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Autore: hilaryssj    22/03/2008    0 recensioni
Re-maik della storia di Linsday. Nihal e Sennar sono ritornati nel Mondo Emerso con la loro figlia, Lorelyne. Il sacrificio di Sheireen non è bastato, le otto Terre sono ancora in pericolo. Non toccherà a Nihal salvarlo questa volta...
Genere: Romantico, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La giovane Rory

 

“Mamma!” esclamai con un’ilarità che da tempo non mi capitava di esprimere.
“Mamma sei qui!” urlai correndole incontro. Mi trovavo in un vasto campo incoltivato e colpito da una violenta siccità a giudicare dalla steppa secca di un colore giallastro che mi graffiava le caviglie mentre correvo.

Vidi mia madre planare a una decina di metri da me in groppa al suo fedele compagno di battaglia, il leggendario drago verde Oarf.
Smontò dal suo dorso stranamente non sellato e mi avvolse nel suo caldo abbraccio quando mi lasciai cadere addosso a lei.
Mi accarezzò la testa in una maniera che quasi mi ero scordata e mi sussurrò dolcemente: “Sono felice di rivederti, bimba mia.”
Alzai la testa ad incrociare il suo sguardo e sussultai quando vidi i suoi occhi farsi rossi e diabolici.
Mi spinse indietro facendomi incespicare a terra e sfoderò la sua spada di cristallo nero facendola brillare alla luce della Luna. Tremante, vidi il mio riflesso sulla punta della lama e cercai di dire qualcosa. Non tentai di scappare perché non ne avevo la minima forza… o forse perché ero bloccata da qualcosa che non riuscivo a vedere.
Dietro di lei comparve mio padre che mi sorrise ed appoggiò una mano sulla spalla di mia madre obbligandola ad abbassare la spada.
“E’ nostra figlia, Nihal.” Le disse e si avvicinò a me.
Accovacciandosi, mi prese il viso tra le mani e mi sorpresi quando le sentii viscide e fredde come marmo. Ne toccai una e scoprii che erano macchiate di sangue. Cercai di liberarmi ma la stretta era ferrea. Sapevo di avere paura, tuttavia non lo percepivo. Le labbra di mio padre si mossero, ma la voce non era sua: “Lorelyne? Lorelyne!”…

 

La luce accecante del Sole mi fece spalancare le palpebre e dovetti sbatterle più volte per mettere a fuoco la visuale.
“Lorelyne! Oh, sei sveglia finalmente…” vidi mia zia muoversi velocemente da una parte della stanza all’altra con la sua lunga veste di velluto verde scuro che ondeggiava graziosamente in ogni suo ancheggio.
Mi strofinai gli occhi e mi puntellai sui gomiti per seguirla con lo sguardo fino al mio armadio di quercia.
“Che ore sono?” mugugnai con la voce impastata. Zia Soana gettò sul letto un mio vestito sul bordo del letto e si recò alla porta con quel suo portamento da nobildonna e mi fulminò con un’occhiataccia che non mi piacque per niente.
“E’ tardi! L’alba è già passata da un pezzo e dobbiamo ancora finire di preparare gli ingredienti per quella pozione. Sbrigati a vestirti e raggiungimi nell’ala ovest del palazzo. Farai colazione lì mentre riprendiamo da dove avevamo interrotto l’ultima volta.” Dal modo in cui lo disse sembrava parecchio irritata. Era meglio non ribattere.
“Arrivo subito, zia.” Dissi mentre la porta della mia camera sbatteva.
Mi lasciai ricadere sul letto con un sonoro sbuffo. Il cuore mi batteva ancora a mille e avevo la fronte imperlata di sudore. Non era la prima volta che facevo quel sogno ed ero quasi certa che non sarebbe stata l’ultima.
Oh, bè. Non me ne importava più di tanto a partire dal fatto che non vedevo i miei genitori dal mio tredicesimo compleanno. Il mese prossimo compirò sedici anni e come di consuetudine riceverò una lettera strappalacrime che proviene dal fronte, dove mia madre combatteva in prima fila e mio padre crea incantesii sulle spade per renderle più efficaci.
Non potevo nemmeno sperare di rivederli il 23 Marzo… nemmeno per me. In quel momento ci separavano ben due Terre. Il loro accampamento era nella Terra delle Rocce e stanavano tutta la guerriglia nemica, mentre io avevo l’incarico di fare la brava bambina nella Terra del Sole sotto la tutela di mia zia Soana.
 

Che schifo di vita!


L’unica cosa positiva in tutto questo era il mio migliore amico, nonché mio nonno.
D’accordo… non è il mio vero nonno, ma adoro poterlo chiamare così. E’ il Supremo Generale dell’Ordine dei Cavalieri di Drago ed io risiedo all’Accademia con lui.
Roteai gli occhi e mi misi in piedi di scatto. Negli anni avevo imparato ad evitare qualsiasi tipo di comportamento potesse far irritare la zia. Il ritardo era tra quelli.
Semplicemente inutile per una come me.
Mi avvicinai al lavabo e mi strofinai la faccia con vigore. Lo specchio appeso al muro rifletteva la mia immagine: i capelli lunghi e biondi ricadevano scompigliati lungo la schiena e i miei occhi color ametista erano di un rossore pari ad una ragazza reduce dal pianto.
Sbuffai.
Presi quello stupido vestito poggiato sul letto e me lo rigirai tra le mani. Odiavo indossare quelle vesti lunghe, elaborate ed altamente ingombranti. Zia Soana mi aveva fatto un corredo con quella roba.
A parte quei vestiti da gran signora, quale non ero, tenevo ben nascosta sul fondo del mio baule di mogano l’armatura identica a quella di mia madre che mi aveva regalato in segreto il mio caro nonno Ido. Scrollai le spalle e mi sfilai la camicia da notte per cercare di farmi entrare quel vestito di velluto blu con tanto di pizzo sui manicotti e una sottoveste di flanella. Non mettevo mai il corsetto perché faticavo a respirare con quel vestito di tortura, anche se il florido seno iniziava a darmi dei problemi mentre mi muovevo.
Impiegai un paio di minuti per legarmi tutti i laccetti che tenevano uniti quel vestiario, ma alla fine l’avevo sempre vinta io. Ovviamente.
Uscii dalla mia camera dopo essermi legata i capelli in un alta coda di cavallo con un nastrino nero e diedi due mandata alla serratura prima di far scivolare la chiave nella guaina di cuoio che tenevo quasi sempre legata alla caviglia. Altro regalo di nonno Ido.
I piani alti dell’Accademia, strano ma vero, erano tutti agghindati con drappeggi alle pareti ed eleganti rifinimenti dorati che cerchiavano le finestre, statue di grandi eroi o dei generali caduti in battaglia, deliziose piantine di qualche fiore di cui non ricordavo il nome e ampie porte principali intagliate da grandi artisti. Gli appartamenti miei e di altre persone di alta carica alloggiavano nell’ala est del palazzo, mentre la vita vera e propria dell’Accademia si svolgeva nelle ale nord e sud. Le sale delle strategie, delle riunioni e altro nell’ala Ovest.
Mentre svoltavo un corridoio mi imbattei in uno dei maestri per il combattimento corpo a corpo dell’Accademia. Lo conosceva da quando sono nata, ma la sua presenza non mi piaceva per niente, in ogni situazione. Saranno i suoi quasi due metri di altezza e la sua faccia squadrata…
“Buongiorno, signorina Lorelyne.” Disse in un inchino molto succinto. Un punto a sua favore.
“Buongiorno, Faramirh. Vi prego si smetterla con gli inchini. Non sono la figlia del re.” Gli dei solo sanno quante volte ripetei quella frase nei miei stressanti sedici anni.
“Me lo rammentate ogni qualvolta le nostre strade si incrociano.” Si issò nuovamente in tutta la sua statura e mi sorrise affabile.
“E ogni singola volta questa discussione si ripete…” gli sorrisi a mia volta.
Forse non mi andava a genio solo perché era nettamente più alto di me e la sua corporatura era pari a tre volte la mia. In fondo era un brav’ uomo.
“Perdonatemi se il mio gesto vi offende, ma sapete quali sono gli ordini del Supremo Generale…”
“Li conosco i suoi ordini, ma almeno senza testimoni vi pregherei di trattarmi come una qualsiasi recluta. Detesto i convenevoli.” In certi casi sono molto esplicita. Tenessi chiusa la mia boccaccia una volta tanto…
“Signorina” sospirò, come fosse stufo di ripetermelo… non gli diedi torto “Lei non è e non sarà mai una recluta di quest’Accademia. Cerchi di non obbligarmi a ricordarglielo ogni volta.”
Come non detto.
“Un giorno forse lo ricorderò, Faramirh. Ora devo correre da mia zia, altrimenti mi servirà davvero una spada per difendermi. Buona giornata.”
Sparii oltre una porta laterale prima che lui potesse rispondere, come da protocollo.
A parte tutto, stavo letteralmente volando verso la sala dove Soana mi stava aspettando. Era tardissimo.
Tenevo la veste alzata alle caviglie per non inciampare e i tacchetti delle scarpe rimbombavano attraverso i muri. Scambiai altri “Buongiorno” senza fermarmi e badare agli inchini.
Sorpassai mio nonno che stava uscendo dal suo studio e, prima che potesse urlarmi di non correre, tornai velocemente indietro e lo baciai sulla guancia barbuta.
Gli sussurrai: “Mia zia mi prenderà a colpi di scure!” e, strappandogli un sorriso mi fiondai nella sala adiacente dove Soana era comodamente seduta sulla sedia davanti a un tavolo apparecchiato della mia colazione. Composta, batteva nervosamente le dita sulla tovaglia.
“Lorelyne, ti è troppo difficile essere puntuale di tanto in tanto?” mi chiese spazientita.
“Scusa, zia. Non accadrà più.” A volte so essere davvero sincera. Per finta, ovvio.
“Certo. Lo dissi anche ieri. E il giorno prima.”
Non con mia zia, comunque.
“Perdonami.” Dissi dispiaciuta.
Con un gesto stizzito mi ordinò di sedermi a tavola per finire la colazione.
Mangiai pane e marmellata di fragole. La miglior marmellata di tutto il Mondo Emerso. Ammetto che il cuoco dell’Accademia è il primo in assoluto in fatto di cibi elaborati. Peccato per gli allievi ai piani bassi che non ne possono usufruire…
“Oggi dovrai imparare un’incantesimo sulla botanica. Ricordati di concentrare i tuoi poteri sulla natura prima di formularlo.” Mi disse ad un tratto zia Soana.
Posai il coltello nel piatto e alzai lo sguardo.
“Dovrò? Intendi da sola?”
Mi prese il panico. Normalmente non ho paura di niente. Tranne quando si tratta di usare la magia…
“Io oggi ho da fare. Ti assisterà il Consigliere della Terra dell’Acqua.”
No… no… odiavo quando Soana mi scaricava a quella ninfa dall’aria angelica. Non è mai tutto come sembra.
“Ma… ma io…” tentai di controbattere. Inutile.
“Niente storie, Lorelyne. Il mio è un affare urgente e di massima segretezza.”
Iniziava a farsi interessante.
La mia espressione compassionevole si dissolse.
“Davvero? E dove devi andare?” chiesi immaginandomi rifugi segreti e nemici alle calcagna.
“Non posso riferire niente, Lorelyne.” Rispose alzandosi dalla sedia e avviandosi alla porta.
Quel giorno spariva in continuazione.
“E la nostra pozione?” domandai.
“La finiremo un altro giorno. Parto adesso e tornerò tra qualche giorno.”
Stava succedendo tutto troppo in fretta. Per dirla semplicemente: mi intrigava.
“Saveria sarà qui tra mezz’ora. Portale rispetto. A presto, Lorelyne.” E chiuse la porta dietro di sé.

In pochi minuti il mio cervello stava macchinando ogni possibile motivo per cui Soana aveva dovuto lasciare così l’Accademia. E anche un modo di sfuggire a Saveria, la ninfa, nonché mia tutrice per pochi giorni.
Uscii dalla sala e tornai in camera mia senza incappare in nessuno. A quell’ora erano tutti nell’arena. E ci sarei andata che io.
Potevo perdermi gli allenamenti degli allievi con la libertà in corpo? No, di certo.
Mi tolsi alla veloce la veste ingombrante e m’infilai corpetto e calzoni rivestiti di catenelle di ferro per proteggere dai colpi nei punti fatali.
Sistemai meglio la coda di cavallo e mi fiondai di corsa nell’ala nord. Feci attenzione a non farmi notare dalle guardie per evitare di essere riportata nello studio con quella meva angelica.
Che aspettasse pure. Io volevo combattere!
Arrivai davanti al grande portone di ferro battuto e mi apprestai a superare l’ultimo ostacolo.
Le due sentinelle alla porta erano degli allievi con una certa esperienza e ormai mi conoscevano abbastanza per non cascare nei miei tranelli.
“Buongiorno, signorina Lorelyne.” Dissero entrambi chinandosi in ginocchio davanti al mio cospetto.
Sbuffai.
“Jasper, Thesan… ci conosciamo da anni. Quante volte dovrò ancora riprendervi per questi maledetti inchini e per il mio nome?” imprecai a bassa voce.
Insieme si tirarono su e Jasper, il ragazzone con i capelli color pece, mi rispose: “Molte ancora, temo. Non vogliamo passare guai.”
“Ho capito.” Roteai gli occhi, esasperata “Con voi è solo fiato sprecato.” E avanzai di qualche passo prima di bloccarmi davanti alla punta della lancia che entrambi mi puntavano contro.
“Mi perdoni, Lorelyne. Ordini da eseguire.”
Sospirai. Avevo esaurito tutti i trucchi per sviare quei due. Non restava che una cosa da fare…
Sguainai i due pugnali dalle fondine che avevo agli avambracci e li roteai davanti a loro.
“Non voglio ferirvi, ragazzi. Fatevi da parte.” Adoravo mettere in pratica gli insegnamenti di nonno Ido.
I due si guardarono e scoppiarono in una risata sommessa.
“Vi preoccupate tanto di non mancarmi di rispetto. Questa per me è un offesa bella e buona.” Dissi con finto risentimento.
Il loro divertimento si spense all’improvviso.
“Perdonate la nostra insolenza. La prego, non ci costringa a riportarla nei suoi alloggi con la forza.” Mi pregò Jasper.
Scossi la testa e lo imbeccai con il mio pugnale. Velocemente e con movimento di polso, come mi disse Ido qualche anno prima.
La lancia gli volò via dalle mani in pochi secondi. Quindi toccò all’altro.
Fu talmente facile che mi dovetti ricredere su certe preparazioni riguardo la prestigiosa Accademia.
Disarmati, entrambi non sapevano che fare. Thesan era tentato dallo sguainare la spada, ma Jasper fece cenno di no. Difficile pensare con un pugnale puntato contro.
“Allora… mi fate passare o devo essere più chiara?”
Jasper aprì il portone con sguardo collerico. Probabilmente si stava chiedendo dove avessi imparato l’arte della difesa. Ero l’unica ad aver ricevuto l’addestramento interamente dedicato alla lotta e
strategia dal Supremo Generale in persona. Certe fortune non le possono avere tutti.
Balzai felicemente sulla prima tribuna per non intralciare gli addestramenti degli allievi e corsi fino a raggiungere il gruppo sotto gli insegnamenti di Rowel.
Era uno dei maestri più anziani dell’Accademia, secco di corporatura e quasi calvo per l’età, ma sempre in ottima forma. Dopo nonno Ido, era la persona con cui adoravo passare più il tempo nell’arena.
Stava in piedi con la spada in mano accerchiato da una decina di ragazzi di qualche anno più grandi di me e sicuramente più robusti. Spiegava le tecniche di attacco.
Aveva una voce talmente fluida e scorrevole che quasi mi dispiaque interromperlo.
“Buongiorno, Rowel!” esclamai gaia. Solo nell’arena avevo quell’euforia sporadica.
“Oh, buongiorno, Rory!” ecco perché lo adoravo. Era uno dei pochi in quell’edificio che mi capiva perfettamente.
A cominciare dagli inchini e dal nome.
Saltai dalla gradinata e mi ritrovai al suo fianco.
“Niente studio, oggi?” mi chiese, sorpreso.
“Ehm… diciamo che è un caso fortuito che non andava sprecato.” Lo rimbeccai.
“Niente permesso?” mi sussurrò, divertito.
“Meglio che nessuno mi noti.”
Mi fece l’occhiolino e riprese la spiegazione.
“Dunque… come stavo dicendo, la miglior tecnica di attacco non è basata sulla forza, bensì sulla strategia che ogni caso richiede. I vostri avversari hanno pregi e difetti differenti. Voi dovete ricavarne i difetti e piegarli al vostro favore.” Concluse.
“Ora vi daremo una piccola dimostrazione” disse e mi lanciò una spada che afferrai al volo per stringere forte l’elsa e sentire l’adrenalina fluirmi nel corpo come migliaia di formiche.
“Rory…” mi salutò con un inchino che ricambiai da protocollo di battaglia.
Incrociammo le lame in uno stridio sordo e il nostro piccolo spettacolo iniziò.
Indietreggiai da subito mentre mi incalzava con fervore dall’alto in basso. Odiavo ammetterlo, ma non ero ancora in grado di batterlo. Nella difesa me la cavavo egregiamente, nell’attacco un po’ meno. Dettagli.
Tentavo di tenere coperto il fianco dove mirava più sovente e, allo stesso tempo, progettavo un affondo nel punto più libero. Mi irritava il fatto che, mentre sudavo per non dargli spazio e riprendevo fiato ad ogni parata, lui continuava tranquillamente la spiegazione con i suoi allievi.
Aveva tentato due volte di disarmarmi, ma una delle cose di cui vanto è la presa salda sulla spada. Vidi un punto che lasciò scoperto all’altezza del petto e già mi pregustavo la vittoria. Parai un suo fendente e mirai alla base.
“Rory!” mi chiamò una voce rauca che fece zittire tutta l’arena. Io e Rowel bloccammo le spade interrompendo il combattimento.
Mi voltai timorosa. L’unica persona che adoravo e che m’intimoriva allo stesso tempo si stagliò davanti a me in tutta la sua bassa statura.
“Rory” sospirò con un tono che mi pare esausto. “Saveria ti sta cercando da un pezzo. Che ti è saltato in mente, si può sapere?”
Rare volte vedevo mio nonno con quell’espressione irritata a causa mia. Quando avveniva preferivo non essere nei paraggi.
“Volevo solo divertirmi un po’.” Cercai di scagionarmi.
Ido si passò una mano nei folti capelli riccioluti e mi rispose a tono: “Sai bene cosa penso di questa faccenda. Te l’ho spiegato mille volte. Non devi assolutamente entrare nell’arena senza il mio permesso o la mia presenza. Non voglio ripeterlo, intesi?”
Per qualche strana ragione non mi sembrava arrabbiato solo per avermi scoperto a fare qualcosa che mi aveva proibito. Sembrava reduce da qualche furiosa litigata.
“…Ma mi piace combattere contro i ragazzi! Non sono più una bambina, nonno. Qui non mi può succedere niente.” Gli risposi per giustificarmi.
“Non è questa la questione! Bambina o no, devi attenerti ai miei ordini. Devi studiare, oggi. Quando avrai finito le lezioni, potrei insegnarti qualcosa se avrò tempo.”
“Tu non hai mai tempo! E cosa pensi che debba fare tutto il giorno rinchiusa qui? Perché non posso venire qui e divertirmi un po’? Cosa c’è di sbagliato?” urlai agitando la spada come per sfogarmi con quella.
“Niente storie, Lorelyne! Và da Saveria e non crearle problemi. Hai già creato parecchio scompiglio qui.” Mi disse con un tono che non ammetteva altre repliche.
Era sempre un cattivo segno quando mi chiamava con il nome per intero. Sempre.
Mi girai e vidi tutti gli allievi e i maestri che mi fissavano come si fissa una bambina quando ha combinato qualche marachella.
Imbarazzata al massimo, conficcai con rabbia la spada nel terriccio e oltrepassai il portone per rientrare nel palazzo scortata da Ido.
Uscendo, lo sentii sussurrare a Rowel: “Dopo la lezione ti voglio nel mio studio per una chiacchierata.”
Per quello mi sentii tremendamente in colpa. Mi strinsi nelle spalle e lasciai che Jasper e Thesan richiudessero l’ingresso principale dietro di noi.
“Chi di voi l’ha lasciata entrare?” domandò Ido ai due ragazzi.
“Non ci ha lasciato altra scelta, Generale. Ci ha minacciato con due pugnali.” Rispose Jasper deglutendo.
“E secondo voi per quale motivo vi ho posto davanti al cancello? Siete guardie e come tali dovreste comportarvi.”
“Ma… Generale, non potevamo di certo ferirla con le lance! E’ solo una ragazzina!”
“Non importa cosa sia. Nessuno deve varcare quella soglia… l’ordine vale per tutti! Lorelyne compresa.” Dichiarò mio nonno chiudendo la faccenda.
“Nonno, non prendertela con loro… è stata colpa mia, sul serio.” Tentai di appianare la situazione. Per quanto rompiscatole, Jasper e Thesan non meritavano di finire puniti per colpa mia.
“Tu stanne fuori!” mi ammonì Ido vacendomi desiderare di mordermi la lingua ogni tanto.

Camminammo fino all’entrata del suo studio, in silenzio. Davanti alla porta ornata si girò verso di me con una mano sulla maniglia.
“Lorelyne, sia chiaro che non ti voglio più veder disubbidire ai miei ordini d’ora in poi. E’ un periodo difficile e il pericolo è dappertutto. L’unica cosa che mi serve ancora è doverti rincorrere per tutta l’Accademia.”
Badai bene a starmene zitta. Non usava mai il mio vero nome se non per questioni veramente serie. Non era la prima volta che mi scovava nell’arena senza il suo permesso, ma quella volta era diverso.
“E’ l’ultima volta che te lo rammento, signorina. La prossima volta mi vedrò costretto a rinchiuderti in camera con due guardie alla porta. Mi hai capito?”
Annuii tenendo la testa china.
“Bene. Ora togliti quell’armatura e raggiungi Saveria.” Mi congedò con un cenno della mano.
Mi voltai per tornare alla mia stanza. Se non fosse stato impossibile avrei detto che stentavo a reprimere le lacrima. Non mi aveva mai trattata in quel modo. Mai in sedici anni.
Era molto strano. 

Dopo aver riposto l’armatura nel baule e aver reindossato la lunga veste blu scuro ripercorsi i corridoi per arrivare alla sala dove poco prima Soana mi aveva informata della sua segreta partenza.
Dalle finestre il Sole spiccava alto nel cielo in una giornata davvero insolitamente tiepida per l’inverno in cui eravamo immersi. Era un vero peccato non poter uscire da quell’edificio. Mi sarei persa le giornate più belle. Tuttavia, dopo anni di reclusione sorvegliata nell’Accademia me n’ero fatta una ragione.
Comunque sia non sarei uscita comunque quel giorno, se solo avessi potuto. Ero ancora assorta dai miei pensieri, smorzati solo dai miei passi felpati sul tappeto. Avevo davvero fatto qualcosa di così terribile da farmi riprendere in quel modo da nonno Ido? Eppure ne avevo combinate di peggiori…

 “Come sarebbe a dire che non è certo? Che razza di spie sono se non sanno ricavare un ragno dal buco?”

 Mi bloccai a pochi metri dalla soglia dello studio di Ido. Era la sua voce e pareva molto adirata.

 "Hanno fatto il possibile, Ido. Io e gli altri membri del Consiglio delle Acque non abbiamo potuto chiedere loro di più.”

 Sentii una seconda voce, più fine e dolce. Quella di una ninfa antica.

 “Non capisci, Theris. Ne va della salvezza del Mondo Emerso! Da quando Dohor è diventato re della Terra del Sole e Sulana è morta ci sono stati parecchi omicidi in zona…”

 Theris, pensai. Era un Consigliere. Rappresentante della Terra dell’Acqua, se non andavo errata.

 “Temi un colpo di stato, Ido?” sentii domandare la ninfa.
“Si, Theris. Non mi fido di Dohor. E che gli dei mi fulminassero se non ebbi la stessa sensazione di lui quando fu mio allievo all’Accademia. Da re ha potere… da Supremo Generale avrebbe carta bianca su tutto ciò che fin’ora è stato scoperto. Per non parlare della Gilda. I contatti non gli mancano, stanne pur certa!”
“Non abbiamo prove sui suoi complotti, Ido. Se qualcuno ci sentisse parlare in questo modo del re verremo giustiziati all’istante, ne sei consapevole.”
“Sta’ pur certa, Theris, che le prove non mancheranno quando lo smaschereremo di fronte a tutta la contea.”

Udii un tonfo e poi più nulla. Non avevo tempo di pensare. Se mio nonno mi avesse scovato ad origliare in quel momento, mi avrebbe rinchiuso nei sotterranei!
Corsi per due corridoi prima di arrestarmi appoggiandomi ansimante al muro di pietra.
Così… Dohor progettava un colpo di stato contro nonno Ido. Motivi validi?
Ero nettamente sconvolta da ciò che avevo sentito. Per spodestare un Supremo Generale ci volevano delle prove davvero cangianti e, secondo la legge, la pena era pari all’esilio o… deglutii. La morte.
Il mio corpo fu scosso da tremiti. Non sapevo se essere terrorizzata o arrabbiata. Optai per la seconda.
Ero stanca di essere tenuta all’oscuro di tutto. Stanca di essere considerata come una bambina. Stanca di essere rinchiusa e protetta.
Varcai la soglia della sala dove studiavo solitamente e Saveria già mi attendeva, bellissima e fredda come al solito, davanti ad un libro aperto di erbologia.
Mi sedetti accanto a lei e iniziammo la lezione senza interruzioni e senza domande. Alla faccenda di Dohor ci avrei pensato quel pomeriggio.

Continua...!?!

Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita a postare... con un giorno di ritardo, ma sono dettagli.

Solitamente sono come la mia sveglia... sfasata di 24 ore. XD

Comunque, da parte mia e di Linsday vi ringraziamo per aver votato il continuo! ^^

Spero di essere all'altezza del mio compito...

Vi è piaciuto questo capitolo? (Linsday dice di sì... ma nn mi fido molto eheh^^)

Recensite e fatemi sapere! Thank...

Ps: Aggiornerò presto il 5° cap^^

Kisskiss --- Hilaryssj ---

  
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