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Autore: Nocturnia    24/09/2013    3 recensioni
Sei mesi.
Sei mesi erano passati da quando Selina se n'era andata da Gotham City.
Sei mesi in cui Moka aveva preso possesso del Manor - con grande disappunto di Alfred - e di ogni tenda su cui i suoi piccoli artigli avessero avuto il piacere di aggrapparsi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman, Selina Kyle aka Catwoman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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notte
Disclaimer: Bruce Wayne, Selina Kyle e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


 "Il perdono è la vendetta della saggezza."

- Christian Wernicke -

Il colore della notte


Sei mesi.
Sei mesi erano passati da quando Selina se n'era andata da Gotham City.
Sei mesi in cui Moka aveva preso possesso del Manor - con grande disappunto di Alfred - e di ogni tenda su cui i suoi piccoli artigli avessero avuto il piacere di aggrapparsi.
Eri uscito dalla doccia, sgocciolando sulle orecchie del felino e meritandoti un sonoro miagolio contrariato.
"Devi imparare a stare lontano dal bagno, Moka, lo sai questo, vero?"
Moka non aveva replicato, socchiudendo gli occhi gialli e raddrizzando la coda, quasi fosse stato un punto esclamativo.
Ti eri fissato nello specchio, togliendo la condensa e scrutando un riflesso che non ti era piaciuto per niente.
La mascella si era contratta in una linea durissima, punteggiata da una barba ruvida e trasandata.
Le nocche ti prudevano in una maniera assurda e nuovi sfregi avevano preso il posto di quelli vecchi.
Il pipistrello aveva liberato tutta la sua forza e mai come adesso era stato potente.
Negli ultimi mesi i criminali venivano sempre picchiati un po' più forte del dovuto e i morsi con cui aggredivi Gotham parevano stralci d'inferno.
Facevi paura e ad annunciarti era un respiro bollente sul collo e il lezzo d'un terrore malcelato.
Incutevi tutto l'orrore che quella madre era stata in grado di regalarti, occhi di brace e ali membranose di demonio.
Cobblepot si era ritrovato due denti in meno e Harvey Dent aveva benedetto la sua doppia faccia: un colpo di coltello si vedeva molto meno sul lato deturpato.
Sfogavi tutta la tua rabbia su Gotham e lei incassava i tuoi colpi senza proferire parola alcuna, puttana disinibita e abituata alla violenza.
Non ti piacevi.
Se avessi guardato attentamente sul fondo di quelle iridi artiche, avresti intravisto un bambino emaciato e solo, coperto dall'ombra ingombrante d'un pipistrello selvaggio e carnivoro.
Avresti visto un addio che era una ferita suppurante e infetta, il volto d'una donna che avevi amato con un'intensità quasi dolorosa.
Avresti visto, ma non avresti compreso.
Perché, in fin dei conti, eri ancora quell'uomo solo e pieno di rimpianti da cui ti eri sempre nascosto.
Un uomo che non aveva più la sua pelle.

Non è cambiata Gotham.
Possiede ancora tutta la sua tragica bellezza, edifici di vetro e acciaio a far da custodi a biblioteche polverose e gargolle sinistre.
L'aria tiepida della notte ti sfiora gli zigomi, portandoti odori conosciuti e rumori familiari.
Arrotoli la frusta attorno al collo d'un mostro di pietra e roccia, lanciandoti nell'aere e atterrando sul tetto della chiesa.
Ti era mancata.
Nonostante tutto, Gotham ti era mancata.
Ti erano mancati i suoi vicoli, tentacoli d'una medusa velenosa.
Ti erano mancati i suoi clown folli e le sue piante carnivore, persino la risata d'un arlecchino troppo innamorato.
Avevi sospirato, sedendoti e godendoti il silenzio dell'East End, un brusio sommesso e costante.
Ma chi volevi mai prendere in giro?
Ti era mancato anche lui: soprattutto lui.
A Metropolis il pipistrello era una leggenda urbana, un robot invincibile e un cavaliere che veniva ad annunciare l'apocalisse.
Era un giocattolo in plastica per i bambini e la retorica dell'eroe, cuore generoso e una mano sempre pronta ad aiutarti.
Avevi ridacchiato, ricordando bene il brivido eccitato che lo attraversava quando si lasciava andare alla violenza del combattimento, oppure quando faceva l'amore con te ancora coperto di sangue e polvere, stringendoti fino a lasciar il viola d'una contusione voluta e desiderata.
Un eroe, già: proprio un eroe.
Bruce Wayne invece, il solito miliardario pieno di donne e vizi puerili.
Avevi alzato gli occhi al cielo, riflettendo.
Ti avrebbe trovato?
Ti avrebbe visto, visto davvero, questa volta?

Arkham City era stata una disfatta totale.
Arkham City era stata l'avanguardia della fine e nulla aveva potuto impedirti di scivolare sempre più a fondo.
Hugo Strange era stato il profeta di tutta quella distruzione e Ra's al Ghul il burattinaio spietato.
Era morto il clown di biacca e sangue, vivendo come un criminale e spirando da leggenda.
Era morta anche Talia, un pezzo di passato e un frammento di cuore.
Si erano allontanati Grayson e Tim, figli confusi e arrabbiati.
Ti aveva detto addio Selina, un grumo d'aghi giù per la gola e un vallo incolmabile al centro del petto.
Ti aveva detto addio e avevi potuto persino vederti mentre andavi in pezzi, schegge d'oscurità e la nudità spaventata d'un uomo solo e patetico.
Solo e perduto.

"È tornata."
Clark Kent era una voce elettronica e monocorde dall'altra parte dello schermo.
"Lo so."
Il microfono aveva liberato un grugnito contrariato.
"Devi parlarle."
Adesso era stato il tuo turno di grugnire poco elegantemente.
"Ha commesso qualche crimine?"
Kent aveva alzato gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli.
"Un paio di furti d'alta classe, ma ho lasciato perdere, come mi avevi chiesto tu."
"Bene."
"Ciò non toglie che dovrai recuperare la..."
"Sì Clark, la refurtiva, lo so." avevi replicato infastidito "Mi ricordo."
Kent aveva schioccato la lingua contro il palato, incrociando le braccia al petto.
"Mi hai chiesto di seguirla e l'ho fatto Bruce, ma, detto tra noi, credo che sia meglio se..."

Click.

Era un bravo ragazzone Clark Kent, l'alieno dalle membra d'acciaio e le pelle calda d'uomo, ma non volevi i suoi consigli.
Aveva Lois Lane, lui.
Aveva un padre e una madre, lui.
Aveva l'odore d'una speranza nutrita con l'ultimo sangue di Krypton, il saluto d'una stirpe reale e nessuna ombra nello sguardo.
Kal -El non era un coacervo di tragedie, una stele freddissima e sterile, ma un uomo - un ragazzo - a cui il destino non aveva mai detto di no.
Avevi sospirato, spiando il monitor della telecamera quattro, incrociando l'orbita distruttiva degli occhi di Selina.
Ti eri gettato il mantello sulle spalle, indirizzandoti verso l'uscita della caverna.
"Il solito giro di ronda, padron Bruce?"
"Faccio una piccola deviazione nell'East End, Alfred."
Alfred si era permesso una smorfia malcelata, quasi un sorriso.
"Certamente."
E chissà perché, ti eri sentito un completo cretino.

L'avevi percepita ancora prima di riuscire a vederla.
Selina era una sagoma snella e scura sul tetto del campanile, i capelli corvini liberi dalla maschera che, come uno straccio sgualcito, teneva tra le mani.
Scivoli alle sue spalle, un lupo in cerca d'una preda.
Un uomo in cerca d'una ragione.
"Ti ho sentito."
Ti fermi, ascoltandone la voce: è morbida e stranamente calma.
"Sei tornata."
Non si volta Selina, ma riesci a capire che sta annuendo dal modo in cui scuote la nuca.
"Moka come sta?"
Un sorriso si apre sulle tue labbra, raggiungendo gli occhi.
"Bene. È un po' molesto: come la sua padrona, d'altronde."
Ride Selina e a te pare il suono più bello del mondo.
Ruota su se stessa, incrociando le gambe al suolo e invitandoti al suo fianco.
"Il gatto ti ha mangiato la lingua, pipistrello?"
Alzi un sopracciglio, raccogliendo la sfida e sedendoti alla sua sinistra.
Per un po' di tempo rimanete in silenzio, le parole che paiono un ostacolo insormontabile.
È Selina a parlare per prima, inclinando il mento nella tua direzione.
"Ho letto degli ultimi avvenimenti. Ti fa onore il progetto di ricostruzione di Gotham."
Annuisci, spazzando le strade della città con i tuoi occhi insondabili.
"Com'era Metropolis?" domandi titubante
Scrolla le spalle Selina, abbassando le palpebre.
"Troppo luminosa, ma nell'insieme non male. Ho visto in giro il tuo amico, 'l'uomo d'acciaio' o come lo chiamano." mima con le dita un gigantesco missile, stendendo un braccio più avanti dell'altro, nel ridicolo modo in cui è solito volare Clark "Carino. Un po' noioso, da quello che ho sentito. Un po'... come dire... un boy scout mancato, ecco."
Una risatina nervosa ti sfugge dalle labbra.
"Sì, beh... Clark è Clark. Un uomo ligio alle regole."
Selina emette un fischio prolungato, dondolando le gambe oltre il cornicione.
"Insomma, un supereroe, il meglio della Lega della Giustizia, nessun inganno e nessuna sorpresa. Una noia, in sostanza."
"Una... rocca, per meglio definirlo."
"Sottigliezze." ti liquida Selina con un gesto distratto della mano "Inezie." ti rivolge uno sguardo obliquo "Comunque niente è come casa, no?"
"Immagino che sia così."
È una notte clemente a Gotham, una luna pallida che illumina i vostri corpi e la quiete d'una tempesta che ha lasciato l'ennesima cicatrice.
"Dovremmo parlarne, no?" mormori piano "È così che vanno queste cose, mi sbaglio?"
Selina sgrana gli occhi, aprendosi in una risata scanzonata.
"Oddio Bruce, che disastro che sei." replica appoggiandosi sui gomiti e reclinandosi all'indietro. "E dire che dovresti essere un playboy, a sentire la stampa."
"Con loro è più facile."
"Come, prego?"
Sospiri rumorosamente, voltandoti.
"Ho detto che con loro è più facile. Loro non sono te. Non sono noi."
Si fa improvvisamente seria Selina, serrando le labbra in una linea sottile.
"Dovrai fare di meglio, Bruce. Molto di meglio."
La clessidra era giunta al suo ultimo giro: ora, toccava a te fare la tua mossa.

Forse ti eri sbagliata.
Forse, Bruce non sarebbe mai stato pronto davvero.
Sapevi che a dividerti dal Cavaliere Oscuro ci sarebbe sempre stata l'insana passione per una donna dalle geometrie impossibili e i verticalismi nauseanti come Gotham, ma un po' ci speravi.
Un po': solo quel poco che bastava a scaldare il tuo cuore esausto.
Il pipistrello ti fissa in silenzio, tormentandosi le mani guantate.
Sarebbe quasi una situazione comica se non sentissi un dolore lacerante tra le costole, uno strappo improvviso, quasi una risacca letale.
"Non ti ho mai chiesto tanto, Bruce."
"Lo so."
"Io... io volevo solo qualcuno... qualcuno da..."
Sono esigenti le sue labbra quando si impossessano delle tue.
Ti catturano in un bacio umido e vorace, scivolando poi verso la grana sottile del collo.
Gli avvolgi le braccia attorno al busto, rovesciando il capo all'indietro.
Quando si scosta da te, lo fa con una delicatezza assassina, quasi avesse paura di romperti.
"Non sono un uomo... facile, Selina."
"Questo l'hai già detto." replichi sorniona
"Sono un uomo pieno di demoni e di incubi, con i quali dovrò - dovrai - sempre convivere. Guardo l'altro lato dello specchio e vedo un uomo consumato e divorato dalla sua missione, un uomo che non ha più niente da dare, l'avido riflesso d'una giustizia mai raggiunta."
"Non ho mai detto di voler un pagliaccio in calzamaglia blu e rossa."
"Mi dispiace."
"Credo di essere onnisciente, Mr. Wayne, perché sapevo anche questo."
E si schiude un fiore di carne e sangue: un cuore che ha sconfitto il suo inverno.

Non sarà mai facile.
Non sarà mai una cena romantica, oppure un quieto pomeriggio al circolo del golf.
Vivere con Bruce assomiglierà sempre più a una corsa dissennata per i tetti di Gotham, l'orgasmo della lotta e il piacere brutale d'un conflitto combattuto nelle strade come tra le lenzuola.
Sarà un rogo annichilente, una fiamma che non domanderà permesso alcuno.
Si toglie la maschera mentre ti sovrasta, perché vuole essere volto autentico mentre ti ama, non un simbolo su cui immolarsi.
Ti accarezza la schiena, sfiorandoti la curva sensibile della coscia e offrendoti tutto quello che poteva - voleva - essere: un uomo.
"Selina..." mormora contro la tua pelle, portandoti più vicino al suo petto.
Sa di sudore e kevlar, uno strano miscuglio metallico che ti ricorda il brivido della caccia e la cacofonia della guerra per Gotham.
Quando si infila tra le tue gambe, dischiuse, riconosci un sentimento cieco in quelle iridi gelide, un pugno di parole che parevano la più bella delle promesse.
"Resta."
Ti inarchi contro di lui, stringendogli le ginocchia sui fianchi.
"Non puoi dire a una gatto cosa fare, Bruce."
Sorride Wayne, perché a dire la verità non siete mai stati bravi.
Sorride e ti bacia, cogliendo l'ultimo fiore d'una primavera inaspettata.
Un fiore dal colore della notte.
   
 
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