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Autore: FairySweet    17/09/2013    0 recensioni
Aveva fatto una scelta, forse una scelta egoista e insensata ... già, perché per avere quel sogno sarebbe morta ma infondo, che importanza aveva? Non era per lei che lo stava facendo, non era lei che avrebbe vissuto assieme a quella tenera e dolcissima vita ... Era davvero tanto brutto desiderare che lui non restasse da solo? ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Karev, Cristina Yang, Derek Sheperd, Meredith Grey, Owen Hunt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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                                                      Non lasciarla Andare






Aveva fatto di tutto per tardare, per non rientrare a casa troppo presto ma diavolo poteva fare alle sei meno dieci della vigila di Natale?. Posò le chiavi sulla mensola cercando di fare meno rumore possibile.
Un passo, un altro ancora fino al divano, fino a quell’angelo addormentato avvolto da una dolcissima coperta rossa e oro.
Era bella, era così dannatamente bella da cancellare di colpo ogni stupida sensazione, ogni briciolo di razionalità.
Forse era colpa del cervello troppo stanco e sfinito per formulare pensieri diversi o forse, la colpa era di quel piccolo umano che cresceva velocemente in lei.
Si passò una mano in viso sospirando, trattenendo le lacrime incatenandole per l’ennesima volta dietro ad un muro di ghiaccio.
Avere quel figlio significava perdere lei e non averlo significava massacrare una donna meravigliosa già distrutta da una vita ingiusta.
Si sedette lentamente sul tavolino di legno scuro senza staccare gli occhi da lei, da quell’espressione tenera e rilassata e poi il braccio dolcemente avvolto attorno al ventre.
Lo faceva sempre, ogni volta che si addormentava portava il braccio attorno alla vita quasi come a volersi proteggere da qualcosa, qualcuno ma ora, quel gesto semplice e divertente cambiava di colpo trasformandosi in qualcosa di più importante.
Già, perché dentro a quel corpo perfetto dormiva al sicuro qualcuno che di colpe non ne aveva.
Per quanto si sforzasse, per quanto provasse ad immaginare quel bambino, il suo viso, il suo sorriso, un solo pensiero gli massacrava l’anima spingendo lontano tutto quello che di buono lei gli regalava.
“Perché mi spii mentre dormo?” trasalì riportato alla realtà dalla voce della ragazza “Scusami ... non volevo svegliarti, stavo solo ...” “Pensavo non tornassi” si stiracchiò divertita aprendo dolcemente gli occhi “Almeno, non prima di qualche giorno” “Non è divertente” “Che ore sono?” si voltò lentamente verso l’orologio ma non riusciva nemmeno a vederne i numeri e forse, farla scappare da quel divano era l’ultima cosa che desiderava “È ... è ancora presto” “E su quale base lo dici?” domandò ironica giocherellando con i capelli “Speri che per osmosi i numeri entrino nei tuoi pensieri?” “Spero solo che tu stia qui tranquilla ancora un po’” “Ho dei pazienti” “No” mormorò sfinito “Non devi controllare nessuno, c’è Russell di guardia, tu resti qui a riposare” “Owen?” la fissò confuso da quel tono a metà tra lo sconforto e l’ironia “Spostati o ti vomito addosso” “Ma che ...” non gli diede nemmeno il tempo di rispondere.
Si alzò di scatto correndo verso il bagno “Cavolo” mormorò tremante inginocchiandosi accanto a lei “Cristina stai ...” “Sto vomitando?” sollevò il viso dal gabinetto cercando di respirare “Già, lo faccio più o meno ogni mattina a quest’ora” “È normale?” “Oddio che schifo” tornò a nascondere il viso lasciando che i suoi occhi cercassero ovunque una stupida scusa per toccarla “Vuoi qualcosa? Posso prepararti del tè o del caffè se ...” “No” si aggrappò con forza a lui alzandosi lentamente in piedi “Ok, ok ci sono” “Sicura?” domandò preoccupato scostandole dagli occhi i capelli ma lei sorrise inspirando a fondo “Si, si va tutto bene” le mani caddero dolcemente nel vuoto costringendola ad allontanarsi da lui.
Il ticchettio leggero dell’orologio accompagnava i gesti lenti, delicati di una ragazza nuova che si divertiva a preparare il caffè  come se niente fosse, come se quelle nausee violente non fossero mai esistite.
“Allora? Ne vuoi ancora un po’  o ...” “Cristina” sollevò gli occhi dal caffè incontrando il suo sorriso “Io non .. non so che devo fare” “Non sai se ti va altro caffè?” domandò divertita ma il suo sguardo la costrinse a paralizzare ogni altro pensiero “Non so cosa fare” “Puoi restare qui” “Ma che ...” “Resta semplicemente qui con me” sospirò passandosi una mano tra i capelli “Non puoi cambiare le cose e non puoi evitarmi nausee e giramenti di testa però ...” gli posò davanti una coppa di fragole pulite e profumate “ ... puoi restare qui e fare colazione con me, ho trovato le fragole a Natale, questo merita un festeggiamento no?” “Cristina ...” “Chissà se piaceranno anche a lui, beh, avremo tempo per scoprirlo” “Quanto?” sbottò gelido piantando gli occhi nei suoi “Un anno? Qualche mese?” “È davvero così importante?” “Morirai!” urlò lanciando all’aria la coppa di vetro, Cristina trasalì schiacciandosi con forza contro l’acciaio gelido del frigo “Morirai! Morirai per darmi questa cosa!” “È mio figlio!” trattenne il fiato mentre quelle parole urlate all’improvviso lo costringevano a trattenere ogni altra emozione “È mio figlio! È tuo figlio e non ti chiedo scusa per aver deciso di tenerlo chiaro?” un passo verso di lui, un altro ancora fino al ripiano fresco del bancone “Non cambierò idea, non lo farò adesso, domani o tra due giorni! Non lo avvelenerò per te perché se anche lo facessi, se anche provassi a lottare ...” si portò una mano alle labbra ricacciando indietro un tremito violento “ ... morirei! Morirei comunque Owen e non voglio che tu sia solo! Non voglio andare via trascinando con me anche il tuo sorriso quindi smettila di urlare! Smettila di comportarti come se tutto questo non fosse importante” “Cristina ...” “Sono adulta e in grado di scegliere! Ho scelto questo bambino ... ho scelto te e tutto quello che fai è ...  è solo ...” si avvicinò a lei sfiorandole il viso “ Stai bene?” “Promettimi che non te la prenderai con lui” “Sei impazzita?” ma la mano della ragazza si strinse con forza attorno alla sua “Promettimi che non lo lascerai solo, che ti prenderai cura di lui e che non lo incolperai per ...” “Ehi” la strinse con forza impedendole di cadere “Cristina?” respirava a fatica, non era nemmeno certo di continuare a pensare, aveva tra le braccia una ragazza sfinita, distrutta dalla sua rabbia, dalle sue paure.
Una ragazza svenuta che ora, sembrava più fragile che mai “No ehi ... andiamo amore guardami” la sollevò da terra sorridendo mentre quegli occhi scuri e profondi tornavano a concentrarsi lentamente su di lui “Così, brava, ehi ... ciao” continuava a sfiorarla, a stringerla cercando di trovare una sola stupida spiegazione a quella dannata situazione “Cosa ... tu non ...” “Sei svenuta” la strinse più forte sedendosi sul divano “Come ti senti? È passato?” annuì debolmente posando la testa sul suo petto “Sei sicura?” “Sto  ... è solo ...” “Andiamo in ospedale e facciamo un controllo per ...” “Sto bene Owen” “Mi sei appena svenuta tra le braccia!” ma lei sorrise alzandosi dolcemente “Smettila di preoccuparti, sono solo un po’ stanca ma non è niente di grave” “Cristina aspetta!” ma si era già rifugiata in bagno, lontana da lui, lontana da ogni sua stupida cattiveria.
 
 
“Gli hai parlato?” annuì debolmente stringendo più forte il frullato tra le mani “E?” “E se la prenderà con lui” “Cosa?” “Se la prenderà con lui Meredith, è così arrabbiato da ...” “Ehi” sollevò lo sguardo incontrando due occhi di cielo pieni di dolcezza “Me ne occuperò io d’accordo?” “Meredith ...” “Mi prenderò cura di lui o lei, lo farò. Se lui non avrà voglia di farlo mi occuperò di lui” Zola ridacchiò divertita giocando con una pallina colorata appena caduta dall’albero “Non voglio che sia un tuo problema” “Stai scherzando?” domandò stupita “Sei la mia persona, mi prenderò cura del tuo bambino se lui non vorrà” annuì appena lasciando uscire ogni dannata preoccupazione dal cervello “Sono una stupida vero?” “No” “Come posso ... in fondo non sarò io a crescerlo, non sarà un mio ...” “Lo porterai dentro nove mesi Cristina. In qualche modo resterà inchiodato ogni minuto di ogni ora nei tuoi pensieri” “Non si ricorderà nemmeno la mia voce” mormorò sfinita stringendosi nelle spalle “Quando succederà sarà così piccolo da non ricordare niente. Forse è un bene insomma, se non può capire cosa succede non soffrirà vero?” Meredith annuì appena sorseggiando il caffè “Non ci capisco più niente” “Tu vuoi questo bambino?” “Voglio che Owen non sia solo. Voglio avere la certezza di andare via lasciandolo con qualcuno che lo amerà per tutta la vita” “Allora non è una sciocchezza” la voce leggermente rotta dall’emozione “Sei la mia persona, perderti è l’unica cosa di cui ho paura. Ho perso Lexie e ora tu ...” ma ricacciò indietro i singhiozzi colorando le labbra di sorrisi “ ... hai scelto qualcosa di meraviglioso Cristina, non è una cosa orribile” “Hai passato tre giorni ad urlare, a cercare di farmi cambiare idea” “E ha funzionato?” chiuse gli occhi reclinando leggermente la testa all’indietro “Hai scelto Owen e si, non mi va a genio questa cosa ma sei innamorata di lui e io sono la tua persona, è compito mio starti vicino. Sono qui Cristina ...” strinse dolcemente la mano attorno alla sua scatenando un leggerissimo sorriso “ ... sono qui per te qualunque cosa tu decida” “Staccherai la spina vero?” sospirò concentrandosi sui suoi occhi “Quando non sarò più in grado di riconoscere mio figlio, quando non riuscirò più a concentrarmi su Owen o sul suo sorriso o ... tu staccherai la spina vero?” un debole si colorò l’aria incatenando quella promessa ad entrambe “D’accordo” mormorò tremante “D’accordo ... va bene, posso sopportarlo” “Se diventerà violento o cattivo ti trascino via di qui alla velocità della luce chiaro?” il rumore secco della porta le costrinse a sussultare “Ehi” “Ciao” “Vi ho interrotto?” Meredith sorrise scuotendo dolcemente la testa “Sono stato al supermercato all’angolo ...” posò sul piano scuro due buste di carta sorridendo “ ... non aveva le fragole così, sono andato in quel centro mercato enorme sulla ventiquattresima e un commesso simpatico e sciocco mi ha mandato da Grispy” sfilò dalla busta due cestini di fragole “Ho girato mezza città per trovartele” annuì debolmente voltandosi di nuovo verso l’amica.
Non era difficile capire cosa diavolo stesse succedendo, era lì dentro da qualche ora e riusciva a toccare la tensione, la vedeva dipinta nel viso della sua persona, preoccupata, impaurita, lontano da quel ricordo che custodiva gelosamente e poi c’era Owen, lui e quella sua dannata voglia di lottare per lei che al momento, non riusciva nemmeno a respirare.
Zola si aggrappò alle sue gambe alzandosi “Pallina!” “È bella Zozo” ridacchiò divertita sfiorandole il viso “Zia, bella pallina!” Meredith annuì appena allungando verso di lei un bavaglino pulito “Ti sta sbavando addosso” “Oh ... beh, non è un problema” il cercapersone sul tavolo vibrò violentemente catturando l’attenzione di entrambe “Un’emergenza” “Non sei di turno” mormorò confuso Owen voltandosi verso di lei, tra le mani reggeva una scatola di cereali e un pacco di biscotti al cioccolato, gli unici che ormai lei mangiava “Il dottor Russell ...” “No” esclamò passando Zola alla ragazza “Il dottor Russell è andato in vacanza con la famiglia. Sono l’unico cardiochirurgo di turno per qualche giorno” “Dovresti riposare!” “Sono incinta non malata!” Meredith sorrise sfilando le chiavi della macchina “Andiamo, ti accompagno io” pochi secondi per vederla cambiare di nuovo, trasformata in qualcosa di diverso e strano, così lontana da lui da farlo incazzare.

 
  
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