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Autore: Dro    23/09/2013    7 recensioni
Sei seduto di spalle sulla poltrona, meno male, non mi hai visto arrivare.
Questa scena di solito si svolge al contrario.
Tu te ne vai di soppiatto ed io faccio finta di niente, poiché non ti voglio imporre la mia presenza. In fondo mi stava bene fingere di non vedere, di non sentire quando te ne andavi. Perché io lo posso sentire, è uno dei miei poteri.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pateticamente maturo
Sei seduto di spalle sulla poltrona, meno male, non mi hai visto arrivare.
Questa scena di solito si svolge al contrario.
Tu te ne vai di soppiatto ed io faccio finta di niente, poiché non ti voglio imporre la mia presenza. In fondo mi stava bene fingere di non vedere, di non sentire quando te ne andavi. Perché  io lo posso sentire, è uno dei miei poteri.
Mi hai portato tu a quest’ultima dolorosa decisione.
Sono stufo di essere considerato il “debole”, il “peso” o il “troppo sensibile”!
So di esserlo… ma se anche tu mi dici che è il momento di crescere, quando sei stato tu a rendermi così bambino, allora capisco che l’unico modo di maturare è andarmene lontano da te, lontano dagli altri.
Sento il tuo respiro regolare. Stai dormendo, nulla di più semplice, mi basta oltrepassarti silenziosamente e la scio un biglietto sul tavolino bianco.
Hai ragione niisan, devo crescere, e qui non lo farò mai… se ci saranno nuove minacce tornerò, ma ora devo capire chi voglio diventare.
Ti voglio bene
Shun”
Mi giro solo un istante e ti guardo. Ikki, fratello mio, forse avrei voluto vedere per l’ultima volta i tuoi iridi color della notte, ma non c’è pericolo, non li dimenticherò mai.
Mi chiudo la porta alle spalle e corro via.
 
Sono passati dieci anni dalla galaxy war.
Il mondo non ha più avuto bisogno delle nostre cloth. Nessuno di sicuro ha sentito la necessità di cercarmi.
La vista mi si offusca. Accidenti a me! Avrei dovuto fare colazione sta mattina! Ma oggi è un giorno troppo importante per me, non sarei mai riuscito a forzarmi di mangiare…
Sto tremando, che ironia! Di fronte alla bocca dell’inferno non ho esitato ed adesso davanti a delle persone che mi vogliono sentir parlare di cose che conosco quasi a memoria, di ragionamenti che io stesso ho elaborato, sono paralizzato.
Sento il mio nome. Mi alzo. Distribuisco le copie del mio manoscritto ai professori della facoltà. Mi siedo e comincio il mio discorso.
Subito dimentico l’ansia degli attimi precedenti e le due ore passano come fossero istanti.
La mia tesi si intitola “I cambiamenti antropologici e sociali testimoniati dal mito di Perseo” parole altisonanti per dire in breva che parlo del mito di Andromeda.
Ovvio… io sono un banalissimo egocentrico! (e sul mito di Leda, della Fenice, del dragone e del Pegaso a livello antropologico non c’è materiale rilevante o al meno sufficiente per una tesi di laurea di 45 pagine e mezzo)
Finisco la mia spiegazione dicendo “a testimonianza del fatto che sarebbe dovuto continuare il regime del matriarcato basti pensare che Andromeda in greco vuol dire: colei che signoreggia su gli uomini
I professori hanno peso dalle mie labbra tutto il tempo, ma lo so come andrà a finire. Niente centodieci, niente lode o bacio accademico, solo 103 per farmi rodere l’anima, ma lo so e non ci faccio molto caso.
Recupero le mie cose. Saluto i professori. Stringo i miei appunti al petto e vado verso le tribune, se così si possono definire, dando il cambio ad un altro ragazzo, figlio di professore.
Sento la testa leggera. Ho finalmente dimostrato di potermela cavare da solo e sta sera festeggerò lavorando come cameriere e pregando che nessuno mi noti. Arrossisco ancora  troppo, e c’è ancora chi si ricorda di me.
Salgo le scale per uscire dall’immensa aula. Improvvisamente lo sento. Il potere donatomi dalla catena non mi delude mai.
Mi giro per poi paralizzarmi definitivamente. Ora sì che ho paura! Altro che rischio di morire sconfitto in battaglia! Mi basta l’arresto cardiaco! Tanto già non respiro più!
Due occhi blu notte mi fissano seri e non capisco quali emozioni traspaiano da essi.
Cedo incondizionatamente. Il mio corpo non lo regge. Anni a mangiare e dormire poco allenandosi e stressandosi tra studi e paure vecchie e nuove mi hanno reso incapace di reggere a tale pressione psicologica. O forse anche prima non avrei resistito a tanto?
La vista mi si appanna, le braccia diventano fredde e le gambe cedono.
Mentre si offusca la mia mente pensa “ Stai svenendo, frana!!!”
Odo in fine il tonfo della mia testa sul freddo pavimento.
Quanto sono patetico…
  
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