsi contro l’orso in mia difesa, mentre… gli esseri umani tanto degni di rispetto… fuggivano abbandonando me e i miei genitori al nostro destino…”

Un uggiolio accompagnò i mesti movimenti della coda di Jing mentre, con il muso, andava a strusciarsi teneramente contro il petto del giovane che accolse tali effusioni abbracciandolo e stringendolo a sé.

Nel frattempo, posò una mano su un punto preciso del tappeto di neve, al di sotto di una fronda che si allungava più delle altre.

“Tua madre è sepolta qui, insieme alla mia e insieme a mio padre… così deve essere perché noi… siamo fratelli…”

Ancora un abbraccio, ricambiato dal lupo che si sollevò sulle zampe posteriori, posandogli quelle anteriori sulle spalle e adagiando il muso sulla spalla sinistra del compagno umano, con un guaito di autentico amore.

“Era destino, amico mio… fratello… lei aveva già deciso di adottarmi dopo aver visto i miei genitori cadere sotto l’assalto dell’orso, dopo aver visto la nostra scorta fuggire… voi non mi avreste mai abbandonato…”

Un pugno rabbioso contro il suolo che sollevò sbuffi di polvere bianca, accompagnò la successiva, disperata esclamazione:

“E come si può sostenere che un essere umano abbia più valore rispetto a voi, come sostenere che abbia più dignità in un mondo che l’umanità stessa rende orribile?!

Le spalle scosse dai fremiti, il ragazzo rimase in quella posizione a lungo e il lupo lo scrutava, attento e pronto a comprendere ed assecondare ogni moto dell’animo di colui con il quale, da tempo, conviveva in un miracoloso legame. Ogni tanto, dopo essersi riaccucciato, discreto, al suo fianco, sollevava una zampa, a sfiorarlo gentilmente, come a ricordargli che lui era presente e che, finché fossero rimasti insieme, niente nell’universo avrebbe potuto ferirli.

All’ennesima, soffice carezza, il giovane si riscosse, lo guardò, prese quella zampa tra le proprie mani:

“Io sono come te, sono diventato lupo e resterò lupo fino alla fine dei miei giorni, solo così mi riterrò degno ed orgoglioso di vivere! Non mi riconosco e non mi riconoscerò mai più nella natura umana che tutto distrugge! Gli esseri umani se la sognano la dignità dei lupi!”

Lo scodinzolio di Jing si fece frenetico e, contemporaneamente, si alzarono entrambi, un attimo prima che un lungo ululato squarciasse l’ovattato silenzio.

“Il nostro branco ha fame, non facciamoli attendere oltre!”

In balzi veloci si lasciarono il bosco alle spalle e risposero a quel richiamo selvaggio con il loro doppio ululato che si innalzò minaccioso verso il pallido cielo di Asgard.

   
 
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