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Autore: Keros_    22/09/2013    4 recensioni
One-shot nel mondo di Withe Collar.
“E’ scappato.”
Blaine alzò di scatto i suoi occhi luminosi su quelli azzurri di suo fratello, in piedi davanti alla porta del suo ufficio. Lo guardò un attimo confuso, poi gli venne in mente. Si portò una mano a coprirsi gli occhi e subito dopo si alzò di scatto dalla sedia, le braccia lungo i fianchi.
Era stato un idiota ad affidare un compito così importante a Cooper. Lo sapevano tutti che non sapeva badare nemmeno a un pesciolino rosso.
“Chi è scappato?” Domandò, sapendo già la risposta, cercando di non sembrare troppo arrabbiato. Infondo sapevano tutti che bastava urlare per il Central Park e il loro cane sarebbe corso verso di loro da sotto un albero, dove si era rifugiato aspettando che venissero a cercarlo. “Mr. Jack?”
Cooper scosse violentemente la testa, mordicchiandosi il labbro. Sospirò affranto e in quelle iridi azzurro chiaro, Blaine vide tutto il suo dispiacere. “Sebastian.”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Cooper Anderson, Hunter Clarington, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events.

Attenzione: Questa fanfiction è un crossover nel mondo di Withe Collar. Rispettivamente: Neal!Sebastian, Peter!Blaine, Elizabeth!Diana, Jacob!Jones, MozzieAlexandra!Hunter. Tuttavia mancano alcuni personaggi e ne sono stati aggiunti altri, di conseguenza i personaggi di Glee non rispetteranno le caratteristiche di quelli di Withe Collar. 

 

Don't let me go.




“E’ scappato.” 
Blaine alzò di scatto i suoi occhi luminosi su  quelli azzurri di suo fratello, in piedi davanti alla porta del suo ufficio. Lo guardò un attimo confuso, poi gli venne in mente. Si portò una mano a coprirsi gli occhi e subito dopo si alzò di scatto dalla sedia, le braccia lungo i fianchi. 
Era stato un idiota ad affidargli un compito così importante a Cooper. Lo sapevano tutti che non sapeva badare nemmeno a un pesciolino rosso. 
“Chi è scappato?” Domandò, sapendo già la risposta, cercando di non sembrare troppo arrabbiato. Infondo sapevano tutti che bastava urlare per il Central Park e il loro cane sarebbe corso verso di loro da sotto un albero, dove si era rifugiato aspettando che venissero a cercarlo. “Mr. Jack?”
Cooper scosse violentemente la testa, mordicchiandosi il labbro. Sospirò affranto e in quelle iridi azzurro chiaro, Blaine vide tutto il suo dispiacere. “Sebastian.”
improvvisamente , si sentì come se la moquette, insieme ai diciassette piani del palazzo, fossero scomparsi da sotto i suoi piedi. Ebbe la sensazione di cadere nel vuoto.
“Mi dispiace, Blaine.”

 

 

 

 

 

Un anno e mezzo prima.

La pioggia batteva forte sull’asfalto, eppure gli abitanti della Grande Mela continuavano a camminare imperterriti per le vie della città, scoprendosi alla meglio con i pesanti giacconi e ombrelli. 
Era buio fuori, all’incirca erano le ventidue e trenta di sera, non che facesse differenza all’interno del furgone bianco e striminzito dell’FBI, dove la luce al neon bianca era ormai accesa da diverse ore, mentre Blaine e Jacob ascoltavano svogliatamente ciò che udivano dalla piccola cimice incastonata nella giacca in pelle di Cooper a fingersi un bottone come gli altri. Elizabeth, accanto a loro, invece era l’unica a prestare attenzione agli schermi che avevano davanti, strizzando gli occhi per guardare meglio ciò che accadeva all’interno del locale tramite quello che trasmettevano le telecamere a circuito chiuso del locale che stavano sorvegliando. 
Erano lì davanti dalle otto e ancora non era successo nulla. Di Sebastian Smythe nemmeno una traccia. 
“El, mi passeresti un panino?”
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, per poi girarsi e accavallare le gambe. “Come fai a pensare al cibo in questo momento? Non hai nessun rispetto per tuo fratello.” 
Blaine alzò gli occhi al cielo, sbuffando. “Sa cavarsela anche da solo e a casa non mi hai fatto mangiare niente.” 
“Sai benissimo che tuo fratello non sa cavarsela da solo.” 
Jacob a quel punto sbuffò, si alzò dalla sedia girevole e si accovacciò a terra per aprire la borsa frigo. “Quale vuoi, Blaine?” Chiese per mettere fine a quello che, sicuramente, si sarebbe trasformato in un litigio. 
“Uno qualunque,” rispose lui con un sorriso all’uomo massiccio che gli passò un panino avvolto nella carta stagnola. “Grazie.”
“Di nulla.” Rispose Jacob, tornando a sedersi a lui posto. 
Elizabeth lo guardò schifata mentre Blaine mangiava tranquillamente con le cuffie abbandonate sul grembo. “Insensibile.”
Lui sosprirò, “Cooper non corre nessun pericolo. Respira e rilassati. Sebastian non gli farebbe mai del male.”
“Come se tu lo conoscessi.”
“So abbastanza sul suo conto.”
“Dagli la caccia per tre anni, non fa di te Colui-che-lo-conosce-meglio-di-tutti.”
“Non ho detto-“ Blaine si interruppe. Jacob gli indicò con la mano la sua cuffia, sul suo volto si dipingeva n’espressione concentrata. 
Elizabeth tornò subito a ridare la giusta attenzione ai piccoli schermi afferrando i suoi auricolari senza neanche guardarli e se li portò alle orecchie.
“Cooper..Cooper mi senti?” Chiese Blaine portandosi il più vicino possibile il microfono alla bocca.
“Si.. ti sento.. Sebastian è appena entrato.” 
“Bene. Cosa sta facendo?”
Sta scrutando ogni ragazzo.”
Blaine si morse il labbro, poi un sorriso compiaciuto si delineò sulle sue labbra. “Cerca qualcuno di appetibile con cui andare a letto. Fa in modo in che ti noti e fatti offrire da bere. Ricorda: deve essere lui a fare la prima mossa.”

“Devo pure fare la femmina, fantastico.” Gli rispose Cooper con finto entusiasmo. Si sistemò il colletto della giacca, stando attento a non sfiorare la cimice. Si passò una mano tra i capelli volti e si incamminò verso bancone con un bicchiere vuoto in mano. 
Cercò di evitare gli sguardi delle donne che ammiccavano verso di lui, continuando a guardare dritto davanti a sé, chiedendosi ancora perché avesse accettato e ripetendosi che beh sì, era proprio affascinante. 
Quando passò vicino a Sebastian gli fece un mezzo sorriso, prima di sedersi al bancone come se nulla fosse, i gomiti poggiati sul ripiano. Il barista fu da lui in un attimo.
“Cosa desidera?”
“Un martini.”
“..facciamo due, che ne dice?” Intervenne una voce alle sue spalle. Cooper si girò per ritrovarsi difronte a un ragazzo della stessa età del fratello, capelli castani portati all’indietro, occhi verdi chiaro con sfumature di azzurro, il corpo longilineo fasciato in un completo elegante, come il suo portamento.
“Si, facciamo due. Decisamente,” Rispose flirtando.
Sebastian si sedette sullo sgabello accanto, le gambe divaricate e totalmente rivolto verso di lui. “Mi perdoni, non mi sono presentato. Sono Mattew,” disse porgendogli una mano, “Ma lei può chiamarmi Matt.” 
“Io sono Cameron,” disse rispondendo alla stretta, “non può chiamarmi in nessun altro modo,” gli fece un sorriso enigmatico, “ma prego, dammi del tu. Sono più grande di te, ma non sono mica vecchio.” 

Elizabeth sbuffò. 
“Gelosa?” Le chiese Jacob, un piccolo sorriso compiaciuto sulle labbra. 
Lei lo guardò malissimo. “Figurati.”
Blaine ridacchiò, “Certo che ci sa fare Sebastian. Se Cooper non fosse etero, sicuramente ci sarebbe già andato a letto, non trovi? E’ molto lusinghiero.” 
“Non tutti sono come te,” tagliò corto Elizabeth e Blaine avvampò. “Comunque,” continuò lei, “sarà meglio che lo faccia aspettare un po’ prima di darglielo. Se Sebastian si stanca di lui, salterà tutto il piano per acciuffarlo.” 

 

 

 

 

“C-come sarebbe a dire?” Balbettò, non potendo credere a quello che gli era stato detto. Insomma, non era possibile. Sebastian era cambiato da quanto faceva il Consulente con l’FBI. Aveva una vita rispettabile adesso. Perché farlo?
“Ha tagliato la cavigliera venti minuti fa. Sono corso a dirtelo appena l’ho saputo.” Cooper, sulla soglia, fece per avvicinarsi, forse per dargli un qualche sostegno, ma Blaine lo fece fermare con un cenno della mano. 
“Dov’è stata tagliata?” 
“A casa sua.” 
Blaine annuì lentamente, mentre nel suo cervello molteplici collegamenti a fatti e luoghi venivano compiuti. Doveva ritrovarlo. E in fretta. Ogni minuto che sprecava, Sebastian si allontanava sempre di più da Manhattan dalla legge, da ciò che si era guadagnato e aveva costruito; da lui. 
E non poteva accettarlo. 
“Portami lì. Sicuramente avrà lasciato degli indizi.”

 

 

Un anno prima.

Blaine ed Elizabeth stavano tranquillamente cenando mangiando cibo da asporto seduti sul divano con una coperta di pile sulle gambe, chiacchierando del più e del meno con in sottofondo la televisione. 
Era quasi mezzanotte e quel giorno era stato particolarmente sfiancante. Blaine riteneva che un inseguimento per tutta New York era meno faticoso dello stare otto ore seduti su una sedia chini su una scrivania. 
Elizabeth poggiò il suo piatto sul tavolo e si stiracchiò come un gatto. “Sono tutta indolenzita e domani avremo un appostamento. Che palle.” 
Blaine sospirò. “Già  e dovremo pure svegliarci presto.” 
“Allora io vado a letto. Lascia stare tutto così, domani mattina pulirò io questo disastro.” Gli diede un bacio sulla guancia e si alzò dal divano per poi salire al piano di sopra, in camera sua. Da quando Cooper era sotto copertura e viveva quindi con Sebastian, Elizabeth si era trasferita da lui per dargli compagnia e sentirsi più al sicuro dopo che avevano tentato di ucciderla in casa.
Blaine continuò a guardare la tv per mezz’ora buona, annoiato e accarezzando la testa di Mr. Jack che teneva la testa poggiata sulle sue zampe. Morfeo stava quasi per abbracciarlo quando suonarono al campanello. 
Sobbalzò dalla sorpresa e subito il cane corse fino alla porta guadandola sospettoso. Blaine si alzò dal divano e lo seguì, guardò dallo spioncino per trovare un’uomo con il cappuccio di una felpa e un cappello a coprirgli il viso. Tuttavia aveva qualcosa di familiare. 
“Forza, Blaine, apri!” 
Il moro a quel punto sbiancò di colpo, aprì la porta di scatto, afferrò il fratello maggiore e lo trascinò dentro casa per poi richiudere immediatamente la porta. “Ma sei impazzito? Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti ha seguito qualcuno? E se ci avessi messo tutti in pericolo?”
“Hey calmati Schizzo, nessuno sa che sono qui. Sono stato attento.”
“Attento,” ripeté Blaine con sarcasmo, trattenessi a stento dall’insultarlo. “Che ci fai qui?”
“Ho un’informazione importante da darti,” rispose lui dirigendosi in cucina, costringendo Blaine a seguirlo. 
Si sedettero al tavolo, l’uno di fronte all’altro e Cooper uscì dalle tasche alcuni fogli e il cellulare per deporli tra loro e aprirli. Erano la piantina di un un edificio che Blaine non riconobbe fin quando suo fratello non lo illuminò.
“Qui è la piantina di dove si terrà l’asta più importante di quest’anno, qui a New York. Sebastian ha intenzione di scambiare due dipinti originali con due falsi per poi rivenderli tra qualche mese sul marcato nero; il tempo di far calmare le acque. E’ un piano molto semplice il suo, non sarà difficile acchiapparlo.” 
“Sebastian è molto furbo,” ribatté immediatamente, “e ce l’ha già fatta sotto al naso un paio di volte. Tu sei sicuro di quello che dici?” 
“Si, ha già iniziato a fare degli schizzi, guarda,” rispose lui prendendo il cellulare per mostrargli delle foto di di alcuni disegni incomprensibili, dai quali era impossibile per lui ricondurli all'originale. “Li ho trovati in mezzo a un libro che tiene in camera da letto, dentro un cassetto del comodino, ieri sera. Stamattina erano già scomparsi e le sue mani erano completamente sporche di grafite e carboncino, a pranzo.”
“Queste prove non sono abbastanza, purtroppo. Devi scoprirne di più sui dipinti, qualcosa sul suo piano, come ha intenzione di intrufolarsi all’asta.” Gli ordinò Blaine continuando a guardare le fotografie, facendo lo zoom per trovare sempre dei nuovi particolari. 
“L’ho anche sentito parlare con Hunter ieri mattina, diceva che non sarebbe stato difficile per lui far saltare le telecamere di sicurezza e farlo entrare nel cavò.”
“Hunter?” Chiese Blaine accigliato, non sapendo di chi stesse parlando. 
“Uh si,” rispose Cooper sul vago, “è lui che gli ha dato l’idea, quando siamo usciti a pranzo. E’ un tipo strano, si sente un duro ma in realtà è un rammollito di prima categoria. Non stava nemmeno attento a noi e si bloccava mentre parlava per guardare il sedere alle cameriere.” 
Blaine fece per rispondere, ma fu quancun’altra a parlare al posto suo. 
“Chissà che sofferenza deve essere stato per te non poterlo imitare, con Sebastian che ti controllava e ti cingeva le spalle con un braccio,” quando i due uomini si voltarono a guardare chi aveva parlato, trovarono Elizabeth davanti la porta della cucina con i capelli bagnati e il corpo avvolto con una asciugamano, ancora gocciolante. Guardò Blaine, “Io direi che abbiamo una pista e che possiamo già darci da fare per trovare un modo per beccarlo con le mani nel sacco. Il palazzo pullulerà di agenti sotto copertura. Hunter è quello che gestirà la situazione, Sebastian deve fare il lavoro sporco e scambiare i dipinti. Dovremo soltanto distrarre Hunter e il loro piano andrà in fallimento.” 
“Non credo sia così facile come la fai tu, El. Sono latitanti da anni, Hunter non si distrarrà così facilmente.” Disse Blaine.
“Davvero? Guarda tuo fratello: è li che mi fissa da quando sono entrata, non ha capito una parola di quello che ho detto e non riesce nemmeno a formulare una risposta a tono mentre lo prendo in giro; eppure mi dicono che sia un bravissimo agente.”

 

 

 

 

“Sebastian?” 
Si voltò a guardare Hunter sul sedile del copilota con aria annoiata, facendo una smorfia. “Che vuoi?” Chiese bruscamente. Era nervoso, agitato, non aveva bisogno di lui che gli rigirava il coltello nella piaga. Le sue lamentele erano l’unica cosa di cui aveva bisogno. 
“Potevi prendere la parallela, perché diamine hai preso questa strada? Non so se l’hai notato, ma abbiamo l’FBI alle calcagna e siamo in mezzo al traffico. Sei un demente.  Mi spieghi perché l’hai fatto?”
Sebastian a quel punto si bloccò, lo sguardo dritto sulla strada e le macchine che camminavano lente. Hunter aveva ragione: perché non aveva preso l’altra? Sapeva che era l’orario di punta in cui tutti tornavano a casa, eppure l’aveva presa lo stesso. 
Il cuore gli martellava forte cercando una risposta a quella domanda. Era come se nel suo subconscio qualcosa gli avesse detto di... prendere tempo. Ma per cosa? Per essere preso e avere di nuovo la cavigliera e non poter camminare liberamente oltre il raggio di due miglia? No. Mai. 
“Rimedio subito,” disse, senza dare una risposta a quella domanda che, ancora era rimasta in sospeso. Uscì dalla coda e sfrecciò a velocità pazza tra le macchine. 

 

 

 

Un anno prima.

Blaine si appiattì contro il muro, perlustrando il corridoio con i suoi occhi cangianti e la pistola stretta in mano. Cooper era con Sebastian all’interno del cavò, Elizabeth tentava di distrarre Hunter al piano di sopra e lui era da solo. Aveva chiamato Jacob e i rinforzi già da quasi due minuti, ma di loro non c’era nessuna traccia e più il tempo scorreva, più le possibilità di acciuffare il falsario si riducevano. 
Non poteva lasciarselo scappare. 
Tese le orecchie alla ricerca di qualche rumore, ricevendo come risposta il silenzio. Era il momento d’entrare in azione. Percorse tutto il corridoio cercando di fare il meno rumore possibile e si fermò quando arrivò davanti alla porta del cavò; prese dalla tasca una carta magnetica che gli aveva procurato Elizabeth e la usò per aprirla.  s'intrufolò dentro e si ritrovò in un vano enorme, con il tetto alto e suddiviso a corridoio da scaffali su cui erano poggiati oggetti d'antiquariato di gran valore; tuttavia Sebastian e Cooper non si trovavano lì dentro; i dipinti dell'asta erano stati messi sotto una sorveglianza ancora più vigile. 
Blaine continuò a camminare con le orecchie tese, attendo a ogni minimo rumore prodotto; si sentiva in lontananza dei mormorii indistinti, segno che erano già in azione.
Si ritrovò davanti a una scalinata a chiocciola in marmo che portava al piano inferiore e la scese senza battere ciglio per arrivare a una spessa porta blindata socchiusa. Blaine sorrise perché doveva soltanto spingerla di poco per far scattare l'allarme. Per entrare, Sebastian aveva chiesto a Hunter di staccare l'allarme per un massimo di cinque minuti, il tempo di riuscire ad aprirla senza farne scattare un'altro e far saltare le telecamere; con Elizabeth a distrarlo invece, appena la porta di fosse mossa anche solo di un centimetro, per l'edificio un suono stridulo avrebbe rintontito la maggior parte degli ospiti all'interno dell'edificio. 
Sorrise tra sé e sé e con non calanche entrò nella stanza, facendo scattare l'allarme. Subito il suono gli diede alla testa, ma questo non gl'impedì di perdersi l'espressione sorpresa di Sebastian Smythe accucciato sul pavimento davanti a una cornice che lo guardava come se fosse un fantasma. 
"Allontanati da lì e metti le mani dietro la testa," lo intimorì Blaine puntandogli la pistola contro. 
Cooper, dietro il falsario, fece fatica a reprimere un ghigno. "Matt?" Chiese come a cercare aiuto, portando le mani davanti a sé e indietreggiando. 
Sebastian fece un mezzo ghigno, alzandosi lentamente per far capire all'agente che non aveva cattive intenzioni. "Guarda un po' chi abbiamo qui; Blaine Anderson. Colui che mi da la caccia da anni. Perché non abbassa la pistola e ne discutiamo civilmente?"
"Non c'è niente da discutere, signor Smythe. Metta le mani dietro la testa e chiudiamola qui."
"Io invece direi che abbiamo appena conciato, non è d'accordo?" Disse, mentre le sue mani andavano lentamente al retro dei pantaloni; A Cooper questo non sfuggì. "Perché non mi dice da quanto tempo era sulle mie tracce e com'è riuscito a scoprire i miei pian-"
Cooper lo attaccò da dietro, bloccandogli le braccia e Blaine sparò un colpo al soffitto come avvertimento; Sebastian si raggelò sul posto. 
"Perché non facciamo che mi dice lei come le è venuto in mente di prenderci per fessi, in centrale però?" Blaine scoppiò in una piccola risata. "Andiamo," disse al fratello maggiore che spinse in avanti Sebastian per seguirlo.
"Comunque me lo dovevo immaginare, a letto non eri granché," disse quest'ultimo e Cooper gli diede uno scappellotto. "A me non risulta."
Blaine rabbrividì a quel battibecco e uscì dalla stanza per ritrovarsi difronte e Jacob e altri diversi agenti. "Quando imparerete a rispondere subito ai comandi?" domandò mentre l'allarme veniva staccato e una frase che non avrebbe mai voluto ascoltare arrivò alle sue orecchie.
"La cosa buona di questo arresto, è il culo di Anderson."

 

 

 

 

 


Blaine aprì la porta della stanza che aveva affittato Sebastian. 
Rimase spiazzato nel vederla completamente com’era il giorno precedente, quando era andato a prendere l’ormai fuggitivo per portarlo a lavoro. I vestiti sporchi erano sparsi un po’ ovunque sul letto, alcuni cassetti erano chiusi e altri invece mezzi aperti, come se Sebastian li avesse lasciati in quel modo mentre si vestiva in tutta fretta. Due calici sporchi erano nel lavabo in attesa di essere lavati, mentre la bottiglia di vino giaceva abbandonata sul tavolo. 
Se non avesse avuto la certezza che fosse scappato, Blaine avrebbe detto che Sebastian sarebbe entrato da li a pochi minuti da quella porta, di ritorno da una passeggiata nel parco. 
Improvvisamente, per la prima volta in vita sua, Blaine sentì l’aria mancargli nei polmoni per un momento e una grande angoscia penetrarlo fin dentro le ossa. Quel disordine era tutto ciò che restava di Sebastian.
“Blaine, che dobbiamo fare?” Chiese la voce di Elizabeth che in quel momento pareva lontana anni luce. “Tutto bene?”
“Si,” le rispose lui con un sorriso tirato, scosse il capo e tornò alla realtà. “Cercate un qualsiasi indizio di dove sia potuto andare. Controllate ogni angolo, scaffale, cassetto, armadio e persino in mezzo alle mutande sporche;” Il suo tono era autoritario, quasi arrabbiato, più di quanto si aspettasse e avesse voluto. In un sussurro, gli sfuggirono dalle labbra le parole: “dobbiamo trovarlo.”
La sua squadra di agenti stava già mettendo a socquatro la casa.

 

 

Nove mesi prima.

Blaine fermò la macchina davanti al cancello del istituto penale, spense il motore e poggiò la testa al finestrino. Erano le undici e mezza e lui doveva essere già lì da un quarto d’ora buono; Sebastian era lì davanti che lo aspettava insieme a un’agente; Gli sorrise beffardo appena lo vide, passandosi una mano tra i capelli tirati indietro. 
“E’ con me.” Disse il moro all’uomo accanto a Sebastian che come risposta gli fece un cenno col capo e gli augurò una buona giornata. 
Sebastian si diresse verso di lui, fece il giro della macchina e salì. “hey,” lo salutò sistemandosi sul sedile accanto al suo. 
“Ciao,” ricambiò Blaine  freddamente, accennando un piccolo sorriso per essere cortese. Mise a moto e partì, facendo calare un silenzio imbarazzato tra loro. 
Blaine non era molto entusiasta all’idea che Sebastian fosse sotto la sua custodia; perché era imprevedibile, non si poteva fidarsi di lui ed era irritante; tremendamente irritante. 
“Hai visto il mio nuovo accessorio alla caviglia? Me lo aspettavo più squallido, a dire il vero.” Disse Sebastian cercando di fare conversazione, alzando il pantalone per mostrare la cavigliera. 
“Felice che ti piaccia.” Blaine lo guardò di sottecchi. “Non tagliarla-“
“O finirò in gatta buia. Si, lo so,” lo interruppe Sebastian, poi si girò a guardarlo. “E non ne ho alcuna intenzione, te lo assicuro. Vedere te tutti i giorni ripagherà il dover stare con i piedipiatti.” 

 

 

 

 

 

“Sebastian e sta attento! Stavamo per scontrarci con quella macchina,” lo rimproverò Hunter, dandogli una manata sulla spalla. “Dobbiamo scappare, non farci ammazzare, capisci la differenza?”
"Non rompere Hunt, sto facendo del mio meglio.” Rispose lui gelido. Le mani che tremavano anche stringendo il volante tra le dita. “Al posto li lanetarti, allora, perché non guidi tu, eh?”
Hunter lo scrutò per un momento. “Ok.” 
“Cosa okay?” Domandò Sebastian sbarrando gli occhi.
“Okay, guido io dato che tu non ne sei capace,” Chiarì il biondo. “Sembri una femminuccia con il ciclo alla sua prima fuga.”
Sebastian, d’istinto, fece per andarci addosso e colpirlo, ma la cintura lo bloccò. Imprecò ad alta voce. Era nervoso come non lo era da tanto tempo e quello scatto di ira lo stava facendo preoccupare: non era un’uomo violento. 
“Accosta, guido io.” Continuò Hunter, facendo finta che niente fosse successo. Tuttavia era sbiancato di colpo. 
Sebastian fece come gli venne detto e si scambiarono di posto, perdendo del tempo prezioso.

 

 

 

 

Undici  mesi prima.

Blaine quella domenica non si sentì nemmeno un poco incolpa per essersi svegliato all’ora di pranzo. Il giorno prima era restato tutta la sera appostato davanti a un locale alla in attesa dell’arrivo di un furfante che non si era nemmeno fatto vedere, perdipiù si era dovuto sopportare le lamentele di Sebastian che non faceva altro che chiedergli d’entrare o andare a fare un passeggiata o di fare sesso. Sì, molto esplicitamente.
Ormai era quasi un mese che lavoravano insieme ed essendo sotto la sua custodia, ogni caso che veniva affidato a Blaine doveva lavorarci insieme alla sua squadra e Sebastian. Inizialmente aveva provato a ignorare il suo caratteraccio, c’era riuscito; poi i suoi modi di fare sempre eleganti e impeccabili, e c’era riuscito; aveva provato pure con le sue avance poco velate, ma non c’era riuscito e temeva che non sarebbe mai riuscito a farlo. 
Scese le scale con indosso soltanto i pantaloni del pigiama, aveva una gran sete e suo fratello ed Elizabeth erano abituato a vederlo così e sicuramente non avrebbero nemmeno badato a lui, date le forti risate che provenivano dal piano inferiore. 
Lasciò che un sorriso gli modellasse le labbra e scese gli ultimi scalini per poi entrare in salone e trovare i suoi due coinquilini e Sebastian seduti sul divano a parlare; sembravano non essersi accorti di lui, così si schiarì la gola per farsi notare.
Tutti e tre si voltarono a guardarlo nello stesso istante e lui arrossì un poco quando il truffatore assottigliò gli occhi per scrutarlo meglio. Cooper ed Elizabeth lo salutarono, ma lui non rispose. 

Sebastian emise un fischio di apprezzamento e disse: “Credevo che sotto a quelle camicie, giacche e papillon improbabili ci fosse soltanto una pancetta da birra molto sexy, invece mi devo ricredere, i tuoi addominali non sono niente male.”
Le guance di Blaine si colorarono ancora di più, ma lui cercò di non farci caso e si rivolse ad Elizabeth. “Che ci fa lui qui? Non siamo in servizio.”
Lei alzò le spalle come a scusarsi. “La sua padrona di casa è partita per questo week-end e lui era solo, così l’ho invitato a pranzare da noi. Pranzare da soli la domenica è triste.”
Blaine alzò gli occhi al cielo. 
Sebastian sorrise beffardo. 
“Vado a cambiarmi,” disse, girandosi per tornare al piano di sopra.
“Io vado a controllare il forno.”

Quando si sedettero a tavola, Blaine non fece neanche una piega quando si ritrovò Sebastian seduto accanto a sé. Sorrise inconsciamente.
“E quindi,” esordì Sebastian con un ghigno, spostando lo sguardo tra tutti i presenti seduti a tavola con lui. “Questo lo dovrei prendere come un pranzo a quattro?”
Cooper, che stava bevendo dell’acqua, si strozzò e dovette risputarla nel bicchiere per non bagnare la tavola. Elizabeth gli diede dei colpi sulla schiena, ridendo apertamente per la sfacciataggine dell’invitato.
Blaine sbuffò. “No. Prendilo come un invito di cortesia.” Tagliò corto. Prese una forchettata della pasta fredda che aveva davanti e la portò alla bocca per assaggiarla. Senza volerlo si fece sfuggire un gemito d’apprezzamento. “E’ deliziosa, El.” 
Lei guardò prima Blaine e poi Sebastian, tornando composta sulla sedia dato che Cooper aveva smesso di tossire. “In realtà non l’ho fatta io,” ammise, con un sorriso di scusa.
“E allora chi l’ha fatta?” Chiese stupefatto.
“Io,” rispose Sebastian al suo fianco, sorridendogli gentile; poi gli poggiò una mano sulla coscia. 
Blaine abbassò immediatamente la testa per guardare ciò che l’uomo al suo fianco stava facendo. Si aspettava che la muovesse, che cercasse in tutti i modi di farlo eccitare facendogli i grattini sulla pelle scoperta o sopra i pantaloncini, che lo mettesse in imbarazzo. Invece quella mano era lì, immobile e calda, come una presenza rassicurante. 
Alzò lo sguardo su Sebastian che stava mangiando tranquillamente, quando si accorse che lo stava fissando gli fece un mezzo sorriso e poi rispose a una domanda che gli stava ponendo Elizabeth. 
Avrebbe potuto scostare via quella mano in malo modo o chiedere gentilmente a Sebastian di toglierla. Invece non lo fece.

 

 

 

 

 

 

“Signor Anderson, abbiamo controllato tutta la casa, anche il piano di sotto.  Non abbiamo trovato niente che si possa collegare a dov’è si è diretto Smythe.”
Blaine strinse i pugni, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. No. No. No. Non poteva essere. Sebastian aveva lasciato qualche indizio da qualche parte, ne era certo. L’aveva programmata quella fuga, aveva programmato tutto. Non poteva andarsene così, non poteva. 
Scosse la testa. “Controllate meglio.”
“Ma abbiamo controllato tutti i libri e l’armadio..”
“L’armadio!” ripeté lui a gran voce, sentendo l’adrenalina andargli alla testa.
“Si, signore, l’abbiamo già controllato due volte e-“
Blaine si allontanò dall’agente che stava ancora parlando con lui e si diresse immediatamente alla cambia armadio. Ma
perché non ci aveva pensato subito? Sebastian di certo non era la persona più ordinata del mondo, eppure Blaine aveva notato subito che tutti quei vestiti sparsi un po’ ovunque erano troppi e alcuni era puliti, appena usciti dalla lavabiancheria. Sebastian non li avrebbe mai lasciati così se non volesse mandargli un messaggio. 
Aprì la porta e chiese a tutti gli altri agenti di uscire da lì, tranne Elizabeth che fece orecchie da mercante e continuò a guardarsi in giro alla ricerca, come lui, di qualunque cosa si potesse servire. Diede un’occhiata ovunque, tra i cassetti della biancheria, quelli delle canottiere, dei maglioni, delle magliette, dei pantaloni. Perfino nella scarpiera e dentro le scarpe. 
“Blaine?” 
“El?” domandò lui a sua volta, scrutando con gli occhi in mezzo ai calzini.
“Questo non è il completo che Sebastian ha messo ieri?”
Blaine a quel punto si girò a guardarla e poi ciò che aveva in mano. “Si, è quello che aveva addosso ieri. Me lo ricordo perché mi ha detto che era quello che indossava quando abbiamo risolto il nostro primo caso.”Si sentì come se fosse appena stato colpito da un fulmine. Sebastian non metteva mai gli stessi vestiti per due giorni consecutivi o senza averli lavati, la trovava una cosa schifosa; anche il pigiama cambiava ogni giorno. E invece aveva messo gli stessi  vestiti “sporchi” nell’armadio. Appesi. Come se li dovesse rimetterli.
Era quello l’indizio che stavano cercando. 
“So dove andare,” disse a mezza voce e subito dopo si ritrovò a correre per le strade di New York con una decina di agenti al seguito.

 

 

 

Dieci mesi prima.

 

“Abbassa la pistola e io lo lascerò andare,”disse l’uomo a Sebastian, stringendo ancora di più il braccio intorno al collo di Blaine che tentò di dire qualcosa in proposito senza successo; la presa era troppo stretta da permettergli a stento di respirare. 
Sebastian fece scivolare lo sguardo dal moro al delinquente, provando una forte voglia di premere il grilletto e piantargli la pallottola dritta in mezzo agli occhi. L’unica cosa che lo tratteneva dal farlo era Blaine con il viso paonazzo e gli occhi ambrati spaesati; non poteva rischiare.
“la metto giù,” disse, abbassando lentamente il braccio, vedendo quello di Godric allentarsi. 
“Buttala a terra,” gli ordinò quest’ultimo e lui fece come gli venne detto, ignorando il sibilo che uscì dalle labbra di Blaine.
Avvenne tutto molto in fretta: Godric lasciò andare Blaine che cadde a terra, Sebastian corse subito verso il suo collega e l’uomo gli sparò. Fortunatamente lo prese di striscio e poi scappò via. 
Blaine si portò le mani alla gola, respirando a fatica e si accasciò completamente al suolo, tossendo. Il suo petto si alzava e abbassava freneticamente alla ricerca di ossigeno. 
Sebastian gli fu accanto in un secondo, lo fece voltare sulla schiena e si chinò su di lui. Aveva del sangue che gli inzuppava la camicia sul fianco sinistro e la mano che vi era appoggiata li sopra grondava dello stesso liquido. 
“Perché lo hai fatto?” gli domandò con un fil di voce il moro, la stanza che girava intorno a loro. “Adesso scapperà e- ti sei ferito?”
“Sei davvero un genio,” lo canzonò Sebastian con voce rauca, trovando pure la forza per una piccola risata. “L’edificio è circondato, non ti preoccupare.” 
“Fammi vede,” gli ordinò Blaine cercando di mettersi a sedere, “Chiamo qualcuno. Ti sta uscendo molto sangue? Prova a fermarlo con qualcosa. Stai bene?”
Sebastian lo spinse di nuovo giù delicatamente, gli prese il viso tra le mani, sporcandolo di sangue, per costringerlo a guardarlo negli occhi. “No, Blaine: tu stai bene?”

 

 

 

 

Sebastian scese dall’auto e di corsa andò ad aiutare Hunter a caricare la macchina. 
Erano su uno spiazzale vuoto, il parcheggio di un capanno in rovina, vecchio e arrugginito. Li dentro vi avevano nascosto un piccolo aeroplano con cui sarebbero arrivati fino alle isole caraibiche per poi cambiarlo con un altro nettamente più grande e trasferirsi su un’isola della costa africana, dove avrebbero cominciato una nuova vita con nuove identità. 
Il piano stava procedendo bene, Sebastian doveva essere fiero delle loro menti geniali e che avessero, non solo fregato l’FBI, ma addirittura riusciti ad arraffare molti dei tesori che avevano confiscato.
Eppure non lo era.
Sentiva soltanto una voragine dentro, la testa pulsare e il cuore battere a mille. 
“Sebastian, sei pronto?” Gli chiese Hunter salendo gli scaletta dell’aeroplano. 
Lui lo guardò per un attimo, poi non si rese conto d’aver parlato davvero fin quando non si girò dall’altra parte per andare verso la macchina.
“Ho dimenticato una cosa,” disse. 
“Sebastian, abbiamo scaricato tutto! Ho controllato, non c’era niente!” 
Hunter aveva ragione, lo sapeva, ma lui tornò comunque alla macchina. Per perdere tempo.

 

 

 

 

Dieci mesi prima.

Sebastian aprì gli occhi lentamente, sbattendo più volte le palpebre. Le forti luci al neon dell’ospedale gli davano fastidio. 
Provò a mettersi a sedere, ma il dolore lancinante al fianco che sentì non glielo permise. Gemette di dolore e si portò una mano in quel punto, sentendo delle garze sotto il pigiama. 
Erano ormai cinque giorni che era lì e si era abituato al rumore dei macchinari e degli aghi attaccati al braccio, a trovare Blaine a chiacchierare con qualcuno nel corridoio o Elizabeth a farsi le unghie lì accanto, Cooper con l’ipad o Hunter incappucciato che dormiva.
Invece quel giorno era Blaine a dormire sulla poltrona accanto a letto, con le mani a stringergli la sua e la testa appoggiata sulle sue gambe. 
Sebastian sorrise e gli passò una mano tra i capelli liberi dal gel. Era la seconda volta che lo vedeva con quell’acconciatura e adesso era proprio convinto di quello che aveva pensato la prima volta: Blaine era ancora più carino con i capelli in quel modo. 
Iniziò a giocare con i suoi ricci, attorcigliandogli delicatamente alle sue dita e scostandoglieli dalla fronte. Blaine a quel punto gemette qualcosa e Sebastian ritrasse la mano. 
“No,” mugugno lui, “non smettere.. mi piace.”

 

 

 

Nove mesi prima.

Sebastian non faceva altro che ruotare sulla sedia girevole da quando era iniziata la riunione. Si stava annoiando e non capiva cosa ci fosse da spiegare in un caso così semplice. 
Il capo di un’agenzia di adozioni aveva degli enormi debiti con degli strozzini, così per ripagarli, non sapendo dove trovare tutti quei soldi, faceva adottare dei bambini a delle giovani coppie e dopo qualche mese diceva loro che la madre biologica del bambino l’aveva ricontattato dicendo di rivolerlo indietro; a quel punto, i neo genitori, offrivano somme esorbitanti alle madri così da poter tenere il figlio. E Paul Grey intascava i soldi per poi riperderli al gioco e aumentare i debiti. 
“..Dobbiamo mandare due agenti sottocopertura.” Decretò in fine Elizabeth. Il caso era stato affidato a lei, di conseguenza era lei ad avere il comando, e non Blaine come accadeva di solito. “Due volontari?”
Sentendo quelle parole, Sebastian fermò la sedia e un’idea brillante gli venne in mente. Finalmente si sarebbe divertito un po’. “Mi offro io,” disse sfrontato, con un sorriso beffardo. 
La donna portò il suo sguardo su di lui per capire le se stesse prendendo in giro o meno, poi annuì. “Bene. Chiederò a Clarissa di affiancarti-“
“Io sono gay,” Le ricordò subito, interrompendola. “Di conseguenza vorrei un compagno, con la o finale, sì. Magari anche con un bel fisico, ben dotato e un bel sedere. Se dobbiamo fingere, dobbiamo farlo bene.”
Elizabeth gli rivolse uno sguardo assassino. “Credo sia meglio una coppia tradizionale. Non possiamo permetterci di non avere il consenso.”
Sebastian ghignò. “Vorresti dire che nessuno aiuterebbe una giovane coppia gay, appena sposata che non vuole altro che un figlio?”
“Va bene,” acconsentì lei sbuffando. “Blaine, tu andrai con lui.” 
“Cosa?” Protestò subito, alzandosi in piedi dalla poltrona.
“Rispondi ai requisiti di Sebastian,” rispose lei candidamente, raccogliendo i fogli sul tavolo. 
“C’è anche Cooper per questo e-“
“Blaine, è Elizabeth il capo e ha già preso la sua decisione,” lo interruppe Sebastian, ghignando. Poi gli prese la mano e gliela baciò. “Allora, maritino caro, andiamo a pranzo insieme?”
Blaine ritrasse immediatamente la meno e andò via, infuriato. Sebastian scoppiò a ridere. “Dai, stavo scherzando, amore!”
Blaine sbatté la porta del suo ufficio. 

La sala d’attesa era carina e accogliente; Blaine e Sebastian riuscirono ad avere un appuntamento due giorni dopo e grazie al cielo anche la documentazione falsa con le loro nuove identità. E tutti non facevano altro che prenderli in giro da quando avevano avuto quell’incarico. 
Sebastian gli mise un braccio attorno alle spalle e lui si schiarì la gola per fargli capire di  ritrarsi, ma senza risultati. Di conseguenza decise di dirglielo direttamente.
“Sebastian-“
“Si, mi sta bene la fede, vero?” lo interruppe lui, divertito, mostrandogli la mano. “Devo dire che hai avuto davvero un ottimo gusto a sceglierle.”
“Ma di cosa stai-“
“Anche se quello di fidanzamento che mi hai regalato era molto più bello.”
“Sebastian,” iniziò lui deciso a non farsi interrompere, “mi spieghi-“ si zittì da solo nel momento esatto in cui il suo collega gli baciò la guancia.
“Ci sono le telecamere,” gli sussurrò all’orecchio con nonchalance, “spiano le coppie per capire se sono davvero adatti ad adottare.”
Blaine alzò lo sguardo ed ebbe la conferma che Sebastian aveva ragione. Abbassò subito gli occhi e iniziò a giocare con l’anello al dito del collega. “Mossa astuta.”
“Molto,” concordò lui, poi gli baciò i capelli e lo tirò a sé e Blaine si ritrovò ad accoccolarsi al suo petto. 

“Posso chiedervi perché avete scelto d’adottare un bambino, anziché averne uno vostro tramite un surrogato?” Chiese Paul Grey da dietro una scrivania.
Entrambi si scambiarono uno sguardo, poi fu Sebastian a rispondere. “Insisto che debba essere lui a dare a me dei figli, ma lui sostiene il contrario e dopo varie polemiche abbiamo deciso di adottarlo; così sarà nostro allo stesso modo.”
Blaine corrugò le sopracciglia e prontamente la mano di Sebastian prese l sua. “Insomma, ho ragione io, non crede? E’ un uomo fantastico, mio marito. Mi piacerebbe avere dei bambini da lui, ma non ne potevo più dei nostri battibecchi e di lui che mi ripeteva quanto io fossi meraviglioso.”
Sebastian alzò un sopracciglio a quella affermazione e Blaine si sentì fiero di se stesso. 

Quando uscirono dall’edificio, entrambi continuarono a camminare mano nella mano per intero isolato, in silenzio. Grey aveva dato loro la sua benedizione e gli aveva detto che gli avrebbe contattati la settimana successiva per altri dettagli. 
Per il lavoro era un bene, sarebbero riusciti a smascherarlo senza troppe difficoltà.
“Carina la risposta che hai detto a Grey,” esordì Sebastian, spezzando il silenzio.
“Ti è piaciuta?” chiese Blaine senza nessuna speranza. 
“Si, anche se non era del tutto vera.” 
Blaine si fermò in mezzo al marciapiede, scostingendolo ad imitarlo e voltarsi verso di lui. “Ah, no?”
“No,” ripeté Sebastian avvicinandosi ancora di più. Si abbassò verso di lui e gli soffiò sulle labbra: “io non ti direi quanto tu sia bellissimo, fantastico e meraviglioso. Io te lo dimostrerei.”
Blaine si aspettava che lo baciasse e invece restò sorpreso quando Sebastian si allontanò, lasciò andare la sua mano e iniziò a camminare senza aspettarlo.

 

 

 

 

Blaine fermò la macchina bruscamente e in modo talmente improvviso che Elizabeth, seduta accanto a lui, se non avesse avuto la cintura di sicurezza allacciata, sicuramente sarebbe andata a sbattere contro il parabrezza. Non si sorprese infatti quando la donna gli rivolse un occhiataccia, ma non  aveva nè il tempo di scusarsi nè tanto meno di prestarle la giusta attenzione. 
Aveva guidato come un pazzo per tutta Manhattan alla ricerca disperata d’arrivare il prima possibile lì, dove Sebastian stava per scappare. Aveva persino seminato alcuni dei suoi colleghi senza volerlo; mentre una parte di essa si sentiva sollevata allo stesso tempo per quello che aveva fatto involontariamente. 
Scese dalla macchina e cominciò a correre senza badare a El che gli correva dietro dicendogli che forse era meglio aspettare, che Sebastian e Hunter potevano essere armati. Lui non le diede retta. 
A Sebastian non piacevano le pistole. 
Svoltò l’angolo del capannone e fu li che vide l’aeroplano in mezzo allo spiazzale deserto, Hunter non c’era e Sebastian era.. da nessuna parte. Blaine uscì la pistola dalla fondina e cautamente si avvicinò all’entrata del capanno, tentando di fare il meno rumore possibile. 
Con la pistola davanti a sé, l’adrenalina a mille ed Elizabeth che lo chiamava in sottofondo, Blaine svoltò di nuovo l’angolo per andare a sbattere contro a-
 “Sebastian!” Esclamò incredulo, facendo qualche passo indietro 
“Blaine!” Disse lui con gli occhi sgranati, un accenno di sorriso sulle labbra;  la voce era piuttosto composta,come si aspettasse di ritrovarselo lì. “Sei qui per arrestarmi?” domandò poi con voce innocente, facendolo sorridere.
“Vediamo un po’: hai tagliato la cavigliera, di conseguenza sei un latitante, non mi avverti per dirmi dove stai andando e ti ritrovo qui, che stai per lasciare il paese. Direi di sì, sono qui per arrestarti.”
Sebastian ghignò, “Mi dispiace che tu abbia fatto tutta questa strada inutilmente.”
Blaine lo ignorò, sentì Elizabeth fermarsi di corsa a qualche una decina di metri di distanza. Le fece cenno con la mano di  restare lì e non avvicinarsi oltre. Ignorò ciò che Sebastian gli aveva appena detto e quando parlò, lasciò che tutto il dolore che stava provando da quando aveva ricevuto la notizia che era scappato, trapelasse dalla sue parole. “Perchè te ne stai andando? Perché non mi hai detto niente? Hai detto a Roxy che le avresti lasciato la casa, del tuo piano e so che lo hai progettato per mesi. Allora perché-“
“Blaine, sei un agente dell’FBI; se te lo avessi detto mi avresti sbattuto in galera seduta stante. Ci sono cose, che per quanto vorrei, non potrei mai dirti. E mi dispiace non averti detto della mia fuga, genio, ma diciamo che farlo sapere hai federali non era di certo ciò che volevo.” Lo interruppe Sebastian con un sorriso di scherno, per nascondere ciò che provava davvero dentro. 
“Hai ragione, lo posso capire,” commentò il moro, con le lacrime agli occhi e ancora la pistola che mirava al cuore del furfante. “Ma non hai risposto alla mia domanda: perché te ne stai andando?  Hai tutto qui.”
Sebastian scoppiò in una risata nervosa, senza allegria. “Sono nato libero, Blaine. Ho girato il mondo scappando dalla polizia, ho visitato città che tu non vedrai mai. Se avevo voglia di fare qualcosa, la facevo senza pensarci due volte. Falsavo manoscritti, dipinti, statue, ogni oggetto di antiquariato e moderno; lo facevo per me stesso, per sfidarmi, per riuscire a capire se ero talmente bravo da poter ingannare gli altri e allo stesso tempo guadagnarmi da vivere ed essere trattato come ho sempre desiderato. E poi sei arrivato tu, tre anni di inseguimenti e la mia libertà è finita. E’ da più di un anno che non posso più fare ciò che voglio, con quella cavigliera a controllare ogni mio spostamento. Sottomettermi a qualcuno non fa per me.” 
Blaine abbassò la pistola, quelle parole gli misero talmente tanta angoscia addosso, che il suo braccio pareva pesare tonnellate e non aveva più la forza di tenerlo sollevato. “Qui hai persone che ti vogliono bene, Sebastian,” sussurrò con la voce rauca per il pianto che a stento riusciva a trattenere. Una lacrima gli scivolò via dalle lunghe ciglia. “Hai me.” Silenzio.
“O non significo niente per te?” Domandò cercando di sopprimere un singhiozzo.
“Blaine, tu significhi tutto per me.”

 

 

 

Sette mesi prima.

“... Sei la persona più importante della mia vita. Non ho mai tenuto a qualcuno come tengo a te, prima d’ora.” Blaine cercava di non ascoltare ciò che Sebastian stava dicendo mentre lo portava quasi di peso in giro per l’edificio, con la mano sul suo fianco per reggerlo in piedi.
Quella era una missione pericolosa, lo aveva avvertito, ma lui, come al solito, non gli aveva dato ascolto ed era entrato nella clinica privata senza il suo permesso e pareva essersi volatilizzato nel nulla. Blaine lo aveva trovato mezz’ora dopo, riuscendo ad entrare sotto copertura con la scusa di voler visitare la struttura per dei controlli; Sebastian era legato al letto con delle cinghie per non farlo muovere e mezzo drogato. I proprietari erano indagati per frode fiscale, uso di farmaci illegali e maltrattamento dei pazienti. 
Sono pericolosi, Seb. Non fare idiozie e aspettami in macchina, io torno tra due minuti, devo solo prendere le munizioni. Non ti muovere.” E quanto era tornato, ovviamente, come al solito, Sebastian era sparito. 
Il paladino della giustizia
Aveva già dato l’allarme, i suoi colleghi stavano entrando in azione e loro dovevano solo nascondersi fino a quel momento. Con Sebastian in quello stato, Blaine poteva fare ben poco e la scelta migliore era restare insieme, all’infuori di tutto. 
“Sul serio Blaine,” Sebastian rise, “tu- tu mi hai cambiato. Non sono più quello stronzo di una volta, sono più.. buono. Ed essere buoni fa schifo, però tu per me ci sei, ci sei sempre e questo ripaga il dover essere gentile la maggior parte del tempo.” Si fermò in mezzo al corridoio e portò una mano tra i capelli ingellati dell’altro. “Voglio baciarti. E da quando ci siamo incontrati la prima volta che voglio provare il sapore delle tue labbra,” Sebastian si chinò su di lui, pronto per baciarlo, ma Blaine riuscì ad allontanarsi in tempo.
“Non è il momento,” disse frettolosamente, cercando con gli occhi dove poter rifugiare. A pochi metri da loro c’era un ufficio vuoto. Strinse ancora di più la mano sul fianco di Sebastian e lo condusse fino a la dentro, per poi chiudere la porta alle loro spalle. 
“Blaine, facciamo sesso!” Propose lui, prima di sghignazzare allegramente e spingerlo contro il muro. “Ho tanta voglia di farlo con te, ma proprio taaaaanta. Sei bellissimo, Dio quanto sei bello.” 
Il moro lo spinse via con poca convinzione, ciò nonostante riuscì a farlo spostare. Nella parete che dava nel corridoio c’era una finestra per tenere i dipendenti sempre sott’occhio e potevano essere visti. Prese Sebastian per mano e lo portò dietro la scrivania per poi farlo sedere a terra e imitarlo. 
“Tu mi hai dato una vita. Certo, fa schifo e non sopporto quasi nessuno di quelli che ne fanno parte, però ce l’ho. Ho una casa, dei vestiti firmati e alla moda, un lavoro e-“
“Sebastian, vuoi fare silenzio per favore?!” Lo interruppe Blaine, nervoso. Si sentiva impotente mentre i suoi colleghi erano in missione e lui invece doveva restare lì; ad ascoltare le scemenze di un drogato. 
“Io lo so perché vuoi che stia zitto, perché ti fa male sentire queste cose, ciò che provo per te. Perché ti confonde e ti fa capire che anche  tu provi lo stesso.” Sebastian si avvicinò ancora di più a lui e gli poggiò la testa sulla spalla e una mano ad accarezzargli il viso. “Farei di tutto per te. Tutto. Qualsiasi cosa. Mi chiedi  di prenderti la luna? Ti prendo la luna. Vuoi la Monnalisa? Dammi il tempo di progettare come prenderla e la porto. Vuoi un quadro di Picasso? Te lo do. Vuoi andare a vivere in un isola tropicale? Andiamo anche oggi stesso. Vuoi-“
“Voglio che tu stia zitto,” sussurrò Blaine, deglutendo a fatica. 
“Sto zitto,” approvò Sebastian; gli baciò una guancia e sdraiò a terra con la testa poggiata sulle sue gambe. 
Nella stanza cadde il silenzio più totale, da fuori non proveniva nessun suono. Blaine appoggiò la schiena sui piedi della scrivania e sospirò. Gli faceva male la testa, provava un insana voglia di coccolare Sebastian che era così fragile in quel momento; voleva anche alzarsi e andare via per schiarirsi le idee. 
E in un certo senso lo fece, nel momento esatto in cui Sebastian borbottò un “Ti amo, B” prima di addormentarsi. 
Perfetto

 

 

 

 

 

“Allora perché te ne vai? Cosa significa Sei il mio tutto, se poi scappi e mi lasci?” Domandò Blaine sconvolto, le braccia aperte mentre gesticolava freneticamente. “Se prendi quell'aereo e te ne vai con Hunter, io ti verrò a cercare e tu sai che ti troverò, come ho sempre fatto. E a quel punto ti sbatterò di nuovo dentro.”
“Allora è meglio che vada, avere un po’ di vantaggio fa sempre comodo.” Controbatté Sebastian, gli fece un cenno con la testa come per salutarlo e s’incamminò verso l’aereo, dove Hunter aveva già acceso i motori.
Da agente, Blaine avrebbe dovuto fermarlo, inseguirlo, mettergli le manette e poi andare ad acciuffare il suo complice. Un anno prima l’avrebbe fatto; ma non ora. Lui e Sebastian avevano passato così tante cose, che il vero se stesso, la persona che amava Sebastian, quello che andava in giro per casa sua in canottiera e dormiva con lui nudo la notte, gli vietò di fare anche solo un passo.
“Mi avevi promesso che non te ne saresti mai andato,” da prima lo sussurrò, poi vedendo che l’uomo non si era fermato, lo ripeté urlando. “Avevi promesso che non te ne saresti mai andato, Sebastian!”

 

 

Sette mesi prima.

“Blaine?” Sebastian sgranò gli occhi appena aprì la porta di casa e se lo trovò di fronte. 
“Ho portato del vino e anche della pasta che El ha cucinato in più a pranzo,” disse Blaine prendendo una busta di plastica e un sorriso dolcissimo sulle labbra. “Non ti ho disturbato, vero?” Chiese subito dopo, mortificato. 
“Tu non disturbi mai,” commentò Sebastian scostandosi dall’ingresso per farlo entrare. Guardò l’orologio notando che erano quasi le nove. “Posso chiederti, il motivo della tua visita?”
“Ho portato la cena!” Rispose Blaine, come se quello bastasse a dare una spiegazione e Sebastian capì e scoppiò a ridere. Il moro poggiò ciò che aveva portato sul tavolo e lo guardò male. “Non c’è nulla da ridere.”
“Si, invece,” controbatté lui, “Ti senti in imbarazzo a restare in casa mentre Cooper ed Elizabeth fanno sesso. Eccome se fa ridere! E ti rende pure più adorabile.” 
Blaine borbottò qualcosa d’indistinto e iniziò ad apparecchiare la tavola; poco dopo Sebastian gli diede una mano e riscaldò la pasta nella padella. Insistette a far sedere il moro sul divano e gli portò un bicchiere di vino nell’attesa. 
“Non dovrebbero farlo,” disse Blaine prima di berne un lungo sorso, “è sbagliato. E’ contro il regolamento stare insieme ad un collega.” 
Sebastian sospirò. Certe volte era davvero tonto. “Sì, è contro regolamento, ma hey, non puoi controllare le emozioni di due persone.”
“Ma ci sono dei motivi validi se non è consentito. Quando c’è l’amore di mezzo si finisce per diventare irrazionali e si potrebbe far saltare le coperture, mettere a rischio le vite degli altri in posizioni critiche per salvare la persona che si ama. Si potrebbe-“ Blaine s’interruppe, il dolore nella sua voce andava ben oltre la preoccupazione che poteva provare per suo fratello ed Elizabeth, che stavano insieme anche da parecchio tempo ormai. “E’ sbagliato, punto.”
Sebastian inclinò la testa di lato e strinse le labbra. Poggiò il suo bicchiere sul tavolino e si sedette accanto a lui, un po’ girato per poterlo guardare meglio. “Cosa stai cercando di dirmi?”
Blaine sospirò e si portò le mani tra i capelli. “Ti ricordi la settimana scorsa, quando ti hanno ignettato quel medicinale tossico?”
“Si, a volte mi gira ancora la testa.” 
“Quando tu mi hai chiesto.. beh, se avessi detto qualcosa di strano, ti ho mentito.” Sebastian a quelle parole spalancò gli occhi, terrorizzato. Blaine continuò senza nemmeno guardarlo, “Tu.. hai ammesso di essere innamorato di me e-“
“Non è vero. Non l’ho detto.” Negò lui, alzandosi in piedi di scatto. Si sarebbe preso a schiaffi da solo. “Avranno drogato anche te. Ricordi male.”
“- e mi hai fatto realizzare che anche io amo te.” Continuò Blaine imperterrito e a quelle parole Sebastian di girò a guardarlo. “L’ho sempre saputo, ma non l’ho mai realizzato a pieno. E quando tu mi hai detto che avresti fatto di tutto per me, ho capito che io farei lo stesso per te. E... e semplicemente non posso, non possiamo.” 
Sebastian scoppiò a ridere senza divertimento, “Tu sei venuto qui, vuoi cenare con me, guardare il football in tv dopo; mi dici che ti ho confessato i miei sentimenti, dopo mesi mi dici che mi ami rendendomi la persona più felce del mondo.. e pochi secondi dopo mi dici che non possiamo?! Blaine, sei rincoglionito o cosa?”
“La pasta sta bruciando,” fu l’unica cosa che l’agente riuscì a rispondere.
“Ma che bruci tutta la casa, sai che m’interessa!” 
“Beh a me interessa invece,” rispose lui, si alzò in piedi e superò Sebastian per riuscire andare a spegnere il gas. 
Lui lo seguì. “Non fare il finto tonto, sto parlando con te, Blaine. Perché sei venuto a dirmelo se non vuoi stare con me?”
“El ed Cooper stavano scopando nella stanza accanto alla mia!” 
“Blaine, il vero motivo.” Disse Sebastian avvicinandosi a lui; dopo un attimo di esitazione gli poggiò le mani suoi fianchi e lo tirò a sé. “Uhmm?”
“Voglio che tu mi faccia cambiare idea, che mi faccia capire che è giusto e noi dobbiamo stare insieme.” Rispose Blaine guardandolo con quegli occhi dolci da cerbiatto. 
“Tu sei una causa persa,” disse ridendo, “è da mesi che provo a fartelo capire ma tu non mi ascolti;” continuò dolcemente. Si chinò su di lui e finalmente lo baciò. E fu come prendere una boccata di ossigeno dopo minuti d’apnea. 
Blaine, al contrario di come Sebastian aveva sempre pensato, non rimase restio o composto, anzi si sollevò sulle punte e gli portò una mano a scompigliargli i capelli, baciandolo con veemenza, tutto lingua, saliva e morsi al labbro inferiore. 
Inevitabilmente Sebastian si ritrovò ad indietreggiare per tutto il monolocale, guidato da Blaine, che lo spinse sul letto e poi si mise a cavalcioni sopra di lui, per continuarlo a baciare e far vagare le sue mani sul suo corpo.In men che non si dica, Sebastian ribaltò le posizioni e abbandonarono i vestiti sul letto che poi caddero a terra con un tonfo. 

Sebastian poggiò la testa sulla spalla di Blaine, accarezzandogli il petto. “Quindi?”
“Quindi?” Ripeté Blaine confuso, passandosi una mano tra i capelli scompigliati. 
“Finalmente hai capito che possiamo stare insieme o sei ancora troppo tonto per farlo?”
Blaine si girò su fianco e sorrise, “credo d’aver capito benissimo,” Disse prima di lasciargli un bacio veloce sulle labbra.
“Resti a dormire qui?” Gli chiese Sebastian facendogli i grattini sulla schiena. 
“Se per te non è un problema, sì,” rispose il moro accoccolandosi contro di lui. Chiuse gli occhi e si face cullare dal suo respiro. 
“Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo messi insieme dopo una sana scopata?” Domandò Sebastian scoppiando a ridere.
“Dormi.” Gli farfugliò in risposta, cercando a tentoni le coperte disfatte per coprirsi. Alla fine le trovò e avvolse entrambi. Blaine si sentiva totalmente tranquillo tra quelle braccia e il respiro leggero sul suo collo. Stava quasi per addormentarsi quando un dubbio s’insinuò nella sua mente. “Cosa succederà quando sarai di nuovo libero e non sarai sotto la mia custodia? Ti trasferirai in un’altra città, tornerai a Parigi, magari?”
Sebastian gli baciò i ricci, “Non me ne andrò mai da nessuna parte, se tu non verrai con me. Capito?”
“E’ una promessa?”
“Sì, è una promessa.”

 

 

 

 

 

“Blaine, non rendere le cose ancora più difficili.” Sebastian sembrava implorarlo, ancora a dargli le spalle.

“...Allora resta; potrai anche andartene dall’altra parte del mondo, ma sarà sempre difficile senza di me, me lo hai detto tu.” Blaine cominciò ad avanzare lentamente verso di lui. 
“Non posso, avrei dovuto pensarci prima. Se tornassi indietro adesso.. tornerei dentro.” 
“Ti prometto,” disse cingendogli i fianchi per non farlo andare via, “che se non prenderai quell’aereo e resterai qui con me, troverò un modo per farti restare sotto la mia custodia. Ma tu resta qui.” 
“Blaine-“
“Se fossi stato davvero convinto di voler partire non mi avresti lasciato inizi per farmi venire da te, non staresti ancora qui ad ascoltare le mie parole. Sai che posso non farti andare in prigione. Fidati di me.”
Sebastian gli prese il viso tra le mani e lo baciò. 
“Scusate, ma avete finito questa commedia romantica da quattro soldi o devo ancora sorbirmi i vostri dialoghi diabetici ancora per molto?” Urlò Elizabeth che per tutto il tempo era rimasta a distanza per lasciar fare a Blaine, ma adesso sembrava essersi davvero stufata della situazione. 
"'Sta zitta," la rimproverò Sebastian, poggiando la fronte contro quella del suo amante. "Mi prometti che staremo ancora insieme?"
"Non starei lontano da me allungo," rispose lui prendendogli una mano, "dovrai darmi solo il tempo di sistemare le cose, un paio di mesi al massimo." 
Sebastian annuì, "posso aspettare due mesi se verrai a trovarmi."
Il quello stesso momento l'aereo iniziò a muoversi ed Elizabeth iniziò a urlare imprecazioni verso tutto e tutti, chiamando anche rinforzi al cellulare. Blaine non ne era sicuro, ma gli sembrò d'aver sentito qualcosa simile a "ci credo che dicono che i finocchi solo il male, quel coglione ha lasciato andare Clarington per un uccello!"
Entrambi scoppiarono a ridere e Sebastian lo guardò in modo eloquente.
"Non ti preoccupare, lo acciufferemo presto e in due non saremmo comunque riusciti a prendervi entrambi. E poi.. non potevo lasciarti andare."
Sebastian lo abbracciò, "non te l'avrei mai perdonato, se l'avessi fatto."





 


Me chi abbiamo qui? Si, la vostra Mirma è tornata dopo un mese di silenzio, vi sono mancata ,vero? VERO? Si bene, non ci fate l'abitudine, perché con la scuola quest'anno ho poco tempo da dedicare alla scrittura, uffa! ç_ç 
Comunque, spero vi sia piaciuta e mi scuso per gli orrori, ma non è stata betata! tra qualche giorno forse dovrebbe arrivarne un'altra con il prompt "Sports!AU" che per oggi non sono riuscita a finire.
Baci,
Keros_

   
 
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