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Autore: BlAcK_lOtUs    18/10/2004    1 recensioni
Una telefonata che non arriva mai... quanto si può desiderare il contatto con le altre persone?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora un telefono che non squilla


Shinji guardò il cellulare appoggiato sulla sua scrivania, acceso. Ancora una volta un telefono che non squilla... E perché dovrebbe squillare, chi conosco io, chi potrebbe mai parlare seriamente con me, senza scherzi, chiedendomi PERCHE' oggi ho fatto questo, perché oggi ho preso in mano una stramaledettissima penna, perché sto facendo una cosa che non avevo mai fatto, perché voglio scrivere? Nessuno potrebbe mai parlare seriamente con me. Non ci riesce nessuno, nemmeno io. Forse vorrebbero, anzi credo proprio che sia loro intenzione farlo, ma non lo fanno. Mi temono e io temo loro. E' come se tutti fossero come me... Proiettare la propria immagine sugli altri, già! Come se fra 7 anni qualcuno stesse a studiare le mie mosse, i miei pensieri, per capirmi! Non voglio nemmeno rileggere le mie parole, le troverei soltanto inutili copie di materiale già scritto da chi soffre molto più di me. Io non soffro, ma devo sfogarmi in una qualche maniera, anche se assurda, anche se stupida... Io non voglio ferire nessuno, ho paura di ferire gli altri, per questo non agisco, per questo guido l'Eva, per questo ora sto qui a scrivere e rammaricarmi della mia ingiusta sorte quando in realtà dispongo del meglio che questa stramaledetta vita può offrirmi...

-Non hai la mamma...-

La signorina Misato prova disperatamente a supplire alla sua mancanza, e mai una lode da parte mia per questo. Persino gli altri vedono il suo amore nei miei confronti. Tutti, tranne che io...

-Tuo padre ti ha abbandonato...-

Eppure non riesco a odiarlo. Non odio nessuno se non me stesso, eppure non riesco a cambiare. Neppure lui. Per questo non lo odio. Mio padre è come me.

-Tua unica ragione di vita è l'Eva...-

Me la sono cercata. Non sono e non voglio uscire dall'armadio in cui mi sono chiuso, ho bisogno solo di gusci, ho bisogno solo di solitudine e comprensione, si comprensione degli altri, non mi serve altro che essere da loro amato, dagli altri, da Asuka, e forse da... Rei.

-Perché forse?...- Perché non è umana. Perché è anche mia madre.

-Tu sei umano?...-

No. Sono una BESTIA.

-E come tale?...-

Incapace di essere.

-Essere cosa?...- Essere qualcuno per qualcuno, contare veramente per gli altri.

-...-

Rei...

-...-

Asuka...

-...-

Misato...
-...-

Papà...

-...-

Toji...

-...-

Kensuke...

Per loro io non provo niente. Non ho mai fatto niente per loro. Non li ho mai capiti, li ho sempre esclusi e loro hanno escluso me dalla loro vita. Anche questo è solo uno sfogo di rabbia per il voler provare qualcosa che un bambino pacioccoso di 14 anni non può provare, troppo preso dalle stupidaggini e troppo presuntuoso per smettere di fingere di essere complessato, divertendosi a far ricadere il fardello di tutto ciò su personaggi, su inchiostro, su lettere piccole fragili deboli che possono essere cancellate con un solo gesto della mano.

Come mai ora taci?

-Vuoi complimenti?...-

No.

-Vuoi essere capito, sempre? Vuoi che tutti ti consolino? Oppure vuoi che LEI ti consoli?-

Si. Gli altri non contano. Lei DEVE consolarmi.

-Perché LEI?...-

Perché LEI è la mia vita. E' il mio sogno. E' ciò che desidero. E' ciò che evito. E' ciò che amo. E' ciò che temo. La evito in pubblico, lei evita me. Abbiamo paura l'uno dell'altro quando ci sono molte persone. Quando siamo da soli invece no. Ma deve venire LEI qui.

-E tu?...-

L'aspetterò senza fare niente, anzi, in maniera che capisca che deve venire. Non attendo che le sue parole per sentirmi vivo.

-Te sei una BESTIA...-

Incapace di essere. Desiderosa di avere il conforto degli altri. Per diventare capace di essere. Per uscire dalla prigione delle sue parole. Cerco un segno di vita che ricordi a me stesso che gli altri mi amano.

Guardò il display scuro nella notte del cellulare. Prese il foglio in mano, lo guardò. Lo accartocciò e usci fuori, corse via da lì, desideroso di aria. Era ancora presto per dormire. Da un po' di tempo Misato fumava. Visti gli ultimi avvenimenti Shinji non ne era sorpreso. Aveva preso il suo accendino, e diede fuoco alla pagina accartocciata, lasciano bruciare il foglio sul marciapiede davanti a casa sua, osservando le ceneri, osservando il suo sfogo andare in fumo. Tanto, non era uno sfogo vero, era solo lo sfogo di un bambino viziato. Tornò in casa, avrebbe voluto che persino Asuka gli dicesse qualcosa di carino, ma lei dormiva inesorabilmente il sonno della televisione. Avrebbe voluto un lieto fine, come aveva scritto nella pagina bruciata, ma ciò accade ben di rado nella realtà. Guardò il display morto. Nessuna chiamata.

[Note dell'autore]

Questa ff è strana, nata in un momento strano, in circostanze strane. Stavo leggendo un'altra FF, "il mio cavaliere" molto personale. Ho letto "Luce da una stella morta", che descrive una situazione reale. Ho ripensato alle mie FF, le quali sono pura invenzione. E ho scritto questo. Perché io mi sento come lo Shinji che vi ho descritto, e come lui non cerco una via di uscita. Mi faccio pena, ma cerco anche io la LEI che mi dia forza. Che mi incoraggi. Forse allora riuscirò a trovare le parole mie per scrivere qualcosa di diverso. Un grazie a Caska per l'e-mail, ti devo abbastanza, dato che io non mi sbilancio mai troppo... ^_^

  
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