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Autore: Marty Andry    17/09/2013    4 recensioni
È il 15 marzo del 44 a.C., siamo a Roma. In quel giorno un uomo- un grande uomo- fu vittima di una congiura.
Ecco come andarono le cose.
Genere: Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Flebili raggi solari accarezzavano la città eterna debolmente,  la primavera era alle porte e Roma si stava lentamente risvegliando dal gelo invernale, ritornando a mostrare il suo volto di città colorata e multiculturale. 
Un uomo sulla sessantina si accingeva ad uscire da una villa. Un uomo abbastanza alto, dai radi capelli argentei che stavano evidentemente crescendo sul capo completamente calvo e gli occhi neri, occhi che guardavano lontano, oltre Roma, oltre i confini del mondo allora conosciuto e che avevano conservato l’espressione attenta di ragazzo. Sistemandosi la veste, pose sulla testa una corona d’alloro. 

Uscito dall'abitazione, s’incamminò presso la Curia di Pompeo, nonostante le paternali della moglie Calpurnia. Quel giorno sarebbe stato nominato re, ma lei lo aveva supplicato di non lasciare casa poiché allarmata da strani incubi notturni. Noncurante, Cesare continuò il suo percorso, salutando gente a destra e a manca. 

Si fermò a riflettere su quanto era accaduto nei giorni precedenti. Ripensò a quell'anziano che si era presentato presso la sua dimora per raccontargli dei fuochi azzurri che aveva visto e degli uccelli solitari che quella mattina avevano occupato il foro. Poi la sua mente volò a pochi giorni prima, quando aveva compiuto il sacrificio in onore di Bacco e non aveva trovato il cuore della bestia, presagio di sventure. 

 Ad un tratto si fermò, un lungo brivido gli percorse la schiena. 
Improvvisamente si ricordò della sepoltura di Capi. La scritta che vi era sulla lapide lo incupì molto. 

 

 Quando verranno scoperte le ossa di Capi, un discendente di Iulo verrà assassinato per mano dei suoi consanguinei, e subito sarà vendicato con grandi stragi e lutti per l'Italia.

 

Erano solo sciocche superstizioni, pensò.  

Continuò il suo percorso, quando non cadde inciampando in una pietra. Finì a terra, le sue fini vesti si riempirono di polvere. Con stizza, ripulì i preziosi tessuti, per poi tornare sul suo cammino.
Era il 15 marzo del 44 a.C. 
Roma era in festa, festeggiava le Idi di marzo, un delle tante festività previste dal loro calendario. Dal foro proveniva un grande brusio, subito stroncato al passare dell' imperator. Cesare giunse alle porte della Curia di Pompeo. Non appena mise piede nella sala, tutti si azzittirono di colpo. Lui era lì, pronto a ricoprire un altro incarico, aggiungere alla lista un altro, ennesimo, titolo. Sistemò meglio la corona d'alloro che si era leggermente spostata in seguito alla caduta e si diresse verso il centro. Tra l'assemblea, scorse suo figlio Bruto. Proprio questo gli si avvicinò con passo incredibilmente lento, come in una scena a rallentatore, dilatando la percezione del tempo. Quando non fu più molto lontano, mise una mano sotto la candida veste per fermarsi, esitante, dopo qualche secondo. 

 Bruto guardava profondamente il padre come mai aveva fatto prima, chiuse gli occhi. Poi, con un gesto deciso, tirò fuori un pugnale. Tutti i presenti si accalcarono su di lui, ognuno con un pugnale in mano. Spaventato, Cesare tentò la fuga, ma tutti gli stavano alle calcagna. Si rassegnò all'idea di morire sotto quelle coltellate, rivolgendo un'ultima frase all'amato figlio.

<< Tu quoque, Brute, fili mi! >>

Ventitré pugnalate lo trafissero, Giulio Cesare, il grande imperatore romano, cadde sotto quei colpi. Le vesti che poco prima erano state sporcate dalla polvere, furono insanguinate. Rivoli di sangue color rubino scorrevano lungo il torace, le gambe e il ventre. 

  Ferito a morte da suo figlio e da chi lo aveva sempre appoggiato, Giulio Cesare portò via con sé i suoi onori e la pace che per anni aveva vissuto a Roma. 

 
  
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