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Autore: marcomoratto98    20/09/2013    3 recensioni
Era l'anno 479 a.C. , quando mi svegliai, ero disorientato e sarei svenuto di nuovo se il mio compagno di cella, non mi avesse scosso violentemente: "Svegliati Alexandros, svegliati o finiremo per essere impiccati!!!"
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era l’anno 479 a.C. , quando mi svegliai, ero disorientato e sarei svenuto di nuovo se il mio compagno di cella, non mi avesse scosso violentemente: “Svegliati Alexandros, svegliati o finiremo per essere impiccati!!!”.

Quando finalmente mi vide vigile tirò un sospiro di sollievo: “Grazie agli Dei, per fortuna quegli idioti non ti hanno spaccato il cranio quando ti hanno tramortito” adesso stava sussurrando all’orecchio di Alexandros: “Adesso finalmente potremo progettare la nostra fuga!” .
Per sua sfortuna quando ebbe finito di parlare, lo agguantai immobilizzandolo con una furia quasi animalesca: “Chi sei? Dove mi trovo? E soprattutto, da quanto ero incosciente?”, sorpreso da quella mossa il prigioniero non si mosse da quanto era stupito per il comportamento del suo migliore amico. Ma quando notò l’espressione sulla faccia dell’amico capì la sua situazione, e, sfruttando i suoi 15 anni di esperienza da capitano, si liberò dalla presa in cui era stato intrappolato invertendo i ruoli: “Ok, ti sei svegliato, ma adesso ragiona! Ti sei guardato intorno almeno una volta prima di saltarmi addosso?”.  Per la prima volta in quel lungo quarto d’ora Alexandros si guardò intorno, e quello che vide lo sconcertò. Erano rinchiusi in una grande gabbia di legno che poggiava con due dei suoi lati su una palizzata sempre in legno mentre davanti a lui si estendeva un imponete accampamento. Fece appena in tempo a darci un’occhiata, quando i suoi occhi si posarono su una scena che lo impressionò ancora di più. La maggior parte dei suoi amici era legata a diversi pali, loro erano morti ma si vedevano distintamente i segni che una qualche arma aveva inflitto sul torace e sulla schiena dei suoi compagni, tutti intorno erano fermi diversi soldati che guardavano quei corpi con disprezzo talmente profondo che, quando Alexandros incrociò lo sguardo con uno degli ufficiali di passaggio rabbrividì, ma mai quando quello stesso ufficiale si accorse del suo risveglio, la sua paura prese corpo quando l’uomo in armatura gli si pose davanti oltre le sbarre e torreggiando su di lui gli disse le parole che non dimenticò per le tre successive settimane: “Morirai per mano mia”.

Si risvegliò bruscamente davanti ad un fuoco ormai spento, era una calda mattina di fine Maggio, guardandosi intorno vide il suo compagno d’armi che lo fissava: “Che cosa hai?” gli chiese Sebastian preoccupato per l’amico, lui gli rivolse un sorriso tarato: “Sono solo stanco di rifare quel maledetto sogno quasi ogni notte”, Sebastian non fu sorpreso dal tono dell’amico, e lo aiutò ad alzarsi: “Non prendertela, non e colpa tua se loro sono morti, e lo sai!”, aggiunse con un tono che sembrava vagamente un rimprovero, quando notò l’espressione cupa dipinta sul volto dell’amico, si rallegrò per cambiare discorso: “Forza Atene e ancora lontana e lo sai che i soldati di Serse sono sulle nostre tracce”. Quella frase fece scatenare una piccola parte dell’ira di Alexandros: “Maledetti Persiani quante volte tenteranno ancora di rubarci le nostre terre, non vedo l’ora di fargliela pagare”, quelle parole resero il sorriso di Sebastian più spontaneo, facendo capire ad Alexandros di aver ripetuto una scena d’abitudine da quando erano riusciti a scappare dall’accampamento Persiano.

Trascorse mezza giornata, quando nel primo pomeriggio, si trovarono faccia a faccia con una pattuglia composta da cinque uomini, in cui i due fuggitivi riconobbero l’ufficiale che pronunciò quelle quattro parole quasi profetiche.
Fra i due gruppi scoppiò subito un feroce combattimento, la rabbia di Alexandros e la maestria nel combattimento di Sebastian fece fare il vuoto intorno a loro. Passarono cinque minuti e tre soldati Persiani giacevano morti sulla strada. La fatica nel combattere due o più nemici alla volta iniziava a farsi sentire, rendendo Alexandros un facile bersaglio. In quello stesso momento Sebastian si mosse, tuttavia era già troppo tardi quando Alexandros scoprì che, il corpo senza vita che fino a quel momento si muoveva dietro di lui era proprio Sebastian. L’amico lo aveva salvato da una fine certa prendendo al sua posto una freccia destinata a lui. Quando vide l’uomo che aveva scoccato il dardo la sua rabbia esplose, accorgendosi che era l’ufficiale tanto odiato in quei giorni. Quel guizzo di improvvisa vitalità, colse di sorpresa il suo avversario che venne disarmato con una tale velocità, che quando si rese conto di cosa stava accadendo, aveva la lama di Alexandros a pochi centimetri dalla gola.

Rendendosi conto che per lui era ormai finita, fece un tentativo disperato di salvarsi la vita: “Perché lo fate? Perché resistete alla grande potenza di Re Serse” parlava con timore e Alexandros sembrò rendersene conto quando rispose: “Lo faccio per proteggere la mia patria, la mia casa, la mia famiglia, e ora grazie a te,  lo faccio anche per vendicare tutti i miei valorosi compagni morti su un campo di battaglia sotto la spada di un soldato di Serse” come finì di parlare spinse la lama in profondità, così da togliere la vita a quel soldato.

Dopo aver dato una degna sepoltura a Sebastian, Alexandros si rimise in viaggio alimentato dal suo sentimento di  vendetta che fino a quel momento aveva spinto la sua spada.

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Ciao a tutti, questa è la mia prima storia sul sito per cui fatemi sapere che cosa ne pensate.
  
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