PaUrA?
(non
con me)
Aki
Alzo gli occhi e fisso i suoi con scarso interesse.
Un’altra giornata. Un altro giorno passato.
E io sono sempre Bill Kaulitz e lui è sempre Tom Kaulitz. Impossibile
spogliarci di dosso questi ruoli, perché la vita o forse il destino ce li ha
assegnati con tanta cura e determinazione. Incredibile come a volte io desideri
cambiare gli abiti, uscire di casa, passare inosservato sotto lo sguardo di
tante ragazze che solitamente mi si precipiterebbero dietro. Sarebbe bello
chiamarsi Bill, solo Bill, senza quel cognome che mi identifica così
inesorabilmente, che mi marchia a fuoco con un futuro già segnato, giorno dopo
giorno. Una fortuna? Forse. Molti vorrebbero essere il mio posto, ma io credo
che una volta impossessatisi dei miei pani, cambierebbero idea nel tempo di
qualche giorno. Certo ho tante fortune, soldi, ragazze a disposizione, ma mi
manca tutto. Gli amici? Dove sono? Andreas? Mio fratello, George e Gustav? Ma
sono quattro. Un ragazzo della mia età non dovrebbe averne di più? Non lo so.
In fondo non sono mai stato un diciottenne, no? Sono una celebrità senza età.
Perché l’età cosa può contare quando sei circondato da fotografi, programmatori
di vita e un’immagine di te che può cambiare di giorno in giorno?
Scuoto la testa, assorto nel mio ultimo pensiero.
Tom, seduto dal lato opposto della stanza, vicino alla
finestra, fuma una sigaretta tranquillamente. Accenna appena con gli occhi il
fatto di aver notato il mio movimento, poi torna a guardare fuori, sul
terrazzo, da dove tutta Magdeburg è ai nostri piedi.
A volte mi chiedo cosa pensino di me le ragazze che
piangono ai concerti… Non sono un dio, forse gli dei non esistono, ma cosa
sono? Non lo so nemmeno io. Mi domando se quell’entità che fa girare il mondo
si sia soffermata su quello che ha creato: come potrei definirmi? Un modello di
vita, un sogno impossibile, un pazzo? Potrei essere tutte le cose, oppure
nessuna. Il fatto che mi distrugge è che non potrò mai saperlo. Potrei prendere
una ragazza, chiederle cosa sono, ma lei cosa mi direbbe? “Sei il ragazzo più
dolce del mondo” o “Sei un figo pazzesco”. Ma io non ne trarrei fuori niente.
Non leggo nel pensiero, non posso sondare l’anima. Non posso avere una
risposta.
Stancamente, armeggio nella mia tasca alla ricerca delle
mie Marlboro Light, quando uno sguardo mi trafigge dalla parte opposta del
locale. Tom mi fissa con intensità, serio, senza l’ombra del suo sorriso
strafottente, con una preoccupazione mista a curiosità che non so meglio
identificare. Non rispondo allo sguardo, come avrei fatto normalmente,
rincuorandolo con uno dei miei sorrisi, ma semplicemente abbasso gli occhi,
incapace di dirgli che sto bene. Quando mai sono riuscito a mentire al mio
gemello?
Un pensiero mi colpisce. L’anima gemella… Io non ho mai
pensato che potevo già averla accanto a me, ma riflettendo… è plausibile… Tom è
la mia anima gemella, no? Se sentiamo ciò che l’altro prova significa che non
solo l’unione è mentale, ma anche spirituale. Quindi siamo due anime
gemelle.
Sorrido alla mia riflessione insensata. Questa sera sto
pensando un po’ troppo. La mia mente fila veloce come la mia parlantina… Tom
riderebbe se glielo dicessi.
Invece è lì, ancora mi fissa, incapace di leggermi nel
pensiero come lo fa col mio cuore. Eppure capisco che lo desidererebbe tanto,
lo estrapolo dai suoi occhi, quel bisogno insensato di sondarmi la mente.
Ci guardiamo per pochi attimi ancora, poi sono nuovamente
io ad interrompere il contatto, oggi non lo reggo. Mi alzo dalla sedia di legno
ed esco sul terrazzo, con la sigaretta raggiunta nella tasca destra, ora
stretta convulsamente tra le dita, come un appiglio verso la salvezza. I miei
passi vellutati mi permettono di raggiungere la ringhiera; vi appoggio i
gomiti, poi continuo a fissare la città senza in realtà vederla.
Ancora una volta la mia mente mi ha catturato; fumo
velocemente, ma in modo rassegnato, senza accorgermene in verità. I miei occhi
sono due pozzi profondi che mi arrivano al pensiero.
A cosa sto pensando? Al niente e al tutto. Pochi giorni fa
ero steso su un letto, tossendo ad una velocità spaventosa, con i ragazzi
accanto, ma un po’ distanti. E ora? Sono qui che fumo e me ne fotto di tutto il
mondo e della mia salute cagionevole che mi tarpa le ali. Niente concerti,
niente grida di felicità, niente vita. Perché ormai la mia esistenza è basata
su quello. Incredibile come quando diventi un cantante famoso, e tutti
crederebbero che puoi farti i cazzi tuoi, la tua vita dipende solamente dagli
altri, e agli altri deve andare. Non è così? Vivo per i fans, per loro scrivo,
per loro canto, a causa loro mi sono ammalato, ma non attribuisco loro la
colpa. E così, mentre due giorni fa ero steso sul letto, senza via d’uscita da
quell’insopportabile dolore al petto, ora sono qui e me ne frego di tutto. Me
ne infischio persino di me stesso; io, il grande egocentrico.
Forse non m’interessa più vivere. “Spring nicht”… già, non
posso smettere di dare alla vita la soddisfazione di avermi tra le sue
marionette, perché io stesso ho detto in giro che “la vita non si tocca”. Ma
ora comincio a capire cosa sentono i suicidi… Io ho avuto il coraggio di
scrivere una canzone, quando sono stato il ragazzo più fortunato della terra,
senza sentire in realtà mie quelle parole di addio… Fino ad adesso. Non so cosa
sia cambiato dal primo giorno in cui ho veramente capito di essere una
celebrità. Forse il fatto che ho avuto delusioni enormi. Forse non conoscevo lo
stress. Forse il fatto che la fama per me era tutta soldi e ragazze, ma non
capivo che era anche alcool e droga… Forse non ero un diciottenne affetto da
bulimia e depresso… Forse avevo ancora accanto un fratello. Ed ora? Adesso che
Tom ogni notte mi lascia da solo nella stanza, mentre sento i suoi gemiti in
quella accanto e non riesco a chiudere occhio? Adesso che durante il giorno
ride e scherza con George e Gustav e mi rivolge solo qualche occhiata d’intesa
che io non ricambio? Adesso che, seduto sulla sedia, non capisce che sto per
abbandonare questa terra e fuma tranquillamente la sua sigaretta?
Improvvisamente torno alla realtà, gli occhi ritornano a
fissare Magdebrg illuminata solo qua e là, ma la vedo sfocata. Sto piangendo.
Poche, silenziose, lente lacrime. Ansiose di gustare la sensazione di essere le
ultime.
Addio, Tom. Sarò capace di dirtelo?
Una sensazione di gelo mia avvolge, se questa è la morte,
ben venga. Ma sto solo chiudendo gli occhi e svenendo; sto scivolando a terra,
ma rimango bloccato da qualcosa; resto sdraiato, con la schiena sollevata e la
testa che ricade leggermente all’indietro.
Non sono capace nemmeno di gettarmi nel vuoto.
Ma allora perché sono qui?
Non riesco neanche a perdere i sensi, rimango in un limbo
tra incoscienza e veglia; quella sensazione di gelo ancora avvolta al mio
petto. Ma se non è la morte che cos’è?
La vista offuscata da punti neri, sospesi nei miei occhi,
mi guardo la pancia, sempre più magra. E vedo due braccia avvolte attorno a me,
nude, fredde.
Chiudo gli occhi, per ascoltare qualsiasi cosa. Ma non
sento altro che piccoli, impercettibili singhiozzi sul mio collo.
“Perché, Bill?”
Schiudo le labbra incollate e gonfie, ma non trovo la
voce.
“Mi vuoi uccidere?”
La domanda arriva così inaspettata alle mie orecchie, che spalanco
gli occhi. Una nuova ondata di puntini neri mi costringe a serrarli.
“I-io…”
sento un soffio caldo e umido sulla nuca.
“Sono uno schifo. Non sono stato capace di impedirti di
arrivare alla bulimia, non sono riuscito a tirarti fuori dalla depressione, non
sono stato capace di consolarti nemmeno la notte.”
Un sospiro, lento, terribile, chiude le tue parole e
infonde l’aria di un senso di colpa palpabile.
“Non sono stato un fratello. E neanche sono riuscito ad
essere un gemello.”
Un nuovo vuoto. Nuovo silenzio. I nostri respiri
s’intrecciano: il tuo, affannato, strascicato in gola; il mio, lentissimo,
quasi impercettibile.
“Ma, Bill… Sono ancora così egoista da non poterti
permettere di ucciderti… Perché, lo sai, morirei anch’io…”
Il mio cuore riacquista un battito perso, forse mi resta
ancora qualcosa per cui vivere.
“Bill… Perché? Cosa, di questa vita, ti fa così schifo?”
Non riesco a trattenermi dal parlare, anche se il dolore è
forte e ad ogni parola devo tirare il fiato. “Io… non… so… chi sono… perché… la
vita… ci ha fatti… così… perché… sono costretto a… droga, alcool… delusioni…
stress… infelicità…”
Prendo un respiro più lungo. “Dimmi… Tom… perché non c’è
amore nella mia vita… perché… ho paura di… non riuscire ad essere amato?”
Una risata flebile, corta, triste, mi scalda il collo e le
spalle.
“Ma Bill… Tu hai paura? E’ questo che dici?”
Il mio silenzio conferma ciò che ha detto. Probabilmente
ora si starà mordendo le labbra carnose, rosse per il freddo.
“Ascoltami… Io sono qui. Io sarò sempre con te, non conta
ciò che accadrà. Perciò ascoltami… Le paure saranno sempre le stesse, ma…” si
avvicina di più al mio orecchio che sta pian piano diventando insensibile “…
saranno automaticamente diverse e più facili se le affronteremo insieme. Io
sono e sarò sempre qui con te Bill. L’importante è questo.”
Una goccia di pioggia mi cade sul naso. La fisso un
momento, togliendo la concentrazione da ciò che il mio gemello ha sussurrato.
Poi ripenso a quello che ha detto. Forse la vita non è poi così nera. Se non
siamo soli.
Il mio sorriso dev’essere una conferma.
Mi sento sollevare con facilità e portare nel letto, che
mi avvolge. Perdo i sensi con la certezza di avere qualcuno accanto.
Riapro gli occhi tra le coperte. Un batuffolo enorme di
rasta e vestiti larghissimi abbraccia il mio profilo magrissimo. Sono sicurom
che questa notte riuscir a dormire. Questa notte mio fratello sarà solo mio.
E domani si vedrà.
Ma insieme. Un passo alla volta.
Fine!!
Lo so, ero troppo depressa… E’ un po’ per via del concerto
di Torino annullato… Non do la colpa a nessuno e non sono assolutamente
arrabbiata con i Tokio!!! Ma nessuno mi può impedire di essere triste… Bò…
spero che la fic vi piaccia, anche se è come sempre ripetitiva…
A me però piace XD
Grazie a tutti quelli che leggeranno e che (vi prego!)
recensiranno!!
Baci e alla prossima!!
Aki