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Autore: xyoumakemesing    25/09/2013    10 recensioni
Louis rimane a guardarlo con la faccia da pesce lesso per qualcosa come un’eternità, finché Harry si schiarisce la gola, un luccichio particolare dentro gli occhi verdissimi, e gli porge un bouquet di garofani rosa. “Penso che tu stia cercando questi,” gli dice allegramente, per poi cominciare a spiegare, con la sua voce lentissima e mielata, il loro significato.
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Harry/Louis | Flower Shop AU
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lips that felt just like the inside of a rose
 


La questione è semplice: non è che Louis non adori sua madre e non gli sia grato per tutto quello che ha fatto per lui, soprattutto dopo che suo padre è scappato via con un’altra e ogni persona normale che ha il cuore infranto preferirebbe deprimersi e piangere sotto le coperte piuttosto che crescere un poppante piagnucolone e lavorare fino allo sfinimento per mantenerlo; il fatto è che, ogni anno, ogni fottuto anno, dimentica di regalarle qualcosa per la festa della Mamma – anzi, a dire il vero, si dimentica persino quand’è la festa della Mamma. Dettagli.
E’ così preso dall’Università, dal lavoro part-time al ristorante dei genitori di Liam, dai suoi amici e dalla sua vita che se ne ricorda soltanto quando qualcuno, accidentalmente, glielo rammenta. E Louis, dopo, si ritrova sempre a mandarle un frettoloso sms d’auguri pieno di ti voglio bene e di x; e a precipitarsi diritto verso il primo negozio di fiori che trova sulla sua strada – si affida sempre a Google Maps perché il suo senso dell’orientamento fa sempre cilecca e non è di certo uno che ha voglia di girare in tondo per tre ore alla ricerca di un fioraio, comunque.
Il negozio più vicino a lui è il Chez Michèle, all’angolo tra la Albany Road e Florence Ave. Quindi è lì che si dirige quest’anno, gli occhi puntati sullo schermo del suo iPhone e i piedi che si muovono velocemente perché sono le undici del mattino e il suo turno al ristorante inizia tra meno di venti minuti e Louis non vuole davvero perdere il bus e beccarsi poi l’ennesima strigliata dal padre di Liam – ne ha già ricevute abbastanza per due vite intere, grazie tante.
Quando, finalmente, mette piede all’interno del negozio, facendo tintinnare le campanelline dell’acchiappasogni appeso sopra la porta d’ingresso, le sue narici pizzicano un po’ per il pungente concentrato di odori completamente diversi tra loro che lo accoglie, colpendolo in pieno, mentre i suoi occhi perlustrano il locale - piccolissimo, quasi claustrofobico, sembra pure vagamente uscito da uno di quelle stupide commedie romantiche. Si lascia scappare un grugnito di disapprovazione perché la stanza è affollatissima – a quanto pare, è uso comune dimenticare di comprare un regalo alla propria mamma – e Louis si maledice mentalmente, mentre si fa spazio tra la gente, per non averci pensato il giorno prima. Incontra gli sguardi impazienti di qualche altro cliente, in coda alla cassa, e Louis gli sorride partecipe: sì, ti capisco, cerca di comunicargli, bella merda.
C’è un ragazzo biondo dietro il bancone, con un telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla, un grembiule verde con il nome del negozio stampato al centro del petto, la fronte aggrottata e le dita che si muovono veloci tra nastrini colorati e carte veline, impegnato a confezionare un bouquet di tulipani. Louis vorrebbe chiedergli aiuto perché non ha davvero idea di quali fiori regalare alla propria madre il giorno della sua festa, ma la lunghissima fila gli fa presto cambiare idea. Decide di guardarsi un po’ intorno, vedere se c’è una composizione floreale che cattura la sua attenzione, comprarla ed uscire da quel buco che profuma troppo per i suoi gusti. Sta adocchiando un vaso pieno di girasoli, sfiorandone distrattamente i petali indeciso se comprarli o meno, quando sente un lieve, gentile, colpetto sulla sua spalla. Si gira velocemente, i suoi piedi urtano un piccolo innaffiatoio di latta che finisce per rotolare sul pavimento con un gran fracasso. Louis sente le guance andargli a fuoco dall’imbarazzo quando, davanti a lui, si ritrova forse il più bel ragazzo che abbia mai visto – patetico cliché quello di ridicolizzarsi davanti ad uno strafigo, ugh -  con un sorriso enorme sul volto, una targhetta attaccata al grembiule che dice Harry Styles, una massa di capelli ondulati che si arricciano sulle punte e un paio di fossette da mordere che spaccano le sue guance a metà.
Louis rimane a guardarlo con la faccia da pesce lesso per qualcosa come un’eternità, finché Harry si schiarisce la gola, un luccichio particolare dentro gli occhi verdissimi, e gli porge un bouquet di garofani rosa. “Penso che tu stia cercando questi,” gli dice allegramente, per poi cominciare a spiegare, con la sua voce lentissima e mielata, il loro significato (“Gratitudine, amore e ammirazione. Perfetti per la festa della mamma!”).
Louis sbatte le palpebre velocemente, accetta il bouquet con un sorriso un po’ attonito e poi farfuglia stupidamente qualcosa sul prezzo, la sua lingua che s’annoda mentre i suoi occhi non riescono a smettere di fissare le labbra rosa del fioraio. Harry gli lancia un sorriso tutto denti e fossette. “Puoi averli gratis,” offre, con un occhiolino sfacciato, “Ma solo se prometti di tornare di nuovo.” Poi s’infila le mani dentro le tasche laterali del grembiule verde bottiglia – che s’intona perfettamente ai suoi occhi, se Louis deve essere onesto – e gli sorride di nuovo prima di correre via dopo essere stato richiamato dal ragazzo biondo dietro il bancone, ancora con il telefono all’orecchio, che sembra vagamente sull’orlo di una crisi isterica.
E non è che Louis ci tiene particolarmente a tornare di nuovo in quel negozietto che puzza di fertilizzanti e piante, ma quel ragazzo gli ha appena regalato un bouquet – un signor bouquet, tra l’altro: con un fiocco lilla che tiene uniti gli steli e alcuni piccoli fiorellini di campo qua e là – in cambio di una sua seconda visita, quindi in pratica è moralmente obbligato a farlo. Ovviamente non ha nulla a che vedere con il fatto che Harry somigli ad un modello dell’Abercrombie, certo che no.  
 
 
(Quando Louis rientra a casa con il suo mazzo di garofani, sua madre lo ringrazia con un abbraccio e due baci sulle guance. Gli dice anche che è il miglior figlio del mondo e Louis sa che non è vero – il figlio migliore del mondo non dimenticherebbe mai il giorno della festa della Mamma, dopotutto – ma non la contraddice. Anzi, si preoccupa di vantarsene, con un sorriso da gradasso, con sua sorella Lottie che, per tutta risposta, rotea gli occhi,  alza il medio e anche il volume dello stereo. Ah, adolescenti.)
 
 
Torna da Chez Michèle il giorno seguente, quasi all’ora di pranzo, dopo aver terminato i suoi corsi universitari – e davvero, perché le lezioni di Teatro Classico delle fottute otto del mattino devono capitare alle brave persone come Louis?
Il locale è vuoto stavolta, eccetto che per il ragazzo biondo dietro il bancone, ancora con il cellulare appiccicato all’orecchio, che giocherella distrattamente con la scatola vuota di un tramezzino, e Harry, in tutta la sua immensa bellezza, appoggiato al bancone, le braccia incrociate al petto e l’espressione annoiata.
Louis entra dentro il negozio, accompagnato dal tintinnare delle campanelline, gli occhi di Harry saettano immediatamente verso la porta – sollevato che qualche cliente sia finalmente arrivato a salvarlo dalla noia. Quando lo riconosce sfoggia un sorriso splendente – uno di quelli che Louis vorrebbe imbottigliare e portare con sé per tutta la vita, per intenderci –,  lo saluta sventolando una mano, fa il giro del bancone e “Sei tornato!” osserva allegramente, avvicinandosi a lui, un paio di jeans strettissimi che gli fasciano perfettamente le gambe magre, vagamente femminili, così lunghe che sembrano andare per chilometri.
Louis deglutisce, cerca di non guardarle troppo, e pensa che avrebbe bisogno di sedersi un minuto per riprendersi. Un minuto, o forse quindici.
“Passavo da queste parti” mormora, tuttavia, con tono vago, stringendo nelle spalle. E, be’, è una bugia bella e buona perché la sua facoltà non è esattamente vicina e ha dovuto prendere un autobus per arrivare lì – ma Harry non deve necessariamente saperlo.
Il riccio gli sorride, due fossette gemelle spuntano sulle sue guance e Louis si ritrova ad ingoiare un aww intenerito perché è praticamente la cosa più adorabile che abbia visto in tutta la vita – no, non è vero, ma chi se ne importa. Harry fa per aprire la bocca ma un forte “Zayn, avevi promesso!” abbastanza irato, proveniente dal ragazzo biondo dietro il bancone, lo fa girare di scatto, la fronte aggrottata.
Anche Louis, incuriosito, sposta lo sguardo nella stessa direzione. Il biondo stritola la confezione di plastica del sandwich con una mano mentre l’altra stringe spasmodicamente il cellulare, un’espressione arrabbiata sul viso tondo.
Oh” esala Harry, come se avesse già capito tutto. Louis torna a fissarlo, stavolta con un sopracciglio alzato. Il ragazzo gli lancia una veloce occhiata e poi scrolla le spalle, “Niall, uhm— il suo ragazzo. Viaggia molto…” lo informa, un po’ evasivo, lasciando in sospeso la frase.
Louis ha il sottile dubbio che non gli stia dicendo tutta la verità.
“L’ultima volta che ci siamo visti era Natale, Zayn!” Tuona il biondo – Niall –, le guance rosse dalla rabbia. Louis si sente un po’ a disagio, onestamente. Harry si schiarisce la gola rumorosamente, catturando l’attenzione di Niall che solleva lo sguardo e lo punta prima addosso a lui e successivamente a Louis. Si asciuga velocemente le guance bagnate con la manica della felpa grigia che porta, tira su col naso e poi sparisce dietro una porticina accompagnata da un cartello che recita: ‘Solo personale autorizzato.’
Per pochi minuti un silenzio estremamente soffocante e spiacevole aleggia dentro la stanza; Louis sposta il peso imbarazzato da un piede all’altro, guardandosi distrattamente intorno, poi Harry curva all’insù gli angoli della bocca in un sorriso e “Be’, che ne dici di una tè caldo adesso?”
 
Louis sfiora con il dito il bordo della tazza ormai vuota, il labbro inferiore tra i denti per camuffare un sorriso mentre Harry gli intreccia una coroncina di fiori blaterando ininterrottamente di merda hipster e di band indie che lui non ha mai nemmeno sentito nominare. Sono passate tre ore da quando ha messo piede lì dentro, Harry gli ha già raccontato della sua famiglia, del suo gusto di gelato preferito, del primo concerto a cui è andato (“Quello dei Cascada, insieme Gemma quando avevo quattordici anni, ma dico a tutti che il mio primo concerto è stato quello dei Nickelback perché non voglio che mi prendano in giro” gli confida con un sorriso cospiratore, bevendo un sorso di tè), del giorno che ha incontrato Niall, e della volta che ha visto Louis alla rappresentazione teatrale di Grease del liceo (“Avevo sedici anni e sono quasi venuto dentro i pantaloni perché tu eri il più bel Danny Zuko che avessi mai visto” e Louis allora trangugia d’un sorso il proprio tè per coprire il rossore delle sue guance).
“Ieri mi hai spiegato il significato dei garofani,” Louis stende le braccia sul bancone, approfittando della pausa nel discorso di Harry sull’ultimo film di Iron Man per prendere la parola. Il riccio annuisce, le sue dita affusolate che incrociano e intrecciano i gambi dei fiori ad una velocità impressionante. “Qual è il significato di questi, invece?”
“Questi sono Ibischi,” Harry tamburella lievemente un polpastrello sui fiori bianchi, dalla forma ad imbuto e leggermente sfumati di rosa, che tiene in mano. Louis annuisce e aspetta che Harry continui, tuttavia, però, quello si limita a lanciargli un sorriso criptico e a dire, con la sua voce roca, “Cercalo. Il loro significato, intendo. Cercalo tu.”
Louis aggrotta le sopracciglia. “Perché? Non potresti dirmelo?” Si lamenta annoiato, con tono da bambino petulante, ma Harry, per tutta risposta, scuote la testa e ride. “Ma non saprei dove cercare! Per favore!” ribadisce ancora, tentando di fargli cambiare idea.
“No” Harry preme la lingua sul palato per accentuare il suono della n. “Siamo nel ventunesimo secolo, Louis. Esistono le librerie e la connessione ad Internet.”
Louis imbroncia le labbra, incrocia le braccia al petto e volta la testa esalando un piccolo verso offeso.
Passano pochi minuti prima che Harry concluda la coroncina e gliela sistemi sul capo, preoccupandosi prima di scostargli alcune ciocche di capelli dalla fronte. Lo scruta per qualche secondo con un piccolo sorriso ricamato sulle labbra – Louis abbassa il capo per nascondere il rossore delle sue gote – prima che il tintinnio dei campanellini sopra la porta e l’ingresso di un nuovo cliente catturino la sua attenzione.
 
 
Louis, ormai incuriosito, passa dalla biblioteca appena dopo essere uscito dal negozio – e, questa volta, non ha nemmeno bisogno di Google Maps perché grazie tante gruppi di studio insieme ai colleghi d’università.
Prende in prestito una copia abbastanza vecchia e rovinata de ‘Il Linguaggio dei Fiori’ di Charlotte de Latouer (ignorando l’occhiata attonita che la bibliotecaria rivolge alla coroncina di fiori tra i suoi capelli) e, tornato finalmente a casa, si precipita dentro la sua stanza e inizia a sfogliarne con movimenti febbricitanti le pagine ingiallite e puzzolenti. I nomi dei fiori sono ordinati in ordine analfabetico, quindi Louis salta velocemente le altre sezioni senza degnarle di uno sguardo e passa subito alla lettera I.
Preme l’indice sulla pagina, facendo scorrere lesto lo sguardo sulla moltitudine di nomi elencanti, mordendosi poi il labbro inferiore quando i suoi occhi trovano quello che sta cercando.
Bastano pochi secondi per farlo arrossire di nuovo, sulle guance e sulla punta delle orecchie, mentre i battiti del suo cuore diventano più veloci perché il significato dell’Ibisco è quello di bellezza delicata e fugace, poiché dura soltanto dal mattino fino alla sera. Louis, incredulo, rilegge quelle poche righe ancora e ancora e ancora, finché è praticamente in grado di recitarle a memoria, poi stringe l’opuscolo contro il proprio petto tentando di soffocare l’enorme sorriso lusingato che cerca in tutti i modi di comparire sul suo viso.
Quella sera, durante la cena, mentre giocherella distrattamente con le sue patate lesse e fissa con espressione sognante una bottiglia di Pepsi mezza vuota senza in realtà vederla, sua madre gli chiede se ha incontrato qualche ragazzo carino che gli piace. Louis scuote la testa e scrolla le spalle, senza incrociare i suoi occhi curiosi, ma Lottie gli tira un calcio sullo stinco da sotto il tavolo, indica la coroncina di Ibischi che porta ancora tra i capelli e “Sei ridicolo” borbotta, con la sua solita punta di acidità tipica di ogni adolescente in combutta col mondo.
Louis non è certo sia un complimento – be’, ne è sicurissimo a dir la verità – ma sta pensando ad Harry e “Grazie” si lascia sfuggire stupidamente, guardando il piatto con il labbro inferiore tra i denti e il cuore che gli fluttua dentro il petto.
 
 
Louis decide di tornare al negozio il pomeriggio dopo; Harry lo accoglie con un sorriso enorme e le guance sporche di terriccio, poi indica con un cenno della mano l’uomo di mezza età a cui sta incartando una pianta e gli dice di raggiungerlo dietro il bancone e aspettarlo finché non riesce a liberarsi.
Quindi annuisce, sventola una mano in direzione di Niall che, in ginocchio davanti ad una pianta con il cellulare fermo tra la spalla e l’orecchio, un annaffiatoio in una mano e un paio di enormi cesoie nell’altra, lo saluta di rimando – Louis lo osserva inclinando lievemente la testa, segretamente strabiliato dalla sua capacità di multitasking.
Eventualmente, quindici minuti (non che Louis abbia controllato ripetutamente l’orologio appeso alla parete, certo che no) e tre clienti soddisfatti dopo, Harry lo raggiunge reggendo una tazza di tè fumante con latte e poco zucchero, proprio come piace a te che porge a Louis.
Il maglione grigio che indossa è di almeno tre taglie più grandi, le maniche arrivano a coprirgli interamente le mani, lo scollo lascia scoperte le sue clavicole e macchie d’inchiostro nero sul suo petto, i suoi ricci sono parzialmente nascosti da un berretto blu di lana, la fossetta sinistra fa capolino sulla guancia, l'altra ancora invisibile, e Louis vorrebbe affondarci l'indice dentro e poi abbracciarlo e stringerselo contro il petto e magari regalargli a sua volta un Ibisco e dirgli che è bello.
Ma, invece, gli sorride, un poco timido, e “Secondo te, si stacca mai da quel telefono?” domanda poi, indicando con un dito Niall.
Harry lancia un’occhiata veloce al biondo e poi torna a guardare Louis; ridacchia piano, si copre la bocca con una mano, si china a parlare dentro l’orecchio di Louis e “Sai mantenere un segreto?” bisbiglia. Louis annuisce, decidendo di ignorare la sensazione che il suo fiato caldo provoca sulla sua pelle.
“Conosci Zayn Malik?” Harry si ritrae velocemente per guardarlo negli occhi. Louis annuisce perché, insomma, a meno che tu non abbia vissuto gli ultimi tre anni della tua vita sotto un sasso, chi non conosce Zayn Malik?
E' uno dei più famosi cantanti r'n'b della scena musicale attuale, i suoi video musicali vengono trasmessi su MTV circa trenta volte al giorno, ha qualcosa come quindici milioni di followers su Twitter e un mucchio di awards in tasca (ed è piuttosto sicuro di aver visto un suo poster dove posa a petto nudo dentro l'armadio di Liam - che, tra l'altro, ha anche fatto una playlist con tutte le sue canzoni più famose che fa ascoltare a tutti fino alla nausea).
“Ecco,” riprende Harry in un sussurro, lanciando un’altra veloce occhiata a Niall, “Zayn è il suo fidanzato.”
Louis sgrana gli occhi, lo fissa ammutolito per qualche secondo, cercando sul suo viso un po’ da bambino qualcosa che gli suggerisca che lo stia prendendo in giro ma no, no, Harry è decisamente serio.
Boccheggia, sorpreso, ancora a corto di parole. Harry trattiene una risata mordendosi l’interno della guancia, sinceramente divertito dalla sua reazione.
“Sono— mmh, stanno insieme da tanto?” Riesce a sputar fuori dopo un po’, voltando appena la testa per lanciare un’occhiata a Niall da dietro la sua spalla. Stringe le dita intorno alla tazza di ceramica, torna a guardare Harry che sfodera un sorriso così luminoso che Louis pensa abbia bisogno di un paio d’occhiali da sole per guardarlo. Un sorriso del genere è difficile toglierselo dalla testa, Louis è piuttosto sicuro che se lo sognerà pure di notte.
“Stanno insieme da molto prima che Zayn diventasse famoso. Vedi, è stato Niall ad accompagnarlo ai provini di Xfactor. Zayn dice sempre che è il suo portafortuna.” Il viso di Harry è farcito da un’espressione affettuosa, delicata, mentre parla dei suoi amici – Louis, d’altra parte, deve reprimere l’istinto di spostare ripetutamente lo sguardo dai suoi occhi verdi alle sue labbra rosse e carnose, ma riesce comunque a sentire tutto quello che dice e a non distrarsi troppo, più o meno. “Ma adesso lui è sempre impegnato, in giro per il mondo, ed è difficile per Niall. Per non parlare di tutti quei pettegolezzi di cui parlano i giornali…be’, Zayn non può esattamente fare coming out, la sua carriera probabilmente finirebbe, quindi a volte deve far finta di uscire con delle ragazze e—” Harry si morde tristemente il labbro inferiore, “— Niall è qui, che può solo parlargli al telefono e far finta che vada tutto bene mentre tutti parlano di come il suo fidanzato si sia portato a letto qualcosa come dodici ragazze diverse in una sola notte.”  
Louis avvicina le labbra al bordo della tazza perché non sa cosa dire, perché gli dispiace, perché adesso capisce il motivo per cui Niall sembra vivere in simbiosi con il suo cellulare. Beve un piccolo sorso di tè, ormai tiepido, guardando Harry esalare un sospiro profondo.
“Mi dispiace,” pondera infine, appiattendosi con dita nervose la frangia sulla fronte. “Deve essere difficile.”
Harry annuisce. Rimangono in silenzio per un po’, l’unico rumore che interrompe i pensieri sparsi dentro le loro teste è il mormorio di Niall in lontananza; Louis lo guarda di sottecchi, spostando poi immediatamente lo sguardo quando intercetta quello curioso del riccio, arrossendo un po’ e ridacchiando piano dietro la sua tazza.
Louis continua a guardarlo, comunque, ma solo quando un nuovo cliente entra dentro il negozio e Harry si precipita ad aiutarlo; sbatte le ciglia, fissando il profilo di Harry, il naso dalla forma un po’ strana, il modo in cui i ricci che sfuggono da sotto il berretto gli cadono davanti agli occhi e la leggera curva del sedere che s’intravede da sotto il maglione largo. Per un attimo pensa che sarebbe meraviglioso premere lì i palmi delle sue mani, arrossisce a quel pensiero e distoglie velocemente lo sguardo.
Quando Harry torna da lui, ha in mano un sottile fusto con all’apice numerosi piccoli fiori di colore blu intenso. “Delphinium, volgarmente detto Speronella.” Lo informa, porgendoglielo con un sorriso.
Louis prende il fiore tra l’indice e il pollice, rigirandoselo un po’ tra le dita prima di sussurrare un “E’ bellissimo”.
Harry sorride – Louis pensa che non sarebbe male vivere dentro quelle fossette – e “Lo so” ribatte, senza staccare gli occhi dai suoi. Louis arrossisce, il cuore che gli batte più forte contro la cassa toracica, perché ha come l’impressione che Harry non stia affatto parlando del fiore.
 
 
(Ovviamente Louis, quel pomeriggio, seduto sul sedile dell’autobus diretto verso il ristorante dei Payne, con l’opuscolo aperto sulle sue ginocchia, ne cerca il significato: Cuore aperto, bell’anima, legge.
Trattiene un sorriso e guarda fuori dal finestrino.)
 
 
Andare da Chez Michèle ogni giorno diventa presto un’abitudine. Louis si ritrova, trepidante, a contare persino le ore che lo separano dall’odore pungente di fiori che riempie il piccolo negozietto, dagli occhi bellissimi e immensi, proprio da perdercisi dentro, e dal sorriso di Harry. Fortunatamente, però, Louis ha chissà come tirato fuori il coraggio di chiedere al riccio il suo numero di cellulare quindi è decisamente più semplice trascorrere le sue giornate lontano da Harry grazie ai suoi sms dall’impeccabile grammatica, i suoi fun facts sui fiori e i costanti aggiornamenti sulla situazione sentimentale di Niall.
Harry è divertente, gentile, affascinante, genuino, intelligente, bellissimo e tante altre cose belle - Louis pensa che probabilmente siano tutti un po’ innamorati di lui, anche quelli che non vorrebbero. A volte, mentre sono seduti dietro il bancone del negozio, circondati da decine di fiori colorati, e Harry sta raccontando qualche aneddoto divertente su questo o quell’altro cliente, Louis si perde un po’ tra le sue parole, fluttua leggero, la testa piena di pensieri confusi, incantato dal modo in cui muove le labbra, arriccia il naso, gesticola con le dita o scuote i ricci. Sussulta sempre quando Harry richiama la sua attenzione, arrossendo furiosamente e balbettando e comportandosi in generale come una stupida scolaretta alla prima cotta – ma non gli dispiace poi molto, comunque.
Il riccio continua a regalargli fiori, ovviamente, e Louis continua a cercarne emozionato il significato dentro l’opuscolo: un Gladiolo – forza di carattere – quando Louis gli racconta della sua famiglia, numerosa e complicata e con le orecchie agli angoli come una vecchia fotografia, dell’abbandono di suo padre, del secondo matrimonio di sua madre e del successivo divorzio; un Tulipano giallo – c’è il sole dentro il tuo sorriso - il giorno che Harry scivola sul pavimento bagnato e Louis non può fare a meno di ridere a crepapelle; un’Erica viola – ammirazione, bellezza – quando Louis parla di come stia lavorando per finanziarsi l’Università, del sogno di diventare un professore di teatro; l’Iris – buona fortuna – la mattina che Louis si precipita dentro il negozio, ansioso e nervoso e con la testa piena di nozioni e date storiche, prima dell’esame orale di Teatro Classico – Harry lo avvolge in un abbraccio per calmarlo, premendo le labbra chiuse contro la sua carotide mentre Louis si rannicchia sotto il suo mento, il viso schiacciato contro il suo maglione, aspirando a fondo il suo profumo.
 
 
Comincia progressivamente a crearsi una sottile ma assolutamente percepibile aria d’intimità tra loro, persino Niall se ne accorge, quando non è troppo occupato a chiacchierare al telefono con Zayn - e, diavolo, se ne rendono conto persino i clienti perché Harry e Louis si guardano e si sorridono e si sfiorano piano, ballandosi intorno come due amanti alle prime armi, ed è tutto così dolorosamente ovvio che qualcuno di tanto in tanto arrischia un “Siete davvero una coppia adorabile”, facendoli arrossire entrambi e scuotere la testa e ridere nervosamente.
Louis si sente uno stupido, sciocco, ragazzino che si stringe al petto i fiori che Harry gli regala ogni giorno, immergendo il naso tra i soffici petali, sospirando sognante. Mentre Harry è dietro il suo bancone pieno di disordine, con le mani impegnate con qualche composizione floreale, con i suoi maglioni larghi e i jeans strettissimi e un sorriso che riempie i polmoni di Louis di dolcezza e la testa di HarryHarryHarry.
 
 
“Ho letto da qualche parte che, secondo una leggenda celtica,” Louis solleva lo sguardo dal suo quaderno degli appunti – perché è più bello studiare circondato dai fiori e da Harry, piuttosto che chiuso dentro la sua stanza. Guarda il riccio con un sopracciglio alzato, incitandolo silenziosamente a continuare. Lui sorride, i gomiti poggiati sul bancone, le dita che giocherellano distrattamente con una margherita, “gli dei hanno creato le margherite per alleviare il dolore dei genitori dei bambini morti durante il parto,” continua poco dopo, tamburellandosi il fiore contro le labbra, “nel Medioevo, invece, i cavalieri innamorati le indossavano quando andavano in battaglia.”
Harry si scosta dal bancone, si avvicina alla sedia su cui è seduto Louis e curva leggermente la schiena per infilargli la margherita tra le ciocche dei suoi capelli, incastrandogliela dietro l’orecchio. Le dita del riccio, successivamente, scivolano delicatamente sulla sua guancia, fino al suo mento, alzandolo appena; si fissano in silenzio, occhi negli occhi – il fiato di Louis si spezza e, giura, per quanto cliché possa sembrare, il tempo sembra fermarsi in quell’istante. Harry si inumidisce il labbro inferiore con la punta della lingua, i loro nasi che quasi si sfiorano, i respiri caldi che s’infrangono sulle loro bocche, ma poi, poi, la porta del negozio si spalanca di colpo e Louis abbassa immediatamente lo sguardo, una spruzzata di rosso intenso sulle gote, mentre Harry sussulta e fa un salto all’indietro.
Sulla soglia, le suole degli stivali scuri che strofinano velocemente contro lo zerbino, c’è Zayn Malik, capelli neri modellati in un ciuffo scompigliato, una valigia in mano, un accenno di barba sul mento e gli occhi pesanti di chi non dorme da, più o meno, due giorni – ma pare comunque uscito dalla copertina di una rivista o da una passerella. “Niall?” chiede subito, salutando con un cenno del capo Harry.
Louis spalanca la bocca, gli occhi enormi, sbigottito. E be’, forse dovrebbe essere un tantino arrabbiato con lui per aver interrotto il suo quasi-bacio, ma non può fare a meno di urlare internamente perché, accidenti, si trova nella stessa stanza insieme a Zayn Malik – Liam lo invidierebbe da morire.
 
 
Niall arriva correndo dallo stanzino sul retro, urlando il nome di Zayn e un “Cosa ci fai qui? Avevi detto che non saresti venuto!” prima di saltargli addosso, le gambe avviluppate intorno ai suoi fianchi e il viso sepolto nell’incavo del suo collo.
Harry circonda il polso di Louis, lancia un’occhiata in direzione della porta e “Lasciamoli soli” mormora piano, slegando il grembiule verde e lasciandolo sul bancone. Louis annuisce, chiude il suo quaderno e lo ripone dentro la borsa a tracolla, poi si alza in piedi; Harry lo aspetta mentre indossa la giacca e poi si avviano entrambi verso la porta d’ingresso. Non parlano del loro quasi-bacio mentre camminano fianco a fianco sul marciapiede, le braccia che si sfiorano ad ogni passo, le mani che vorrebbero ma non possono; discutono di Niall e Zayn, piuttosto, del cielo nuvoloso e di quali corsi universitari Louis dovrà frequentare il giorno seguente.
Cercano di rimanere su un terreno neutrale, anche se il peso di quello che è (quasi) successo poco prima aleggia ancora intorno a loro.
Harry lo accompagna fino alla fermata dell’autobus, lo saluta con un abbraccio e “Cerca il significato della margherita, okay?” gli dice, sistemandogli meglio il fiore tra i capelli. Infila le mani dentro le tasche dei jeans stretti e gli lancia un sorriso, così luminoso che sembra una supernova,  prima di voltare le spalle.
Louis, quando Harry è ormai sparito dalla sua visuale, seduto sulla panchina mentre aspetta che arrivi il bus, apre dal cellulare una finestra di navigazione e googla il significato della margherita: purezza, innocenza, modestia, confessione d’amore.
 
Niall si prende un paio di giorni liberi, (“I miei potentissimi sensi da miglior-amico mi dicono che rimarrà avvinghiato come un koala al corpo di Zayn finché lui non riparte” dice Harry muovendo le sopracciglia in maniera maliziosamente suggestiva, facendolo ridere), lui, ovviamente, invece è lì al negozio, seduto sulla solita sedia di plastica che è ormai diventata sua – perché Harry ci ha scritto sopra, con un pennarello indelebile, ‘Louis’ con una faccina sorridente accanto – circondato da libri ed evidenziatori colorati, che sorseggia la sua tazza di tè mentre Harry spazza il pavimento, muovendo la testa e canticchiando tra sé.
Non hanno ancora parlato del loro quasi-bacio – Louis è davvero stufo di chiamarlo così –, tuttavia lo scomodo imbarazzo che ne è seguito è adesso praticamente scomparso, nonostante gli sguardi carichi di sottintesi che si rivolgono di nascosto e le parole ferme sulla punta della lingua.
“Credi che si metterà a piovere?” Louis lancia un’occhiata fuori dalla finestra, esalando un sospiro alla vista dei nuvoli grigi e minacciosi che riempiono il cielo e coprono fino all’ultimo raggio di sole. “Forse dovrei tornare a casa, non ho nemmeno un ombrello” pondera, tamburellandosi il mento con un dito.
Harry ridacchia. “Uscire di casa senza un ombrello ad Ottobre è stupido,” è quello che dice poi, scuotendo la testa. Louis arriccia le labbra, un’aria fintamente offesa sul volto.
“Io preferirei chiamarlo ottimismo, grazie tante” ribatte prontamente, alzando il mento. Il riccio poggia la scopa contro il muro, fa il giro del bancone e lo scimmiotta un po’, toccandogli con l’indice la punta del naso.
“Posso prestarti il mio ombrello,” offre, le due fossette che sbucano a salutare Louis, “oppure posso riaccompagnarti a casa. Ma dovrai aspettare che chiuda il negozio.”
Louis annuisce nervosamente, il viso di Harry ancora una volta vicinissimo, quelle labbra piene e rosse che somigliano tanto a boccioli di rosa ad un passo dalle sue. Sente improvvisamente caldo sotto il colletto del maglione. “C-come vuoi” balbetta, inciampando nelle sue stesse parole, cercando di non guardare troppo la bocca del ragazzo davanti a lui.
Harry sorride, l’aria di chi sa, di chi prova la stessa cosa e vorrebbe ma decide di aspettare.
“Chiuderò alle –” Harry s’interrompe un attimo per guardare il suo orologio da polso, “— mmh, tra quaranta minuti. Torna a studiare, ti preparerò un’altra tazza di tè.” Arruffa i capelli di Louis con un sorriso affettuoso ricamato sul viso e prende la tazza ormai vuota dalle sue mani, allontanandosi verso lo stanzino sul retro.
Louis lo guarda andare via, e se i suoi occhi cadono qualche volta di troppo sul suo adorabile e piccolo sedere, be’, nessuno deve necessariamente saperlo.
 
Una volta arrivati di fronte casa sua, sta praticamente diluviando. Harry scende frettolosamente dall’auto, le dita strette intorno al manico dell’ombrello, e gli apre la portiera come un vero gentiluomo. “Non voglio che ti bagni” si giustifica con una scrollata di spalle, aiutandolo a scendere.
Louis preme insieme le labbra in una linea, impedendosi di arrossire come una stupida ragazzina, e poggia le suole delle sue Vans sul marciapiede bagnato.
Harry allunga un braccio intorno alla sua vita, stringendo Louis contro il suo fianco, sollevando il braccio che regge l’ombrello in modo da riparare entrambi. Camminano premuti insieme, i passi perfettamente alternati, il calore dei loro corpi che s’intreccia, li riscalda, mentre la pioggia batte frenetica sull’asfalto.
“Controlla il tuo libro di Drammaturgia,” è quello che dice Harry mentre Louis apre il portoncino d’ingresso. “Potresti trovarci qualcosa dentro.”
Louis aggrotta leggermente la fronte e apre la bocca per chiedergli qualcosa cosa? ma ogni parola gli rimane bloccata dentro la gola perché Harry si china a baciargli una guancia infreddolita e poi se ne va, inciampando goffamente nei suoi stessi piedi rischiando di cadere dentro una pozzanghera.
Volta la testa, i ricci che sbucano da sotto il berretto ormai grondanti d’acqua, lanciandogli da dietro la spalla un sorriso imbarazzato, bofonchiando a metà voce qualcosa che somiglia a “Mia madre dice sempre che le mie gambe sembrano quelle di una baby giraffa” prima di rifugiarsi in macchina.
Louis rimane immobile sotto la tettoia finché non vede l’auto scomparire dalla sua visuale, poi corre verso la sua camera, tirando fuori il libro di Drammaturgia dalla tracolla ancora prima di arrivarci, e si butta sul letto, un sorriso eccitato sul volto.
C’è un sottile rametto con foglioline e fiori di colore giallo tra le pagine della sinossi del Dottor Faustus di Marlowe, accompagnato da un piccolo rettangolino bianco di carta con scritto “Fiore d’Acacia” che Harry deve averci messo approfittando di un suo attimo di distrazione.
Louis ha già letto, qualche sera prima, il suo significato – amore segreto -  quindi rotola sulla pancia e inizia ad urlare dentro il cuscino, scalciando freneticamente i piedi contro la coperta, chiedendosi quando esattamente la sua vita si sia trasformata in una commedia romantica.
 
 
Louis è probabilmente la persona con la più grande, immensa, cotta dell’intero Universo.
Passa l’intera notte a fissare il soffitto con un’espressione ebete, il rametto d’Acacia sopra il cuscino accanto alla sua testa, pensando e ripensando a quanto vorrebbe stringere la mano di Harry, scoprire finalmente la sensazione di far sprofondare le sue mani, più piccole, dentro quelle gigantesche di lui;
vorrebbe baciarlo – soprattutto baciarlo- sentire il suo fiato caldo sulle proprie labbra: baci veloci, baci lenti, baci sulla bocca, baci sulla guancia e sulla mascella, baci posati sopra il piccolo accenno di pancia che lo fa sentire così tanto insicuro di sé;
vorrebbe coccolarlo davanti alla televisione mentre stanno guardando una vecchio film in bianco e nero, o davanti ad un camino scoppiettante, in pieno inverno, e due tazze di cioccolata calda a riscaldar loro la gola.
Vorrebbe andarci al cinema e pomiciare nelle poltroncine dell’ultima fila senza prestare minimamente attenzione al film; vorrebbe spargere petali di rose sul letto, dormirci insieme, sentire la bocca di Harry mappare ogni centimetro del proprio corpo, le impronte dei suoi polpastrelli ovunque, sotto la luce fioca delle candele che disegna ombre rossastre sui lineamenti del suo viso.
Vorrebbe sentire la sua voce calda e dolce come il miele farsi strada dentro ogni vena del suo corpo; vorrebbe presentarlo a sua madre e alle sue sorelle – forse non a Lottie, tutta quella sua ribellione da teenager potrebbe spaventarlo - e vorrebbe anche conoscere la sua di famiglia e, magari un giorno, sposarlo e comprare una piccola casetta in campagna e avere cinque figli più un Golden Retriever e poi vivere felici e contenti per sempre, ecco.
Vorrebbe prendere tutte le cose belle che Harry possiede – i suoi occhi, i suoi ricci, le sue labbra rosse e così tante altre cose che non saprebbe nemmeno elencarle – e premerle come fiori d’Acacia tra le pagine della sua anima.
 
 
Louis poggia sul bancone lucido del negozio di fiori un ramoscello d’Ambrosia – perché sì, è ormai diventato un esperto in linguaggio dei fiori. Guarda timidamente Harry, un piccolo sorrisino si fa largo sul suo viso, le guance un po’ rosse dall’emozione, migliaia di farfalle che svolazzano dentro le sue costole.
Il riccio sbatte le palpebre, sorpreso. “Come— come sai che—?” Corruga la fronte, le sopracciglia che si uniscono.
“Ho fatto delle ricerche” Louis alza le spalle con aria vaga. Si morde il labbro inferiore in attesa che Harry faccia la prima mossa perché gliel’ha detto con un fiore: Amore Corrisposto e Louis adesso vuole il suo bacio, lo vuole terribilmente.
Harry scoppia a ridere, gli occhi lucidi e scintillanti, fa il giro del bancone e gli prende il viso tra le mani, schiacciandogli le guance e facendogli increspare le labbra prima di catturarle in un bacio. Louis ha appena il tempo di abbassare le palpebre, il cuore che batte veloce come le ali di una farfalla, il sangue che gli pompa nelle orecchie, ed è un po’ come se si fosse lanciato dall’Empire State Building senza paracadute, è come se Harry stesse lasciando parti di se stesso dentro di lui.
Il riccio gli apre facilmente le labbra con la punta della lingua, approfondendo il bacio e inclinando di poco la testa da un lato in un’angolazione migliore. I suoni umidi delle loro lingue che si accarezzano, gli sbuffi di fiato e piccoli gemiti che capitombolano fuori dalle loro bocche sono le uniche cose che spezzano il silenzio che li circonda finché, accidenti, i campanellini tintinnano e una cliente avvolta in una sciarpa verde entra dentro, interrompendoli con un colpo di tosse.
Harry fa un passo indietro, guadagnandosi un lamento di protesta da parte di Louis quando allontana la bocca dalla sua, ridacchia un po’, lanciando un’occhiata imbarazzata alla signora che li guarda con un sopracciglio alzato e “Posso esserle d’aiuto?” domanda, rizzando la schiena e cercando di assumere un’aria composta e professionale, nonostante le guance rosse e le labbra gonfie di baci.
Louis scoppia a ridere, premendosi i palmi di entrambe le mani sul volto. Be’, per lo meno stavolta sono stati interrotti dopo essersi baciati.
 
 
 
 


 
 
 
  
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