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Autore: ElePads    24/09/2013    6 recensioni
Ron è morto. La vita con Ginny, per Harry, prosegue in una monotonia asettica. Un giorno, mentre è alla tomba di Ron, Harry riconosce dei singhiozzi. Sono quelli di Draco Malfoy e, all’improvviso, la sua vita cambia.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Harry, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il sapore delle lacrime
 
 
 
Fermate gli orologi,
tagliate i fili del telefono
e regalate un osso al cane, affinché non abbai.
Faccia silenzio il pianoforte,
tacciano i risonanti tamburi,
che avanzi la bara, che vengano gli amici dolenti.
Lasciate che gli aerei volteggino nel cielo
e scrivano l'odioso messaggio: lui è morto.
Guarnite di crespo il collo bianco dei piccioni
e fate che il vigile urbano indossi lunghi guanti neri.
Lui era il mio nord, era il mio sud,
era l'oriente e l'occidente,
i miei giorni di lavoro, i miei giorni di festa,
era il mezzodì, la mezzanotte,
la mia musica, le mie parole.
Credevo che l'amore potesse durare per sempre.
Beh, era un'illusione.
Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno.
Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi.
Perché da questo momento niente servirà servirà più a niente. 

 
 
  • Wystan Auden
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era morto che il sole splendeva, un accesso di tosse un po' più forte degli altri.
Era morto mentre Hermione gli teneva la mano, circondato da tutti, con Harry che per la prima volta dopo tanto tempo piangeva.
Ron non aveva un carattere facile, non lo aveva mai avuto, eppure quel giorno, prima di esalare l'ultimo respiro, era addirittura di buon umore.
Aveva sfidato a Spara Schiocco quasi tutti, goduto quando aveva battuto Hermione - Harry aveva ridacchiato, in disparte: non cambiavano mai- e mangiato di gusto.
Era morto che sorrideva, il sole che gli bagnava il viso.
Era morto, ed aveva lasciato tutti con un terribile vuoto dentro.
Hermione era stata forte, ma forte davvero. Aveva guardato il marito e, dolcemente, lo aveva baciato, mentre le lacrime le scorrevano sul viso.
Aveva deciso di seppellirlo a Godric's Hollow, anche se Ron non c'era mai stato.
"Ci sono degli eroi, lì." aveva sussurrato ad Harry, piano.
Lui aveva pensato ai suoi genitori, al terzo fratello, ad Ariana, ad Aberforth che l'aveva finalmente raggiunta, alla lapide che avevano messo per Sirius, confidando che lì, vicino a James, si sentisse finalmente a casa.
Sì, lì c'erano degli eroi.
E Ron era un eroe.
Il funerale era stato semplice, discreto.
Hermione non aveva voluto sconosciuti, non avrebbe sopportato persone venute li solo per rendere omaggio ad uno dei Salvatori del Mondo Magico.
Harry la capiva; in parte perché aveva ragione, in parte perché Hermione aveva sempre odiato l'ipocrisia.
Lei, Hugo e Rose, ormai adulti, avevano tutti il viso pallido e provato.
Ginny gli aveva stretto la mano, cercando di consolarlo.
Harry si era sentito soffocare dentro quella presa.
Voleva solo correre verso la bara che stava calando nella tomba, aprirla e raggiungere l'amico di sempre, quello con cui aveva condiviso tutto, quello con cui aveva spartito le sue Cioccorane durante quel primo giorno sull'Espresso per Hogwarts.
Molly ed Arthur non c'erano più, e forse era meglio così.
Harry non avrebbe sopportato il dolore contenuto di Arthur e le grida della signora Weasley; gli bastavano quelle di George, le occhiaie e l'espressione sconvolta di Percy.
Bill e Charlie avevano detto qualcosa che Harry non aveva ascoltato, mentre Ginny continuava a stringergli la mano.
Se n'erano andati tutti, uno dopo l'altro, lasciando Hermione inginocchiata vicino alla lapide.
Harry aveva sciolto le sue dita da quelle di Ginny ed era rimasto con lei.
L'aveva abbracciata, mentre lei liberava finalmente tutto il dolore che aveva dentro, piangendogli sul petto.
"È terribile. Pensavo che avessimo già passato abbastanza... Ci ha lasciati p-presto. Troppo."
Aveva detto tra i singulti.
Harry l'aveva stretta ancora di più a sé, mormorando: "Lo so. Lo so."
Avevano pianto insieme, come due bambini, finché le lacrime non erano finite.
Si mostravano forti.
Ma la verità era che Hermione piangeva tutte le notti, sola - Hugo e Rose vivevano fuori - ed Harry andava tutti i giorni alla lapide, portando sempre non un fiore, ma una Cioccorana.


Harry alzò lo sguardo verso lo specchio, scrutandosi.
Erano passati anni dalla morte di Ron, tre, a pensarci bene, ed Harry si sentiva incredibilmente vecchio, e spento.
Ora Harry aveva cinquant'anni portati bene; capelli brizzolati e piccole rughe intorno agli occhi, sempre uguali, verdi che ci si poteva perdere dentro.
Sospirò vedendo il suo viso riflesso.
Ogni giorno che passava gli sembrava perso.
Il matrimonio con Ginny non era stato forse la scelta più giusta; finita la guerra, erano tutti così felici ed increduli da accelerare ogni cosa.
All'inizio erano stati bene: Ginny gli sembrava la donna per lui, forte, luminosa, bella e divertente.
Alla nascita dei loro figli avevano vissuto un idillio, ed era stato fantastico.
Ma Albus, James e Lily erano grandi, ormai, e quella che una volta era una casa piena di vita ora era una dimora malinconica.
Lui e Ginny non avevano più niente da dirsi: avevano condiviso tante - troppe - cose insieme, non c'era neanche più lo spazio per se stessi.
La voce di lei interruppe le sue riflessioni: "Harry! Farai tardi al lavoro!"
Harry smise di fissassi allo specchio e si vestì in fretta.
"Vado."
La baciò a fior di labbra, come si fa per abitudine, ma lei non si ritirava mai, le andava bene così.
"Poi passo da.."
"Ron. Sì, lo so."
Uno schiocco nel cimitero.
Harry era di spalle, inginocchiato sulla lapide, ad occhi chiusi.
Non si girò; a casa odiava la quotidianità, fuori odiava gli inconvenienti.
Sentì dei passi che si avvicinavano e qualcuno, dietro di lui, cominciò a singhiozzare, piano.
Quei singhiozzi erano familiari: ad Harry pareva di averli già sentiti.. Molti anni fa...
E si ricordò. Li aveva sentiti in un bagno di Hogwarts, di nascosto.
I singhiozzi di Draco Malfoy.
Si voltò, incuriosito.
Non vedeva Malfoy da quando Albus aveva finito la scuola, e anche allora lo incrociava due volte l'anno: non lavorava, usciva pochissimo.
Harry sapeva che conduceva una vita ritirata, aveva messo un Auror appena entrato in servizio a controllare la situazione, Malfoy era comunque stato un Mangiamorte.
Gli si avvicinò, incerto: lui si girò di scatto.
"Potter." disse piano, cercando di asciugarsi furtivamente le lacrime.
"Malfoy. Cosa.. Cosa ci fai qui?"
Malfoy borbottò qualcosa di indistinto tra cui Harry afferrò le parole 'non' e 'fatti tuoi', ma lui semplicemente continuò a fissarlo.
Malfoy si schiarì la voce e disse, tremante:
"Mio figlio. È morto mio figlio."
Aveva lo sguardo spento ed il viso ancora più pallido del solito.
"Albus non mi ha detto niente." disse Harry lentamente. "Credevo fossero amici."
"Lo erano."
Harry guardò la tomba su cui Malfoy si era inginocchiato.
Era semplice: sul marmo bianco erano incise parole che lui non lesse, fermandosi solo al nome.
"Com'è successo?"
L'espressione di Malfoy si indurì.
"Lasciami solo, Sfregiato. È colpa tua... Colpa tua... Se non mi avessi denunciato come..."
Si chinò di nuovo sulla tomba, scuotendo la testa, la schiena curva.
Harry indietreggiò, piano, tornando alla tomba di Ron. Le parole dell'altro, così enigmatiche, gli avevano lasciato dentro un certo senso di inquietudine e colpa.
E vedere Malfoy piangere, toccare il suo dolore, aveva cambiato tutto.
Improvvisamente, tornare tutti i giorni su quella lapide gli sembrò superfluo, ipocrita, quasi.
Si smaterializzò di colpo, appuntandosi mentalmente di chiamare Albus a casa appena possibile.

"Tottenham Court Road, 12."
Disse Harry prima di infilare il viso nelle ceneri spente del camino.
Avvertì come una compressione del capo, e poi davanti ai suoi occhi comparve parte del salotto della casa dei suoi figli.
Una ragazza dai folti capelli rosso scuro alzò gli occhi verso di lui: "Papà!" strillò, sorpresa ma felice.
"Lily, tesoro, come stai?"
"Mf, bene. Ho tanto da studiare, però."
Lily studiava Magisprudenza: sua figlia aveva sempre avuto un forte senso della giustizia.
"Si tira avanti." rispose lui, sentendosi orribilmente simile allo zio Vernon quando parlava con i genitori al telefono.
Lily lo scrutò.
"È successo qualcosa?"
"Niente che ci riguardi direttamente. C'è Albus? Ah, e salutami James, quando torna da Teddy." Non aveva bisogno di chiedere dove fosse; aveva accettato da tempo l'idea che James fosse omosessuale, e che passasse gran parte delle sue giornate con il suo figlioccio: non aveva mai avuto pregiudizi di questo genere.
"Te lo vado a chiamare."
La ragazza sparì alla sua vista, tornando pochi istanti dopo accompagnato da un giovane alto e smilzo, che non poteva essere altri che il figlio di Harry. Se non ci fossero stati tutti quegli anni di differenza si sarebbero detti fratelli.
"Papà? Volevi chiedermi qualcosa?" chiese Albus esitante, mentre Lily usciva con discrezione dalla stanza.
"Sì. Io... Cos'è successo a... a Malfoy?"
L'argomento Malfoy non era mai stato particolarmente ben accetto in casa loro, e Albus aveva presto imparato a non parlare del suo migliore amico: tra Draco ed Harry c'erano state tante, troppe cose; non era neanche pensabile cercare di dimenticarle.
Negli occhi di Albus passò un'ombra, le sue labbra presero a tremare.
"È... Se n'è andato."
"Al..."
Il ragazzo si passò veloce il dorso della mano sulle guance.
"Io ci sono, lo sai? Perché non me l'hai detto?"
"È, era un Malfoy. E stavo male.. troppo... per parlarne."
"Com'è successo?" chiese Harry dolcemente.
La mascella di Albus si serrò.
"L'hanno ucciso" ringhiò fra i denti "a botte. Ragazzi... Bestie. Pensavano... Fosse un Mangiamorte."
Harry sentì come un pugno all'altezza dello stomaco. Improvvisamente le parole di Malfoy acquistarono un senso: "Lasciami solo, Sfregiato. È colpa tua... Colpa tua... Se non mi avessi denunciato come..." Come Mangiamorte. Un terribile senso di nausea si impossessò di lui, feroce. La testa gli girava e voleva solo scappare da quell'orrore che non era ancora finito, o sfogare la sua rabbia su quei criminali, riempirli di calci e pugni così come dovevano aver fatto con Scorpius.
Un'immagine confusa del ragazzo scarno e pallido che vedeva due volte all'anno si unì a quella di figure incappucciate che buttavano a terra il ragazzo e lo massacravano di botte, il sangue che colava dal suo viso, un calcio nello stomaco ancora e ancora.
Il giovane nella sua mente provò a rialzarsi, ma fu subito ricacciato a terra da un pugno sul volto di uno dei ragazzi, poi da un calcio alla testa.
Vide Scorpius gemere a terra, impotente, circondato non da giovani ma da animali, i denti scoperti.
Scosse la testa, orripilato, cercando di ricacciare indietro quella visione nauseante.
"Su quali basi?" riuscì a dire, alla fine.
Albus si era seduto su una sedia, la testa fra le mani.
"Era appena andato a farsi un tatuaggio. Doveva passare qui, dopo... Ovviamente hanno pensato al Marchio. Credo lo abbiano visto entrare e che lo abbiano aspettato fuori."
"Chi è stato?"
Albus alzò due ferite verdi al posto degli occhi verso di lui.
"Non lo so."
"Bhe, lo saprai. È una promessa." disse prima di ritirare la testa dal camino, sconvolto.

Il pomeriggio dopo al cimitero c'era anche Draco. E quello dopo, e quello dopo ancora. Passata una settimana, cominciarono a salutarsi.
"Malfoy", "Potter" e poi ognuno alla sua tomba.
Ma Harry, quando Malfoy andava via, andava anche davanti alla lapide di Scorpius. La scritta, che ora sapeva a memoria, recitava:
"Scorpius Malfoy, 13 giugno 2006 - 4 novembre 2030
Ogni albero è solo sé, ogni fiore sé soltanto
."
Harry ci aveva riflettuto un po'. Si ripeteva la frase andando al Ministero, mangiando a casa, accarezzando i capelli di sua moglie. Poi aveva capito. Chi aveva scelto l'incisione voleva rimarcare che Scorpius era Scorpius e basta, non il figlio del Mangiamorte che era scappato, o un Malfoy. Solo Scorpius. Harry desiderò averlo conosciuto. Cominciò ad andare a trovare più spesso Albus, a chiedergli notizie sul ragazzo. Scoprì che il tatuaggio che si era fatto erano due ali di drago chiuse sulla schiena, così che quando fosse stato pronto avrebbe potuto aprirle e spiccare il volo. Ma le ali non erano ancora pronte a volare, e lui se n'era andato troppo presto.
Scoprì quali erano le sue materie preferite e quelle che odiava, cosa mangiava sempre a colazione, il tipo di vestiti che indossava.
Scoprì che litigava spesso con Draco e con Astoria, ma che poi facevano sempre pace.
Improvvisamente, sapere più cose che poteva su quel ragazzo gli sembrava importantissimo, quasi la cattura dei suoi assassini dipendesse da quello.
All'insaputa di Malfoy, aveva mobilitato tutti gli Auror del dipartimento per trovare quei mostri.
Tutto quel senso di giustizia, passione e calore che prima si erano spenti, ora erano tornati, di colpo.
Ricominciò a fare l'amore con Ginny. La sentiva ancora calda sotto di sé, e si rese conto per la seconda volta nella sua vita che amava da morire la curva morbida dei suoi seni e la pelle bianca del suo collo, quelle labbra carnose e il fuoco che Ginny gli regalava quando si tendeva sotto di lui e gemeva soffiandogli sul petto.
Amava sua moglie, i suoi figli, le uscite con Hermione.
Amava portare la Cioccorana giornaliera a Ron, e sentire i passi di Draco che arrivavano dal viale.
Fu naturale per Harry, ad un certo punto, avvicinarsi a Draco e chiedergli se gli andava una Burrobirra.
Lui lo guardò stupito per un attimo e poi disse semplicemente: "Sì."
Si avviarono in silenzio per il viale del cimitero e si infilarono nel primo pub che trovarono a Godric's Hollow.
Draco continuava a stare zitto, ed Harry iniziava a sentirsi un po' a disagio.
Si sedettero ad un tavolino.
"Tu... Che hai fatto in questi anni?" azzardò Harry in un patetico tentativo di conversazione.
"Mi sono sposato. Ho avuto un figlio."
Strascicò lui.
Bevvero entrambi un po' di Burrobirra.
"Lo so." sbottò d'un tratto Harry.
"Cosa?" chiese Draco alzando gli occhi dal boccale.
"Di Scorpius."
I suoi occhi si serrarono pericolosamente.
"Bene. Facciamo così, perché non uccidete anche mia moglie, già che ci siete?"
"Che ci siete?" ripeté Harry confuso.
"Siete voi, è colpa vostra, con i vostri atti di eroismo e tutto il resto e..."
"Cosa?!" lo interruppe Harry "Cosa?! Stai scherzando. Non farei mai una cosa del genere."
"Io mi ricordo solo un incantesimo in un bagno, al sesto anno ad Hogwarts!" strillò Malfoy.
"Non fingere, sai benissimo che è stato un incidente..."
"È stato un incidente anche pedinarmi?" si informò, sarcastico.
"Senti, se dobbiamo cominciare a rinfacciarci le cose passate ne ho una marea da..."
"No! Voi e solo voi avete reso la mia vita un inferno! Ti rendi conto, almeno vagamente, di come siano stati questi anni? Tutto perché tu hai voluto fare le cose per bene... E denunciare anche me."
"Beh, non è che fossi proprio innocente.." ribatté Harry, stizzito.
Malfoy fece un movimento improvviso con la testa.
"Per te è andato tutto bene, dopo. Io, che ero stato costretto a torturare, costretto, ho vissuto evitato dalla gente."
"Quello io l'ho provato prima." constatò Harry, acido.
"Tuo figlio non è morto!"
Le persone intorno cominciavano a guardarli.
"Malfoy, ascoltami. Ho mobilitato tutto il dipartimento per trovare quei bastardi."
Draco parve afflosciarsi di fronte a lui.
"Trovali. Ti prego, trovali."

La preghiera di Malfoy risuonava ancora nelle orecchie di Harry quando lui tornò a casa. Si era affrettato a pagare il conto e a salutare l'altro con un cenno, poi era scappato dal pub, lasciandosi dietro i suoi occhi pallidi che lo fissavano furiosi e disperati.
Stavano cenando quando Ginny gli chiese se c'era qualcosa che non andava, e all'improvviso lui si accorse che non ce la faceva più. Le raccontò tutto, dal primo incontro con Malfoy a ciò che gli aveva detto Albus.
L'espressione di orrore dipinta sul volto di Ginny era la copia esatta di come si era sentito lui.
"Credevo ce l'avessimo fatta..." mormorò Harry.
"Shh. Vieni qui."
Lei lo strinse a sé e lui, senza nessun preavviso, senza che prima avesse fatto alcuno sforzo per trattenersi, sentì lacrime scendergli lungo il viso, bollenti.
"Non è stata colpa tua, d'accordo?"
"Ma se io non avessi..."
"Non pensarci neanche. Quel ragazzo aveva un cognome troppo pesante da portare."
Cominciò ad accarezzargli i capelli, dolcemente.
"L'unica cosa che puoi fare è prenderli."
"Ho chiesto a tutte le persone che vivono vicino al tatuatore. Ho gli identikit di tutti e cinque i ragazzi. Ho mobilitato tutto il reparto."
"Ce la farai, ne sono sicura."
"Grazie." disse lui baciandola.
Andarono a letto presto, e stettero per ore mano nella mano.
Prima di addormentarsi, Harry ripensò al viso affilato di Malfoy, alla sua voce rauca e a ciò che gli aveva detto. Non avrebbe mai immaginato che un giorno Draco lo avrebbe pregato di fare qualcosa, a meno che non fosse qualcosa di molto antipatico.
Voldemort poteva essersene andato, ma trentatré anni dopo il Mondo Magico non era ancora del tutto ristabilitosi.
Harry pensò alle mani di Draco che si stringevano convulsamente al boccale.
Nessuno meritava tutto quel dolore, non poteva permetterlo.
E per quanto odiasse ammetterlo a se stesso, forse, come diceva Ron (al cuore di Harry mancò un battito mentre pensava al suo migliore amico), gli stava tornando la "mania di fare l'eroe".

Harry si svegliò alle tre di notte: un gufo stava picchiando alla sua finestra, insistente.
Ginny sospirò e si dimenò nel letto, Harry si alzò mugugnando per aprire le imposte.
Il gufo aveva un piccolo foglietto legato alla zampa; sopra c'era scritta solo una parola: "trovati."
A Harry si mozzò il fiato nei polmoni. La pergamena recava il simbolo del Ministero.
Trovati.
Si vestì in fretta e furia, scrisse un biglietto per Ginny e si Smaterializzò direttamente al dipartimento Auror.
"Allora?" chiese brusco a Grewitch.
Grewitch era una brillante nuova scoperta della loro sezione: era giovane, il sorriso sempre sulle labbra ed incredibilmente bravo. Aveva un talento che faceva quasi paura: sapeva scovare persone, prove o oggetti in qualsiasi angolo del mondo.
"Sono giù. Uno ha opposto resistenza e abbiamo dovuto Schiantarlo. Gli altri si sono calmati quando abbiamo fatto il tuo nome." disse Grewitch alzando un sopracciglio.
Harry sbuffò, irritato: odiava che tutti lo conoscessero.
"Portami da loro." ringhiò.
Erano seduti li tutti e cinque, uno di fianco all'altro, i volti contratti in smorfie d'ira repressa, e paura.
Harry sentì il sangue salirgli subito alla testa.
"Voi." sibilò all'indirizzo dei ragazzi. "Perché. Datemi una sola buona ragione per non sbattervi tutti ad Azkaban."
Il ragazzo più a destra impallidì. Al contrario, quello al centro sbuffò con aria provocatoria.
"Tu." gli disse Harry "Come ti chiami?"
"Sam."
"Cognome?"
"Reins."
"Ascoltami, Reins," disse sporgendosi verso di lui. "Non so se ti sei ben reso conto della situazione in cui ti sei ficcato. Me lo spieghi, così controllo?"
"Non ho fatto niente, signore, abbiamo solo difeso la Comunità Magica. Un po' come ha fatto lei."
Il pugno di Harry partì più veloce della sua mente, arrivando dritto alla mascella di Reins.
Harry sentì le nocche che scricchiolavano a contatto con l'osso del ragazzo, sentì il cuore che batteva più forte e un pesante senso di nausea lo avvolse.
Lui e la sua avventatezza.
Si guardò il pugno, inorridito, mentre Reins cercava di trattenere i gemiti e sputava qualche dente. Grewitch lo raggiunse, ostentando una certa calma.
"Signore..."
"È tutto a posto. Tutto a posto."
Fece un paio di respiro profondi.
"Ora," disse rivolgendosi ai compagni di Reins. " Voi non volete farvi male. Vi consiglio di dirci tutto."
Gli raccontarono ogni cosa.
Preoccupati dall'entrata di Malfoy nel negozio del tatuatore, lo avevano aspettato fuori per controllargli l'avambraccio, trovandolo fasciato.
Harry a questo punto sussultò.
Avevano insistito per vedere sotto la benda, ma lui aveva cominciato a dimenarsi e Reins aveva fatto partire il primo colpo. Destro al diaframma.
Harry immaginò di sentire il respiro di Scorpius spezzarsi e di vedere il ragazzo barcollare all'indietro, le mani sullo stomaco.
Da lì era stato immediato cominciare a picchiarlo. Harry sentì la bile salirgli in gola.
"E poi?" intervenne con voce roca "siete scappati? Sotto la benda cosa c'era?"
Un ragazzo si mosse sulla sedia, terrorizzato.
"C'erano tagli... Come... Di rasoio."
E così probabilmente Scorpius aveva tentato il suicidio.
Harry si disse di ricordarsi di indagare sul suo rapporto a casa.
"E poi ve ne siete andati."
Reins annuì.
"Bene." Li squadrò, feroce. "Non voglio più avere a che fare con voi. Delegherò il caso al Ministero." si stropicciò gli occhi, stancamente. "Saranno loro a decidere della vostra sorte. Grewitch, portali via." Grewitch riapparve dalla penombra, piano.
"Certo."
Harry uscì barcollando dalla stanza.
Andò in bagno e gettò fuori tutto il suo orrore, mentre pensava al viso spavaldo di Reins e ai tagli al posto del Marchio Nero sull'avambraccio di Scorpius Malfoy.

Il giorno dopo, alle sei del mattino Harry era già a bussare a casa Malfoy.
Una testa biondo pallido comparve dalla porta.
"Potter?!" chiese Draco strabuzzando gli occhi "Cosa diavolo vuoi?"
"Fammi entrare." tagliò corto lui.
Draco si spostò di lato per lasciarlo passare, scrutandolo. Gli fece strada fino ad un ampio salotto scarsamente illuminato, dove lo invitò a sedersi su un divano.
Harry si schiarì la voce, a disagio; Malfoy continuò a fissarlo interrogativamente.
"Allora," esordì alla fine. "li hanno trovati."
Draco si alzò di scatto. "Dove? Dove sono?" ringhiò.
"Al Ministero. Ho affidato il compito ad Hermione... È diventata capo del Wizengamot." spiegò Harry. "Ma tu non puoi intervenire, ed io non sono venuto per questo." gli raccontò tutto. Arrivato alla questione dei tagli, Malfoy sussultò e chiuse gli occhi.
"Allora?"
"Potter, sono questioni... Private."
"Da quando è stato assassinato ho dovuto indagare su di lui. Ho bisogno di saperlo. Se non avesse avuto quella benda probabilmente non sarebbe morto."
Malfoy si mise il capo fra le mani.
"Non sapeva niente."
Harry lo fissò, senza capire.
"Cosa?"
"Di me. Non sapeva niente di me. Non sapeva di Silente, di mio padre, di Piton... Credeva non fossimo stati coinvolti nella guerra."
Si passò di nuovo le mani sul volto scarno, sospirando.
"Mi vergognavo." ammise alla fine "Mi vergognavo di quello che ero stato. Ma è venuto a sapere tutto da un compagno. Ci sono state grida, pianti... È stato orribile. Non l'avevo mai visto così. Ha.. Ha detto cose terribili. Che si vergognava. Di me. Poi si è chiuso in bagno. Quando siamo riusciti ad entrare, aveva l'avambraccio devastato. Credo avesse paura che gli facessi il Marchio. Astoria se n'è andata con lui. Ha detto che era instabile e che lei gli serviva. Non l'ho più vista... E neanche Scorpius."
Harry provo un incredibile moto di pena verso Malfoy.
Non era mai stato una persona ragionevole e, infatti, contro ogni ragione, si vide alzarsi, andare vicino a Draco e mettergli una mano sulla spalla.
Draco sussultò al suo tocco, poi alzò i suoi occhi feriti su di lui, ed incominciò a singhiozzare.
"Io non volevo. Non volevo, non volevo..."
Harry gli strinse la spalla più forte, ascoltando i lamenti di Malfoy fino a quando non persero un senso.
Piano piano, quasi con naturalezza, si sistemò al suo fianco, stringendolo.
Lui non si ribellò, si mosse solo verso di Harry.
Perché era solo, e voleva sentire che qualcuno c'era.
Ed Harry, quando vide le labbra di Malfoy tremare ed i suoi occhi finire le lacrime, capì che ci sarebbe stato.
Gli vennero in mente due cose per fargli capire che c'era e far smettere le sue labbra di tremare. La prima era accompagnarlo al Ministero per farlo parlare con quei bastardi ed organizzargli un incontro con Astoria. La seconda era posare su quelle labbra le sue.
Ed Harry, maledicendo per l'ennesima volta in due giorni - stava peggiorando- la sua avventatezza, scelse la seconda.
Draco sbarrò gli occhi e poi (le sue labbra sapevano di lacrime) si rilassò, e tutto fu naturale.

Venne che erano distesi sul tappeto, soffocando un gemito che sembrava un singhiozzo sulla schiena forte di Harry.
Fu bellissimo, dolce e feroce insieme, spontaneo e non premeditato, una di quelle cose che si pensano odiate, a pelle, ma che poi appaiono magnifiche.
Malfoy ansimò quando lo strinse per i fianchi, sentendo scivolare la rabbia, e la paura,e la delusione e il dolore, più e più volte, in Harry, che non si ritraeva ma guariva.
Harry scoprì che anche se l'avambraccio di Draco era quasi del tutto nero, la pelle delle sue cosce era rimasta bianca.
Scoprì che sulla schiena aveva un tatuaggio uguale a quello che doveva aver avuto Scorpius.
Scoprì che dopo il primo impatto le labbra di Malfoy non sapevano di lacrime, sapevano di qualcosa di agrodolce che Harry non sapeva definire.
Fu come leggere un monologo, uno di quelli che si leggono tutto d'un fiato, uno di quelli che fanno piangere di gioia e di dolore allo stesso tempo.
Fu liberatorio e colpevole; Harry si ritrovò più volte a pensare alla curva morbida del seno di Ginny, ma non esitò e non si fermò nemmeno una volta, mentre le sue labbra assaggiavano la pelle dell'altro.
Alla fine Harry rotolò di lato, e Draco gli si mise accanto, le guance umide ora arrossate, e stettero li, stesi a terra a fissare il soffitto, per quelle che a lui parvero ore, ma che potevano anche essere minuti, o giorni.
Harry poteva vedere il petto di Draco alzarsi ed abbassarsi affannosamente, alla ricerca d'aria e d'un perché.
D'istinto, si mosse verso di lui posandogli il capo sul torace.
Draco non si spostò, e gli passò un braccio intorno al collo, piano, senza guardarlo, come se avesse paura.
Erano due gesti da 'sono qui' e 'grazie', due gesti talmente belli, e giusti, e diversi da quello che loro due erano stati, da dover essere fatti in una piazza, davanti a tutti, invece che sul tappeto polveroso di una vecchia casa spenta, ma ad Harry - "Ed anche a Draco" pensò lui - andava bene così.
 
"Ginny?"
"Sono in cucina, tesoro!"
Entrò cauto in cucina, quasi avesse paura che lei sentisse l'odore di Malfoy tra i suoi capelli.
"Come mai arrivi così tardi?"
"Ho passato più tempo da Ron di quanto pensassi..."
"Ti ho comprato un'altra scatola di Cioccorane, così puoi portargliene una anche domani."
"Grazie." sorrise lui baciandola sulla fronte e ritirandosi quasi subito, come se scottasse.
"Sei strano." osservò lei tornando ai fornelli.
"Già. Beh. Sono ancora un po' confuso dall'interrogatorio di ieri."
Ginny lo strinse "È finita." gli sussurrò all'orecchio, dolcemente "È finita."
Mentre era stretto a Ginny, nella mente di Harry balenò un'immagine di lei che gli gridava addosso "È finita! È finita!", mentre Malfoy gli teneva la mano.
Lo prese un senso di nausea e si staccò in fretta dall'abbraccio.
"Bagno." borbottò prima di precipitarsi su per le scale, un sudore gelido di consapevolezza e terrore che lo rincorreva.

Molti cenni di saluto e molti "Potter" e "Malfoy" imbarazzati dopo, Harry non ce la faceva più.
Erano in un'estenuante situazione di stallo tra l'accettare quello che era successo e vedere come potevano andare avanti ed il rifiutarsi di ricordare.
Harry tentennava tra le due opzioni con la variabilità di un cagnolino tra due giocattoli; tentennava tra la pelle liscia di Ginny e l'espressione dura di Malfoy.
Decise che la cosa migliore da fare era aspettare, ma la prospettiva di stare li a trepidare ogni volta che sentiva i passi di Draco sul selciato non lo allettava affatto.
Così, alla prima occasione, disse ad Hermione che voleva organizzare un incontro tra Draco e quei ragazzi ancora in attesa di processo.
Hermione fu fantastica: il giorno dopo era tutto pronto, e lui dovette solo inviare un gufo a Draco. Non rispose, ma la mattina dell'incontro era lì, davanti alla statua dei Magici Fratelli del Ministero, dritto e fremente.
"Malfoy. Hermione ti sta aspettando al quarto piano, prima porta a destra. Ci sono anche... Ci sono anche loro." Disse Harry, esitante.
Malfoy annuì nervosamente e si diresse verso l'ascensore.
Harry notò che era dimagrito; ora guardandolo da dietro si potevano contare le vertebre sotto la giacca scura, e i pantaloni gli scivolavano sui fianchi scarni.
Decise che ora poteva anche andarsene, non aveva alcun senso rimanere lì ad aspettare Draco. Perché, poi? Certamente non avrebbe voluto parlare con lui di quello che era successo con quei ragazzi. Non lo voleva neanche lui. Il caso era chiuso.
Ma se i pensieri di Harry andavano in questa direzione, i piedi lo condussero al quarto piano, quasi senza che lui quasi se ne rendesse conto.
Andò piano, per non risultare invadente.
Quando arrivò all'inizio del corridoio al quarto piano, si sentiva un gruppo in gola.
Non sapeva bene di cosa avesse paura; probabilmente, a ben pensarci, di quello che avrebbe potuto trovare.
Dietro la porta stava accadendo qualcosa che, bella o brutta che fosse, avrebbe segnato Draco per l'eternità.
E, in effetti, il Draco che uscì dalla stanza sbattendo la porta non aveva niente del ragazzino superbo della scuola, né del giovane uomo terrorizzato dalla guerra, né del padre distrutto e spezzato che Harry aveva imparato a conoscere.
Semplicemente, negli occhi del Draco che ora si stava inviando in fretta all'ascensore, non c'era più niente.
"Malfoy! Malfoy, aspetta! Che cosa è succ..?!" gli gridò dietro Harry, correndo.
Ma le porte dell'ascensore si stavano già chiudendo davanti alla pallida imitazione di Draco, sulla faccia sconcertata di Harry.
Senza che Harry se ne accorgesse, Hermione era arrivata dietro di lui.
"Harry." disse lentamente "Lo so che questo caso ti sta a cuore ma... Ti prego, lascialo stare per un po'. Non sono entrata nella stanza, ma ha appena parlato con gli assassini di suo figlio."
Lui annuì, piano.
Da una parte capiva perfettamente come si sentisse Draco.
Dall'altra, si sentiva ferito da come l'uomo con cui aveva fatto l'amore in una stanza polverosa l'avesse appena totalmente escluso da una parte della sua vita di cui Harry aveva fatto tanto parte, in una maniera così importante.

Era tanto che Harry non passava parecchie notti insonni.
Il periodo peggiore era stato al quinto anno di Hogwarts, quando Voldemort continuava ad assediarlo con le sue visioni, quando non passava notte senza che sognasse quella porta così dannatamente lontana, quando i suoi sogni erano stati talmente vividi da portare all'ancora dolorosa morte di Sirius.
Poi c'erano stati i giorni della ricerca agli Horcrux. Lì non aveva mai dormito, non davvero. Come si poteva posare la testa sul cuscino, sapendo che là fuori qualcuno ti stava cercando? Come si poteva chiudere gli occhi, quando i Mangiamorte potevano spuntare da ogni angolo buio?
L'ansia e l'angoscia erano tali da rendere il sonno di Harry così leggero che quando si svegliava gli pareva di non essersi mai addormentato.
Finito quello assurdo dormiveglia, era finita anche la guerra. E finita la guerra, erano iniziati nuovamente gli incubi, e non per colpa di Voldemort.
In sonno vedeva tutte le notti i Mangiamorte che lo attorniavano e lo assalivano con i loro orrendi cappucci, e tra loro stava nascosto un essere serpentino che continuava a ricordargli e fargli rivivere ogni morte dovuta a lui.
E ora, dopo anni in cui era finalmente riuscito a dormire in pace, gli incubi tornavano da Harry.
C'era Malfoy nei suoi sogni, ma soprattutto c'erano i suoi occhi.
Harry ci guardava dentro tutte le notti.
Prima c'era Scorpius, picchiato a sangue, poi c'erano loro due sul pavimento di Malfoy Manor, poi quei ragazzi che ringhiavano, i denti scoperti, e poi un lampo di luce bianca, e il nulla.
Di tutte le immagini che Harry vedeva negli occhi di Draco, la peggiore di tutte era quel nulla senza confini e senza via d'uscita.
Una mattina, in cui stava ancora a letto a rigirarsi tra le coperte, cercando di decidere quanto valesse per Hermione la frase 'lascia stare Malfoy per un po'', ancora accecato da quel terribile nulla, Ginny lo chiamò di sotto, al camino: era Grewitch, il giovane del dipartimento Auror.
"Ascolta, tra pochi giorni quei ragazzi saranno giudicati. Non so cosa tu voglia fare, ma so che hai abitudine di parlare con gli imputati, prima del processo... Ora sono agli arresti domiciliari. Sta a te decidere cosa fare con loro."
"Sì, Grewitch, grazie. Ci sentiamo." rispose Harry. Era indeciso.
Da una parte voleva svolgere la sua normale routine, dall'altra non aveva più intenzione di avere a che fare con quei delinquenti.
Decise che era passato abbastanza tempo, e mandò un messaggio a Draco per avvertirlo del processo. L'indomani sarebbe andato a parlare con i ragazzi.
Mentre scriveva la breve lettera da inviare a Malfoy, le mani gli tremavano.
Era ancora spaventato da quel nulla immenso che aveva visto, e non sapeva davvero cosa aspettarsi da Draco.
La risposta che gli giunse fu un lapidario: 'Avvisami quando si saprà la data del processo.'
Sospirando, Harry accartocciò la lettera e la buttò nel fuoco.
"C'è qualcosa che non va, amore?" chiese Ginny.
"Niente."
Ginny gli mise una mano sulla fronte.
"Scotti un po'. Forse è meglio che tu ti rimetta a letto."
"Sì, forse è meglio." borbottò Harry.
Tornò a letto e, non appena la sua testa sfiorò il cuscino, si riaddormentò, lasciando che quella terribile luce bianca lo inghiottisse di nuovo.
 
"Non c'è?" chiese Harry senza capire.
"Non c'è." confermò la donna davanti a lui, torcendosi le mani angosciata.
Non era possibile. Non era affatto possibile. Ci doveva essere uno sbaglio. Probabilmente la donna aveva le traveggole.
Come poteva essere che uno dei ragazzi fosse sparito? Un addetto alla Sicurezza Magica - personaggio un po' più in basso dell'Auror - stazionava di fronte alla casa di ognuno di quei delinquenti, rinchiusi fra le mura domestiche senza bacchetta, così come, momentaneamente, la famiglia.
Il ragazzo non poteva non esserci, assolutamente. Non poteva essere scappato.
"Ne è sicura?" richiese Harry.
"Ma sì, sì! Mio Dio... Non so cosa dire... L'ho chiamato per pranzo e non veniva, così l'ho cercato e... E non c'era! Oddio... Prima l'aggressione e poi questo... Che ne è di mio figlio? Che ne è del mio bambino?!"
La donna era in lacrime. La voce le tremava e il trucco le colava piano sulle guance. Harry pensò che non aveva mai visto niente di più penoso di quella donna: una madre che non riconosceva più il figlio, una madre spezzata. Lo stesso bambino che le chiedeva i biscotti ora era improvvisamente diventato un animale feroce, che in un momento di premeditata follia aveva picchiato a sangue un innocente.
Harry posò una mano sulla spalla della donna, goffamente, e la tenne lì per qualche minuto, mentre il respiro affannoso di lei si calmava.
"Cosa farete ora, signor Potter?" chiese poi la donna asciugandosi gli occhi.
"Lo ritroverò, stia tranquilla. Se è davvero scappato lo ritroverò, e verrà giudicato."
"Spero che questa situazione lo calmi... Mio Dio, davvero, non so più chi sia. Guaritemelo, signore, la prego!"
Gli occhi della donna erano pieni di tutto e di niente, di disperazione e di nascosta ed inconscia accettazione di ciò che suo figlio era diventato. Harry pensò che per lei, qualsiasi cosa fosse successa, il ragazzo sarebbe sempre rimasto il suo bambino.
All'altezza del cuore, qualcosa gli fece male, mentre pensava a quanto quella donna dovesse voler bene a suo figlio, e quel qualcosa era la mancanza dei genitori che non aveva mai avuto, di quei genitori che, se ora ci fossero stati, avrebbero saputo cosa dire per rassicurarlo e salvarlo da tutto quel nulla.
Riprese un attimo il controllo.
"Farò il possibile, davvero. Ora scusi, ho degli impegni. Avvertirò al più presto il dipartimento Auror."
Si allontanò in fretta dalla casa, l'amore della donna per suo figlio che ancora lo inseguiva come una condanna.
Si smaterializzò appena fuori dal cancello dell'abitazione.
Qualcosa - qualcosa che Hermione avrebbe chiamato intuito e Ron 'preveggenza da Prescelto' - gli disse che prima di chiamare gli Auror doveva ancora controllare una cosa, che si trovava, se il suo intuito non lo ingannava, nella casa del prossimo ragazzo da visitare.
Ed infatti, appena si fu materializzato davanti a quella casa, trovò un uomo intento a frugare in giardino, mentre quella che doveva essere la moglie gli urlava: "Deve essere lì, non c'è altra possibilità!"
Harry entrò nel giardino a passo di marcia e andò dritto filato dalla donna.
Appena lo riconobbe, lei sgranò gli occhi e aprì la bocca, ma lui la precedette: "Suo figlio?"
"Sparito." disse la donna a fatica.
Harry avvertì lo stomaco contrarsi, mentre una sensazione di nausea lo coglieva all'improvviso.
"Senta le madri degli altri ragazzi. Si faccia dire se sono ancora a casa. Poi avvisi il Ministero, e dica loro da parte mia di mandare qui quatto o cinque Auror." disse a fatica.
La donna corse in casa.
Harry si sedette sui gradini d'ingresso, la testa fra le mani, in attesa che la nausea si calmasse.
Il pensiero che quei mostri fossero di nuovo tutti in giro, pronti ad aggredire qualcuno, lo faceva stare male come niente aveva mai fatto. Perché ora i mostri non giravano incappucciati, no. Ora i mostri erano ragazzi normali, con vestiti normali, che avevano giocato a Quidditch con gli amici, erano usciti con ragazze carine e preso un bel voto in Trasfigurazione. Eppure questi giovani così normali erano gli stessi che avevano ucciso a botte il figlio di Malfoy.... Malfoy! Doveva avvertirlo! Harry balzò in piedi, di scatto. Come aveva fatto a non pensarci prima? Se la fuga dei ragazzi era terribile per lui, per Malfoy doveva essere come sentirsi morire dentro.
Proprio mentre stava per uscire dalla casa - l'uomo stava ancora frugando in giardino, in un'immagine talmente tragicomica che ad Harry tornò la nausea - la donna lo raggiunse correndo.
"Signor Potter, signor Potter! Sono spariti tutti! Al Ministero hanno detto che gli Auror arriveranno tra poco."
Aveva la voce ferma, anche se gli occhi erano un po' lucidi, ed Harry le invidiò la sua forza.
"D'accordo, allora. Aspetterò qui."
A malincuore, Harry si risedette sui gradini d'ingresso. Non dovette però aspettare molto: pochi minuti dopo, quattro Auror, tra qui Grewitch, erano davanti a lui, l'espressione seria e determinata.
"Sappiamo tutto." disse Grewitch velocemente, deciso. "Da dove vuole cominciare?"
"Per adesso non voglio cominciare. Ho aspettato che arrivaste, ma ora devo andare al Malfoy Manor. Dobbiamo avvisare Draco."
"Non sono sicuro che sia una buona idea..." esordì Grewitch.
Harry lo gelò con un solo sguardo.
"Non merita di rimanere nell'ignoranza. Deve sapere che gli assassini di suo figlio sono a piede libero."
Così, pochi secondi dopo erano al Malfoy Manor.
Harry non si fermò a bussare al grande portone di legno massiccio, che trovò inspiegabilmente aperto, né di fronte ai lunghi corridoi.
Guidato dai rumori e dai ricordi della sua ultima visita, si diresse dritto verso la sala principale, con al seguito i suoi quattro Auror.
La porta della sala era chiusa, ma Harry la spalancò senza indugi.
"Draco, devo darti una brutta notiz..." iniziò.
Ma la scena che gli si presentava davanti gli fece morire le parole in gola.
Draco era in piedi, tremante, la bacchetta sguainata.
Intorno a lui c'erano cinque cadaveri, o quello che rimaneva di essi.
Nel silenzio, gocce di sangue continuavano a risuonare sul pavimento, come bassi e cupi rintocchi di una campana di morte.
I pezzi di quello che una volta doveva essere stato Reins - Harry lo riconobbe dall'orologio - giaceva a cumuli in un angolo della stanza.
Brandelli di pelle alle membra separate e spezzate ed Harry sentì tutto il cibo che aveva ingerito la mattina salirgli in gola quando vide l'occhio azzurro ghiaccio di Reins rotolare fino al cadavere più vicino, coperto di tagli ed abrasioni. Gli altri erano in stati più o meno simili, o almeno, Harry pensò che fosse così, perché non ebbe il coraggio di osservare più di quanto non avesse già visto.
Proprio mentre stava pensando di sedersi prima di svenire davanti ai suoi uomini, Draco cadde in ginocchio, bagnandosi di tutto il sangue che copriva il pavimento.
I suoi occhi erano tornati quelli che Harry aveva visto bagnarsi di lacrime quella mattina che si erano sdraiati proprio dove ora si trovavano le membra scomposte di quei ragazzi, ma il corpo ed il viso erano ancora più scavati di prima.
Harry lo raggiunse al centro della stanza, lasciando che le sue scarpe da tennis si sporcassero di quel sangue vischioso, e si inginocchiò di fronte a Draco.
Malfoy alzò lo sguardo verso Harry, e sorrise di un sorriso malato e rovinato.
"Mio padre sarebbe fiero di me, non credi? Erano tutti Mezzosangue, sai? Mezzosangue... Non come mio figlio... Mezzosangue come te. Guarda" gracchiò , mostrandogli un polso. "Il mio e il loro sangue è identico. E anche quello di mio figlio. E allora perché noi siamo mostri e Scorpius no?"
Harry sbirciò verso la porta. Grewitch stava esaminando la stanza con lo sguardo, sconvolto. Un Auror stava vomitando sul lussuoso tappeto del corridoio, mentre gli altri due avevano chiuso gli occhi, terrorizzati.
"Non sei un mostro." sussurrò Harry a Draco. Il suo discorso di senso ne aveva poco, eppure una cosa Harry era riuscito a capirla: Malfoy aveva rapito i ragazzi e lì, in quella sala, nella tana del lupo, li aveva torturati e ridotti a pezzi di carne.
Draco sorrise di nuovo. "Può darsi."
Harry sentì un certo trambusto dietro di sé, e poi le figure dei suoi uomini li sovrastavano, mentre Grewitch alzava Malfoy da terra, di peso.
"Signor Malfoy, è stato lei ad uccidere questi ragazzi? Ammette di averli portati qui e torturati?"
"Sì." disse Draco, piano, mentre Grewitch gli sfilava la bacchetta di mano e un altro gli immobilizzava i polsi.
Harry guardò tutta la scena come se la vedesse da lontano, come un semplice spettatore.
Sapeva che era stato Draco, eppure non riusciva a immaginare un mondo in cui lui era ad Azkaban, un mondo in cui la questione non si risolveva, in cui quei ragazzi non erano giudicati dal Wizengamot ma uccisi.
Malfoy gli rivolse un ultimo triste sorriso mentre lo portavano via dalla stanza.
Grewitch venne da Harry e gli disse: "Non si preoccupi, faccio tutto io. Immagino sia sconvolto. Torni pure a casa."
Poi se ne andò. La porta si chiuse dietro di lui, lasciando Harry solo in mezzo a tutto quel sangue appiccicoso.
E lì, in quella stanza maledetta, Harry si rese finalmente conto di quello che era successo.
Chiuse gli occhi e una lacrima gli scese lungo la guancia.
Cercò di raggiungere la porta per andarsene da quell'inferno di membra scomposte, ma le gambe cedettero sotto il suo peso e così, alla fine, si arrese ai singhiozzi in quel mare di orrore come un bambino si arrende ai mostri nel buio.

Ansia. Era nella nebbia intorno a Londra, nelle gocce di pioggia che scendevano lungo i vetri, nelle case intorno, nella gente che passava frettolosa, nei titoli dei giornali, ma sopratutto in Harry stesso.
Continuava a chiamare Grewith, in uno stato di febbrile agitazione, ma lui non gli diceva mai cosa stava succedendo, gli raccomandava solo di stare tranquillo.
Ma Dio, come faceva, come faceva a stare tranquillo quando il tappeto di quella sala maledetta era ancora intriso di sangue, quando Draco era rinchiuso ad Azkaban, quando dovevano decidere che pena addossargli?
La sua situazione non era facile: ex-Mangiamorte, accusato di omicidio efferato di cinque ragazzi senza neanche la bacchetta.
L'unica attenuante era che quei ragazzi erano gli assassini di suo figlio, ma ora loro erano passati da carnefici a vittime.
Nessuno in tutto il Ministero si sarebbe alzato per difendere Malfoy, per ricordare cosa quei ragazzi avevano fatto: questo Harry lo sapeva fin troppo bene.
Aveva tentato di unirsi a coloro cui spettava la decisione, ma ogni volta che ci provava, Grewitch insisteva che era pallido e lo rimandava a casa.
Non lo faceva con cattive intenzioni: era seriamente preoccupato per Harry, a tal punto da chiedere a Ginny di assicurarsi che riposasse.
Ma ogni volta che si sdraiava, nella mente di Harry si agitavano confuse immagini di lui abbracciato a Draco su un pavimento polveroso, delle sue labbra sottili e degli occhi profondi, delle mani da pianista e delle gambe magre... Stranamente, da quel terribile giorno, l'ultimo in cui aveva visto Draco, Harry non aveva mai pensato a lui come un assassino.
Quello che era successo accentuava solo la sua pena e il suo desiderio di curarlo.
L'atto di Malfoy era quello di chi ha perso tutto e si vuole vendicare di chi il tutto gliel'ha tolto... E quel tutto era suo figlio.
Harry non riusciva ad immaginare un mondo senza Lily ed i suoi discorsi appassionati, senza le baruffe di James ed Albus, senza i sorrisi di Teddy, suo figlio acquisito.
E non riusciva neanche ad immaginare un mondo senza Draco.
Harry sapeva che pene spettavano agli assassini di quel genere: ergastolo, o... O il Bacio del Dissenatore.
La sua mente non accettava nessuna delle due ipotesi. Vedere Draco consumarsi e poi spegnersi in prigione come una vecchia candela era una cosa che non sarebbe mai riuscito a fare.
Non assaggiare più la sua pelle, non vedere più la piega delle sue labbra tendersi nel suo tipico sorrisetto amaro.
E, nel peggiore dei casi... Non vedere più i suoi occhi accendersi.
I Dissennatori, dopo anni ed anni, terrorizzavano ancora Harry.
Quelle mani scheletriche... La bocca come un buco nero che tutto risucchia e tutto prende... La felicità che non esiste più.
Ed in quei terribili giorni d'angoscia, piano piano, Harry realizzò che, se Draco fosse morto, anzi, peggio, la sua felicità se ne sarebbe andata con lui.

"Harry, tesoro. C'è Grewitch di sotto... Vuole parlarti."
Appena le parole 'Grewitch' e 'parlare' raggiunsero Harry sotto l'insano torpore che l'aveva colto, lui balzò subito a sedere.
"Grazie." disse sbrigativo a Ginny, prima di correre di sotto, incurante della camicia spiegazzata e della faccia gonfia di sonno interrotto che portava addosso.
Ai piedi delle scale, dritto come un fuso, stava Grewitch.
Appena vide Harry, disse: "Hanno deciso per il Bacio."
E d'improvviso il mondo non c'era più.
Non c'era più, la disperazione e l'orrore e la nausea se l'erano mangiato tutto in un colpo solo, come se non fosse mondo ma un semplice biscotto da prendere a colazione.
Non c'era più il mondo che ora, nella testa di Harry, era dello stesso verde pallido degli occhi di Draco.
Si accorse di essere in ginocchio solo quando Grewitch gli posò una mano sulla spalla.
"Io... Mi dispiace. Davvero. So... Cosa era successo."
Qualcosa nei suoi occhi disse ad Harry che non intendeva quello che era successo a Scorpius.
D'improvviso, tutta l'insolita preoccupazione e premura di Grewitche ebbero un senso nuovo. Lui sapeva, forse anche da tempo. Ed, in effetti, Harry era passato da totale indifferenza ad interesse quasi maniacale per Malfoy... Malfoy, che tra poco non sarebbe più esistito.
Harry alzò due ferite con dentro tutto il male del mondo che aveva al posto degli occhi verso Grewitch.
"Posso... Posso vederlo?" disse a fatica, con voce rauca.
Grewitch annuì, piano.
"Tra tre giorni ci saranno le ultime visite. Ti ho fissato un incontro... Un'ora prima del Bacio."
"Ci sarò."
Salì le scale di corsa, lasciando Grewitch al piano inferiore.
Aveva bisogno di stare da solo. Quando Ginny cercò di fermarlo per chiedergli cos'era successo, lui si divincolò, chiudendosi in bagno.
Mentre una lacrima gli scendeva sul viso, poggiò la fronte contro il tubo del lavandino, ma neanche quel freddo asettico riuscì a svegliarlo da quell'incubo che era la realtà.

La porta si chiuse secca alle spalle di Harry.
Un uomo dal viso severo e il passo veloce lo aveva accompagnato giù e sempre più giù nelle fondamenta di Azkaban, giù per corridoi bui attraversati da grida che rimbalzavano per le pareti.
Lo aveva accompagnato da Draco.
Appena gli occhi di Harry si furono abituati al buio, lo vide in un angolo della piccola ed asfissiante cella.
Era ancora più magro e sciupato, e portava profonde occhiaie.
Appena si accorse della presenza di Harry - rannicchiato su se stesso com'era non doveva averlo sentito - si alzò in piedi e piegò in un sorriso le labbra secche.
"Sei venuto."
"Come potevo non farlo?"
Vide Draco barcollare, e si affrettò a farlo sedere di nuovo.
"Vuoi dire che se io non... Non l'avessimo chiesto, allora tu non l'avresti fatto?"
"Fatto cosa?" Il cuore di Harry batteva così forte che sembrava volesse uscirgli dal petto.
"Venire." esalò Draco dopo una lunga pausa. "Sei il mio ultimo desiderio."
Ed improvviso il cuore non batteva più, non scorreva più il sangue, non si muovevano più i tendini.
Era il suo ultimo desiderio, e ora esistevano solo le parole di Draco.
"Perché?"
Draco lo fissò negli occhi.
"Perché... Io... Solo tu sai... Cosa vuol dire." disse Draco lentamente. "Solo tu sai che sapore hanno le mie lacrime."
Ed Harry pensò che fosse giunto il momento che Malfoy assaggiasse le sue.
Gli si avvicinò piano, e poi posò delicatamente le sue labbra sulle sue.
Fu un bacio dolce e lento, che non aveva niente della disperazione dell'altra volta.
La gente è disperata solo quando ha speranza; dopo, c'è solo una rassegnazione senza gioia all'ineluttabilità del destino.
Se l'altra volta era stato frettoloso e selvaggio, ora, l'ultima volta in cui potevano toccare il corpo dell'altro, Harry era deciso a renderlo il più dolce possibile.
La mano che accarezzava i capelli di Draco scese lentamente dal viso al petto, e poi più giù.
Harry slacciò lentamente cerniera dei pantaloni di Draco, poi iniziò ad accarezzargli con gesti lenti il suo sesso.
Sentì la bocca di Draco sul collo, i suoi ansimi scaldargli la pelle e poi, piano, si fece scivolare il suo sesso in bocca.
Iniziò a muoversi più veloce mentre la mano di Draco gli carezzava i capelli, mentre gli scendeva sul collo, mentre sentiva i suoi gemiti farsi sempre più forti.
Malfoy si lasciò spogliare sotto le sue mani calde, e lo stesso fece Harry.
Entrò in lui con naturalezza, dando alle sue spinte un ritmo sempre più veloce.
Draco venne dopo poco, liberando un gemito che dovevano aver sentito per tutta la prigione, ma ad Harry non importava, perché anche se avevano solo un'ora per loro sembrava che il tempo si fosse fermato, solo per loro due, due uomini che si amavano in un luogo di agonia.
Ed ora le mani di Draco erano dappertutto ed Harry resistette poco prima di venire anche lui.
Stettero per dei minuti che sembravano anni stesi uno vicino all'altro, le labbra che si sfioravano, a raccontarsi con gli occhi tutto quello che non si erano mai detti.
Poi, ad un certo punto, Harry guardò l'orologio.
"Mancano dieci minuti." sussurrò.
Si rivestirono, lentamente.
Draco era di spalle, la schiena curva.
Harry lo abbracciò da dietro, facendogli passare le braccia sotto le ascelle e poi piantandogli le dita nelle spalle.
Stettero così, fermi, con il petto di Draco che si alzava e si abbassava sempre più affannosamente, fino a quando l'uomo che prima aveva accompagnato Harry non aprì la porta.
"Signor Malfoy, è l'ora."
Lo condusse su, tenendogli le braccia dietro la schiena, con Harry al seguito.
E l'angoscia iniziava a serpeggiare nel cuore di Harry, mentre i loro passi rimbombavano nei corridoi come rintocchi a morte.
L'uomo si diresse verso un cortile scuro, fuori dalle alte mura della prigione, con passo sicuro. Si fermò poco prima dell'ingresso, poi disse: "Deve entrare lì, Malfoy."
Harry desiderava solo una cosa: seguirlo.
Diventare un essere senza sentimenti né emozioni né ricordi, senza dolori, un essere vuoto, un guscio.
Ma non poteva. Lasciò scivolare un ultima volta la mano sulla schiena di Draco, e poi lui entrò nel cortile, il labbro inferiore che tremava leggermente.
Un passo.
Harry intravide un Dissennatore arrivare nel cortile.
Due, tre, e poi quattro passi su gambe malferme, e quel buco nero che era la bocca del Dissennatore calò su Draco.
E in quel momento, mentre la sua anima veniva risucchiata, quella di Harry raggrinziva lentamente.
"Spegnete le stelle.", pensò. "Perché non le vuole più nessuno. Buttate via la luna, tirate giù il sole, prosciugate gli oceani e abbattete gli alberi. Perché da questo momento niente servirà più a niente."
Ed il nulla calò su entrambi, mentre il mondo intorno girava, e loro venivano rosicchiati dalle ombre intorno.
 








Note: non ho molto da dire, se non darmi il bentornata da sola! ho scritto questa storia due anni fa e non l'avevo mai pubblicata. sono ancora molto scettica, ma se non altro ho trovato il coraggio necessario per pubblicare. qualsiasi commento sara gradito! ^^ 
   
 
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