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Autore: lovix    21/03/2008    1 recensioni
un grande amore... finito... ma non per lui, non si rassegna davanti all'evidenza e non riuscirà mai a farlo... premetto che ci sono delle parti dove cambi la persona che parla... inizia con una 1 persona singolare..per poi continuare con un narratore che è sempre la stessa persona dell'inizio. io, cioè l'autrice non sono la protagonista. ed ora BUAONA LETTURA!! ^^
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sapevo dalla prima volta che ti avevo conosciuto, sarebbe durata poco la nostra storia, tu non lo sapevi ma io si.Ormai il mio corpo giaceva senza vita sul letto e tu… tu l’hai saputo non hai reagito subito, solo poco dopo. Pioveva. L'aria era fredda, e un vento gelido soffiava da nord. Era primo mattino, il debolissimo sole attendeva a scorgersi del tutto, l'erba del campo era scomparsa della brina che si era formata quella notte. Era il silenzio. D'un tratto, un rumore. Un cellulare caduto a terra, senza che nessuno lo raccogliesse. Di nuovo silenzio. Lui si guardò allo specchio, sperando di essere soltanto quel riflesso innocente che lo fronteggiava. Ma capì di non esserlo. Abbandonò a terra il vecchio cellulare, senza rendersene conto, si mise a correre, non aveva avuto il tempo di pensare di prendere l'auto. La pioggia lo bagnava, lui era vestito poco, poiché la telefonata l'aveva svegliato. I piedi nudi affondavano ad ogni passo nell'acqua fangosa delle pozzanghere, uscendone ogni volta più sporchi e fradici, ma lui non se ne accorgeva. Lui non si accorgeva di niente. Intorno a lui, il mondo era solo la strada verso la casa dei suoi; il tempo si era fermato, i pensieri andavano e venivano senza che avesse il tempo di afferrarli e leggerli per capire cosa doveva fare. La sua pelle respingeva il freddo, era immune alla pioggia e alle auto che lo sfioravano, a solo una cosa era sensibile: al dolore interno. sentiva il suo cuore battere forte, un rimorso che sbatteva dentro di lui causando fastidio, paura. La mente era vuota, o forse troppo piena per far spazio ad altri pensieri. Gli occhi erano accecati dalla pioggia e dal pianto, eppure li teneva aperti, non sentiva il bruciore delle lacrime salate, solo quello del cuore. Arrivò a un edificio che riconobbe dalla stazza, non suonò il campanello, non aprì il cancello, saltò il muro e quasi sfondò la porta, si fiondò in camera per vedere quello che temeva. Ciò per cui aveva corso fin lì, per cui in lui non funzionava più niente. Lei giaceva sul letto, bellissima, le guance rosee, quasi dormisse. Gli venne il dubbio, la speranza. Le prese il polso, le sfiorò il collo. Guardò i suoi genitori e guardò lei. La baciò sulle labbra, pensando di risvegliarla ma nulla il mio corpo era immobile e gelido, aspettava solo di essere portato via, come tutti del resto, lui si alzò e uscì. Vide un auto. Di chi era? non lo sapeva. La prese a calci a piedi nudi, con pugni spezzò i vetri. Urlò di rabbia, ma il dolore non se ne andava. Lei era tutto. Lei era la sua ragione di vita, il suo sole, ed era tramontata senza un crepuscolo. Così, di colpo, in due parole sentite al telefono e sperate, pregate, false. La sua terra si era scaldata per 15 lunghi anni di quel sole, e ora era congelata e si stava disintegrando. Il suo cuore era vuoto ormai, la sua mente piena di ricordi che affioravano senza che lui lo volesse, e lui li guardava, li scartava, sbatteva la testa per farli uscire. Ma non uscivano. Si mise a correre, più veloce, più veloce, sfidando il vento, la pioggia, il tempo. Raggiunse la strada, ma continuò a correre, cieco delle sue stesse lacrime. La pioggia. Quel giorno in cui avevano litigato, lei era scappata, sotto la pioggia, e lui dopo alcuni minuti l'aveva trovata al parco sdraiata sull'erba a piangere...ma perché doveva ricordare? Correva, correva, ma non era stanco, anche se non respirava più. Si guardò intorno e non vedeva altro che quello che vedeva prima che succedesse, il mondo girava ancora. Ma non era giusto, anche gli altri dovevano soffrire, il mondo doveva fermarsi in lutto, anche quel sole doveva tramontare e tutti dovevano piangerla fino alla fine dei giorni. Ma non succedeva, lui si sentiva accumulare addosso anche il dolore che doveva spettare agli altri, finché non era colmo, avrebbe voluto scoppiare, il suo cuore era stremato e il suo battito risuonava come un'eco dentro di lui, come quello di lei, che amava ascoltare con attenzione dopo le notti passate ad amarsi, ma perché questi pensieri, perché questi dolori, era la fine del mondo il suo corpo non rispondeva più, tutto era sbiadito, rumori fortissimi e incessanti... ma si rimise a correre e sentì il rumore di un'auto vicinissima, si avvicinò ancora, ancora.... e più nulla. No, tom la tua ora non è con la mia, TU VIVRAI anche se ora sei messo male, io ti starò sempre accanto, ti proteggerò, questo tumore mi ha portata via precocemente, ma non vuol dire che il mio ricordo debba svanire con me, questo no, te lo giuro non lo permetterò. Sono passati 5 mesi dal giorno in cui sei morta. Niente può riportarti indietro. E non so perchè mi sento in dovere di ricordarti. Di parlare di te. Di averti nel cuore. Non voglio che le persone si scordino di te. Mio dolce amore. Devi esistere ancora. Devi restare. Per me. Non sparire. Ti prego non abbandonarmi. Non ci sei più. Ma ti voglio qui. Con me. Per sempre. Te l’avevo detto io sarò sempre nel tuo cuore. Tom ti amo.
  
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