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Autore: grenade_    22/09/2013    2 recensioni
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Sorellastra?!»
Le voci di Cory e Alex rimbombarono all’unisono nel locale, e attirarono l’attenzione di alcuni clienti curiosi, e il fastidio di altri. Anche Peter e Zoe, gli altri impiegati, parvero incuriositi da quell’esclamazione inopportuna, ma si limitarono a scuotere la testa e tornare al loro lavoro.
«Volete chiudere quelle boccacce?» li rimproverai, a bassa voce «Ci manca solo che lo urliate fuori in strada!»
Loro due ritirarono le espressioni sbalordite presto e richiusero le loro bocche, impegnandosi per mantenere un certo contegno. Eravamo in un luogo pubblico, e non a tutti piacciono le persone che urlano di primo mattino, specialmente se si ha la luna storta.
«Hai ragione.» Alex si scusò per prima, Cory sorrise soltanto «Quindi questa Samantha sarebbe venuta fuori così, dal nulla?»
«Io non chiamerei Los Angeles “nulla”» ribattei sarcastico «ma sì, è piombata a casa di Madison senza alcun avviso e ci ha dato la notizia.»
«Che batosta...» osservò Cory, ancora a rigirare il cucchiaino nel suo frappuccino «Quindi suo padre si risposa? Senza averle detto niente?»
«Sapeva che Maddie gli avrebbe sputato in faccia il suo rifiuto, ha preferito evitare. Ma comunque lei gliel’ha sputato per telefono.»
«Non penso sia potuto arrivare, sino a Los Angeles» commentò Alex, con un sorrisetto. Forse si aspettava che anche noi sorridessimo per la battuta, ma Cory aggrottò la fronte ed io rimasi in silenzio, a lavare le posate di cui mi stavo occupando. Lei tossicchiò, intenzionata a non perdersi d’animo e cambiare discorso. «Maddie non deve averla presa bene, non è così?»
Oh, Maddie. Dire che non l’aveva soltanto presa bene sarebbe stato un eufemismo. Per lei quella notizia era un nuovo abominio e un’agonia crescente. Non aveva chiuso occhio quella notte e nemmeno io, troppo preoccupato che riprendesse a piangere. Ma lei non lo aveva fatto. Non aveva versato nessuna lacrima e si era limitata a restare ben stretta a me, quasi costituissi un’ancora, sospirando e singhiozzando di tanto in tanto, senza comunque parlare. Ogni tanto si era alzata per andare in bagno o prendere un po’ d’aria ed io l’avevo lasciata fare senza seguirla, pronto ad accoglierla nuovamente tra le mie braccia, quando sarebbe tornata.
Samantha era tornata poco dopo in casa e aveva deciso di sistemarsi in una delle due stanze da letto libere, e aveva avuto il tatto di non lamentarsi, sebbene avessi percepito dalla sua espressione che la sua stanza non le piacesse granché. Ma da come la si sentiva russare, aveva dormito eccome.
Maddie era crollata in un leggerissimo e insufficiente sonno solo verso le 7 del mattino, proprio quando io mi ero alzato per prepararmi per il lavoro.
«E’ distrutta.» decretai.
«E anche tu.» aggiunse Cory. Diede un rapido sguardo alle mie occhiaie non ancora ben visibili e le analizzò con una smorfia. «Immagino tu non abbia dormito.»
Scossi la testa.
«Vedi che puoi tornare a casa se non te la senti di rimanere qui.» il tono premuroso di Alex mi fece sorridere.
«Tranquilla Alex sto bene, non è certo la prima volta che non dormo di notte...» ma non feci a tempo a terminare la frase che uno sbadiglio mi investì, e rivelò ogni mio sintomo di stanchezza.
«Dovresti andare a casa.» ribadì Alex.
«Posso farcela.»
Stavo morendo di sonno. Avrei dato qualsiasi cosa in quel momento per schiacciare un pisolino e sapevo che Alex aveva ragione – Alex ha sempre ragione – ma non potevo permetterle di coprire anche il mio turno un’altra volta, sebbene il mio volto tradisse la mia discrezione. Soprattutto non volevo rilassarmi. Avevo bisogno di qualcosa da fare, o il pensiero di Maddie mi avrebbe torturato per tutta la giornata, e non sarei nemmeno riuscito a prendere sonno.
«Che tipo è questa Samantha?» fu allora la domanda di Cory, quando Alex si fu allontanata per servire delle bambine.
«Schizzinosa» la sintetizzai in un solo aggettivo.
«Schizzinosa in che senso?»
«Beh non le piace la città, non le piace il clima, non le piace la casa, non le piace la sua stanza e sono certo che dopo ieri non le piacerà nemmeno sua sorella.»
Madison non si era mostrata proprio entusiasta di lei o di ciò che rappresentava, la scorsa sera. Aveva reso ben nota la sua disapprovazione e il suo astio, e le cose non dovevano essere cambiate molto all’alba del nuovo giorno: le probabilità che Maddie avesse allargato le braccia e pronunciato a gran voce un “buongiorno, sorellina!” erano piuttosto scarse. O inesistenti.
«La mettiamo bene... Maddie che ne pensa?»
«La odia. E non solo perché non vuole assolutamente una sorellastra, ma perché è il tipo di persona da cui si terrebbe generalmente lontana.»
Cory increspò le labbra, gesto che stava sempre a precedere un “Che situazione del cazzo”, che infatti arrivò dopo. «Dovrà comunque imparare a conviverci» riprese «se presto si ritroveranno sorelle. Immagino suo padre voglia tenerla sotto la sua ala, con la sua nuova famiglia..»
L’insinuazione di Cory mi giunse forte e chiara, e mi rese furioso. «Maddie non lo seguirà a Los Angeles, se è questo a cui pensi» sibilai «Lei non lo farebbe mai.»
No, è ovvio che non l’avrebbe fatto. Perché Cory l’aveva anche solo pensato? Lei non avrebbe mai seguito suo padre perché prima di tutto adesso il suo odio s’era accresciuto, poi perché non avrebbe mai abbandonato Londra rinunciando al suo obbiettivo. Lasciarla sarebbe stato come dire addio ad Amelia, e lei si era ripromessa di non farlo mai.
Poi c’ero io. Maddie non mi avrebbe mai lasciato da solo, di questo ne ero certo. Eppure perché l’idea mi spaventava così tanto?
«Dico solo che potrebbe pensare di farlo» Cory azzardò.
«No. Lei non ci pensa nemmeno a lasciare Londra.»
Il mio tono era così duro e severo da non ammettere repliche, e Cory sapeva che se c’era un argomento riguardo al quale aveva il dovere di tacere quello era proprio Madison. Sapeva quanto fossi permaloso, suscettibile e scontroso se diventava oggetto di discussione, e non avrebbe detto un’altra parola per scatenare la mia collera. Quindi passò a parlare d’altro.
«Elena non è stata molto bene stanotte» disse, ancora alle prese col frappuccino.
«In che senso non è stata bene?» scattai allarmato.
Mia sorella. Ero stato così concentrato su Maddie che me n’ero dimenticato.
«L’ho sentita gemere, forse per le fitte. Ha fatto la spola tra la sua stanza e il bagno per tutta la notte, credo abbia vomitato anche l’anima.»
Cory sembrò preoccupato. E anch’io cominciavo ad esserlo. Quella poteva considerarsi la sua prima vera nausea da quando Elena era arrivata, e non pensavo potesse mettermi in pensiero così tanto. Sapevo che le capitava spesso ed era una cosa del tutto normale in piena gravidanza – il dottore si era persino meravigliato che non l’avessero colpita per un’intera settimana – ma non potevo fare a meno di pensare che avrei dovuto starle vicino.
«Stamattina come stava?» chiesi.
Cory sospirò. «Bene, credo. Non sono un medico e quando mi sono svegliato dormiva ancora, quindi non posso saperlo.»
Elena non stava bene. Il fatto che al risveglio di Cory dormisse ancora e non mi avesse ancora chiamato o inviato un messaggio per avvisarmi di essere sveglia ne era un segno. Ed io continuavo a pensare che avrei dovuto restarle accanto.
Ma allora chi si sarebbe preso cura di Maddie?
Quando Cory ritentò a parlare e Alex fu tornata da noi, allora la porta di ingresso della caffetteria si aprì, lasciando entrare una fastidiosa folata di vento e due persone.
Quasi mi sentii il cuore in gola quando vidi il viso di Maddie, stretta nel solito cappotto e il berretto di lana, lo sguardo basso. Quelle poche ore di sonno non l’avevano migliorata. Si vedeva lontano chilometri che era del peggiore degli umori, e che aveva bisogno di riposare.
Accanto a lei, sorprendentemente, c’era Ethan. Non così sorprendentemente, infondo mi aspettavo che dovesse arrivare a fare la parte dell’eroe prima o poi. E infatti lui la stringeva e la guardava quasi come se fosse il pompiere salvatore e Maddie un impaurito gattino salvato dalle fiamme, e avrei potuto vomitare alla visione delle loro mani intrecciate.
Ethan non sapeva. Ethan non l’aveva vista piangere, impazzire, urlare, lui non sapeva niente di tutto questo. Lui non era mai stato davvero presente quando la sua ragazza si concedeva di essere di malumore, ma amava far finta di proteggerla fingendosi un fidanzato dolce e premuroso, quando invece avrei giurato che lo facesse solo per farmi infuriare. E ci riusciva benissimo, perché già il solo vederlo mi stava corrodendo le viscere per la gelosia e la rabbia.
Una cosa però la sapeva: la mia cotta. Ethan non era stupido ed ero sicuro avesse capito già da un bel po’ che invidiavo la sua posizione più di qualsiasi altra cosa. Ma l’alibi del migliore amico reggeva alla grande e lui non aveva mai provato a metterla in dubbio, perlomeno non pubblicamente. Per li resto si limitava a fingersi indifferente e guardarmi con sfida ogni volta che era insieme a Maddie.
Non avevo mai desiderato picchiare qualcuno, ma se mai sarei diventato un tipo violento, lui sarebbe stato il primo della lista. O l’unico.
Maddie non alzò nemmeno gli occhi a guardarmi. Si lasciò semplicemente guidare ad un tavolo libero da Ethan, che le ritirò la sedia come un gentiluomo e la aiutò a prendere posto, sedendole poi di fronte. Maddie gli sorrise soltanto, per ringraziarlo del gesto.
Quando lui si alzò, Alex colse la mia supplica silenziosa e si offrì di prendere le ordinazioni, sforzandosi di sorridergli cordiale come faceva con tutti i clienti. Cory invece non era così discreto e amabile, e non si pose alcuno scrupolo a lasciarsi scappare un’occhiataccia di ripugno. Nemmeno a lui piaceva Ethan.
Io non gli prestai la minima attenzione, ora che si era allontanato da Madison. Era di lei che mi importava. Quindi uscii da dietro al bancone e con un elaborato e profondo respiro mi avvicinai a lei, evitando di sedermi allo stesso posto di Ethan. «Come stai?» incalzai.
Non rispose. Si strinse nelle spalle, lasciandomi intendere le peggiori risposte.
Vederla così mi distruggeva. Mi sentivo così impotente, nel vedere il suo muso lungo.
«Saresti dovuta rimanere a casa.» il mio non suonava come un rimprovero, ma come un dolce consiglio che ormai non poteva più essere seguito.
«Anche tu. Eppure sei qui.» si limitò a dire, accennando ad un sorriso mesto.
«Il mio non è un altro discorso.»
«No, non lo è.» alzò lo sguardo, per esaminare anche lei il mio volto esausto. «Sei preoccupato.» mormorò infine «Anche Ethan lo è. Smettetela di preoccuparvi per me, non ne vale la pena.»
Ethan preoccupato? Sì, preoccupato di non riuscire nella sua scenetta pensai, ma mi vidi bene dal tenere la bocca chiusa.
«Sai che non posso smettere.»
Sospirò. «Lo so. Ma non sono vulnerabile, non c’è bisogno che mi stiate tutti così attorno. Siete voi a farmi sentire debole, io sto bene.».
Sapevo cogliere la menzogna nella sua voce in ogni occasione, e mi sorprendeva che dopo tutto quel tempo lei non l’avesse capito: non poteva mentirmi. Ma c’erano un paio di cose che Maddie non aveva capito, infondo.
Scossi la testa, a contraddirla in silenzio. «E’ così sbagliato che io voglia aiutarti?» chiesi sommessamente.
«Sì, se questo ti distrae dalla tua vita!» scattò dura.
Senso di colpa. A ripensarci era strano non fosse ancora affiorato. Perché si ostinava ogni volta a pensare che lei riducesse le mie priorità? Non avrei dovuto prendermi cura di lei, era questo che intendeva. Odiava essere al centro dell’attenzione, della mia attenzione, perché pensava di procurarmi preoccupazioni inutili, e che questo limitava le mie giornate a starle attorno, in ansia. Avrebbe preferito risolvere questa cosa da sola, ma sapevamo entrambi che non poteva farcela. Lei era solo troppo orgogliosa per ammetterlo.
«Devi smetterla con questa storia.» le intimai  «Se ti sto attorno è perché sono preoccupato, e se sono preoccupato è perché tengo a te e ti conosco abbastanza da sapere che non puoi affrontare questa cosa da sola!»
Il mio tono stava decisamente rigenerando. Avrei dovuto darmi una calmata, ma non potevo accettare che lei tentasse così di continuo di tagliarmi fuori dalla sua vita, se qualcosa la disturbava. Odiavo che lo facesse, gliel’avevo reso noto parecchie volte, ma lei continuava con quella scenata infantile, come volesse farmi un dispetto.
«Lei non è sola.»
La voce roca di Ethan alle mie spalle mi fece irrigidire. Mi voltai, livido d’odio. «Senza offesa, ma i nostri discorsi non ti riguardano.»
«Oh certo che mi riguardano» ribatté lui con un sorriso «se quella contro cui urli è la mia ragazza.»
Avrei giurato avesse accentuato la voce su quel “mia”.
«Questo non ti da il diritto di immischiarti.» e si da il caso che io abbia molti più diritti di quanti ne abbia tu, avrei voluto aggiungere.
Lui assunse un’espressione seria, minacciosa. Ma la mia non era da meno. E così ci ritrovammo faccia a faccia, a fissarci infuriati, azzurro contro verde.
Inarcò le sopracciglia, si inumidì le labbra. «Ci sono io per lei. Non serve nessun’altro.»
Un sorriso sarcastico non poté fare a meno di formarsi sulle mie labbra. «Oh, hai fatto proprio un bel lavoro...» gongolai. Quella mia affermazione sembrò irritare Maddie.
«Smettetela. Ethan, andiamo via.»
Ma quello non si mosse di un millimetro, se non per sovrastarmi in altezza. «Non te lo dirò più Horan, vedi di starle lontano.» sussurrò, con tono spaventosamente calmo.
«No, vedi tu di starle lontano!» replicai, facendo qualche passo in avanti «Se tra noi c’è qualcuno che le fa del male sei proprio tu, non io.»
«E tu saresti il ragazzo perfetto?» commentò ironico «Quello con la testa sulle spalle, quello sincero e premuroso, non è così? Ti credi migliore di me, vero?»
Aveva una scintilla terrificante negli occhi. E forse il suo tono lapidario e la vena pulsante sul collo avrebbero dovuto spaventarmi e fermarmi, ma volevo sbattergli in faccia la verità, ovvero che io contavo molto più di lui.
«Non lo credo. Io so di esserlo.»
Sollevò le labbra in un sorriso derisorio, e la risatina che ne seguì fu anche più inquietante. Inclinò la testa, quasi stesse analizzando la mia espressione. «Sei solo un codardo.» mormorò, sprezzante «Sei un vigliacco, Horan, è questa l’unica cosa che sei. Sai di esserlo.»
Mi sorrise un’ultima volta, da bastardo qual’era. Ma la sua bella faccia abbandonò presto il sorriso, quando il mio pugno si abbatté contro la sua guancia.
«Niall!» Madison strillò.
Mi voltai, e colsi solo il suo sguardo terrorizzato. Quello equivalente di Alex, e quello sbalordito di Cory. Quello infastidito e incuriosito dei clienti.
Io fissai soltanto il mio pugno ancora stretto, forte, a mezz’aria. Poi vidi Ethan, lontano di circa un metro, la testa incrinata e la mano a pulirsi il labbro, dove si era fatto vivo un po’ di sangue. Ma quando scoprì il viso, sorrideva ancora. Vidi solo la sua mascella irrigidirsi, poi mi si scagliò contro.


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SLAAAAAAAAAP!
Lo scontro tra fidanzati gelosi è avvenuto! ahahah volevo scriverlo da tanto. Voi da che parte state? Io tifo Horan.
#teamHoran 
Ma forse questa "scenata" potrebbe cambiare un po' le cose. Sopratutto tra Niall e Madison. 
Scopriremo alla prossima come! (Sì Federica, a spittà.)

 
  
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