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Autore: Ram92    25/09/2013    2 recensioni
Una storia sulla famiglia Lupin, piena di paure e speranze, durante la II Guerra magica.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Lum…oh..dov’è la bacchetta..?
- Tranquilla, Dora, vado io.
- E’ Tonks, Remus, Tonks… - mugugnò la ragazza riaddormentandosi all’istante.
Remus sorrise impercettibilmente.

Teddy piangeva disperato. Il pannolino era a posto, Remus provò a tentarlo nuovamente con il latte massaggiandosi una tempia con la mano libera e chiedendosi se avrebbe potuto funzionare un muffliato anche sulle sue orecchie.
- Cos’è che vuoi? – sussurrò al piccolo interrogando il colore dei suoi capelli che variava rapidamente dal nero al castano scuro al viola. – Ti senti triste? Hai fatto un brutto sogno? Hai sognato che la mamma ti faceva cadere inciampando su qualche mobile di nonna Andromeda?
Come tutta risposta Teddy riprese a piangere. Remus sospirò e lo prese in braccio provando a cullarlo come meglio poteva. Con Harry funzionava, Lily era bravissima in questo genere di cose… No. Non voleva pensare a loro, non adesso. Remus cominciò a misurare nervosamente la piccola stanza a grandi passi. Gli stanchi occhi ambrati si posarono sull’antica libreria in noce. E lo vide, la salvezza.
- Vediamo se mi somigli come sostiene tua madre. – mormorò allungando una mano.

Remus fece scivolare con cautela il bimbo nel lettino a sbarre, ancora troppo grande per lui, ed evocò una sedia per se’.  Il libro era completamente ricoperto di polvere. Il mago passò la mano sulla vecchia rilegatura in pelle e non poté fare a meno di apprezzare la bellezza del volume. La copia che sua madre gli leggeva da piccolo non era altrettanto preziosa. Si schiarì la gola, e lesse.
- C’erano una volta tre fratelli…

Il cielo era buio e l’unica luce che trapelava dalle nuvole pesanti era di un verde intenso, e sapeva di morte.
Davanti a lui, nel vento che turbinava tutto intorno, una sola figura osava sfidare le tenebre. Era poco più di un’ombra tra gli alberi, ma Remus lo riconobbe subito, suo fratello, i capelli scarmigliati al vento e gli occhiali perennemente fuori posto, lo avrebbe riconosciuto sempre, anche nella notte più buia. Si strinse forte il Mantello al petto e corse verso di lui, là dove l’oscurità si faceva più spessa e profonda. I loro occhi si incontrarono, ambra e castagno, e il suo sguardo sorrise. Non aveva paura. E poi fu un istante. La sua bacchetta sprigionò improvvisamente una luce accecante, la più intensa di tutte, che squarciò le tenebre e fermò il vento, per un solo istante.
- James!
Tutto era buio di nuovo. Con un’ultima scintilla, la pesante bacchetta cadde a terra, la cenere si sparse sull’erba. E il vento riprese a soffiare più potente di prima. Remus soffocò un singhiozzo e si mise a correre, più forte che poteva, inciampando sugli sterpi e imprecando nel vento. Il bosco si infittiva fino a soffocarlo.
Lontano, oltre il sentiero, scorse una flebile luce azzurra e uno spazio tra gli alberi. Corse, senza perdere un attimo, corse verso quella luce che prometteva speranza.
Un uomo sedeva al centro della radura, silenzioso e solo, incantato dalle decine e decine di fantasmi che gli vorticavano attorno. Risate lontane, ormai dimenticate, parevano riecheggiare di nuovo nel silenzio lugubre. Remus cadde in ginocchio. Davanti a lui, l’uomo rimase immobile, seduto a gambe incrociate come un bambino. Lunghi riccioli neri ricadevano sulle ampie spalle coperte da uno di quegli eleganti mantelli che un tempo Remus gli aveva invidiato. Se ne stava fermo, con il naso all’insù, incapace di distogliere lo sguardo, un sorriso gli illuminava gli occhi stanchi e gonfi.  Attorno a lui le ombre si facevano sempre più luminose e vicine, e gli porsero la mano.
- No! – gridò Remus.
Improvvisamente i lunghi rami alle sue spalle lo afferrarono trascinandolo indietro, strappandogli vesti e capelli, come le catene nelle notti di Luna Piena, e un dolore intenso al petto, più forte di ogni altro mai provato,gli tolse il fiato. I lunghi riccioli si scostarono per un ultimo sguardo, un ultimo sorriso, un ultimo lampo azzurro nella notte.
- Sirius!
Il bosco si richiuse su di lui. I rami si ritirarono e Remus cadde a terra con un tonfo. Gli tremavano le gambe, non era sicuro di riuscire a rialzarsi. Un raggio di luce gli sfiorò leggermente il volto, costringendolo ad alzare lo sguardo. Quella luce era… la luce del sole.
Ricacciò indietro le lacrime e si costrinse a rimettersi in piedi. Stringendo forte il Mantello che lo proteggeva dai rovi, dagli sterpi e dal freddo, camminò reggendosi ai tronchi degli alberi, verso quella luce, verso quella promessa di pace e bellezza.
A poco a poco gli alberi scomparvero attorno a lui, lasciando a spazio ad un grande prato pieno di fiori e farfalle. Remus si lasciò cadere a terra e rimase immobile, ad occhi chiusi, a godersi il calore del sole sulla pelle.
Fu il suono di una risata che lo fece riscuotere, una risata dolce e i suoni cantilenanti di una filastrocca. Una giovane donna dai capelli del colore dei fiori in primavera cantava per il suo bimbo. Remus si alzò di nuovo. Lasciò che il Mantello che aveva sulle spalle gli scivolasse di dosso e andò verso di loro.
La donna alzò lo sguardo sul bosco che si avvicinava minaccioso. Lui le sorrise e le porse il Mantello.
- Non devi preoccuparti.- disse. – Ho fatto un patto con la Morte, mettilo e sarete al sicuro.
Si voltò ancora, il buio era proprio sopra di loro.
- Remus! – gridò la donna.

- Mettilo!
- Remus! – lo chiamò ancora. – Remus, svegliati, è tardi!

Remus Lupin si svegliò in un bagno di sudore e si strappò furiosamente la coperta da sopra le spalle. Sua moglie lo guardava incuriosita e il piccolo Teddy pareva ridersela tra le sue braccia.
- Ti senti bene? – gli chiese aggrottando un sopracciglio. – Sembra che tu abbia visto un Molliccio.
Lui si guardò intorno, poi guardò Tonks e il bambino e infine sorrise.
- E’ stato… è stato solo un brutto sogno… - mormorò.


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- Dora dovresti riposare.
- Non dire sciocchezze, come posso rimanermene a letto in un momento come questo?
Remus sospirò, scuotendo la testa.
- Ne abbiamo già parlato. Teddy ha bisogno di almeno uno di noi e tu, nel tuo stato, non puoi certo combattere.
- Il mio stato va benissimo, sei solo tu che sei uno stupido lupo iper-protettivo. E poi Teddy non ha bisogno di uno di noi, ma di entrambi. Nessun altro tranne Voldemort deve morire in questa stupida guerra, ma soprattutto non tu.
- Dora…
- E smettila di chiamarmi così!

Remus si richiuse piano la porta alle spalle, cercando di non far rumore.
Non era stato facile convincerla, ma alla fine pensava di esserci riuscito. Sperava solo che non facesse una delle sue stupide sciocchezze.
Rimaneva poco tempo ormai, la guerra stava per cominciare e doveva sbrigarsi. C’era solo un’ultima cosa che doveva fare.
Aprì la porta della cameretta di Teddy con grande cautela. Il bimbo dormiva profondamente in quel lettino che iniziava a non sembrare poi così grande. Remus non poté fare a meno di sorridere. I capelli del piccolo cambiavano colore seguendo il ritmo dei suoi sogni e suo padre si chiese cosa mai potevano vedere quei piccoli occhi così spesso simili ai suoi.
Si sedette accanto al lettino, un vecchio quaderno tra le mani.
- Voglio leggerti una cosa, Teddy. – mormorò. – E’ il mio piccolo regalo, forse un giorno lo troveremo sciocco leggendolo insieme. Forse.
Impedì ad una lacrima di bagnare le pagine consumate.


                                                                                              XXXXX

Harry aveva sentito di doverlo fare, di essere lui ad annunciare ad Andromeda che… Però era stato troppo difficile rimanerle accanto. Adesso era Hermione che si occupava di lei, in cucina, con Ron che non osava nemmeno muoversi. Lui, Harry, era scappato. Non aveva potuto farne a meno.
Come non poteva fare a meno adesso di camminare nervosamente, avanti e indietro, su quel pianerottolo. Dietro quella porta, di fronte a lui, un piccolo orfano della guerra dormiva ancora profondamente, senza sapere che al suo risveglio non ci sarebbero stati mai più mamma e papà, senza sapere che…
Harry cercò di non pensarci. Mise la mano sulla maniglia e, cercando di non fare rumore, spinse la pesante porta di legno.
Nella piccola camera le tende lasciavano filtrare le luci del giorno e nella penombra, Harry riuscì a vedere il petto del suo figlioccio sollevarsi ad intervalli regolari, un sorriso sulla piccola faccia e i ciuffi di capelli che a momenti sembravano quasi brillare di luce propria. Harry sospirò e sentì un nodo in fondo allo stomaco sciogliersi improvvisamente. Le lacrime gli rigarono silenziose il viso. Fece per sedersi sulla sedia accanto al lettino, ma solo in quel momento notò che c’era qualcosa sopra.
Harry aguzzò la vista e scorse un libriccino consumato e, sotto, una specie di coperta colorata. Incuriosito la prese in mano e la aprì cercando di indovinarne la forma che sembrava quanto mai irregolare. In quel momento, vide un pezzo di pergamena cadere a terra. Harry la raccolse, andò vicino alla finestra, riconobbe la calligrafia sgangherata di Tonks.

 “Tuo padre non lo sa, ma ho letto la favola che ha scritto per te mille e mille volte. Anche io ho il mio regalo. Non sarà un Mantello all’ultima moda, ma del resto nemmeno quello della storia lo è, non è così? Mettilo tutte le volte che hai paura, che hai freddo o che ci vorrai vicini. Io non so se io e tuo padre torneremo da questa guerra, Teddy, ma tu devi vivere per tutti noi. E devi essere felice. Spero che questo Mantello possa aiutarti.
Ti voglio bene, Mamma.”

Harry tornò velocemente alla sedia, riponendo con delicatezza il Mantello e la Pergamena, e prendendo in mano il vecchio quaderno consumato, con pochissime pagine rimaste. E lesse.

“ C’erano una volta tre fratelli, James, Sirius e Remus, che un giorno, vagando come giovani e folli avventurieri nelle notti della Foresta Nera, incontrarono…”
  
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