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Autore: ManuFury    22/09/2013    5 recensioni
(...) "Lei correva sul prato, raccogliendo fiori e inseguendo farfalle dalle splendide ali viola. Rideva, solare e colma d’energia come solo una quattordicenne innamorata della vita poteva fare. Poi era successo: non aveva visto quel sasso, nascosto dietro un ciuffo più alto d’erba sul quale padroneggiava un grande fiore dai petali gialli." (...)
Ecco a voi la mia primissima storia sui Fantasmi... e speriamo bene... ^^''
Buona lettura!
(Nona Classificata al Contest "I titoli del maestro" indetto da Marge86)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA BALLATA DEGLI ANNEGATI
 
 
Chi sei? Il mio nome era Gianni, nuotavo a vent'anni appena, 
ma qui avrò sempre vent'anni. E tu? Mi prese una piena 
su a monte, non fui mai trovato. E tu? Da solo una sera, 
per me era peso il passato e l'acqua sembrava leggera.
 
 
“E tu?” Domandò una voce giovanile e squillante, forse solo appena più soffocata e gorgogliante rispetto al normale. Un po’ com’erano tutte le voci lì giù.
Enrica levò lentamente il capo biondo verso il giovane che le aveva posto quel quesito. Lui la stava guardando con quei suoi occhi così innaturalmente blu.
Tutto qui è così innaturalmente blu. Commentò mentalmente guardandosi un po’ attorno: l’ambiente che la circondava era chiaro, limpido e… blu come l’acqua.
Il ragazzo ancora la osservava, ma Enrica non gli rispose e chinò nuovamente il viso, come se la testa fosse un macigno pesantissimo.
E pensare che tutto lì era così… leggero.
Si guardò di nuovo attorno, attraverso il blu trasparente di quell’ambiente che non era il suo. Aveva l’impressione di partecipare a una di quelle inutili riunioni degli AA: una cerchia di disperati che non si conoscono, accomunati solo da una cosa. L’annegamento.
Annegare… il peggior modo di morire, dopo lo strangolamento. Fu il pensiero della giovane. Era una morte così lenta, così agognata e orribile: sentire i propri polmoni scoppiare alla ricerca di aria che non c’era, e più se ne ricercava più era l’acqua che li riempiva, gonfiandoli come palloncini, ma tutti sanno la fine cui vanno incontro i palloncini troppo rigonfi.
Pff!
Si sentiva la propria vita lasciare il corpo alla velocità di una lumaca, uscendo da ogni poro disponibile come sudore.
Una sola parola per descrivere quella morte: terribile.
Un pensiero le illuminò la mente come una folgore: se avesse preso più fiato, riempiendo maggiormente i polmoni d’aria, magari… stroncò sul nascere quella riflessione, se avesse avuto più fiato, avrebbe solo prolungato la sua agonia.
Sospirò piano, portansi le mani alla nuca e così facendo sfiorò con le dita i capelli legati in una grande treccia bionda. Era stata sua madre a intrecciarle i capelli in quel modo. Al suo fratellino piace tanto quella pettinatura.
Immagini: visi, sua madre, suo padre, il suo fratellino; paesaggi, tramonti e cieli stellati, prati inondati di sole e coperti dai mille colori della primavera, stagione di vita pulsante per tutti. Per tutti, meno che lei.
E tu? Si domandò in silenzio, capo chino e sguardo chiaro assente perso nei ricordi.
E lei?
Lei correva sul prato, raccogliendo fiori e inseguendo farfalle dalle splendide ali viola. Rideva, solare e colma d’energia come solo una quattordicenne innamorata della vita poteva fare. Poi era successo: non aveva visto quel sasso, nascosto dietro un ciuffo più alto d’erba sul quale padroneggiava un grande fiore dai petali gialli. Era inciampata, perdendo l’equilibrio dopo qualche attimo passato a mantenersi in piedi, sbattendo con forza le braccia, sembrava una di quelle farfalle che tanto amava ricorrere.
Il fiume era così vicino, l’acqua così forte e profonda per lei che non aveva mai imparato a nuotare.
Abbassò le dita, facendole scorrere sui capelli raccolti in quella morbida treccia che sua madre aveva così amorevolmente creato. Sotto i suoi polpastrelli sentiva i capelli, un tempo crespi,  trasformati in fili lisci e bagnati. Arrivò al fondo e si strappò l’elastico, sciogliendosi la treccia.
Da quel momento in avanti non c’era più niente: niente più trecce che il suo fratellino avrebbe tirato, fingendo che fossero le briglie di un cavallo, niente più corse sui prati all’inseguimento di farfalle, niente più risate, niente più… vita. Quest’ultima le era scivolata dalle dita come acqua.
Enrica sospirò ancora e alzò lo sguardo verso gli altri seduti a cerchio attorno a lei, in attesa che il suo silenzio fosse finalmente rotto. Prima lo accettava, meglio era per lei.
Prese un bel respiro.
“Io… ero Enrica…” iniziò con voce atona ma gorgogliante come l’acqua che scorre. Acqua chiara com’era lei in quel momento, solo un riflesso più scuro nel blu del fiume. Un riverbero che finalmente accetta di essere tale e si lascia alle spalle solo un ricordo sbiadito.
Il suo e quello di tutti gli altri annegati.
 
 
Riposa, 
dimentica quello che è stato, il tempo quaggiù s'è fermato 
ormai tu non puoi che dormire e ascoltare le storie del fiume che va verso il mare. 


   
*Da un sasso in riva al fiume*
 
HOLA! ^_^
 
Ben trovati e grazie per essere giunti fin qui, complimenti davvero.
Che dire?
Una nuova sperimentazione nel settore originali con a tema i Fantasmi. Non sono certa di aver reso benissimo l’ambientazione e tutto il resto e quindi ogni consiglio è ben accetto visto quanto sono profana del settore.
Sulla Fic non ho molto da altro da dire, quindi passiamo alle informazioni di servizio:
1. La storia è stata scritta per il Contest Originale “I titoli del maestro” indetto da Marge86.
2. La scelta della canzone è stata molto influenzata dalla Challenge “La sfida dei duecento Prompt” indetta da msp17, con il Prompt 140) Annegamento.
3. La storia partecipa al Contest: "Winter Contest II° Edizione" indetto da My Pride ma valutato da meryl watase.
Incredibile ma vero, ma sono già a quota 10 con questa storia (ovvero, mi mancano 271 Prompt tra quelli normali e quelli Bonus, sono a cavallo! ^^).
Ok… ho finito, ci si sente presto! ;)
ByeBye
 
ManuFury! ^_^ 
  
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