Prologo
La
pioggia ticchettava sulla finestra della camera con forza. Le gocce
scendevano
sul vetro come le lacrime scendevano sul suo volto.
Non
poteva essere vero. Non poteva essere successo.
Non
era successo nulla.
Entro
pochi secondi si sarebbe svegliata, e avrebbe trovato tutti e due
lì, con lei,
ad abbracciarla, a rassicurarla.
Sapeva
che però non era così.
Sapeva
che non sarebbero tornati, mai più. Batté con
forza il pugno contro il cuscino,
prima di metterci la sua testa sopra, per asciugare le lacrime e
soffocare i
suoi urli di disperazione.
Erano
morti. E non sarebbero
più tornati da
lei. Mai più.
Solo
dei fiori, poi tutto finito. Dei miseri fiori. Che non valevano neanche
la metà
dell’affetto che provava per i suoi genitori.
Cercò
di scacciare dalla mente l’immagine del poliziotto che
bussava a casa sua, che
le diceva dell’incidente, che l’abbracciava mentre
lei rigava le sue guance di
lacrime salate e lei che si asciugava alla divisa del poliziotto.
Basta.
Doveva essere forte. Non poteva cedere. Non adesso. Non adesso, che
sarebbe
potuta essere ammessa alla scuola più prestigiosa di tutta
l’Inghilterra. Doveva
essere contenta. Sii felice, sorridi,
Natalie, diceva a se stessa.
Ma
lo sapeva. Non sarebbe più stata felice. Mai più.
Fissò
il taglierino accanto a lei. Era color verde rame, la lama che
luccicava alla
fievole luce della lampadina, ancora sporco del liquido rosso.
Guardò le sue
braccia, graffiate, rosse, il sangue che colava.
Prese
un forte respiro, afferrò con la mano destra la lama del
piccolo oggetto e la
infilò nel suo avambraccio. Una smorfia di dolore ma allo
stesso tempo di
piacere comparve sul suo volto, le lacrime che sgorgavano dai suoi
occhi privi
di vita. Infilò il taglierino ancora più infondo
e squartò la pelle più forte
che poté. Si passò la lama su tutta la lunghezza
del suo braccio, fino a che,
stremata, non lasciò l’oggetto sul tappeto e si
sdraiò sul letto, il lenzuolo
che mano a mano si sporcava sempre di più di sangue. Era
senza forze. Guardò il
suo lavoro sul braccio. Si odiava. Aveva promesso a se stessa che non
l’avrebbe
più fatto.
Il
suo bracciò iniziò a impallidire. Stava perdendo
un sacco di sangue. Il lenzuolo
bianco stava diventando una pozza di sangue, il liquido rosso colava
sul
pavimento. Entro una decina di minuti, sua zia sarebbe arrivata per
portarla a
casa sua. Natalie pensò, prima di svenire, che avrebbe
dovuto fare una piccola
deviazione per l’ospedale.
SPAZIO
AUTRICE
Well
pepole, era da un po’ che
avevo in mente questa idea. La storia in verità è
vissuta in prima persona da
Niall, ma il prologo volevo che parlasse della situazione della ragazza
in
terza persona. Spero che questo primo “capitolo” vi
abbia incuriosito, io intanto mi sto mettendo d’impegno
per il primo capitolo effettivo. Non so se e’ venuto bene (non
intendevo… AHHHH…
PORCELLINI… LOL), MA
POSSO SPIEGARVI
TUTTO: HO
p.s.: In
questa storia ci sarANNO Larry e momenti Ziam, ma
nessun insulto per favore