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Autore: squizzz    26/03/2008    4 recensioni
Remus J. Lupin fissa la vecchia fotografia babbana che stringe nelle mani.
È racchiusa in una cornice marrone, semplice; le nocche di Remus sono bianche e contratte, le sue dita sottili premono contro il vetro.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' la prima volta che pubblico qualcosa qui, in EFP, e ad essere sincera è già tanto che sia riuscita a farlo, visto i miei rapporti non proprio amichevoli con i codici HTML.
Questa shottina, nata in un momento di sconvolgimento interiore, può essere intesa come slash, ma anche no, sta a voi. Io ho messo il pairing per sicurezza, e poi perchè nella mia
povera testolina bacata i due hanno una relazione che va al di là dell'amicizia, ma questi sono punti di vista.
Remus J. Lupin fissa la vecchia fotografia babbana che stringe nelle mani.
È racchiusa in una cornice marrone, semplice; le nocche di Remus sono bianche e contratte, le sue dita sottili premono contro il vetro.
Non sa spiegarsi come mai proprio quella foto ora stia lì, davanti ai suoi occhi, emersa da un cassetto dimenticato. O forse sì. Remus non sa mentire agli altri –Sirius lo ha sempre
detto, che è un libro aperto, Sirius sa- ma con se stesso ci riesce; sogni, illusioni, bugie si accumulano nel suo cuore, nell’effimera speranza di coprire il dolore che vi regna sovrano.

“Stai attento a non cadere!”
“Mamma, ormai sono grande, i grandi non cadono!” esclama con sufficienza il bambino, dall’alto dei suoi 5 anni.

I grandi cadono, invece. A volte si rialzano, a volte no. Remus lo sa bene, lui che è stato scaraventato a terra troppe volte, lui che si leva sempre in piedi ma ad un prezzo che è
stufo di pagare.

Il bimbo si siede sul davanzale della finestra, sotto lo sguardo attento di sua madre.
I suoi occhi scattano al cielo, lo scrutano, alla ricerca di qualcosa che non tarda a mostrarsi.
“Mamma, guardala!”
Deliziato, indica con un dito ancora paffuto la luna che si staglia bianca nel cielo scuro; è appena sorta, ma è già splendente e maestosa nella sua pienezza. Non ha mai visto niente
di più bello, e tutti i pensieri della sua mente fanciulla spariscono, spinti via con prepotenza dall’impellente desiderio di toccarla, di sfiorarla con quel dito proteso nella notte.
Rapido, un flash ruba un istante al tempo.
Il bambino si volta: sua madre stringe trionfante un’istantanea, la sventola allegra mentre aspetta che i contorni delle figure si definiscano. Dopo averla guardata per un minuto buono, si avvicina a suo figlio, ancora seduto sul davanzale.
Gli mette nella mano aperta la fotografia, e poi la copre, avvolgendo la mano del bambino con le sue.
“Trattala bene, Remus. Qui dentro ci sei tu” gli mormora.

Ora Remus fissa la foto, gli occhi aridi per le troppe lacrime che ha già speso.
Curioso – ingiusto, direbbe qualcuno -, come il destino si sia fatto beffe di lui.
Lo ha preso in giro fin dall’inizio, assieme a quella madre snaturata che ora lo guarda ogni mese, bianca e spietata, diventare un mostro.
Ironico, come decida di mostrarsi al massimo della sua bellezza a tutti, tranne che ai suoi figli. Loro possono fare affidamento solo sui ricordi, su vecchie foto consumate dal tempo
e da sguardi avidi.
Remus lascia cadere a terra la cornice e le mani gli si stringono in grembo, convulse; cocci di vetro infranto si spargono su quel momento rubato al passato, un bambino che ammirava assorto la luna, sognando solo di farsela amica e di portarla a casa con sè.
Remus non sa quanto tempo resta a guardare nel confortante, polveroso vuoto.
Dopo un minuto, un’ora, o un’eternità una mano forte e calda si posa sulla sua spalla, una bocca si avvicina al suo orecchio. Lui sa.
“Andiamo a dormire, Remus”






Note conclusive?
Niente paura, non starò qui a tediarvi con i miei vaneggiamenti.
Tuttavia, se voleste commentare, anche solo per lasciarmi degli insulti, vi sarei immensamente grata, e siate certi che vi darò una bella pacca virtuale sulla spalla.
  
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