LADY ISABEL
L’ULTIMA LETTERA
Caro
Pegasus, quando stringerai tra le mani questo foglio di carta, su cui scrivo
adesso, a fatica e con il cuore in gola, il mondo in cui hai vissuto per anni
non ci sarà più. Io non ci sarò più. E tutto ciò che resterà sarà una
lettera di carta ingiallita, che forse non lenirà il tuo dolore, per la nostra
separazione, ma spero possa servire per farti sentire meno solo, per ricordarti
di me, ogni volta in cui le nubi del presente offuscheranno i tuoi ricordi, e
per dirti grazie, per tutto quello che hai fatto per me e per gli uomini in
questi anni. Mi sei stato accanto, fedele e sincero, come un cane segue il suo
padrone, come un amico offre la spalla all’altro, compagni leali, ali della
stessa aquila in volo verso l’infinito. Mi hai aiutato, sorreggendomi ogni
volta in cui credevo di non riuscire più a volare, sostenendomi da lontano,
incitandomi a non cedere, dandomi, anche solo con il tuo pensiero, un motivo
per non arrendermi, per continuare a combattere, per continuare ad essere
Atena, Dea degli uomini e della giustizia.
È
strano come soltanto adesso mi accorgo di non esserla mai stata fino in fondo.
Di aver vissuto più come un essere umano che come una Divinità. Forse perché
non l’ho chiesto io, al fato, di assurgere a tale rango, né ho chiesto che su
di me ricadessero i destini di questo mondo, obbligata a veder combattere i
Cavalieri che tanto ammiro e che tanto desidero proteggere. I Cavalieri che
tanto amo. Perdonami, Pegasus, se ti farò soffrire. Perdonami se non sono forte
abbastanza per affrontare un addio, ma ci sono cose per le quali neppure gli
Dei sono preparati, cose che preferiamo fuggire, nascondendoci tra le piaghe
del tempo, sperando che un ricordo possa unirci per sempre.
So che
verrai ad Atene! Forse per salutare Castalia, forse sperando di trovare Sirio o
Andromeda, o forse per vedere me. Sì, sono certa che verrai! Non siamo mai
stati separati così a lungo, fin da quando siete tornati dal vostro
addestramento, e confesso che anche a me strania questa situazione, questa
lontananza da Nuova Luxor, dalla città in cui sono cresciuta e diventata una
giovane donna, una giovane Dea ancora alle prese con un’accettazione interiore
che stenta ad arrivare. Avrei voluto tornare, Pegasus! Avrei voluto tornare a
Luxor, distendermi sul morbido letto di Villa Thule, conversare col nonno nel
ricostruito planetario o passeggiare lungo la spiaggia, lasciando che i
delicati granelli di sabbia scivolassero tra le dita dei miei piedi, e magari
tenerti per mano al mio fianco. Ma Mur non me lo ha permesso, né Libra, né
Ioria, né Virgo. Indebolita dal freddo di Asgard, e dalla sopportazione delle
piogge di Nettuno, i Cavalieri d’Oro hanno insistito affinché rimanessi qua, ad
Atene, luogo da me stessa fondato millenni addietro, all’alba dei tempi, luogo
in cui dovrei effettivamente sentirmi a casa. Sicura e protetta, circondata da
una schiera di eroi valorosi e premurosi servitori, qua al Grande Tempio dovrei
davvero stare bene, dovrei davvero essere felice. Eppure, a quanto pare, così
non è. Né credo lo sarà più ormai. Poiché il tempo per essere felici è già
trascorso, un battito d’ali di fronte alla tempesta della mia vita.
Ricordi
una delle nostre prime conversazioni? Sul destino, e su ciò che le stelle hanno
riservato ad ognuno di noi. Un ruolo nel mondo. Un posto nel cosmo, in questo
splendido e meraviglioso universo che ci attornia e di cui facciamo parte a
nostra volta. Avete odiato mio nonno per molti anni, perché vi ha separato
dalle persone care e obbligato ad andare lontano, a trascorrere anni di
privazioni e tormenti, per conquistare un’armatura che forse non avevate ancora
ben chiaro cosa rappresentasse. Ma era nel suo destino agire così. Avete odiato
anche me, e ben lo comprendo, poiché avete visto nel mio viso soltanto l’incarnazione
di un vuoto esistenziale, che non poteva colmare l’infanzia che vi era stata
rubata, né il dolore che a causa mia avete dovuto sopportare. E forse, ne sono
certa, conoscendo il vostro nobile cuore, avete odiato anche voi stessi, per
non aver capito, per essere stati immaturi, come era vostro diritto essere,
essendo soltanto dei bambini, per non aver compreso ciò che andava al di là
dell’esteriore, il vero disegno insito in tutto questo. Atena e i suoi
Cavalieri, uniti per sempre da un filo di speranza che ci legherà alle genti di
questo mondo, che le farà sorridere, che le aiuterà ad alzare lo sguardo al
cielo ogni volta in cui il dolore della vita sembrerà abbatterle a terra.
Abbiamo combattuto per molto tempo, contro tutti i tiranni che hanno osato
schiacciare le libere genti, per imporre i loro oscuro dominio, abbiamo
combattuto a lungo, e lo abbiamo fatto insieme. Ma adesso, quel tempo è finito.
Quel tempo deve finire.
Ho
dato ordini precisi, a Mur e a tutti gli altri Cavalieri riuniti al Grande
Tempio, pregandoli di non farvi avvicinare, di tenervi lontani, di mandarvi
via, di evitarvi una nuova guerra di cui persino io non riesco a vedere la
fine. O forse, poiché la temo, spero in questo modo di lasciarvi fuori. È il
mio modo, questo, per ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me, per
le battaglie che avete combattuto, per liberarmi e per difendere la giustizia.
Grazie, Pegasus, e addio. Non posso vedervi lottare ancora, non posso vedervi
rischiare la vita un’altra volta, in una guerra che forse altro non sarà se non
un massacro totale, un’immensa carneficina contro la grande ombra proveniente
da est. Un’ombra che, più grande di Gemini o Nettuno, a niente mira se non
all’instaurazione di un secondo inferno su questo nostro splendido pianeta.
Combatterò
Pegasus, e lo farò anche per te! Per ringraziarti per essere stato al mio
fianco in questi anni di battaglie, e per avermi ricordato cosa significhi
essere un mortale, e come tale soggetto al lento ma inesorabile trascorrere del
tempo. Vorrei averne avuto di più, di tempo, da trascorrere con te, e con i
Cavalieri tuoi amici, poiché quel poco che ci è stato concesso, privi di
affanni e di pensieri di guerra, è stato bello, è stato davvero degno di essere
vissuto. Combatterò anche per questo, per il tempo che ci verrà rubato quando
la grande ombra calerà su tutti noi, privandoci della speranza di avere un
futuro, della speranza di una luce alla fine del tunnel.
Addio
Pegasus, concludo così una lettera che nient’altro voleva essere se non il
saluto di una Dea che non si è mai sentita tale. Di una Dea che forse si è
sentita più un essere umano, innamorata degli amici e dei compagni con cui ha
avuto l’onore di condividere una parte del suo cammino, innamorata di un nonno
che l’aveva adottata per caso, sapendole donare l’amore per la vita e per le
cose semplici, innamorata di un mondo terreno che avrebbe voluto conoscere di
più. Non ho rimpianti per quello che ho fatto, poiché alla giustizia ho dato
tutta la mia vita, fino al profondo del mio animo, e agli uomini ho donato il
mio amore. Ma se davvero dovessi sceglierne uno, se davvero dovessi confessare
ciò che veramente non sono mai stata in grado di provare, allora lo dirò.
Essere donna. E amare, perdendo me stessa in un amore. Bello, impossibile,
tragico, etereo, ironico, con tutte le sfumature che soltanto in questo
splendido mondo umano si possono ritrovare. Addio Pegasus, e grazie, poiché tu,
oltre ad essermi rimasto accanto e ad aver creduto in me, sei stato l’unico che
sia riuscito a farmi sentire tale. In quei pochi momenti trascorsi insieme, tu
ed io, mi è sembrato di ritrovare l’aroma di un’epoca infinita, il sapore di un
tempo che credevo perduto e che invece è rimasto dentro di me. E così sarà per
sempre.
©
Aledileo