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Autore: Gosa    24/09/2013    5 recensioni
Sbuffò di nuovo, l’espressione arrabbiata sul viso: “Ricordami di non chiederti mai nessun favore!” Vedendo che, però, quello non dava nessun segno di attività, alzò gli occhi e le braccia al cielo, esasperato: “ Sai che ti dico?!? Ci vado da solo!” Prese la giacca e si diresse all’uscita, sbattendo la porta.
Tony rimase un attimo interdetto. Alzò il viso dal braccio e fissò la porta, sbattendo le palpebre più volte; si portò la tazza alle labbra e ne bevve un lunghissimo sorso. Scosse la testa: “Ho bisogno di più caffè!”
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jarvis , Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi sono sicuramente OOC, è la prima Stony che scrivo, e non so davvero cosa ne sia uscito fuori! 




Steve si chiese perché doveva essere sempre così complicato fare le cose, soprattutto se in quelle “cose” vi era implicato anche Tony. Insomma, una gita al museo era la cosa più semplice di questo mondo: ti alzavi di buon ora, una bella colazione con pancake e succo, una doccia e giù in strada per arrivare all’orario di apertura e evitare lunghe e noiose code. Invece no! Tony doveva sempre prendersela con calma!

Sbuffò per l’ennesima volta, cercando di metter fretta a quello scombinato del suo ragazzo.
Tony era praticamente steso sull’isolotto della cucina, ancora in pigiama e pantofole, il viso poggiato su un braccio mentre l’altro stringeva spasmodicamente una tazza di caffè bollente, gli occhi semichiusi. Steve invece era già pronto da più di quindici minuti, passati, ovviamente, a tirare il suo uomo giù dal letto.
“Calmati, Steeeeebe! Non sono neanche le sette! Perché hai tutta questa fretta?” Chiese sbadigliando sonoramente.
Il ragazzo cominciò a sbattere il piede per terra, le braccia incrociate sul petto: “A parte il fatto che sono quasi le otto e mezza, ti avevo pregato di essere puntuale! Lo sai che odio le code! Ora non solo dovremmo farne una chilometrica, ma probabilmente non riusciremo neanche ad entrare!” Sbuffò di nuovo, l’espressione arrabbiata sul viso: “Ricordami di non chiederti mai nessun favore!”
Vedendo che, però, quello non dava nessun segno di attività, alzò gli occhi e le braccia al cielo, esasperato: “ Sai che ti dico?!? Ci vado da solo!” Prese la giacca e si diresse all’uscita, sbattendo la porta.
Tony rimase un attimo interdetto. Alzò il viso dal braccio e fissò la porta, sbattendo le palpebre più volte; si portò la tazza alle labbra e ne bevve un lunghissimo sorso. Scosse la testa: “Ho bisogno di più caffè!”
 
La mostra su Botticelli la stava aspettando da mesi, non capitava certo tutti i giorni di poter assistere ad un tale evento e vedere quei capolavori era uno dei sogni di Steve. Il suo lato artistico non vedeva l’ora di  “toccare” quei meravigliosi dipinti che aveva visto tante volte sui libri d’arte; non si sarebbe lasciato rovinare la giornata da quell’idiota del suo ragazzo.

Prese il telefono e compose il numero di Pepper. Sospirò appena: non aveva voglia di passare la giornata da solo, aveva organizzato tutto nei minimi dettagli per rendere quel giorno bellissimo, visto che sapeva che Tony odiava i musei, ma, ovviamente, quello gli aveva rovinato i piani. Sembrava lo facesse di proposito: ogni volta che organizzava una giornata per loro, per stare un po’ insieme e lasciarsi alle spalle il loro essere “eroi” e “agenti dello S.h.i.e.l.d.” e “un genio, miliardario, non più tanto playboy, filantropo e il suo ragazzo retrò” (appellativo attribuitogli da Clint e Natasha), Tony puntualmente rovinava i suoi piani: c’era stata la volta in cui aveva organizzato un picnic a Central Park, per il loro anniversario, e il “genio” non si era fatto trovare tutto il giorno, per poi comparire con: “Scusa avevo una riunione del personale (grandissima bugia, visto che anche Pepper si era adoperata per cercarlo), ma tanto era solo un picnic no?”
Steve l’aveva mandato in bianco per un intero mese, prima di decidersi a perdonarlo. E poi c’era stata la volta della gita al lago, per godersi un po’ la natura: inutile dire che Tony si era portato il suo dannatissimo tablet dietro e non c’era stato modo di scollarlo da quell’aggeggio! E poi…

Si riprese sentendo la voce della donna dall’altro capo del telefono: “Ciao Pepper, sono Steve. Ti disturbo?”
“Ciao Steve! No, affatto! Dimmi tutto.”
“Mi chiedevo se ti andava di accompagnarmi alla mostra su Botticelli…”
Ci fu un attimo di titubanza nella voce della donna: “Tony ti ha dato buca?”
“Diciamo di si.” Fece con voce bassa.
Pepper sospirò, scuotendo la testa, -quel ragazzo non cambierà mai!-
“Ma certo, ti accompagno molto volentieri. Ci vediamo davanti al museo, sono già di strada.”
Steve sorrise: “Perfetto! Grazie!”
Steve ringraziò il cielo di avere un’amica come Pepper: era sempre pronta a correre in suo aiuto, soprattutto se si trattava di Tony.

Arrivò dinanzi al museo e dopo pochi minuti lo raggiunse anche la donna, elegantissima come sempre. Entrarono quasi subito e cominciarono a passeggiare lungo i corridoi della sala, ammirando gli splendidi dipinti. Chiacchierarono del più e del meno, ma la donna non poteva far a meno di notare l’espressione mogia che Steve aveva in volto. Si sedette su una panchina, posta davanti alla Venere. Steve le si sedette accanto e osservò l’opera: adorava la pittura rinascimentale italiana e quel quadro era perfetto. Si soffermò sul viso della dea: le labbra quasi imbronciate, come se avessero voluto schiudersi in un sorriso, gli occhi che guardavano dritto lo spettatore incantandolo sul posto… Sospirò: avrebbe voluto Tony con se, avrebbe sicuramente fatto una delle sue solite battute e lui avrebbe riso; Tony lo faceva sempre ridere.
“Ti va di parlarne?”

Si riscosse dai suoi pensieri sentendo la voce della donna “Non c’è nulla da dire, Tony è…” Scosse la testa “la situazione sta diventando insopportabile. Sembra che si comporti così solo per irritarmi! Non fa altro che stare nel suo laboratorio a… a… inciarmare chissà cosa! E quando gli chiedo un favore lo fa sempre contro voglia, sto cominciando a dubitare di lui…” Le parole si affievolirono pian piano tanto che l’ultima frase la sussurrò appena e Pepper dovette avvicinarsi di più per udirla. Spalancò gli occhi, sorpresa: quei due erano fatti per stare insieme, davvero non capiva perché Tony doveva sempre rovinare tutto. Gli prese una mano: “Tony è… bhè, è Tony! Lui è fatto proprio così, non penso lo faccia di proposito. Ma credimi se ti dico che ti ama.” Steve le strinse la mano e sorrise appena: poteva anche crederci, ma se le cose non erano dimostrate era difficile andare avanti. Continuarono la visita fino al pomeriggio inoltrato.
 
Tony stava lavorando nel suo laboratorio: gli ci erano volute tre tazze di caffè e una chiacchierata con Jarvis per capire cosa, effettivamente, aveva fatto. Insomma non capiva perché Steve se la prendesse tanto, era solo una stupida mostra! Si stava arrovellando il cervello per capire come farsi perdonare, per l’ennesima volta, litigando tra cavi e attacchi di diverso colore, quando l’A.I lo interruppe: “Il capitano Rogers è rientrato, signore.” Tony buttò il cacciavite e corse subito di sopra, ma non ci fu verso di parlare con lui. Il ragazzo si era chiuso nella camera degli ospiti e si rifiutava di vederlo e di parlargli. Quando faceva così gli veniva voglia di picchiarlo! Metaforicamente parlando, si intende, non lo avrebbe scalfito neanche picchiando duro, forse usando l’armatura… Ma insomma! Tra i due era lui il bambino immaturo! Steve non aveva nessun diritto di rubargli il ruolo!

Ritornò in laboratorio, più nervoso di prima, cercando di concentrarsi di nuovo sul suo lavoro finchè non gli arrivò una telefonata di Pepper: la donna gli fece una ramanzina colossale; cercò di ascoltare tutto quel fiume di parole, quando una frase detta dalla donna lo fece bloccare sul posto: “Steve sta cominciando a dubitare dei tuoi sentimenti per lui, smettila di comportarti come un bambino e cresci, una buona volta!”
Passò tutta la notte a fissare il soffitto della camera chiedendosi come poteva farsi perdonare, ma soprattutto come  potesse “crescere”. Lui aveva un pessimo carattere e ne era più che consapevole, però amava davvero il suo capsicle e voleva dimostrarglielo, il problema era: come?
Il giorno dopo non vide Rogers per tutta la giornata, Jarvis gli aveva comunicato che era uscito di buon mattino e non era rientrato ne per pranzo ne per cena. Provò anche a chiamarlo sul cellulare, ma lo aveva spento. Non era preoccupato, insomma era pur sempre Capitan America, il super soldato, non poteva succedergli nulla di male, però una morsa allo stomaco non lo lasciava andare. E se se ne fosse andato? Se lo avesse lasciato? Lui cosa avrebbe fatto?
 
Riuscì a braccarlo il quarto giorno. Si era svegliato presto e l’aveva aspettato fuori la stanza, fino a che non era comparso, perfettamente pronto a svignarsela.
“Ciao”. Steve sobbalzò, non si aspettava di vederlo già sveglio a quell’ora, sveglio e pronto per uscire! Decise che era il momento di smetterla di comportarsi come un bambino “Ciao”.
“Pensavo ti avessero rapito gli alieni.” Disse sorridendo.

Il biondo lo guardò seriamente, non aveva voglia di ridere. Tony alzò le mani in segno di resa: “Dai, non fare quella faccia! Senti! Ho organizzato per noi una splendida giornata al lunapark!” Steve lo guardò perplesso: non odiava i lunapark, ma non rientravano tra i suoi posti preferiti. Tony, però, sembrava così entusiasta che non riuscì a dirgli di no. Forse avrebbero potuto parlare durante la giornata; voleva chiedergli cosa in realtà provasse per lui.
Steve era perdutamente innamorato di Tony, da molto tempo, ormai, e pensava di dimostrarglielo tutti i giorni con piccoli gesti, come portargli la colazione a letto o una tazza di caffè quando era impegnato in laboratorio. Piccole cose quotidiane che il biondo faceva per far capire all’altro quanto tenesse a lui, anche se non gliel’aveva mai detto, non per paura, ma pensava che l’altro non fosse ancora pronto a sentirsi dire quelle due paroline magiche.
Arrivarono al lunapark poche ore dopo, era uno dei più grandi parchi che avesse mai visto: c’erano tantissime attrazioni, senza contare i ristoranti, i negozi e altri edifici che facevano parte del complesso. Come prima attrazione, ovviamente, Tony scelse le montagne russe. Per fortuna il suo stomaco era a prova di tutto, merito, probabilmente, del supersiero, e non gli fu mai grato come allora, almeno non si ritrovò a rimettere la colazione (che Tony gli aveva fatto trovare in limousine).

Continuarono per tutto il giorno: la casa stregata, le tazze rotanti, le torri, insomma le fecero tutte. Steve era stravolto, ma si stava divertendo davvero tanto, anche se cercava di non mostrarlo a Tony. Quest’ultimo continuava a correre da una parte all’altra del parco, chiedendo di andare su questa o quella attrazione. Alla fine Steve riuscì a convincerlo ad andare sulla ruota panoramica: aveva davvero bisogno di sedersi e riprendere fiato; inoltre era anche l’occasione perfetta per poter parlare. Quando la ruota cominciò a muoversi, Steve guardò Tony, seduto accanto a lui con un sorrisetto sulle labbra.
“Allora…” Cominciò attirando la sua attenzione, “volevo parlarti…”
Il sorriso scomparve dalle labbra del moro: “Ahia, lo sapevo che la cosa non si poteva chiudere qui.” Steve piegò la testa di lato e lo guardò malevolo:
“Certo che no! Voglio chiarire la situazione, non lasciare cose in sospeso!” Tony alzò le mani in segno di resa e gli fece un cenno col capo per fargli capire che aveva la sua attenzione.
“Allora… Mi aspettavo almeno delle scuse per il tuo comportamento dell’altro giorno…”
“Io…” Il biondo si voltò di nuovo a guardarlo malevolo – ok, non vuole essere interrotto-, il moro annuì e lo guardò cominciando a sentire un certo panico attanagliargli lo stomaco. “Senti Tony… Forse pensi che io sia uno stupido o un ingenuo, ma non è così. Stiamo insieme da quasi quattro mesi ormai, ma non ne abbiamo mai parlato seriamente e io… vorrei sapere cosa provi per me.” Lo guardò dritto negli occhi. Il moro per un istante si perse a contemplarlo, pensando ancora una volta a quanto Steve fosse bello e, naturalmente, inconsapevole di esserlo.
“Prima di tutto, io non ti considero ne stupido ne ingenuo. Secondo… - sospirò – io non sono bravo con i sentimenti, lo sai. Tendo sempre ad incasinare le cose, non dico mai la cosa giusta al momento giusto, faccio sempre le cose sbagliate, insomma nelle relazioni sono un vero e proprio disastro!” Steve sorrise e annuì convinto, approvava tutto quello che stava dicendo.
“Mi dispiace, davvero… Starmi dietro non è facile, ma, ehi!, io ci tengo a te. Pensi che sarei qui, altrimenti?” Si avvicinò e lo baciò a fior di labbra. Sentì Steve sorridere e approfondire il contatto. “Sei un vero disastro!” Scosse la testa e lo baciò di nuovo.

Una volta scesi dalla ruota panoramica, Tony gli chiese di aspettarlo ad una panchina, mentre lui faceva una cosa. Il biondo lo guardò perplesso, per poi annuire ed andarsi a sedere poco lontano, ormai non si chiedeva più neanche il perché delle stramberie di Tony, si era talmente abituato a vederlo sparire all’improvviso per poi ritornare con un sorriso furbetto, soprattutto se si trattava di fare qualche sorpresa, o scherzo, a lui. Lo vide tornare poco dopo: “Andiamo! Ci rimane un’ultima attrazione!” Steve spalancò gli occhi: “Tony le abbiamo fatte tutte!” Sottolineò con enfasi.

Tony sorrise furbo e lo trascinò davanti ad una “grotta artificiale”; l’entrata era rosa e circondata da cuoricini: “Il tunnel dell’amore?!?” Fece incredulo quello. Tony continuò a sorridere: “Vedi cosa mi fai fare capsicle?” Il biondo scoppiò a ridere ed entrarono. Salirono sulla barchetta e cominciarono a muoversi: il percorso si svolgeva in una grotta artificiale, ma che imitava alla perfezione la roccia, c’era un fiumiciattolo dove la barchetta si muoveva e ogni tanto spuntava qualche cigno o papera. In alcuni tratti vi erano dei palloncini colorati e dei fiori. D’un tratto la barca si fermò e Steve si guardò intorno, aveva preso la mano di Tony, appena l’attrazione era cominciata. “Che succede?” Chiese aggrottando le sopracciglia. Tony gli indicò davanti a loro: vi era una scritta su una delle pareti rocciose: «Tutte le volte che provo ad andare dove voglio davvero essere, è dove già sono, perché sono già dove voglio essere!»

Steve strabuzzò gli occhi e guardò Tony: ricordava come se fosse ieri la canzone che poi era diventata la “loro” canzone. Avevano cominciato ad uscire da poche settimane e già il loro rapporto aveva cominciato ad avere qualche attrito. Era andato in laboratorio a cercare Tony per scusarsi della discussione avuta la sera prima (non che fosse tutta colpa sua, ma aveva capito di tenere molto a Tony e non voleva rovinare le cose ancor prima che fossero nate): l’aveva trovato chinato sul bancone da lavoro, mezzo ubriaco, con una bottiglia di whisky finita e una a metà; quella canzone che rimbombava in tutto l’ambiente al massimo del volume. Non si era preoccupato della musica, ma era subito corso a vedere se Tony stava bene. L’uomo, appena l’aveva visto, aveva cominciato a ridere amaro, portandosi il bicchiere colmo alle labbra. Steve gli aveva allontanato gentilmente il bicchiere e l’aveva abbracciato, ancor prima che quello gli dicesse nulla. Gli aveva sussurrato le sue scuse e il moro gli aveva sussurrato quella frase all’orecchio. Era stato in quel preciso istante che aveva capito che nulla lo avrebbe mai allontanato dal suo Tony.

Il moretto lo risvegliò dai suoi pensieri, dandogli un bacio sulla guancia: “Ti amo”, sussurrò e gli occhi di Steve si riempirono di lacrime; lo strinse forte a se: “Anche io, Tony! Anche io!”
Passarono il viaggio in macchina a ridere e scherzare, come non facevano da un po’ di tempo e la notte a fare l’amore.

Quando, il mattino dopo Steve si svegliò, Tony era già uscito. Toccò la parte del letto dove dormiva il moretto: era fredda, segno che si era alzato già da un po’. Si mise a sedere, non era certo da Tony alzarsi presto e uscire, guardò l’ora, le otto e trenta. Scosse la testa – no, non è proprio da lui.-
“Jarvis?”
“Si, Capitano Rogers?”
“Dov’è Tony?”
“Ha ricevuto una telefonata urgente dalla signorina Potts, era in programma una riunione del personale delle industrie oggi.”
“Capisco…”
Sorrise appena, pensando a Pepper che sgridava Tony per farlo sbrigare a partire. Si alzò e andò in cucina per la colazione.
Sull’isola trovò un piatto con dei pancake, del succo e una rosa rossa. Sorrise prendendo il fiore e sentendone il profumo. Vi era un biglietto allegato: “Spero che la colazione sia di tuo gradimento, ci vediamo stasera, ti amo”.
Un dolcissimo sorriso si aprì sulle labbra di Steve: non si sentiva così felice da un bel po’ di tempo ed era sicuro che d’ora in avanti si sarebbe sentito così molto spesso; certo, Tony lo avrebbe fatto arrabbiare ancora, sicuramente!, ma almeno, ora, sapeva che lo amava e non c’era nulla di più importante di questo.
 
 
  
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