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Autore: unfixablegirl    25/09/2013    1 recensioni
“Ci rivedremo domani notte come sempre, stesso posto, stessa ora.”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Safety



ad Ilaria (johnnyaddict su efp) la mia piccola stella
che mi è stata accanto nei momenti
più belli e più difficili della mia vita.



❀❀❀




Dea aveva sognato quel misterioso ragazzo riccio senza nome, con gli occhi di un verde marino estremamente profondo ogni notte dalla morte di suo padre.

Sognarlo sembrava l'unica cosa che la potesse far stare meglio, che nascondesse il suo dolore almeno durante la notte. Perchè infatti durante il giorno vividi apparivano i ricordi nella sua mente, ricordi di quel maledetto viaggio in macchina con suo padre verso il centro di Nashville, durante il quale lei ce l'aveva fatta e lui no. E di questo si sentiva tremendamente in colpa. Era infatti convinta che la colpa fosse esclusivamente sua, che suo padre non avrebbe perso la concentrazione sulla guida se non fosse stato per le continue insistenze della ragazza che tentava di strappargli il permesso per andare alla festa dell'amica. E Dea questo non riusciva a sopportarlo.

Quella mattina era infatti per il ventiduesimo giorno sola, emotivamente sola nel suo letto, con la consapevolezza che suo padre non sarebbe più tornato indietro.

“Ci rivedremo domani notte come sempre, stesso posto, stessa ora.” questa era stata la frase con cui il ragazzo riccio dei suoi sogni l'aveva salutata poche ore prima. E Dea gli credeva, ormai era rimasto solo lui, lui era l'unica persona di cui sentisse davvero di potersi fidare. Un ragazzo immaginario non era il massimo per la sua situazione, ma era quello che pensava le bastasse. Dea era infatti consapevole di stare cadendo in una profonda depressione, era certa che il riccio non potesse certamente aiutarla a venirne fuori e soprattutto sapeva benissimo che le serviva un vero aiuto. Ma non voleva. Desiderava che il ragazzo dei suoi sogni rimanesse l'unico a sapere di tutto questo, di questo casino che si era venuto a creare nella sua testa e nel suo cuore dopo quel fatidico evento. Era convinta che solo lui potesse proteggere i suoi sentimenti, che li avrebbe maneggiati con cura e non avrebbe mai detto nulla di storto; una cosa che infatti Dea odiava profondamente era la compassione, provocare pietà nella gente e sentirsi dire parole confortevoli. Non c'era nulla che nessuno potesse dire per farla stare meglio. Nessuno tranne Lui. Ma non le servivano parole particolari, le bastava soltanto il suono della sua voce, la sua perfetta e limpida ma allo stesso tempo roca e impura voce.

I pensieri di Dea vennero interrotti dagli urli insistenti della madre che la esortava ad alzarsi da letto per andare a scuola. Dea non voleva, voleva semplicemente dormire ed incontrarlo di nuovo, ma sapeva che sua madre non si sarebbe data pace finchè non avesse visto la figlia alzarsi e prepararsi per la scuola: quindi così fece.

Il tragitto verso la scuola era sempre il momento peggiore. Dea era solita percorrere la strada in macchina col padre, la scuola era infatti sulla stessa strada del suo ufficio. Così ogni mattina la sua mente viaggiava, ricordando i brevi momenti trascorsi col padre parlando di musica, di arte, di libri.

Lui e Dea erano veramente simili per molte cose.

Non riusciva nemmeno ad ascoltare più la musica. Quella era sempre stata l'unica cosa che l'aveva aiutata durante i suoi problemi e momenti di disagio da adolescente, ma adesso aveva assunto un ruolo distruttivo su di lei. 

Cara l'aveva chiamata numerose volte nelle ultime due settimane, per sapere come stesse, per offrirle un aiuto. I messaggi in segreteria che le aveva lasciato erano ormai innumerevoli. Dea li ascoltava tutti. Non è che non le rispondesse perchè non le importava di lei, semplicemente non aveva la forza di affrontare tutto questo.

“Dea sono io.. ancora. Senti, ti supplico, rispondimi. Voglio aiutarti. Possiamo superarlo insieme, un passo alla volta puoi farcela. Mi rendo conto che è difficile, ma voglio starti accanto, lasciamelo fare, per favore." L'ultimo messaggio nella segreteria.

Dea sapevache così stava ferendo i sentimenti della sua seconda metà, ma non poteva evitarlo, pur sapendo che respingendola in quel modo le avrebbe procurato un'enorme voragine nel cuore, in quello della persona che le era stata accanto ogni giorno dall'asilo, con cui aveva condiviso le esperienze più belle e più brutte della sua vita, la persona che la conosceva meglio di chiunque altro.

Osservava il vialetto alberato autunnale, con alberi ormai spogli, una distesa di foglie arancio, gialle e marroni ai lati della strada, il cielo grigio, le casette private a schiera ancora con le finestre chiuse.

Novembre era sempre stato in assoluto il suo mese preferito, proprio per questo gioco di colori assurdamente bello che creava la natura, ma di sicuro non quell'anno: adesso era semplicemente il mese più spento, lugubre, triste e tenebroso di tutti, il mese che le aveva portato via una parte di lei.

A questo proposito le venne in mente una frase che le aveva detto il riccio una delle notti passate: “Il tempo va avanti inesorabilmente, non permette a nulla di fermarlo, come un macigno in caduta libera da una collina. Dovresti farlo anche tu, Dea.” E lei ci stava provando, ci stava provando terribilmente, il problema era che non riusciva: il giorno era una tortura per lei.

Continuava a camminare con la borsa dei libri in spalla e lo sguardo fisso sul marciapiede che veniva colpito ad un ritmo lento di suoi piedi leggeri.

Ecco la scuola.

Mentre aspettava in cortile che le porte venissero aperte per permettere agli studenti di entrare, ogni giorno, la fissavano, come si fissa qualcuno che invece di essersi vestito pesante per il pungente freddo, indossava semplicemente una canotta e dei pantaloncini. Ormai non era più 'Dea: la ragazza spigliata, sempre allegra e socievole con tutti' adesso era diventata 'Dea: la ragazza a cui era morto il padre'. La gente sperava che lei non se ne accorgesse, ma invece ne era venuta a conoscenza e questa cosa la uccideva. Molti pensavano che fosse accaduta per colpa sua la morte del più famoso imprenditore di Nashville, altri credevano che fosse stato un incidente dettato dal fato, altri ancora semplicemente provavano compassione per la povera ragazza ora orfana di padre: compassione che lei detestava.

“La gente troverà sempre il modo di parlarti dietro, di affibbiarti colpa che non hai, insulsi soprannomi o riconoscimenti senza scopo, tu devi affrontare le situazioni a testa alta.” aveva detto il suo angelo personale. Lo sentiva così terribilmente vicino, anche se non era reale, lo sentiva accanto a se, proprio come se fosse a pochi metri e stesse ogni giorno ad osservarla vivere. Purtroppo non lo era, Dea lo sapeva.

Durante le lezioni fortunatamente la gente non faceva mai molto caso alla sua presenza o assenza: alcuni erano intenti ad ascoltare le parole dell'insegnante, altri a fare i cretini con gli amici. Dea era costantemente con gli occhi persi nel vuoto; la mente libera, quasi come trasportata in un'altra dimensione cosmica: la dimensione dei sentimenti non esistenti. Cara aveva sempre frequentato un solo corso con lei, quello di storia, ma da qualche giorno Dea non l'aveva più vista tra i banchi della classe: si era infatti fatta spostare nel corso di francese, non sopportava di stare nella classe della sua migliore amica senza poterle parlare. Qualche giorno era capitato che si incontrassero per caso nei corridoi, Cara aveva sempre cercato di iniziare una conversazione ma Dea dava risposte schiette, concise e poi salutava brevemente lasciando la la ragazza sconvolta. In ogni caso, le telefonate continuavano giorno per giorno, Cara non smetteva di tentare: venire ignorata per telefono le faceva meno male che nella vita reale.

Quel giorno era uno di quelli. Infatti uscita dalla classe di storia Dea non poté fare a meno di imbattersi in Cara. Un paio di sguardi perplessi e imbarazzati, e Cara iniziava: “Dea, ti prego, ti ho lasciato decine di messaggi negli ultimi due giorni. Voglio solo..” questa volta non l'aveva nemmeno lasciata finire con la scusa più banale di tutte: “Mi dispiace, devo andare, mia madre mi aspetta a casa” e si era dileguata velocemente, confondendosi tra la confusione generale del cambio d'ora. Cara, lasciata sola e impietrita per l'ennesima volta.

La scuola era troppo opprimente per Dea in questo momento, si sentiva soffocare tra le pareti di quell'edificio.

Dopo la fine delle lezioni, aveva appena iniziato a percorrere la strada verso casa quando dopo poco una lieve pioggia cominciò a battere sull'asfalto coperto dalle foglie. Lei adorava la pioggia, il dolce rumore delle gocce che si infrangevano sul suolo la tranquillizzava, per quanto possibile, era come se le liberasse la mente. Le passavano accanto macchine di genitori che erano venuti a prendere i figli a scuola; Dea si accorgeva perfettamente degli sguardi che le arrivavano, ma come aveva detto il suo ragazzo-angelo le situazioni vanno affrontate a testa alta, quindi fingeva di ignorare anche se nel profondo le faceva male.

Mancavano ormai poco più di sette ore prima che potesse incontrarlo di nuovo, già le era sembrata un'eternità. 

Quel ragazzo, fatto di una sostanza immaginaria, era ormai diventato la luce della sua vita, anche se faceva parte dell'oscurità.

Ricci capelli scuri, occhi verde acquamarina brillanti come pochi, viso angelico, labbra a cuore e sguardo comprensivo, profondo, rassicurante. Perchè era proprio la sicurezza che mancava a Dea. La sicurezza di un futuro che ormai le sembrava di aver perso. Era piuttosto contrastante l'idea di trovare sicurezza in un qualcosa di irreale come i sogni, ma per lei era proprio così, surreale e bellissimo.

Era solita andare al parco cittadino dopo la giornata di scuola, ormai non si preoccupava nemmeno più di studiare; ed ai professori andava bene così, non si attentavano a rimproverare una ragazza con il morale a pezzi come lei, forse in parte speravano che sarebbe stata solo questione di tempo, e lo sperava anche Dea.

Lo stradello infangato che portava al parchetto era deserto, come il parco stesso. Le piaceva sedersi su una panchina, guardare il cielo e il paesaggio nella sua solitudine.

La pioggia si stava facendo più fitta e battente, ma a lei non importava nemmeno di questo.

“La natura è incredibilmente viva. Può trasmettere allegria, tristezza, disagio, amarezza, qualsiasi sentimento ti procuri puoi stare certa che sarà sempre lì per te, pronta ad accogliere le tue emozioni.” ripensò alla frase del ragazzo dei sogni. Sembrava sempre sapere la cosa giusta da dire.

Si sedette sulla panchina ed iniziò a fissare il vuoto, aspettando che la natura le trasmettesse qualcosa, che le arrivasse un segno che la sua solitudine, depressione e senso di colpa erano giunti al termine. 

Ma nulla.

I castani capelli di Dea erano ormai completamente fradici, dopo un ora - o forse di più - sotto la pioggia, il cappotto sopportava le gocce non meglio della sua borsa, nella quale le pagine dei libri di scuola si stavano lentamente inumidendo, ma non le importava. Come ormai più di nulla.

Ad un certo punto il suo sguardo si focalizzo su una figura alta, slanciata, incappucciata. Camminava lentamente, a testa bassa. Dea non aveva ancora realizzato ma stava venendo proprio verso di lei. Normalmente sarebbe stata presa dal panico, ma cosa mai avrebbe potuto farle di peggio? Alla sua distruzione ci pensavano già i suoi sensi di colpa e le sue emozioni.

La figura maschile si avvicinava sempre più a passo costante, fino a trovarsi a meno di un metro da lei.

Egli alzò lievemente la testa, facendo incontrare i suoi occhi verdi con quelli grandi e celesti di Dea.

Non poteva essere...

Non doveva...

Era impossibile...

La mente di Dea iniziò a correre veloce, pensando a quando lui le aveva detto: “Io potrei essere reale, io sono reale. Se tu vuoi, potrò essere reale.” 

Non aveva pensato alla realtà, che questo sarebbe potuto accadere veramente.

Perchè non era oggettivamente possibile.

Cose del genere non accadono.

Mai.

Ma davanti a lei c'era la prova vivente, che adesso la guardava con uno sguardo perplesso, evidentemente ignaro di tutto.

“Ciao... Ehm... Ti ho vista qua, da sola... Ero sul ciglio della strada che camminavo e ti ho intravista tra gli alberi.” parlò con tono insicuro, labbra a cuore si muovevano dolcemente al suono di quella voce roca, splendidamente familiare e rassicurante.

Le loro iridi erano profondamente legate.

“Va.. tutto bene?” chiese lui.

Senza esitare, la risposta era una: “No” disse Dea in un sospiro, con espressione seria, persa.

Ormai era chiaro: la sua mente non si era accontentata dei sogni, alla sua psiche non bastavano più quelle poche ore di tregua dalle forti emozioni del giorno, quindi aveva prodotto nell'inconscio un espediente per dar vita alla sua unica fonte di sollievo anche durante il giorno.

Era un'allucinazione.

Dea fece cadere lo sguardo sul suolo infangato, osservando le gocce di pioggia accarezzare i fili d'erba sporchi di terra bagnata.

Il ragazzo era incerto su cosa fare, rimase immobile per poco prima di posare una mano sulla spalla della ragazza.

“Ehi.. posso aiutarti.” non era una domanda.

Dea non sapeva più nulla a quel punto.

L'unica cosa di cui era stata sicura fino a quel momento, era svanita, le sembrava di non saper nemmeno più distinguere la realtà dall'immaginazione.

Alzò lo sguardo per trovare gli occhi verdi preoccupati del ragazzo.

“Sei reale?” chiese lei affannosamente, in tono appena udibile.

Eppure quel contatto di poco prima era sembrato così vero, la mano sulla sua spalla era una realtà inconfutabile.

Il ragazzo si tolse il cappuccio, rivelando scompigliati capelli lievemente arricciati. Si chinò in ginocchio vicino a lei e le prese la mano tra le sue.

“Se tu vuoi che io lo sia, allora lo sarò” disse con sicurezza, trasmettendo il profondo significato di quelle parole dritto negli occhi di Dea.

La sua mente volava da un pensiero all'altro.

Perchè? Com'era successo? Era davvero reale? Oppure era semplicemente un prodotto della sua esasperata fantasia?

Con esitazione sollevò l'altra mano e la posò sul volto del ragazzo. 

Dea faticava a respirare ormai.

La sua pelle era morbida, umida per la pioggia, ma estremamente soffice. 

Lui con gli occhi chiusi assaporava il tocco dolce della bellissima e distrutta ragazza che aveva di fronte.

Più i secondi passavano più Dea assumeva che la situazione era troppo vivida e concreta per essere solo frutto di un'insana immaginazione.

Sfiorò con il pollice gli occhi del ragazzo per esortarlo ad aprirli e così lui fece, trovando l'insicuro sguardo di Dea fisso sul suo viso.

“Non sai nemmeno quanto voglio che tu lo sia..” mormorò Dea, spostando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.

Il ragazzo era decisamente ignaro di tutto quello che stesse succedendo, ma non gli passava indifferente la sensazione bruciante nel petto che avvertiva guardandola; sapeva di esserle legato.

La scarica elettrica che scorreva tra quei due corpi era di un'intensità sconvolgente, entrambi la avvertivano perfettamente.

Le iridi di Dea viaggiarono di nuovo verso il viso angelico del ragazzo, che la guardava incantato, determinato.

A quel punto Dea capì che era stato suo padre a mandarle un segno.

Non la natura.

L'anima di suo padre aveva prodotto questa figura che aveva assunto il ruolo di salvatore dell'anima di sua figlia.

Era tutto reale quindi.

“Sono Harry” sussurrò lui.

e tutto per Dea riacquistò finalmente un senso.




❀❀❀





lei è la mia Dea


 


Okay, premetto che è la mia prima volta in questo campo, non ho mai scritto nulla su efp, quindi perdonatemi alcuni erroracci ma, ripeto, non sono proprio esperta.
L'ideazione di questa one shot è venuta come un'idea lampo, non so come spiegarlo. Ho semplicemente pensato che sarebbe stato bello scriverne una su questo tema che mi era venuto in mente appunto in sogno e, mettendomi al pc, le dita si sono mosse praticamente da sole. hahah :)
Spero davvero che vi sia piaciuta, ci ho inserito molto di me stessa.
Mi farebbe inoltre molto piacere se lasciaste una recensione, sono alle prime armi quindi sarebbero utili per migliorarmi.
Non so cos'altro dire,
grazie per aver letto.
Un bacio a tutti.
Beatrice

 

  
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