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Autore: Lori_Tommo96    22/09/2013    1 recensioni
Quindi lo lascerai andare così? Ero pronta al rifiuto, pronta a dire addio per sempre a quello che eravamo stati, ma non ero assolutamente preparata alle sue mani calde e accoglienti che mi presero il viso, alla sua lingua dolce che si insediò tra le mie labbra chiedendo l’accesso alla mia bocca.
Mi stava baciando e lo stava facendo come nessuno lo aveva mai fatto prima.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io avevo sempre creduto in quel ragazzino, sapevo che aveva talento da vendere e che aveva la giusta determinazione per sfondare e solo quella sera davanti allo specchio della mia stanza,a distanza di due anni suonati, mi accorsi che io l’avevo sempre saputo. Già, io avevo saputo fin dal primo momento che Harry avrebbe scalato con facilità la salita impervia verso il successo, che i One Direction sarebbero andati ben oltre X-Factor, che del mio amico riccio se ne sarebbe sentito parlare per un bel po’.
Sorrisi involontariamente mentre mi sistemo i miei ricci ribelli con delle forcine. I miei capelli non avevano niente a che fare con i suoi, così morbidi, fluttuanti.
Non sapevo bene perché avevo accettato l’invito a quella COSA che io non riuscivo a definire festa, perché Hope fosse così felice di andarci e perché,dannazione, io non riuscivo a essere cintenta nemmeno la metà di quanto lo era lei. 
Io, in quel momento, sentivo di essere stata enormemente presa in giro.
In due anni le cose erano cambiate drasticamente. 
Stavo per cominciare l’ultimo anno di liceo, avevo progettato di già il college a Londra con Hope, avevo una media da salvaguardare in quell’ultimo anno per permettermi la borsa di studio.
In due anni, di Harry era rimasto solo un amaro ricordo, eppure stavo preparandomi per andare all’annuale party a casa di Andy e la chicca della serata era la presenza onoraria di Harry Styles e Louis Tomlinson, il suo inseparabile amico e compagno di band.
Avevo perfino creduto a quelle storie su di loro, i video su you tube avrebbero messo i dubbi sull’eterosessualità di quei due a chiunque, ma fondamentalmente mi sembrava impossibile associare la parola gay a Harry Styles.
Facevo molta meno fatica invece a credere che si fosse fatto quella Caroline che poteva essere sua madre, oppure la cantante biondina americana e chissà quante altre.
Ma in fondo come facevo a saperlo? Era da più di un anno che non ricevevo un suo messaggio. All’inizio ci eravamo tenuti in contatto, quando tornava a Holmes Chapel veniva regolarmente a trovarmi e passavamo interi pomeriggi a parlare.
Ma durante il suo primo tour i contatti si erano interrotti, quando tornava a Holmes Chapel aveva tempo solo per la sua famiglia e, alla fine, mi ero semplicemente abituata alla sua assenza.
Ma la delusione che provavo ogni volta che sentivo pronunciare il suo nome oppure ascoltavo la sua voce alla radio, non si era affievolita nemmeno un po’. Lui era il mio amico, il successo me lo aveva strappato dalle mani e Harry non aveva lottato affinché questo non succedesse.
La porta della mia stanza si aprì e una vocina familiare mi riportò alla realtà.
“Giuly vuoi muoverti? Di questo passo arriveremo che non sarà rimasto nulla da mangiare e ancora meno da bere!”
“Un momento, sto sistemando questo schifo” dissi a Hope indicando la mia chioma di ricci ribelli.
Quando ebbi finito di fermare quello scompiglio con le forcine, mi infilai i miei tanto odiati tacchi a decoltè neri.
Detestavo indossarli, ma per le feste a casa di Andy era quasi un obbligo farlo, così avevo scelto di abbinarci un paio di pantaloni del medesimo colore e una canottiera argentata molto disco anni settanta.
Notai che Hope aveva optato per il classico: tubino blu e scarpe coordinate.
Mi piaceva come aveva raccolto i suoi capelli biondi in una sorta di chignon, lasciando che qualche ciocca le ricadesse sulla schiena.
Io e lei, fisicamente parlando, eravamo agli antipodi: io mora e riccia, lei bionda e liscia, io occhi scuri lei azzurri, io alta e formosa, lei più bassa e asciutta.
“Sei pronta?” chiese lei spazientita.
Io annuii e uscimmo. Il passaggio fino a casa di Andy ce lo aveva gentilmente offerto Mike, il fidanzato di Hope. Era un tipo a posto, simpatico e gentile nonostante la sua stazza. 
Già perché quel ragazzo era alto un metro e novanta, bicipiti e addominali scolpiti dovuti ad anni e anni di box, ma non avrebbe fatto male a una mosca fuori dal ring. 
La sua auto era posteggiata davanti al vialetto di casa mia e immaginai che ci stesse aspettando da un pezzo a giudicare da come tamburellava sul volante.
Salii di dietro, prendendo un respiro profondo. Ero agitata, tremendamente agitata ma non volevo ammettere nemmeno a me stessa quale fosse il motivo.
La voce di Mike mi fece sussultare.
“Hai fatto i soldi?”
“Co-come?”
“Non usa salutare?” mi canzonò.
“Scusa Mike, ero sovra pensiero. Ciao comunque” sospirai.
“Lasciala perdere, è in crisi esistenziale,stasera rivede il suo cantante preferito” disse Giuly con aria divertita e io alzai gli occhi al cielo.
Cercai di non pensare a niente durante il breve tragitto in macchina che ci separava dall’immensa villa bianca.
Una volta scesi, sentii subito la musica che proveniva dall’interno. 
Hope mi puntò il dito contro.
“Te l’avevo detto che avremmo fatto tardi, a giudicare dal volume della musica la festa è iniziata da un po’” 
“Se fosse stato per me nemmeno saremmo qua” sussurrai, ma Hope mi sentì.
“Lo so che ti fa un certo effetto rivederlo, non mentirmi.”
Camminavo sul vialetto che ci separava dalla porta di casa di Andy a passo nervoso.
“Ok ammetto che sono in imbarazzo. La colpa è sua comunque, non sono io quella che è scomparsa lasciandosi tutto alle spalle.”
Hope annuì. Sotto il porticato davanti  all’ingresso c’erano vari ragazzi di nostra conoscenza che fumavano tranquillamente le loro sigarette. Li salutai velocemente e, prendendo un bel respiro, aprii la porta, seguita da Mike e Hope.
Fui investita da un odore di fumo misto a sudore. L’enorme salotto di Andy era gremito di persone, su una pedana probabilmente noleggiata stava il Dj, le luci colorate illuminavano la massa informe di gente. Sul tavolo accostato al muro stava il buffet che ogni anno il mio amico milionario offriva agli invitati a sue spese, mentre notai che il bar era stato allestito sulla terrazza, a cui si accedeva attraverso un’ enorme vetrata.
La prima persona che intravidi tra la folla fu la sorella di Andy, Christie, la mia popolare compagna di classe. In effetti nessuno avrebbe mai negato l’evidenza: Christie Stewart era da sempre stata di una bellezza fuori dal comune: occhi verdi, capelli biondi e mossi, fisico da paura.
Si montava la testa, questo sicuramente, ma rimaneva una delle mie amiche più care dopo Hope, nonostante ogni volta mi lasciasse spiazzata dal suo fascino. 
Quel vestito rosso vermiglio sembrava essere stato creato per lei e in quel mentre detestai mia madre per non avermi mai permesso di comprarne uno simile, anche se sapevo bene che indossato da me non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Le mani piccole di Christie mi avvolsero in un abbraccio.
“Finalmente siete arrivate, non ci speravo più” disse rivolta a me e Hope.
“Colpa mia” ammisi “Dov’è Andy?”
“E’ in terrazza, vi stava aspettando anche lui.”
Annuii e mi diressi verso la terrazza con solo Hope al seguito: Mike aveva già trovato i suoi compagni di boxe. 
Varcai la porta della vetrata e fui investita da un freddo venticello che fece accapponare la pelle delle mie spalle scoperte. 
Mi strinsi le braccia al petto e cercai il corpo massiccio di Andy con lo sguardo tra le varie perone in coda per un drink.
D’un tratto mi accorsi che un paio di occhi verdi mi stavano osservando e non potei fare a meno di rimanere incantata da quello che vidi.
Un ragazzo molto più alto di come lo ricordassi se ne stava appoggiato contro al muretto della terrazza, un paio di pantaloni neri aderenti gli fasciavano le gambe affusolate, una camicia slacciata fino a metà petto lasciava intravedere dei tatuaggi sulla pelle chiara e un fisico ben definito, i capelli riccioli gli contornavano il viso che non era più neanche lontanamente quello di un bambino. 
Una tizia gli stava parlando, ma quegli occhi mimetici erano puntati su di me. 
In quel preciso istante mi pentii di aver evitato per un anno intero di guardare una sua foto, un suo video o qualsiasi altra cosa che lo riguardasse.
Faticavo a credere che fosse cambiato così tanto e lo shock mi impediva di muovermi, di  fargli un cenno, eppure non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi.
Il nostro contatto visivo si interruppe solo quando, dopo qualche secondo oppure un secolo, difficile a dirsi, le muscolose braccia di Andy mi travolsero in un abbraccio e “Finalmente Giuly” mi disse soddisfatto. Distolsi gli occhi da Harry e notai quanto l’alito di Andy puzzasse di alcool.
“Andy, quanto hai bevuto?” chiesi scherzosamente.
“Non molto, voglio ricordarmela questa serata piccola!” 
Quasi aveva gridato e mi aveva stretto ancora più forte. Mi divincolai dalla sua presa e rivolsi di nuovo lo sguardo verso il muretto. Harry era contornato da varie persone, manco fosse un pezzo da museo. Certo che non lo era, lui era meglio di tutte le statue greche così perfette che avevo studiato a scuola, lui era reale, in carne e ossa. I suoi capelli si muovevano accarezzati dal vento leggero, il suo sorriso illuminava gli sguardi delle persone che gli stavano intorno e mi fece piacere notare che quelle sue adorabili fossette ai lati della bocca non erano sparite con la crescita.
Mi sorprese a guardarlo e mi rivolse un lieve sorriso.
In quel preciso istante, mi sentii come se, assieme al mio sguardo, avesse colto anche i pensieri che stavo formulando su di lui e le mie guance si infiammarono. 
Una parte di me, quella istintiva, voleva ricambiare quel sorriso, invece il mio lato razionale e orgoglioso prevalse su quell’impulso: mi aveva scaricata, dimenticata, dopo anni e anni passati insieme, non meritava il mio sorriso solo perché era sicuramente il ragazzo più bello che avessi mai visto in vita mia. 
Mentre formulavo questa ipotesi, arrivò Hope con due bicchieri di birra e me ne porse uno. 
Bevvi in silenzio. Hope ad un tratto sgranò gli occhi.
“E’ veramente…”
“Harry Styles?” la interruppi e bevvi un sorso poi ripresi: “Sì lo è”.
“E immagino di sapere perché sta venendo qui”
Persi un battito. Hope mi strizzò l’occhio e fece per andarsene.
“Dove credi di andare?” chiesi categorica.
“Da Mike, ovvio, non voglio assolutamente interferire nella vostra conversazione, saluterò Harry più tardi”.
Detto ciò sparì fluttuando tra la folla. La maledissi mentalmente, poi una mano si posò sulla mia spalla nuda e un brivido mi percorse da capo a piede.
Prima di voltarmi, sorrisi al ricordo di quelle mani sproporzionatamente grandi che cercavano in tutti i modi di imparare a muoversi sul mio pianoforte con scarsi risultati.
Presi un respiro e mi girai.
Cercai di non badare al suo sorriso provocatorio e gentile al tempo stesso, ai suoi occhi così intensi, al suo profumo che mi aveva avvolta, alla sua camicia che lasciava poco all’immaginazione e me ne uscii con un “Ciao Harry”.
“Ciao Giu”
A sua voce non era cambiata, sempre profonda, le parole sempre pronunciate lentamente. Quando mi aiutava a fare i compiti mi faceva venire il mal di stomaco per la lentezza con cui pronunciava ogni singola parola. Lo guardai aspettando che dicesse qualcos’altro e così fece.
“Sei cambiata un sacco sai?”
Da che pulpito pensai ironicamente e sorrisi.
“Credo di essere sempre la stessa di più di un anno e mezzo fa. Tu invece? Come vanno le cose?”
Notai dalla sua espressione che aveva colto il risentimento nella mia voce fredda, ma conoscevo bene Harry, non mi sarei mai aspettata un “mi dispiace per non averti più scritto”.
Sarebbe stato anche stupido da parte sua esordire così, infatti cambiò velocemente argomento.
“Direi che non posso lamentarmi. Vieni, devi conoscere una persona che ti piacerà un sacco.”
“Ah sì? Come fai a dirlo?” 
Non sembrava che fosse passato un anno intero, non c’era distanza tra noi, a parte un po’ di freddezza che non riuscivo a non mostrare.
Harry si mise a ridere di gusto.
“Perché siete simili, te ne accorgerai”
“Vedremo”
Mi avvicinai a lui pronta a seguirlo, invece mi sentii afferrare per un braccio e ricevetti uno strattone così forte che finii contro il suo petto. I suoi occhi erano a pochi centimetri dai miei, strabuzzati per la reazione inaspettata.
“Lo so che sono stato uno stronzo, ma non usare questo tono di sufficienza” disse serio.
“Non sto usando un tono di sufficienza, ma cosa ti aspettavi? Che sarei corsa a salutarti e a dirti che mi sei mancato tanto?” 
Mi staccai dal suo corpo e ripresi a parlare, cercando di non alzare la voce.
“Sai una cosa? Mi sei mancato davvero comunque”dissi seria.
Chinai lo sguardo, pentita già di quello che avevo detto. Non ero la classica persona sentimentale, anzi il mio orgoglio mi impediva di dire così apertamente cosa provavo dentro di me.
Sentii la sua mano stringere la mia, come faceva sempre, stringendomi il dorso con il pollice e il palo con il resto delle dita.
“Mi sei mancata anche tu, piccola stronza, adesso vieni che devo farti conoscere Louis”
Probabilmente arrossii quando mi chiamò così, il che può sembrare stupido, ma in realtà lui mi chiamava sempre in quel modo prima e inevitabilmente quell’epiteto mi aveva fatta sentire bene.
Lo seguii in casa di Andy, dove la musica rendeva quasi impossibile parlare. Mentre entravamo, tutti ci guardavano. I nostri amici, quelli che erano ancora miei amici, ci salutavano. Le ragazze in verità salutavano me e poi dedicavano tutte le loro attenzioni ad Harry.
Pensai che a quel passo ci avremmo impiegato delle ore ad arrivare da Louis, il suo amico.
Avevo visto qualche loro foto, quelle per cui venivano considerati gay, e non avevo alcun dubbio sul fatto che anche Louis, come Harry, fosse bello da mozzare il fiato.
Mentre Harry stava intrattenendo Christie, che sembrava fargli delle avance più che evidenti, venni travolta da una strana sensazione. Il cuore mi batteva stranamente forte e l’unica cosa che volevo è che quella conversazione terminasse. Christie poteva avere chiunque, perché ci stava provando proprio con Harry? Ovvio che ci provasse, era più simile a un angelo che ad altro.
Non era affar mio l’interesse di Chirstie verso d lui, erano liberi di fare ciò che volevano in fondo. 
Dopo ben dieci minuti passati ad ascoltare i loro discorsi, Harry riportò l’attenzione su di me e salutò la mia amica, la quale mi fece un occhiolino complice che mi diede la conferma di ciò che sospettavo: voleva provarci con Harry e me lo aveva appena fatto capire.
Non ci badai più di tanto e lo seguii su per le scale della villa.
“L’ho visto salire prima, chissà dove c’ha i piedi. Spero sia sobrio, anche se quando è ciuco è uno spettacolo” disse Harry mentre salivamo le scale. Scoppiai a ridere, poi notai un particolare.
Possibile che in un anno e mezzo fosse cresciuto così a dismisura? Dal mio metro e settantacinque mancava un palmo abbondante per raggiungere la sua statura.
“Styles ti hanno concimato? Quanto sei alto?”
Harry rise per la mia battuta.
“Sono così diverso? Mi guardi come se fossi un’altra persona!”.
Trasalii. Cercai di mantenere la calma e di non far notare il mio totale imbarazzo. Come aveva fatto ad accorgersi che lo guardavo in modo diverso? Era veramente così evidente? 
“No che dici! Sei sempre tu, solo più alto, più grosso e con i tatuaggi.”
“Anche tu sei diversa. Hai un viso da donna ora e lo stesso vale per il corpo”.
Quasi inciampai su un gradino. Harry Styles che mi faceva un compimento, un’osservazione: era decisamente cambiato. Notai un filo di imbarazzo nella sua espressione, poi disse:
“Non sai quanti tatuaggi mi sono fatto, non ne hai idea!” 
“Mmm vediamo, questi sulle mani e le rondinelle sul petto… quanti altri possono ancora essere?”
Harry scoppiò a ridere accentuando le fossette sul suo viso. Mi prese per mano e mi trascinò dentro la prima stanza vuota che trovò nel corridoio di casa Stewart, chiudendosi la porta alle spalle.
Che cosa stava facendo?
“Cosa ci facciamo qua? Dovresti presentarmi Louis…”
Notai che eravamo nella stanza dei genitori di Andy e Christie e, a giudicare dalla quantità di bicchieri sparsi sul pavimento, qualcuno era già stato lì.
“Non posso mostrarti i miei tatuaggi in mezzo al corridoio” sentenziò e cominciò a slacciare i pochi bottoni della camicia che non erano già slacciati.
Involontariamente, andai in apnea quando rimase a torso nudo, gettando la camicia sul letto. 
Il suo corpo era diventato qualcosa di talmente sensuale e perfetto che non potei restare indifferente a quella visione: pelle bianca, più tirata sui muscoli addominali dove spuntava una farfalla tatuata, spalle pronunciate, le rondinelle sul petto, una G e una A sotto quest’ultime, una sorta di gabbia sul fianco, una scritta, poi le braccia: un veliero, delle scritte, una stella, un cuore, il tetraedro simbolo dei Pink Floyd e ancora altri segni.
Rimasi stupita come su di lui tutte queste immagini non risultassero esagerate, anzi gli donavano in modo particolare. 
Mi guardava con aria divertita mentre lo stavo letteralmente ammirando scioccata.
“Che c’è Giu? Hai perso il dono della parola? So che odi i tatuaggi…”
“Sì li detesto, ma devo ammettere che sei… uhm che ti stanno molto bene”.
Dopo questo mio commento, passammo circa mezz’ora chiusi in quella stanza. Harry mi mostro i suoi tatuaggi uno ad uno, mentre stavamo seduti comodamente sul letto. Molti di questi se li era fatti con Louis, mentre altri erano di tipo più personale.
“Scommetto che la G e la A stanno per Gemma e Anne giusto?” chiesi curiosa, pensando a quanto assomigliasse a Gem, sua sorella maggiore, e a sua madre.
“Bingo”
“E la farfalla?” 
“La farfalla è stata un esperimento. Non ti piace vero?”
Guardai bene l’enorme disegno sui suoi addominali. In realtà mi piaceva, non avrei mai penato che potesse risultarmi carina e addirittura sexy eppure era così.
“Mi piace invece, è particolare”
“Ma va, lo so che odi questa roba!” disse facendo una smorfia.
“Io odio i tatuaggi su me stessa, non sugli altri” lo corressi.
In quel momento pensai a quante cose non sapevo di lui a parte i tatuaggi.
“Raccontami qualcosa della tua vita, dei One Direction, sono curiosa”.
“Avremo una settimana per parlarne. Sto un po’ qua dalla mia famiglia.”
Fui felice di quella notizia, ma non potei trattenermi dal dire:
“Allora questa volta avrai un po’ di tempo anche per me?”
Harry prese la sua camicia tra le mani e sospirò.
“Senti, ti ho detto che sono stato uno stronzo, non farmelo pesare.”
Mi ricordai in quel momento quanto fosse facilmente irritabile quando stava dalla parte del torto.
“Ok mister tatuaggio, andiamo da questo Louis ora?”
“Ah già Lou!”
Ci alzammo simultaneamente dal letto, Harry si riabbottonò la camicia e poi uscimmo in corridoio.
  
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