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Autore: Billie_Jean    18/09/2013    2 recensioni
Per essere l’evento più drammatico mai atteso, l’apocalisse era giunta mantenendo un profilo relativamente basso, nella tarda serata di martedì 29 ottobre 2013. Louis, in realtà, la sua apocalisse la stava aspettando da molto più tempo; era con una certa rassegnazione agli eventi che aveva guardato Harry uscire dalla sua stanza d’albergo alle 20:16 di quel martedì, le guance arrossate e rigate di lacrime che lui, invece, non aveva più la forza di versare.
Per le strade di una New York devastata da un virus letale che trasforma le persone in esseri infetti, affamati di carne umana, Louis cerca di salvare se stesso, i suoi migliori amici e il ragazzo che ama da una morte orribile; ma per farlo, è convinto di dover sacrificare l'amore che Harry prova per lui. Harry però non è d'accordo.
Genere: Angst, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sera a tutti! Qui è Billie_Jean che vi parla ;)
Vi presento questa Apocalypse!AU che ho scritto negli ultimi giorni per il Louis!Fest del Wanki!Fic. Scrivere al presente non mi entusiasma ma volevo fare questo esperimento; ecco il risultato, a voi l'ardua sentenza (sarò sincera: non è la migliore che abbia mai scritto, ma mi piace). Come al solito ringrazio la mia Muffin <3 che voleva sapere se c'è un lieto fine; grazie anche a Roe_Coffee (che sono piuttosto sicura si chiamasse Solyna fino a ieri XD) che ha letto in anteprima e mi ha fatto notare qualche errore. Spero tanto vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate! Se non vi va di lasciare una recensione, basta una riga su Twitter ;) Un bacione!
Ps: la canzone all'inizio è Final Day - Tokio Hotel



 
Apocalypsis



And now we’re here again
Up on your roof so high
The whole world can just go to hell

For all I care tonight

I can feel the end is near

It all has come as we had feared
 
 
Per essere l’evento più drammatico mai atteso, l’apocalisse era giunta mantenendo un profilo relativamente basso, nella tarda serata di martedì 29 ottobre 2013. Louis, in realtà, la sua apocalisse la stava aspettando da molto più tempo; era con una certa rassegnazione agli eventi che aveva guardato Harry uscire dalla sua stanza d’albergo alle 20:16 di quel martedì, le guance arrossate e rigate di lacrime che lui, invece, non aveva più la forza di versare.
 
Che non ha più la forza di versare, mentre giace sul suo letto ad occhi chiusi e spera che la sua fine giunga presto, perchè non ha la forza di vivere in un mondo in cui Harry non lo chiama più mio. Louis si attorciglia distrattamente una ciocca di capelli attorno alle dita e pensa a com’era, quando avevano sedici, diciotto anni ed erano convinti che il loro amore avrebbe prevaricato ogni cosa; che nulla, neanche un’apocalisse, avrebbe potuto separarli. In fondo erano sopravvissuti ai Maya, no?
 
Ma neppure i Maya avrebbero potuto immaginare quello che stava per scatenarsi sulla Terra, ad appena qualche decina di chilometri dal centro di New York City.
 
Sono appena le 20:48 e Louis è in balia di un dormiveglia che non vuole saperne, di trascinarlo nell’oblio del sonno: non fa che ripensare alle parole dure di Harry, a tutte le cose stupide che ha fatto e a tutte le cose orribili che si sono detti. Quando il terremoto scuote l’albergo fino alle fondamenta, Louis ci mette un po’ a rendersi conto che non si sta immaginando tutto.
 
Agisce a gesti meccanici, spegne il cervello e lo manda in automatico: scende dal letto che batte violentemente contro la parete, evita di camminare sotto il lampadario che oscilla come un’altalena al vento e barcolla fino alla porta, spalancandola e fermandosi sotto allo stipite. È quello che gli hanno insegnato a scuola, le norme di sicurezza elementari che Louis non è mai stato più felice di aver impresso a fuoco nella memoria. La scossa sembra durare in eterno – più tardi scoprirà che erano solo trenta secondi – e quando alza lo sguardo, una grossa crepa percorre il muro di fronte a lui. Dopo, è il caos: porte che sbattono, grida concitate, persone che corrono ovunque e personale di sicurezza che strilla indicazioni e norme, nel vago tentativo di portare l’ordine.
 
Tutto quello che vuole Louis, è ritrovare Harry.
 
 
***
 
 
Sono le tre del mattino quando la notizia si fa strada tra le circa cinque migliaia di rifugiati nel centro di raccolta di Peyton Street; Liam, Harry, Niall e Zayn si dividono una coperta mentre Louis tende il collo, cercando di carpire qualcosa dai discorsi della gente attorno a lui. È un meteorite. Un asteroide, per la precisione, della dimensione stimata di circa cinquanta metri, caduto a 57 km da dove si trovano in quel preciso momento. Si tratta di un evento rarissimo, nell’ordine del milione di anni, sta spiegando concitato quello che deve essere un noto professore di astronomia; l’area circostante è stata evacuata immediatamente e sono in corso le operazioni di salvataggio, e il recupero delle prime vittime.
 
Louis chiude gli occhi e li riapre, sperando in qualche modo di svegliarsi da un brutto sogno; ma è ancora lì, nell’enorme stanza piena di persone terrorizzate e infreddolite. Stanno iniziando a distribuire altre coperte e del the caldo, ma ci vorrà almeno un’ora prima che arrivino al loro gruppetto. Harry lo sta guardando in silenzio, il capo poggiato sulla spalla di Niall che si sta addormentando; lui è stato l’unico a riportare delle ferite, perchè quando la scossa è arrivata si stava facendo la doccia ed è scivolato; ora esibisce un taglio lungo la guancia. La loro crew dev’essere lì da qualche parte, nella stanza piena di rifugiati; ma per ora Louis non ha voglia di cercare nessuno.
 
Stringe la mano che Harry gli allunga un po’ esitante, e lo fa con tale forza da temere di avergli fatto male: sarà la sua roccia, in questo disastro.
 
 
***

 
 
Alla fine le cose non vanno tanto male; almeno non per i primi due giorni. Ad ognuno di loro, i militari distribuiscono un sacco a pelo, una piccola scorta di cibo liofilizzato e un kit per purificare l’acqua, assieme a kit di pronto soccorso da dividere con altre persone. Non è un problema, perchè loro sono un gruppo; ancora non hanno trovato nessuno dei loro amici e Harry ha esaurito la batteria del cellulare, tentando di contattare gli Atkin: Liam gli ha dato dell’idiota e Louis gli ha gridato di stare zitto. Quella è stata la prima lite, ma Louis è deciso a impedire che ne scoppino altre: qualsiasi cosa succeda, devono restare uniti.
 
La prima vera ondata di panico scoppia la sera del secondo giorno: non sono ancora usciti dal rifugio perchè là fuori, per le strade di una New York evacuata e mezza abbandonata, si sta scatenando una vera e propria apocalisse zombie.
 
Non si sa cosa l’abbia causata, anche se le ipotesi vertono in favore di una qualche forma di contagio alieno portato dall’asteroide; quanto è certo è che il virus si sta espandendo in fretta, e chiunque ne sia affetto perde ogni briciolo di umanità, e inizia a bramare carne. Carne umana.
 
I sintomi sono vomito continuo e un terribile mal di testa; da quel momento in poi il soggetto ha non più di qualche ora di lucidità a disposizione, prima di trasformarsi in un mostro ciucciaossa privo di coscienza, e solo ventiquattro ore prima di morire. Tutti strillano, nella sala di raccolta; Harry nasconde il viso nel collo di Louis e lui lo stringe a sé, sussurrandogli parole vuote di conforto; comunque, finchè loro restano lì dentro e i militari presidiano le entrate sono al sicuro, no?
 
Alle cinque di mattina, circa trecento persone stanno vomitando l’anima in ogni angolo della sala.

Louis tira fuori la sua stoffa di leader e riesce a mantenerli tutti uniti, mentre la folla impazzita si precipita verso le uscite e uno squadrone di militari entra di corsa nell’edificio. Gli spari sono assordanti, l’odore di sangue è nauseante; ma Louis si fa forza e stringe Harry da una parte e Zayn dall’altra, e si assicura che tutti abbiano il kit di sopravvivenza dato loro dai militari; una volta all’aria aperta li trascina tutti in un vicolo maleodorante, ed è allora che Zayn gli allunga una pistola in silenzio, rubata senz’altro ad uno dei militari morti. Louis l’accetta senza dire una parola; poi si guarda intorno e inizia a camminare, allontanandosi quanto più possibile dalle urla raccapriccianti di chi ha appena visto la propria bambina con il cranio spappolato da una pallottola.
 
-Ci servono provviste- dice Louis quella sera, quando sono tutti e cinque rintanati nella soffitta di una casetta abbandonata, in una strada deserta. Gli sembra un posto sicuro: con tante finestre per controllare se arriva qualcuno, un accesso al tetto e una scala a pioli ripiegabile per entrare dal basso. Non si è fermato un secondo, neppure per chiedersi come mai gli altri quattro sembrano aver stretto un tacito accordo di lasciargli il ruolo di comando in quella situazione così tragica e assurda; non gli sembra poi tanto importante, alla fine.
 
-Domani- prosegue Louis, mentre Harry e Niall interrompono il tentativo di rendere un po’ più confortevole il pavimento di legno duro – Domani andremo a cercare qualcosa. Ma ora dobbiamo dividerci in turni di guardia per la notte-.
 
Zayn si alza, spolverandosi le mani sulle ginocchia dei jeans sudici.
 
-Prendo io il primo- annuncia -Voi andate a dormire-.
 
Guarda Louis negli occhi e gli poggia la mano sulla spalla.
 
-Va’ a dormire, Lou- ripete, e Louis annuisce. Si stende su uno dei sacchi a pelo e Harry si sdraia immediatamente al suo fianco, sulla schiena: tiene gli occhi fissi sul soffitto e lascia andare un sospiro tremulo. Liam e Niall si addormentano in un batter d’occhio, ma Louis attende con pazienza.
 
 -Mi dispiace- sussurra Harry con voce spezzata, e Louis chiude gli occhi –Per tutto quello che è successo, tutto quello che ho detto; non volevo ferirti- sta piangendo piano, quando Louis volta il capo verso di lui e lo scopre a fissarlo, con quei suoi occhi grandi, verdi e sinceri –Io ti amo, Louis-.
 
Louis lo guarda in silenzio, un sorriso triste sulle labbra. Harry è l’unica cosa che gli ha permesso di non crollare fino a quel momento, l’unica ragione per cui sa di dover arrivare fino in fondo a quella storia. Eppure,
 
 -Lo dici solo perché potremmo essere morti tra ventiquattr’ore- sussurra amaramente –Ma non devi mentirmi perché ti senti in colpa. Non ce n’è bisogno-.
 
Gli dà le spalle e Harry si aggrappa alla sua spalla, artigliandola con forza. Zayn, poco lontano, fa finta di non vedere e non sentire nulla.
 
 -No!- bisbiglia Harry, concitato –No Louis, è la verità!-
 
Louis sorride tristemente e gli accarezza appena uno zigomo, poi gli bacia la fronte e Harry non ha un buon odore: sa di sudore, di sporco e di sangue, ma è sempre il suo Harry, anche se non è più vero il contrario.
 
 -Buonanotte, Harry- mormora, prima di dargli definitivamente le spalle; stringe le labbra perché non può permettersi di piangere, nonostante abbia perso l’amore della sua vita. Harry mormora solo un “Lou” strozzato, prima di cedere definitivamente, e scoppiare in singhiozzi non abbastanza silenziosi.
 
Prima di addormentarsi, Louis si dice che è meglio così: è pronto a dare la sua vita per quella di Harry, e nell’eventualità che ciò accada, meno sentimenti Harry prova per lui, meglio è. O almeno, così spera.
 
 
***
 
 
I giorni seguenti sono piuttosto monotoni, e non molto carichi di eventi. Sabato – o almeno crede che sia sabato – Louis uccide per la prima volta. Lui e Zayn stanno rovistando tra gli scaffali di un supermercato quando quel coso spunta da dietro uno scaffale di dolci, e Louis non si da’ neppure il tempo di pensare: afferra la pistola a due mani e spara un colpo che perfora il cranio del poveretto, proprio in mezzo alla fronte. Non credeva di avere una mira così buona.
 
Zayn lo trascina via e loro scappano a gambe levate, assicurandosi di non essere seguiti. Harry cerca di avvicinarsi quando lo vede arrivare, così sconvolto; ma Louis si ricompone più in fretta di quanto avrebbe creduto possibile e dice
 
 -Non è nulla. Ci sono degli infetti qua intorno, dobbiamo cambiare zona-.
 
Raccattano le loro poche cose ed escono in strada: New York scintilla nella luce di mezzogiorno, maestosa e terrificante e deserta. Camminano senza incontrare nessuno per più di un’ora; poi Liam grida allarmato e Zayn e Louis sono davanti al gruppo, le pistole puntate verso tre figure che si avvicinano da un vicolo. Harry stringe i pugni attorno alla stoffa del maglione pesante che Louis indossa, il respiro pesante ed affannoso. È terrorizzato ma Louis non si volta, e resta concentrato sul nemico davanti a loro.
 
 -Scappate!- ordina a Liam, Niall e Harry, ma il più piccolo dei tre scuote il capo deciso e si china ad afferrare alcune pietre da terra, con sguardo deciso.
 
 -Harry, no!- esclama Louis, voltandosi verso di lui allarmato; gli infetti sono sempre più vicini, e Zayn spara: dalla spalla di uno di loro sgorga un fiotto di sangue putrido e la cosa emette un grido animalesco. I ragazzi indietreggiano velocemente e Louis cerca di tenere a freno la paura; spara due colpi consecutivi, ne fa fuori uno ma sente Zayn imprecare.
 
 -Cazzo, è scarica!- grida, e Niall geme disperato. Harry scaglia una pietra con forza ma manca, e gli infetti sono talmente vicini, con i loro volti sfigurati e gli occhi iniettati di sangue, che il loro odore di carne in putrefazione quasi stordisce Louis.
 
 -Scappiamo!- ordina di nuovo, e questa volta tutti eseguono; prende la mano di Harry e merda, se qualcuno inciampa proprio in questo momento, Louis è pronto a farlo fuori di persona.
 
Non ha idea di come sia successo: evidentemente gli spari hanno attirato attenzione, ed ora sempre più infetti riempiono le strade; sono costretti a zigzagare tra i vicoli abbandonati, cambiare strada ogni volta e perdersi sempre di più nel bel mezzo della metropoli. Louis si lascia sfuggire un’esclamazione frustrata quando un altro gruppo di infetti sbarra loro la strada e sta per fare dietro front, quando una voce che non ha mai sentito prima lo fa immobilizzare sul posto.
 
 -Ragazzi! Di qua!-
 
Louis ha a malapena il tempo di voltarsi che già Niall lo sta trascinando all’interno di un locale buio, con le finestre sbarrate e l’aria di chiuso.
 
 -Ma che diavolo…- inizia, ma qualcuno gli preme una mano sulla bocca e si zittisce. C’è una ragazzina davanti a loro che non potrà avere più di dieci anni, e fa loro segno di seguirla; Harry non esita neppure un attimo, e a quel punto non è che Louis abbia tanta scelta, no? Deve seguirlo, se vuole proteggerlo.
 
 -Che stai facendo?- gli sibila all’orecchio, mentre scendono una rampa di scale scricchiolanti.
 
 -È una bambina, Louis- ribatte Harry sottovoce e Louis scuote il capo, perché è talmente tipico di Harry, fidarsi istintivamente di chiunque. Se finisce per farli uccidere, almeno sarà in buona fede.
 
Louis deve imparare a dare più credito a Harry. La bambina, Lauren, li ha condotti nel rifugio sotterraneo più sicuro che potessero trovare: è blindato e ha un’uscita segreta, una scorta di provviste che potrebbe mandarli avanti un anno intero e perfino un generatore indipendente di elettricità. Soprattutto, è occupato da un gruppetto molto ben organizzato, e armato fino ai denti. Ci sono Ben, Samuel e Jocelyn; nessuno di loro si conosceva prima, e vanno dai trenta ai cinquant’anni. Poi c’è Anthony, padre di Lauren e Ashley - che ha appena quattro anni - e infine Tom, che parla pochissimo e forse non è nemmeno americano, ma sta cercando suo fratello.
 
Le giornate vengono scandite da turni di guardia e incursioni veloci; ognuno di loro si inserisce nella routine del gruppo e mentre Louis e Zayn si accorpano subito a Ben e Samuel nel gruppo delle ronde, Harry si unisce ad Anthony nella gestione delle provviste, e si prende cura delle bambine. È nel suo elemento: in barba all’apocalisse zombie che imperversa là fuori, lui si è creato una piccola bolla di felicità in cui diventa un principe, un mago o un motociclista a seconda di quanto desiderino le bambine. Louis lo guarda sempre ridere, perché è l’unico a farlo; e si porta la sua risata nel cuore, quando esce con Tom per le incursioni e si chiede se vedrà ancora il viso di Harry. Non gli permette mai di avvicinarsi troppo, però; spera quasi che si dimentichi completamente di quello che c’è stato e ancora vive tra loro, perché non è uno stupido e sa che potrebbero non farcela entrambi. Proprio perché è uno stupido però, sa che non è possibile: non si cancella un amore come il loro a comando, neppure se fuori il mondo sta finendo.
 
 
***
 
 
Capita spesso che qualcuno di loro si ferisca, durante le incursioni. Una volta Tom è tornato al rifugio con un pezzo di vetro grande quanto il palmo di una mano conficcato nel braccio, e hanno avuto davvero paura che fosse troppo tardi, e la ferita fosse infettata. Fortunatamente così non è stato; a Louis non capita spesso, ma ci sono giorni in cui anche lui riporta dei lividi.
 
 -Sta fermo-.
 
La voce di Harry è gentile ma ferma, come la sua mano mentre gli disinfetta il grosso taglio che ha sulla guancia. È stata una pietra a procurarglielo, e per poco Louis non ci ha rimesso qualche dente; ha sputato un bel po’ di sangue e quando è tornato al rifugio Harry gli ha lanciato una lunga occhiata eloquente, prima di dire “Ci penso io” e farlo sedere su uno sgabello.
 
Il disinfettante un po’ brucia, ma quello da cui Louis cerca di sottrarsi è il tocco dolce di Harry che annebbia tutti i suoi sensi, e gli fa mettere in discussione tutti i motivi che si è elencato in testa, che si ripete ogni notte prima di dormire, sul perché è meglio stare lontani.
 
Harry applica una garza e Louis storce un po’ il naso perché la ferita brucia; per tenergli il viso fermo, il ragazzo lo prende delicatamente con la mano sinistra. Il suo tocco è caldo e Louis chiude gli occhi, dimenticandosi per un attimo dove si trova; le dita di Harry avvolgono tutto il suo viso come un lenzuolo tiepido che sa di intimo, di soffice, di casa. Poi si rende conto di quello che sta facendo e balza in piedi, dicendo grazie senza guardarlo e allontanandosi velocemente. Raggiunge Tom dove sta pulendo alcune pistole, in silenzio; e sente lo sguardo di Harry fisso su di lui, ma non alza il proprio.
 
 -Louis- lo chiama Jocelyn il giorno dopo, mentre è intento a osservare Harry che gioca alle principesse con Lauren e Ashley: ha in testa una ridicola coroncina di fiori di plastica che lo fa sembrare un uovo di Pasqua, e il cuore di Louis scoppia dalla voglia di baciarlo. Ma non lo fa; si alza in piedi con un sospiro, e raggiunge la donna dall’altra parte della stanza. Jocelyn è un tecnico radiofonico, ed è riuscita a rimettere in sesto una vecchia radio mezza rotta; ogni tanto ne traggono qualche notizia utile, altre volte siedono in silenzio per ore, ad ascoltare interminabili liste di nomi. Nomi di persone morte.
 
Questa volta sono belle notizie: hanno trovato un antidoto al virus. Sono ottime notizie; finalmente possono abbandonarsi al sollievo ed è meraviglioso, sapere di avere una speranza di uscirne vivi. Louis abbraccia stretto Harry senza neppure pensarci; è meraviglioso anche trovarsi di nuovo fra le sue braccia, per quanto sudici siano i loro vestiti.
 
Ma non è ancora finita. Quando tutto sarà finito, pensa Louis, quando tutto sarà finito chiederà a Harry di sposarlo; per ora preferisce mantenere le distanze, nonostante lo sguardo ferito che legge negli occhi di Harry, e gli dà le spalle.
 
 -Sei un idiota- lo apostrofa Niall più tardi, quando tutti stanno dormendo e a loro tocca il turno di guardia –La situazione fa già abbastanza schifo così, perché ti ostini a farlo soffrire più del necessario?-
 
Louis abbassa lo sguardo e gioca distrattamente con la canna lucida della Colt 1911 che impugna con sicurezza da quasi tre settimane.
 
 -Voglio solo proteggerlo- mormora –Non voglio che si attacchi troppo a me quando non sono sicuro neppure di arrivare a vedere l’alba-.
 
Niall sgrana gli occhi e alza le braccia al cielo, frustrato.
 
 -Ma che cazzo dici, Louis! Harry ti ama, come pensi che faccia a non essere ‘attaccato a te’?- quasi esclama e Tom si gira nel sonno, borbottando qualcosa in una lingua che non è sicuramente inglese. Louis scuote il capo.
 
 -Non credo tu possa capire, Niall- dice, perché in realtà non è sicuro di aver capito neppure lui. Ha davvero senso, quello che sta facendo? Louis si alza e gli da le spalle; e per il resto del turno, ignora Niall come se non esistesse.
 
 
***
 
 
Sono molto organizzati. Poiché l’esercito ha iniziato a girare con degli elicotteri, hanno deciso di spostarsi verso Manhattan per cercare di farsi notare; sono un gruppo saldo, certo, ma girare per New York con due bambine piccole e quello che potenzialmente è un migliaio di zombie mangiacarne è rischioso al limite del suicida. Perciò partono all’alba, Louis, Tom e Sam in testa al gruppo con Harry e Lauren dietro, e Anthony e Ashley dopo di loro. Niall, Zayn, e Jocelyn sono la retroguardia, mentre Liam e Ben stanno ai lati.
 
Sta andando tutto bene: si sono fermati per pranzo e procedono lentamente, ma vogliono arrivare a Manhattan prima del tramonto. Louis ha appena gettato via la cartaccia del suo panino quando lo sente; si volta di scatto, la pistola sguainata: ma la lascia cadere a terra e le braccia gli cadono lungo i fianchi, come due pesi morti.
 
Harry è piegato in due sul marciapiede e vomita, vomita come se non potesse più tenere in corpo una sola briciola di cibo; Louis gli corre accanto, il cuore che batte con forza tale che si sorprende di poterlo ancora contenere nel petto: se la paura avesse un volto, sarebbe quello di Harry in questo momento.
 
 -La testa, Lou- mugola –Mi fa male la testa- singhiozza e vomita di nuovo, schizza le scarpe di Louis e Ashley strilla e piange. Louis incontra gli sguardi eloquenti di Ben, Jocelyn e quello allarmato di Anthony che di certo non vuole un infetto vicino alle sue due bambine; ma stringe il braccio di Harry con più forza e lo tira in piedi con decisione
 
 -No- sibila –Non ci penso nemmeno.
 
Niall è al suo fianco immediatamente e lo aiuta a sostenere Harry, che si sforza di assecondarli e mette un piede davanti all’altro, le guance rigate di lacrime. Mentre gli passa accanto, Anthony rivolge a Louis un’occhiata d’accusa, ma lui assottiglia lo sguardo.
 
 -Potrebbe essere una delle tue figlie- dice soltanto, e prosegue –Muoviamoci! Abbiamo ancora del tempo, dobbiamo trovare un elicottero!-
 
C’è solo una cosa di cui Louis è certo, e questa è che non può permettersi di perdere Harry; soprattutto non può permettere che l’amore della sua vita venga contagiato da un virus maledetto, e si trasformi in un mostro.
 
 -Louis- singhiozza Harry ad un certo punto, quando ormai si sta facendo tardi e il cielo è tinto di un bel rosso corallo –Louis, se questo è il mio ultimo giorno…-
 
Louis si volta di scatto e lo afferra per le spalle, gli occhi stralunati e le mani sul suo viso stravolto.
 
 -No!- esclama –Harry, non dirlo neppure. Non è troppo tardi, possiamo salvarti- geme quasi, e chiude gli occhi quando poggia la fronte sulla sua –Ti salverò- promette con voce spezzata. La disperazione cresce dentro di lui, come un’erbaccia concimata dalla paura di perdere Harry; e si avvinghia agli ultimi bricioli di speranza che gli rimangono, soffocandoli. Ma Louis è più forte: combatte la paura perché Harry ha bisogno di lui e gli cinge la vita con un braccio, ormai trascinandolo come un peso morto al suo fianco.
 
Riescono a proseguire appena altri duecento metri; poi Lauren strilla terrorizzata e Louis impreca sottovoce. Circa una quindicina di infetti si dirigono verso di loro dal fondo della strada e, dannazione, sono perfino armati. Louis non ha più tempo di pensare; si getta dietro ad un cassonetto dell’immondizia trascinando Harry con sé e carica la pistola, prima di sporgersi di lato e sparare tre colpi. Due vanno a segno; dall’altra parte della strada, Tom e Zayn si stanno occupando di un altro gruppetto che è spuntato da una via laterale, mentre Jocelyn e Ben coprono Anthony e Niall, che cercano di mettere in salvo le bambine.
 
Harry geme piano accanto a lui, accasciato a terra con gli occhi chiusi; vomita di nuovo e Louis si china su di lui, costringendolo ad aprire gli occhi.
 
 -Stai con me, Harry- lo supplica, mentre il ragazzo rovescia il capo all’indietro e lascia vagare le pupille, confuso –Resta qui, te ne prego-.
 
Louis sporge la testa e ci manca poco che un proiettile gli perfori il cranio; fa fuori due infetti e decide che è il momento buono per uscire allo scoperto: afferra Harry per un braccio e se lo tira dietro, all’interno dell’edificio in cui sono scomparsi tutti gli altri. Appena entra Liam gli corre incontro; sollevano Harry di peso e iniziano a salire le scale, diretti verso il tetto. Qualche piano più sopra, Jocelyn grida di sbrigarsi, perchè sta arrivando un elicottero; tutto quello che Louis riesce a pensare, mentre arranca sotto il peso di Harry, è che avrebbe voluto baciarlo quella notte, quando ancora non puzzava come un pezzo di carne in putrefazione. Gli lacrimano gli occhi, si morde il labbro talmente forte da tagliarselo; è tutta colpa sua se Harry morirà credendo di non essere amato, e Louis non crede di poter affrontare anche questo. Un’apocalisse, forse; ma alla morte di Harry, ad un mondo in cui il suo sorriso, la sua risata e la sua voce non esistono, Louis non può sopravvivere.
 
Alcuni infetti hanno raggiunto le scale e uno di loro ha sparato; Ben è crollato senza un grido, ma Louis sa che non potrà mai cancellare il suo volto dagli incubi che lo tormenteranno la notte. Ora Zayn chiude la fila e spara come un ossesso, con un mitra che chissà dove ha trovato, o a chi sia appartenuto; Liam lo incita a tenere duro, manca solo un piano, solo uno. Harry mugola penosamente.
 
Quando arrivano sul tetto e l’aria fresca gli schiaffeggia il viso, Louis si aspetta di provare sollievo, ma non è così. Non ha idea di come ci siano arrivati, ma ci sono degli infetti anche su quel tetto; Jocelyn è scomparsa e Niall, Niall è a terra in una pozza di sangue. Si muove però, ed è ferito solo ad un braccio; con la mano libera mulina una spranga arrugginita con cui spinge due infetti oltre il bordo del tetto.
 
C’è anche un elicottero che si sta avvicinando, e il cuore di Louis batte talmente forte da fare male: loro avranno certamente dell’antidoto, manca così poco, ce la possono fare; si volta per gridare a Zayn di stare attento, ce n’è uno dietro di lui. Vede la figura imponente di un infetto che doveva essere stato un militare solo con la coda dell’occhio; ha già puntato la pistola e Louis è paralizzato, quando sente lo sparo diretto dritto al suo cuore. Non ha idea di come sia successo ma si ritrova a terra, un dolore lancinante al mento dove ha sbattuto. È schiacciato da un peso che lo immobilizza, e realizza con orrore che il liquido caldo che gli impiastriccia la maglietta non è sudore, ma sangue. Eppure non prova tanto dolore, e il sangue non è suo; si volta allora, con gli occhi sgranati dal terrore.
 
 -NO!- grida, gettandosi in avanti. Il mondo pare finire un’altra volta, perché quello che vede non può essere reale: Harry è riverso a terra, gli occhi socchiusi e il respiro rantolante; una chiazza di sangue si allarga sulla sua maglietta.
 
 -Harry! HARRY!- Louis piange e non gli importa, non gli importa più di nulla: stringe il ragazzo tra le braccia e si sporca le mani del suo sangue, ma non può lasciarlo andare. Non può perderlo.
 
 -Louis- mormora Harry, la voce appena più che un sussurro –Ti amo, Louis- aggrotta le sopracciglia perché è difficile, è tremendamente difficile tirare fuori le parole; una bolla di sangue si gonfia all’angolo del labbro e Louis singhiozza più forte. Il corpo di Harry è caldo sotto le sue mani mentre solleva la maglietta per esaminare la ferita: la pallottola gli ha perforato un fianco, solo un fianco; non ci sono organi vitali al fianco, giusto? Eppure Harry stringe i denti, solleva una mano sporca di terra e sangue e la posa sul viso di Louis come se fosse il gesto più difficile e importante del mondo.
 
 -Andrà tutto bene, Lou- sussurrò Harry –Andrà tutto bene. Sarai felice-.
 
I ruoli si erano invertiti ed era Harry a rassicurarlo, mentre scivolava via dalla vita come granelli di sabbia tra le dita; la sua testa girava e riusciva a pensare solo al ragazzo tra le sue braccia. Non aveva più tempo.
 
Si china sulle sue labbra per baciarlo con disperazione; ma quando è ad un soffio da lui, una mano si artiglia alla sua spalla e lo tira indietro con violenza. La testa di Louis gira come su una giostra; tutto quello che vede prima di perdere definitivamente conoscenza è il cielo di New York al tramonto, rosso come il sangue che gli sporca le mani e il viso.
 
 
***
 
 
Liam non dice nulla quando si siede accanto a lui sulla sedia di plastica dell’ospedale e gli posa un bicchierino di plastica tra le dita. Il the è bollente, ma Louis neppure se ne accorge; fissa il vuoto davanti a sé come ha fatto per quasi tre giorni, e non dà segno di averlo visto.
 
 -Lou- dice piano Liam, con cautela –Devi mangiare qualcosa-.
 
Louis scuote il capo e poggia il bicchiere sul pavimento accanto a sé, poi si alza in piedi. Se non avesse finito tutte le sue lacrime, avrebbe gli occhi lucidi.
 
 -Dovevo baciarlo, Liam- dice, ripetendo la litania che va avanti da tre giorni –Harry stava morendo, dovevo dirgli che lo amo! E ora- Louis batte un pugno contro il muro, furioso e disperato –Ora non mi permettono neppure di vederlo!-
 
Liam fa per alzarsi in piedi, ma una voce dall’altra parte del corridoio richiama la sua attenzione.
 
 -Louis!- chiama Anne; due secondi dopo lo sta abbracciando, singhiozzando piano e stringendolo forte a sé –Mi dispiace tanto. Vieni, ho fatto mettere il tuo nome sulla lista-.
 
Louis si lascia condurre lungo il corridoio, come in trance; si ferma davanti alla porta contrassegnata dal numero 207 e la apre con una spinta leggera.
 
Harry è minuscolo, al centro del letto d’ospedale, sotto le lenzuola talmente candide da far risaltare le ferite sulla sua pelle chiara. Una grossa macchina è attaccata al suo corpo per mezzo di cavi e tubi, ma Louis non la vede nemmeno e singhiozza, gettandosi al suo fianco. Gli prende una mano e gli bacia tutte le dita fasciate, con delicatezza; dal cuscino morbido, con gli occhi aperti di appena un millimetro, Harry sorride. Tira un po’ le guance, in realtà; ma a Louis basta per scoppiare a piangere di nuovo, lacrime di gioia che non credeva di poter versare.
 
L’avevano salvato per un soffio. Un soffio, davvero: come se il virus non fosse stato abbastanza, quando Harry era arrivato all’ospedale aveva perso tanto di quel sangue che i medici li avevano già avvertiti che probabilmente non ce l’avrebbe fatta – e fortunatamente, Louis era ancora svenuto in quel momento. Niall aveva rischiato grosso, soprattutto di contrarre il virus; era in quarantena stretta e non lo vedevano da quando erano stati salvati dall’elicottero, ma sapevano che stava bene e chiedeva dell’Irlanda, e di Harry.
 
Ben e Jocelyn sono stati gli unici a non farcela. Louis sa che non dimenticherà mai nessuno dei due, che deve a loro la sua vita e porterà il loro ricordo nel cuore, per sempre; non ha idea di quanta terapia avrà bisogno per superare il trauma dell’evento, ma ora come ora non gli importa. È sdraiato accanto a Harry, e il ragazzo dorme con il capo poggiato sul suo petto; Louis ha ancora intenzione di chiedergli di sposarlo, ma sorride guardando le loro dita intrecciate, e sfiora la sua fronte con un bacio: non c’è fretta, anzi.
 
Hanno tutto il tempo del mondo.
   
 
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