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Autore: KellyWatchTheStars    20/09/2013    2 recensioni
Si erano conosciuti a scuola, entrambi frequentavano lo stesso liceo ma abitavano in paesi diversi. Lei aveva appena 15 anni, lui 18. Avevano deciso di mettersi assieme ma nessuno dei due pensava che sarebbe durata più di due mesi; invece si erano innamorati, e non si erano più lasciati. Appena Maria aveva compiuto diciotto anni erano andati a vivere assieme, nella casa comprata per loro dai genitori di lui. Davide aveva trovato lavoro come manovale in un’azienda mentre Maria per un po’ di tempo aveva frequentato la facoltà di Giurisprudenza; le sarebbe piaciuto diventare avvocato ma alla fine, sia per le pressioni di Davide che insisteva affinché si trovasse un lavoro sia per pigrizia, aveva rinunciato ed era riuscita a farsi assumere come commessa di un supermercato vicino casa.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Breve Storia Di Quotidiana Violenza
 

 
 
Quella mattina Maria era stata svegliata dalla vibrazione del telefonino che come sempre teneva appoggiato sul comodino vicino ad una vecchia sveglia, un abat-jour e un libro che ogni anno si riprometteva di terminare ma che alla fine, per un motivo o per un altro, non riusciva mai a leggere. Forse era troppo noioso, non l’avrebbe finito mai. D’altronde aveva deciso che avrebbe fatto solo ciò che voleva e le interessava davvero, era un obiettivo che si era imposta con l’inizio del nuovo anno. Nessuno sarebbe più riuscito a costringerla a fare qualcosa contro la sua volontà, nessuno avrebbe preso decisioni che spettavano a lei soltanto, non più. Ora si sentiva una donna forte, non era più la ragazzina spaventata di prima e lo sapeva. Dopo queste incoraggianti riflessioni decise di alzarsi e andò ad aprire la finestra. I primi deboli raggi di sole filtravano dalle persiane aperte, disegnando righe orizzontali che percorrevano il pavimento. Anche se marzo era appena iniziato il cielo era limpido e anche il clima era cambiato, si sentivano già gli uccellini cantare appoggiati sui rami degli alberi. Da lì a poco sarebbe iniziata la primavera e questo le infondeva una strana sensazione di felicità.
Prese il cellulare dal comodino per leggere il messaggio che le era arrivato.
“ Ho firmato i documenti puoi passare a prenderli alle otto.”
Era Davide, il suo quasi ex-marito. Aveva firmato i documenti di separazione, finalmente. Maria tirò un sospiro di sollievo, fortunatamente l’aveva convinto a firmarli e sembrava avesse ormai accettato la situazione. Non era stato affatto facile per lei separarsi da Davide ma la vita con lui era diventata ogni giorno sempre più insostenibile e l’unico modo per porre fine a quella situazione era stato lasciarlo.
Si erano conosciuti a scuola, entrambi frequentavano lo stesso liceo ma abitavano in paesi diversi. Lei aveva appena 15 anni, lui 18. Avevano deciso di mettersi assieme ma nessuno dei due pensava che sarebbe durata più di due mesi; invece si erano innamorati, e non si erano più lasciati. Appena Maria aveva compiuto diciotto anni erano andati a vivere assieme, nella casa comprata per loro dai genitori di lui. Davide aveva trovato lavoro come manovale in un’azienda mentre Maria per un po’ di tempo aveva frequentato la facoltà di Giurisprudenza; le sarebbe piaciuto diventare avvocato ma alla fine, sia per le pressioni di Davide che insisteva affinché si trovasse un lavoro sia per pigrizia, aveva rinunciato ed era riuscita a farsi assumere come commessa di un supermercato vicino casa. A nulla erano serviti i continui rimproveri dei suoi genitori, che non avevano molta stima del suo ragazzo e avrebbero preferito che avesse proseguito gli studi. Dicevano che Davide non era affidabile e che era troppo geloso, ma lei non li aveva ascoltati. Era innamorata.
Dopo due anni avevano deciso di sposarsi in comune, avevano fatto una piccola cerimonia con i parenti più stretti, ma i suoi genitori non erano andati. Maria ricordò tristemente il giorno del suo matrimonio, si rivide mentre rideva e scherzava anche se in realtà si sentiva morire dentro. Il rapporto tra lei e Davide però iniziò a cambiare  subito dopo sposati. Non uscivano mai, e le poche volte che lo facevano finivano sempre per litigare. Lui aveva da ridire su tutto. Criticava il modo in cui si vestiva, diceva che per strada guardava gli altri uomini, era geloso dei suoi amici e perfino delle sue amiche perché “sono delle puttane”, diceva. Una sera, dopo essere andati in pizzeria con degli amici, appena rientrati a casa aveva preso ad urlarle contro. Aveva detto che lei lo tradiva con un suo amico, che aveva visto come si guardavano, aveva detto che era una puttana come tutte le altre. Sembrava impazzito, non riusciva a calmarlo nonostante gli giurasse che non era vero niente. Quella sera per la prima volta l’aveva picchiata. Sicuramente i vicini avevano sentito le urla, ma nessuno era intervenuto. La mattina dopo lo specchio rifletteva l’immagine del suo volto sfigurato dai colpi, gli occhi gonfi e le labbra viola. Si era guardata allo specchio e non si era riconosciuta. Come aveva potuto permettere che la riducesse in quel modo? Quel giorno non era andata al lavoro, e neanche il giorno dopo. Avrebbe tanto voluto chiamare la madre e farsi consolare, avrebbe voluto sentirsi dire “non preoccuparti ci sono io, puoi tornare a casa”, ma non aveva avuto il coraggio, si sentiva così umiliata e la paura che le dicesse quelle terribili parole “te l’avevo detto” le aveva impedito di chiedere aiuto. La sera successiva Davide le aveva portato un mazzo di rose. Si era messo a piangere e l’ aveva implorata di perdonarlo. Aveva detto che non sapeva quello che stava facendo e che aveva bisogno di aiuto, aiuto che solo lei poteva dargli. E alla fine lei l’aveva perdonato, in fondo lo amava. Ma Davide non cambiava, continuava a insultarla e umiliarla ogni volta che ne aveva la possibilità. Bastava una parola di troppo, un messaggio sul cellulare, un vestito un po’ scollato. Aveva la capacità di farla sentire una fallita, una nullità, una donna che non valeva niente come diceva lui. Alla fine la disperazione aveva superato il suo orgoglio e Maria aveva chiesto aiuto ai suoi genitori. Era solo grazie a loro che aveva avuto il coraggio di lasciarlo e andarsene, dopo mesi costretta a subire continue vessazioni sia fisiche che psicologiche. Le uniche parole di sua madre erano state mi dispiace. Mi dispiace per non averti protetta, mi dispiace per non averlo capito, mi dispiace di averti lasciata sola.
Così come quella sera Maria si guardò allo specchio, le lacrime rigavano il suo volto; il dolore che provava, anche se era trascorso quasi un anno, era ancora troppo forte. Nonostante tutto però voleva ancora bene a Davide, provava pena per lui. Non era cattivo, aveva solo bisogno di aiuto che lei da sola non aveva potuto offrirgli.
Dopo aver fatto colazione, si preparò velocemente e uscì, diretta a casa del suo ex-marito. Non vedeva l’ora di ritirare quei documenti tanto attesi che rappresentavano finalmente la sua completa libertà.
 
Maria era distesa a terra, aveva battuto la testa e la vista era annebbiata. Sentiva un liquido freddo colarle lungo i capelli e il volto e non capiva, non voleva capire come potesse l’acqua puzzare così tanto. Riuscì a malapena a voltarsi, appena in tempo per vedere il sorriso di quell’uomo che aveva amato, mentre prendeva un fiammifero. Si chiese come aveva potuto essere così cieca, come aveva fatto a non vedere la tanica di benzina già pronta nel salone, come aveva fatto a non accorgersi che lui aveva qualcosa che non andava. In un attimo sentì il fuoco su di lei, trapassare i vestiti, la carne, le ossa. Sentiva solo le sue grida straziate dal dolore, stava bruciando e non capiva più niente.
  
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