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Autore: hannibalizetheworld    23/09/2013    0 recensioni
[MachiavellixLaVolpe] Una one shot divisa tra eventi passati ed eventi presenti, col pov che pende dal lato delLa Volpe :) Lo sviluppo con Machiavelli e la fine dopo il nascondere la Mela. Buona lettura!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Niccolò Machiavelli, Volpe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Non c'è molto da dire su questa storia xD Suppongo sia divertente leggerla per capirla a fondo :P Buona lettura e grazie in anticipo! MachiavellixVolpe]
 

Non amava molto farsi vedere in mezzo alla gente e questo tutti lo sapevano fin troppo bene. Da quando a Roma l'Auditore lo aveva rimesso in sesto nella taverna delLa Volpe Addormentata, non passava le giornate producendo molto. Ogni tanto faceva una capatina nel nuovo covo dell'Isola Tiberina, magari per le ultime novità, gli ultimi spostamenti, ma la gran parte del lavoro lo facevano i suoi ladri e lui, come Leader era solito comandare, comandare e comandare. Ed era quando quel piccolo momento per distrarsi dai suoi pensieri si faceva vivo, che lui andava ad appolaiarsi sopra l'Aventino, al tramonto, respirando a pieni polmoni la brezza fresca della sera. 

"Il suo nome era La Volpe. O almeno tutti lo conoscevano così, per quello che voleva essere, per quello che voleva farsi vedere. Un abile ladro di origine fiorentina, di grande fama tra ladri, mercenari, cortigiane e assassini. Un punto di riferimento per molti. Ma quella sua fama era ormai sul punto della decadenza. Le giornate, i mesi, gli anni passavano anche per lui e i segni sulla sua pelle cominciavano a farsi strada. Di certo non gli avrebbero impedito di portare avanti quella sua attività alla quale aveva dedicato praticamente tutta la sua vita! Suo padre lo aveva istruito a dovere. Già... Suo padre. Quel padre che c'era solo per quello che voleva ci fosse. Non ricordava molto del suo passato. Qualche ricordo intrecciato agli eventi mondani, ma nulla di più. Ricordava di essere un ragazzo sveglio, abile e dotato di un'intelligenza ed una perspicacia fuori dal comune, un prodigio in parole povere. Ove c'era da portare a termine una missione, lui era lì, pronto a svolgere ogni compito assegnatogli. E' triste pensare che ogni sua mansione avesse come fine il portare la cena in tavola. Dopo i suoi primi tredici anni suo padre cominciò a dare i primi segni di cedimento e con il rafforzamento del potere templare le zuffe con le guardie aumentavano di giorno in giorno. La vita non era più semplice come una volta!"

E così che pensando ad altro lui passava quelle sere. Mirando ogni volta quel panorama desolato, qualche persona in mezzo alle vie, costernate ancor di più di guardie che nei mesi precedenti! Ma i Borgia si potenziavano ogni volta, eccome se lo facevano! Sembrava quasi che tutto il lavoro portato avanti da lui, dall'Auditore, dalla Sforza e dal Machiavelli fosse quasi inutile. Non totalmente, questo è sicuro! Gli sviluppi c'erano. Non si vedevano del tutto, ma c'erano e questo era un buonissimmo segno. Quell'idea di Ezio di concentrare specialmente il popolo nella loro mansione era stata un successo. E La Volpe lo sapeva. Sapeva che egli continuava incessantemente a reclutare nuovi mercenari, nuovi "assassini" dell'ordine che li avrebbero aiutati con tutte le loro forze. Eppur le urla di terrore della popolazione non cessavano.

"Erano come quelle urla. Le urla di sua madre quando accadde quello che gli avrebbe cambiato tutta la vita, che avrebbe deciso il suo scopo, il suo credo. E tutto in una tranquilla giornata di pieno agosto. Uno scellerato caldo che impediva il pieno godersi della stagione. Ma non c'era nulla da godere. Fu tutto nella notte. La sentì gridare e corse in camera sua, quasi proibita per colpa del padre, ma la porta era socchiusa. Una luce rossa negli occhi del suo vecchio e lui, ancora bambino, sulla soglia della stanza non vide altro che sangue. Lo stesso colore del riflesso degli occhi del padre. Il corpo fermo, mutilato, della sua (povera donna!) madre giaceva inerme sul caldo pavimento di legno che scricchiolava sotto ogni passo del padre. Non seppe perchè lo fece. Scappò via dalla piccola casa. Correva con lo sguardo offuscato dalle lacrime e non sapeva con precisione dove stava andando. Ne era certo. Quel che aveva visto là dentro, in quella stanza "proibita" non lo avrebbe dimenticato mai."

Neanche dopo trent'anni di lavoro tra i ladri! E si lasciò scappare una risata. Non c'entrava molto effettivamente in quel momento, si sentiva un po' in colpa di aver riso della sua sfortunata madre, ma ne era talmente tentato che la sua diventò presto una sonora risata che attirò l'attenzione di qualche passante. Almeno ciò gli portò un sorriso tranquillo sotto a quella sua cappa che gli lasciava il viso nella penombra. Si grattò freneticamente la nuca scendendo da quell'impalcatura sopra la vecchia torre dei Borgia ormai distrutta dall'Auditore. Fece qualche passo verso il suo cavallo lasciato ad uno spaccio, con la luce del sole che da sotto al cappuccio gli colpiva gli occhi quasi accecandolo letteralmente. 

"Ricordava ancora quei passi come se fosse la prima volta. Era un ragazzo di poco più grande di lui con i capelli corti, mori, ben curati. Le mani dietro la schiena ed un mantello in tinta rossa di pregiato tessuto che pochi in quella Firenze popolana avrebbero potuto indossare. Ricordava quel non so che di odioso nei suoi occhi. Non lo sopportava! Neanche lo conoscesse! Beh, con tutto quello che aveva passato era normale farsi un input delle persone che incontrava solo guardandole dall'aspetto e dal portamento. Ma quel ragazzo aveva qualcosa in più degli altri. Non sapeva se fidarsi di lui, ma in quel momento era l'unica cosa che poteva fare per andare avanti."

-Machiavelli!- esclamò La Volpe alla vista di quel suo caro amico. E l'uomo dinanzi a lui non potè non offrirgli un caloroso sorriso accompagnato da una sonora stretta di mano. Era felice. Felice quando c'era qualcuno a fargli compagnia. Non aveva molti amici apparte la compagnia degli Assassini, questo era certo. Ma di quelli stretti, dei propri amici "del cuore", no, non ne aveva sicuramente. Ma a lui, a Niccolò, lui aveva raccontato molte cose del suo passato, cose sconosciute praticamente a chiunque, tranne che appunto a lui. Come di quanto poteva mancargli Giovanni...

"Ed era in quelle sere, quelle piene di stelle, quelle che non ti stanchi mai di guardare, che i due amici salivano sui tetti dei palazzi fino a Lei. La Maria Novella. Da lì poteva davvero vedersi tutta Firenze! La Signoria, l'Arno, la Maria del Fiore, casa De' Medici, casa Auditore. E quante risate che si facevano sempre insieme. Ricordava il sorriso smagliante di Giovanni quando ancora era un ragazzino poco più piccolo di lui, ma così pieno di orgoglio e vitalità come un adulto. Sembravano un po' Federico ed Ezio, i due figli di Giovanni, quando si rincorrevano sin dai piccoli in giro per tutta la Signoria."

-Cosa ti porta qui da me Machiavelli?- Più che altro il suo chiamarlo per cognome era una forma di rispetto. Niccolò era una figura di grande fama in tutt'Italia e dovunque si parlasse di lui, solo belle parole! Poteva ritenersi quasi onorato di avere un tale personaggio di rilievo al suo fianco. Sì, in passato potevano aver litigato. Tutte quelle sue idee sulla libertà, su un Principe che li avrebbe salvati tutti, su una realtà che si sarebbe fatta meglio a dimenticare; l'idea di uno Stato unito ed equilibrato. Ma come?! Da quando Lorenzo li aveva lasciati poco dopo che Ludovico venne assassinato a San Marco le cose si erano completamente rovesciate a loro sfavore! Lo avrebbe quasi ucciso al Machiavelli se quella buon'anima dell'Auditore non l'avesse fermato in tempo coi documenti che provavano la sua innocenza e la sua completa non partecipazione alla congiura contro la Gilda. Un po' da lì cominciarono a ristabilire e riordinare il loro rapporto. -Ti stavo cercando per dirti che finalmente Cesare è stato abbattuto.-

"-Io non morirò per mano d'uomo!- Le urlava come se fossero le sue prime ed ultime parole. Col sangue che gli colava sul viso, fissava i quattro assassini che lo avevano messo in ginocchio con aria di sfida, odio, rivincita. L'avrebbe avuta sicuramente perchè nessuna catena, nessuna prigione, nessuna pena di morte lo avrebbe fermato!"

-Quindi finalmente i Borgia smetteranno di dar fastidio?- Si poggiò stanco con le braccia sulla sella del cavallo, guardando con la coda dell'occhio l'amico avvolto dal suo solito mantello rosso vermiglio. Niccolò si voltò, ammirando il paesaggio circostante. -Credo sia così finalmente Gilberto.- Ah... Chissà perchè lo aveva fatto...

"-Puoi chiamarmi Gilberto, Niccolò. Mi chiama Volpe chi non conosce la mia identità... Sei una persona abbastanza fidata per prenderti una tale confidenza!" Rise per abbondanti secondi seguito a ruota dal più grande che gli poggiava lentamente una mano sulla spalla. -Che nome ridicolo amico mio!- E continuarono a ridere chissà per quanto ancora! Ancora un po' e cominciavano ad asciugarsi le lacrime a vicenda. -Mai quanto il tuo!-"

Tutto era chiaro adesso. Lo guardò inarcando le sopracciglia, premendo con i palmi delle mani sulla grande sella di cuoio, infilando lo stivale nella staffa, montando a cavallo. Puntava gli occhi verso Nord, mentre l'altro anche faceva lo stesso lentamente. -Dove te ne stai andando Gilberto?- abbassò il viso respirando silenziosamente. -Devo parlare con Ezio.. riguardo Lei.- poteva avvertire la curiosità negli occhi dello scrittore. La Volpe... aveva qualcuno di cui preoccuparsi? Intendere qualcosa per dell'altro può capitare sempre, specialmente quando si aveva a che fare con uno come lui, un ladro. Niccolò abbassò lo sguardo sentendosi stringere al petto. Una morsa dolorosa, che pungeva così forte proprio lì, sul cuore, che si diffondeva fino alla gola. Poteva sentirla chiaramente salire, salire, fino alla testa. E la bocca voleva rispondergli, ma quelli che uscirono furono solo piccoli sospiri accorti, che si tenevano lontani dalle parole. -Niccolò..?- si tolse piano la cappa osservando l'amico dando un paio di colpetti di gambe al cavallo che piano cominciò a camminare. Un abile colpo di mano alle redini e quest'ultimo si girò diligentemente sulle quattro, grandi zampe, posizionandosi davanti all'animale dell'altro. Volpe teneva lo sguardo fisso, dritto negli occhi del moro. E Machiavelli finalmente poteva vederlo per quello che era. Solo con lui era solito togliersi quella copertura dal viso, uno splendido viso. Capelli del colore del tramonto, occhi come ametiste brillanti, un sorriso come il sole del mattino. -Niente Gilberto.. Riflettevo.- Ricambiò lo sguardo a fatica, accennando una smorfia poco convinta. -Torni con me al covo?- e fece di nuovo voltare il cavallo, riportandosi la cappa sulla testa. -Penso sia fattibile.- sospirò dando passo all'animale. 

"-Sì, però all'Inferno ci vai tu.- poteva sentire le lacrime scendergli lente sulle guance. -Vorrei stringerti alla gola in questo momento!- urlava e non sapeva nemmeno come tutto quel litigio era cominciato. Si odiavano, questo era sicuro, eppure la sensazione che lui fosse l'unico a farne una discussione così accesa era forte. Niccolò teneva i pugni stretti dietro la schiena fissandolo con aria indignata, potendo fargli percepire dal suo sguardo quell'odio che nessuno gli aveva mai trasmesso così intensamente. -Smettila di fissarmi! Tu...ci hai traditi! Non me l'hai detto perchè non ti fidavi abbastanza di me? Quante cose ancora hai intenzione di nascondermi Machiavelli, quante?- piangeva freneticamente, coprendosi il viso, cercando di nasconderle, invano. Volpe tremava. Si poggiò lentamente al muro tirando forti boccate d'aria per evitare una crisi di panico, che proprio in quel momento era la cosa peggiore che potesse succedere. Perchè stava piangendo per un idiota del genere? Era un ladro esperto e avrebbe potuto eliminarlo facilmente. Ma tutto questo era molto prima che tentò il grande sbaglio. Lo aveva visto scambiarsi documenti con quelle dannate guardie rosse. E i suoi occhi non lo ingannavano mai, no. Era un ladro. -..Vattene Machiavelli.- sibilò quelle parole quasi a malincuore. E fu una nota pungente per l'altro. Volpe potè sentire chiari i passi come quella volta di quando era piccolo, solo che..."

-Siamo arrivati Gilberto.- esclamò lo scrittore smontando abilmente da cavallo, legandolo ad uno dei paletti che stavano di fronte la piccola entrata del covo. -Come se non lo sapessi Niccolò! Ci veniamo da una vita qua ormai!- rise, imitando l'amico, regalandogli uno sguardo dolce, accompagnato da un piccolo sorriso. E Machiavelli lo adorava. Ma, per Dio, no! Non poteva neanche provare ad esternare quei suoi sentimenti o altrimenti cappio al collo assicurato! -Mi aspetti qui o vieni con me?- le parole del rosso fecero svegliare l'altro da quei suoi pensieri. -Si, si... vai non preoccuparti.- e detto questo vide la Volpe addentrarsi nel covo, sparendo col mantello dietro la porta. Niccolò restò appoggiato con le spalle al muro adiacente l'edificio per abbondanti venti minuti, quando la porta si riaprì. -Stanotte. Stanotte accompagneremo l'Auditore con Lei al Colosseo.- di nuovo quella Lei. Si guardarono entrambi negli occhi per un paio di attimi, che allo scrittore parvero interminabili. -D'accordo... Ci si vede qua Volpe?- gli portò una mano sulla spalla e lentamente scivolò con la fronte a contatto con quella dell'altro. Fu forse la reazione più... Inaspettata che Machiavelli poteva immaginarsi da lui. Sbattè le palpebre un paio di volte, sentendo le sue guance andare piano a fuoco. Gilberto...era arrossito? Per lui? Gli diede qualche colpetto dietro la schiena ridendo sonoramente, facendo mugolare l'altro, che sibilò qualche parola aggiustandosi la cappa sulla testa per nascondere quel rossore. -A stasera amico mio!- e furono queste le ultime parole che sentì prima di rimanere di nuovo in solitudine coi suoi pensieri. Voleva almeno finire l'ultimo giro, visto che quello che stava succedendo col Machiavelli era fin troppo strano.

"...solo che a differenza del padre, la cui intenzione era quella sicuramente di metter fuori gioco anche a lui, Machiavelli lo sbattè con forza alla parete, tenendogli le braccia bloccate, stringendo forte la presa. Lo puntava con gli occhi socchiusi, le sopracciglia aggrottate, una nota di sdegno e rabbia in quello sguardo. Volpe lo guardò per un attimo fermando le lacrime, concentrandosi più che altro al dolore che la sua presa gli stava provocando. -Dimmi. Dimmi che hai le prove per accusarmi, Volpe. Dimmi che le hai e io ti crederò. E ti dirò tutto.- aveva una voce così roca e severa e gli sussurrava quelle frasi a fior di labbra. -Smettila..! Ti ho visto! Con le Rosse! Quel che ho visto è una prova schiacciante Machiavelli!- e aveva una gran voglia di strappargli quella faccia saccente a morsi. Lo scrittore lasciò la presa voltandosi e dandogli le spalle. -Ebbene.. Ciò che gli occhi vedono, le orecchie non odono. Hai idea di quello che facevo?- attirò su di sè l'ovvio sguardo interessato e confuso della Volpe, che lentamente si massaggiava le braccia doloranti. -Come credi che Ezio li abbia avuti i piani di conquista del Borgia, eh? Che se li sia presi da solo? Un'impresa impossibile anche per lui, credo!- un totale fallimento. Si sentiva abbattuto, in colpa, sempre che stesse dicendo la verità. E una voce dentro di lui continuava a sussurrargli di credergli, anche per poco, di fidarsi dell'uomo che prima lo aveva anche quasi minacciato. Credere ad un Machiavelli che fino a quel momento non aveva mostrato mai a nessuno quel lato aggressivo del suo carattere che tanto voleva mantenere nascosto. Volpe avanzò qualche passo verso l'altro, abbracciandolo piano da dietro, affondando il viso tra le sue spalle. Niccolò girò la testa guardandolo perplesso, sentendo la sua veste bagnarsi all'altezza del viso dell'altro. Si voltò di scatto, stringendolo al petto, volendo sentirlo sempre di più vicino a sè. -Scusami Machiavelli...- sentiva quelle parole uscire dalla sua bocca come sibili di un serpente. -Non c'è nulla da scusarsi Volpe, tu non hai fatto assolutamente nulla che non andasse bene...- e posandogli leggero le labbra sulla fronte gli regalò uno sguardo dolce, completamente diverso da quello che aveva visto l'altro qualche attimo prima. Di nuovo lo strinse a sè lasciando che l'altro si sfogasse per la troppa ansia che aveva accumulato col passare dei minuti. Una volpe carinissima, non pensava ad altro. Dolce, da proteggere e guidare. Questo solo avrebbe voluto fare. E il rosso dal canto suo veniva percorso da un turbine di sensazioni delle quali non riusciva neanche a capacitarsi. Un lato di sè voleva prendere a pugni quello scrittore sapientone, dall'altro avrebbe voluto continuare ad essere abbracciato, coccolato, protetto. Poteva quasi dire di amarlo alla follia..."

Accompagnarono l'Auditore nei pressi del Colosseo, ma non volle la loro presenza all'intero di quest'ultimo. Niccolò era rimasto in disparte, come se avesse altri pensieri per la testa. Non bastò molto che il giovane Assassino tornò dalla sua missione sorridendo soddisfatto. La Mela era finalmente al sicuro e neanche l'ira più funesta del Borgia l'avrebbe potuta trovare. Ritornarono al covo dell'Isola Tiberina e subito informarono gli altri del successo dell'impresa di Ezio. Fu organizzata una festa. Brindisi e canti dolcemente intonati dalle cortigiane della Rosa Bianca. Tavoli occupati da ladri, mercenari, adepti assassini e figure abbastanza conosciute nell'ambiente. Tra tutti, però spiccava la sua figura, e la Volpe non faceva altro che notarlo sempre di più. Niccolò era il più elegante di tutti. Di certo non poteva permettersi vestiti costosi come i suoi, ma era lo stesso portamento dell'uomo che attirava i suoi sguardi. Ne avevano passate così tante e gli era piaciuto particolarmente rispolverare un po' nei suoi ricordi. Dimenticare in fondo è una cosa sbagliata. Sentì le sue guance accaldarsi quando lo sguardo del Machiavelli si poggiò sul suo viso, su tutto il suo corpo. Voleva erigere un muro alto e spesso davanti a sè. Aveva il suo solito cappuccio sulla testa, ma non servì a molto. Quell'uomo gli piaceva da impazzire e non poteva contrastarlo, ora come ora, dopo che finalmente la pace era tornata in Italia. Ma uno come lui, come la Volpe, un ladro senza storia, che avrebbe potuto avere a che fare con uno come lui, come Niccolò, uno scrittore, che lo vedeva solo come un amico? Poteva sentire ancora, di nuovo i suoi passi rimbombargli nella testa, ogni quando si faceva più vicino a lui. Ricordava di essere seduto vicino a lui quando Machiavelli lo tirò a sè, carezzandogli piano la nuca, tenendogli un braccio attorno al collo. Attirarono qualche sguardo su di loro e come non poter negare la paura che si affacciò negli occhi del rosso riguardante l'idea della pena di morte! Era poggiato con la testa sul petto del moro. Lo sentì prendere una grande boccata d'aria. -Perchè noi siamo per la libertà miei cari. Quella libertà che i Borgia, che la mentalità del nostro tempo non ci concede da molto, troppo tempo. Una libertà di pensiero, di agire, che solo pochi di noi hanno il coraggio di vivere e di affrontare..- splendide, bellissime parole che nessuno mai dimenticherà, pronunciate da un uomo che ci credeva davvero, con tutto sè stesso. I brindisi continuarono mentre piano il moro rivolse uno sguardo alla Volpe. L'uno amava perdersi negli occhi dell'altro ed entrambi erano consapevoli delle sensazioni che scaturivano da quel gesto. Niccolò sorrise piano, percorrendo con le labbra piano la guancia dell'altro, soffermandosi all'angolo della sua bocca, godendosi ogni momento di quel tenero contatto in cui tutto il resto delle cose pareva svanire nel nulla, portandosi via tutte le preoccupazioni. Fu il primo vero bacio. Il più dolce di una lunga serie che sarebbe andata avanti dopo che, sincero, il Lione rivolse alla Volpe, la sua Volpe, quelle parole così tanto desiderate. 

"Ti amo."

  
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