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Autore: meiousetsuna    25/09/2013    7 recensioni
Cosa succederebbe nel selvaggio West se uno sceriffo poco adatto a combattere il crimine si trovasse coinvolto nelle classiche avventure dei migliori spaghetti-western?
Stareste leggendo questa storia!
La Bella del saloon, o la Balla di fieno?
Cowboy o Indiani?
Chiunque siano i vostri preferiti li troverete qui, speranzosi di farvi compagnia per la durata di questa one-shot!
Dal testo: “Così, con andatura indolente mosse alcuni passi verso un porticato, sul quale facevano mostra di sé gli avvisi di cattura riservati ai cacciatori di taglie. Il primo manifesto ritraeva un uomo con un occhio di vetro, una mano di ferro e una gamba di legno e recava questa dicitura: “Il bandito Caramba/sembra scemo invece è in gamba! 100$ per chi lo avvisterà, è difficilissimo da riconoscere”. Il secondo raffigurava un indiano dalla grinta invero temibile, la pittura di guerra di un tono acceso di rosa su entrambi gli zigomi e un’accetta affilatissima in mano. “Da Vento nei Capelli, taglio, messa in piega e barba 1$ e 50 Cents. Parrucche naturali a prezzi modici”.
Kiss-kiss, Bang-bang, vostra Setsuna!
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Genere Comico
Sottogenere: Spaghetti Western
Paring: : Het, Slash
Rating: Giallo
Avvertimenti: Come tutti i western famosi, il periodo dell’ambientazione è all’incirca la fine del 19° secolo
N.d.A   importantissima  = Essendo una parodia di film dagli anni ’50 ai ’70 mi troverò ad usare tipiche espressioni “contro” i nativi americani, veri aventi diritto al loro territorio! Sarà un’imitazione della visione “alla John Wayne”, che giustificava la parte dei coloni. Niente altro!


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La ferrovia si snodava lenta e imponente nel territorio desertico che l’aveva vista nascere, svilupparsi e divenire il cuore pulsante dell’economia delle città che avevano l’indubbio onore di essere i due capolinea.
Che si snodasse velocemente sarebbe stato comunque improbabile, vista la natura piuttosto statica delle barre di ferro e in quanto a imponenza, con i suoi nove chilometri e seicentocinquanta metri poteva vantare il terzo percorso più lungo del Texas, realizzato in soli vent’anni: c’era di che andare fieri!
Un’insolita quantità di balle di fieno rotolava pigramente sospinta da un vento dal calore soffocante, chiamato ‘Spazzola & Phon’, accompagnandosi al passo di una giumenta stanca e un tantino depressa; essendo una creatura dignitosa, trovava imbarazzante essere osservata, sia pure da lucertole e cani selvatici, mentre il suo proprietario la cavalcava al contrario, avendo allacciato la sella capovolta…
Montgomery Marion Beauregard Houston(1) - che se avesse avuto amici sarebbe stato detto ‘Monty’ - l’ex sceriffo di Rock Sipper,(2) era stato licenziato dal suo ruolo su due piedi e senza possibilità di replica.
Già aveva rischiato il posto una prima volta quando aveva involontariamente favorito la fuga di tre rapinatori, che dopo aver messo a segno un grosso colpo nel Monte dei Boschi della Iena - un celebre Istituto di Credito locale – erano praticamente andati a sbattere contro il tutore della legge.
Dopo un attimo di panico l’avevano riconosciuto e avevano nascosto prontamente i sacchetti con l’oro trafugato nelle camicie, parlandogli in falsetto con voci concitate.
Fu così che quei brutti ceffi apparvero al povero Montgomery tre procacissime damigelle in difficoltà, inseguite da malintenzionati, nella sua città, in pieno giorno!


Dopo averli aiutati a salire sulle loro cavalcature, pensò bene di sparare contro gli inseguitori con ambedue le pistole che portava nel cinturone, fortunatamente senza ferire nessuno: e sì, perché l’ex sceriffo aveva un difettuccio che lo affliggeva dalla nascita.
Uno dei suoi occhioni più azzurri del cielo terso in estate guardava fisso in basso a sinistra, l’altro in alto a destra; inoltre era piuttosto miope per non menzionare che gli mancavano alcuni gradi di vista, il che non lo rendeva esattamente un tiratore scelto!
Il problema era che fin da bambino non aveva manifestato altro desiderio all’infuori di quello di combattere il crimine e i suoi genitori non avevano avuto il cuore di spiegargli che sarebbe stato impossibile; il piccolo poteva essere molto cocciuto quando voleva.
Alla fine dimostrò di aver ragione quando grazie alla sua fama di ragazzo integerrimo, il Sindaco di Rock Sipper corse il rischio e gli consegnò la stelletta d’oro in una sentita cerimonia alla quale parteciparono tutti i trentasette abitanti del paese.
La mamma del giovane Montgomery piangeva di commozione - gli altri per motivi differenti - quando il neo sceriffo strinse la mano con entusiasmo al manichino del negozio di cappelli e cinturoni, diede una pacca confidenziale all’anziana moglie del droghiere scambiandola per la zia Henrietta e per festeggiare sparò un colpo a salve, ma non in aria come supponeva, bensì nel centro del cappello del suo aiutante.
Il vice sceriffo Clint Westforest(3) cercò di presentare subito le dimissioni, tenendo alla sua pellaccia molto più che allo stipendio, ma non trovò modo di farsi ascoltare e con suo rammarico, per non dire paura, si trovò coinvolto in una serie di situazioni rocambolesche, finché una bella sera finì arrestato al posto di un trafficante d’armi dell’esercito.
Il secondino non credeva ai suoi occhi – ma conosceva bene quelli di Monty – mentre assisteva all’incredibile scena del ragazzo ammanettato e trascinato nella stessa cella di Butcher ‘Bloody’ Black, un abituale frequentatore del penitenziario locale.
Il mattino successivo, quando l’equivoco fu chiarito, il povero Clint aveva ormai su una spalla un intaglio a forma di cuore con tre ‘B’ al centro e dovettero sforzarsi in due per strapparlo dalle zampe del villoso Butcher, che dormiva tenendolo abbracciato in un'affettuosa presa dell’orso.(4)
In seguito a questo ignominioso episodio lo sceriffo non poté fare altro che riconsegnare la stella e partire in cerca di fortuna, dovendo ritenersi fortunato se al suo grave errore non era seguita una denuncia.
Sarà perché Clint era davvero di animo buono, sarà perché da quel giorno si era recato ogni mattina a portare a Butcher la crostata di ciliegie, la biancheria lavata e stirata e a intrattenerlo cantando per lui “My darlin’ Clementine” facendolo piangere come una fontana, il giovane aveva ricusato di muovere qualsivoglia accusa.


La famiglia dell’ex sceriffo organizzò una colletta, comperando alla fiera annuale una bellissima cavallina pezzata di nero che Montgomery chiamò Mary, come la sua fidanzatina d’infanzia che non aveva mai saputo di esserlo, visto che le caramelle e i mazzetti di fiori a lei destinati erano puntualmente consegnati a qualsiasi bambino del vicinato con i capelli un po’ lunghi.
Così un bel mattino i due - che, ripeto, se avessero avuto amici tra umani o animali, sarebbero stati chiamati Mary e Monty – presero la loro strada, che era ovviamente opposta a quella scelta teoricamente dal ragazzo.
Niente verdeggianti pascoli del nord, bensì la temperatura rovente della pericolosissima zona che portava verso lo stato del Messico, terra di banditi, tribù indiane sanguinarie e ogni specie di reietti della società!
Dopo un percorso che ai nostri eroi apparve estenuante, visto che malgrado la distanza non fosse eccessiva Monty la trasformò in un percorso a zig-zag, un doppio cartello in legno corroso dai più grossi tarli mai visti a memoria d’uomo – o da numerosi fori di proiettile, ma restava da stabilirsi - si parò davanti al loro cammino.
‘Benvenuti a El Paso Doble!(5) Popolazione 1200 874 abitanti ad oggi Venerdì 13. Il saloon è dritto di fronte a voi’. La scritta più piccola, dipinta su una freccia a forma di bara indicava: ‘Per il falegname girate a sinistra’.
Monty si aggiustò gli spessi occhiali a fondo di bottiglia.
“Che buontemponi, vero Mary? Non esiste una città di addirittura un milione duecentomila ottocentosettantaquattro abitanti! In compenso quella freccia a forma di letto ti mostra la via per la zona degli alberghi, devono ospitare molti viaggiatori da queste parti”.
La giumenta non sapeva di certo leggere, ma le bastò notare che quella che da lontano pareva una pietra tondeggiante che fungeva da base per il cartello era in realtà un teschio sogghignante, trapassato da un orecchio all’altro da una freccia Apache; inoltre la sagoma della cassa da morto era più che identificabile, secondo lei.


Però dovette rassegnarsi, procedendo col suo cavaliere, finché al loro ingresso nella via principale della città furono accolti da uno scroscio di risa incontenibili proveniente da ogni uomo, donna e bambino che passava in quel momento: i piccoli si azzardarono a bersagliarli con palline di legno tirate con le cerbottane, gli adulti correvano nelle botteghe a chiamare gli amici per assistere a quella pagliacciata gratuita.
“Ci festeggiano, hai visto Mary? La ragazze ci tirano addirittura petali di fiori… certo sono un po’ bassine e questi fiori pesano, vero? Coraggio, rendiamo memorabile questo giorno!”
Il giovane scese di sella in modo maldestro, passando le briglie intorno al collo di una Dama dell’Esercito della Salvezza, il cui mento decisamente allungato lo convinse di avere di fronte il musetto di Mary.
“Forza bella mia, stasera dormirai comoda, così domani sarai fresca quando ti monterò di nuovo!”
Gli unici rumori che si udirono nel raggio del territorio urbano furono il pesante tonfo dell’anziana signora che cadeva a terra svenuta e il fruscio di una balla di fieno più esibizionista delle altre che non rinunciava a passare in tutte le inquadrature possibili.
“Hey, gringo(6) nessuno viene qui ad insultare le nostre donne!”
Montgomery non capì assolutamente il motivo di quelle parole scortesi e pensò bene di darsi un’aria da duro prima di rispondere: non a caso era un ex sceriffo!
Così, con andatura indolente mosse alcuni passi verso un porticato, sul quale facevano mostra di sé gli avvisi di cattura riservati ai cacciatori di taglie.


Il primo manifesto ritraeva un uomo con un occhio di vetro, una mano di ferro e una gamba di legno e recava questa dicitura: “Il bandito Caramba/sembra scemo invece è in gamba! 100$ per chi lo avvisterà, è difficilissimo da riconoscere”.
Il secondo raffigurava un indiano dalla grinta invero temibile, la pittura di guerra di un tono acceso di rosa su entrambi gli zigomi e un’accetta affilatissima in mano.
“Da Vento nei Capelli,(7) taglio, messa in piega e barba 1$ e 50 Cents. Parrucche naturali a prezzi modici”.
Il terzo spiccava occupando comodamente il centro della lunga parete dell’edificio, come se gli altri poster si fossero scollati da soli per lasciargli il posto d’onore.
Un uomo né bello né brutto, dalla zazzera rossiccia e una barba così ispida, ma così ispida che era cresciuta persino sulla carta, forandola, guardava fiero di fronte a sé.
L’avviso era scritto in bella grafia, con quello che si sarebbe detto sangue umano.
“Si prega cortesemente il rapinatore pluriomicida Chuck Borris(8) di volersi recare dalle autorità quando più gli aggrada: gli saranno subito consegnati 1000$ per il cadavere di ogni rappresentante della legge che aveva osato disturbarlo nell’esercizio delle sue attività commerciali”.
Se Montgomery fosse stato vagamente cosciente di quello che stava facendo, si sarebbe guardato bene dall’affrontare il cow-boy che l’aveva maltrattato, che altri non era che il personaggio del ritratto…
Invece, con fredda calma, usò la barba cartacea per accendersi uno zolfanello, credendo di portarlo verso l’estremità di quello che doveva essere un Avana di prima qualità, mentre con la destra impugnava la pistola puntandola contro l’opponente.
Fu così che gli increduli abitanti di El Paso Doble assistettero ad una prova di coraggio da raccontare per almeno tre generazioni.
Quel ragazzino che puzzava ancora di latte aveva avvicinato il fuoco alla polvere da sparo direttamente dalla canna della Colt, tenendola in bocca in segno di estremo sprezzo del pericolo, mentre con un tiro precisissimo aveva otturato la pistola di Chuck lanciandoci un sigaro!
Il colpo partì, ma troppo tardi, ottenendo solo di disperdere in aria pezzi di tabacco.
“OHHHHH!!!”
Si sentì pronunciare aspirando chilometri cubi d’aria da tutti i Pasodoblesi. (Quelli molto benestanti erano noti come Pasodobloni.)


Diedero tempo a Chuck di girare sui talloni, scortato da due balle di fieno a destra e sinistra per non rischiare che ci ripensasse, ma quando i suoi speroni lasciarono l’ultimo solco arato perfettamente coltivabile lungo il confine cittadino, la gioia popolare esplose.
“Viva il nuovo sceriffo! Viva… come ti chiami figliolo?”  Chiesero in molti.
“Montgomery Marion Beauregard Huston”.
“Viva Monty!”(9)
Fu così che dopo averlo lanciato in aria varie volte unitamente ai loro cappelli, i nuovi concittadini del nostro eroe lo portarono in trionfo nel saloon locale, un posticino davvero poco raccomandabile; difatti le signore si fermarono sulla soglia, borbottando improperi contro chi permetteva a posti come quello di aprire, rovinando intere famiglie.
In effetti l’atmosfera non era delle migliori: in confronto al pavimento ricoperto da uno spesso strato di tabacco ciccato(10) le sputacchiere apparivano talmente linde da essere utilizzate come ciotole per il pop-corn, mentre il fumo era così spesso e fitto da costringere i baristi ad accendere dei lumi a gas per indicare i punti principali del locale, che era chiamato profeticamente ‘L’Ultima Frontiera’.
In apparenza il nome era romantico, ma la verità era che chi si avventurava al suo interno per trascorrervi una notte, faceva spesso testamento presso l’unico notaio reperibile; i più maligni asserivano che il losco figuro dai ragguardevoli baffoni unti, altri non fosse che lo stesso titolare della bettola, tale Julian Jewel(11) travestito da leguleio grazie ad una parruccona infarinata e alcuni polverosi testi in latino - lingua inaccessibile ai suoi clienti - ai quali propinava dei discorsi pomposi infarciti di citazioni come ‘cave canem’ e ‘alea iacta est’.
I malcapitati si guardavano bene dal metterle in discussione, pagando con monete sonanti che assai poco finemente il supposto notaio controllava mordendole con i canini; questa pratica aveva i suoi risvolti negativi, visto che parecchi denti erano ricostruiti nel nobile metallo.
Qualche giorno si accontentava, a volte chiedeva molti dollari in più,** poi vergate due scartoffie li mandava via tutti soddisfatti.


Tra le nebbie del locale si levava una melodia indefinibile, che stranamente pareva ricalcare una marcia funebre, ma che perlomeno aiutava l’orientamento.
Il musicista era un triste ragazzino dai capelli di stoppa, che soffriva di frequenti attacchi di panico da quando sopra il suo strumento era stato attaccato il seguente cartello: ‘Sparate sul pianista se proprio dovete, l’accordatore costa e non è sempre reperibile’.
Monty fu depositato dai suoi sostenitori proprio all’estremità del bancone mentre una montagna di spiccioli veniva ammucchiata di fronte a lui.
“Da bere per il nostro nuovo sceriffo!” Stranamente nessuno dei clienti abituali del saloon partecipò ai festeggiamenti, preferendo studiare lo straniero, valutando la sua pericolosità; questa fu giudicata pari a zero appena assistettero allo spettacolo di Montgomery che restava con una mano aperta a semicerchio, mentre  numerosi boccali di birra sfrecciarono davanti a lui, per andarsi a schiantare sul pavimento.
“Il servizio è un po’ lento, eh? Non che mi voglia lamentare, ma un uomo può morire di sete, qui!”
“Giusto, marshall!(12) Perché non ci fa l’onore di sedersi con noi, ci serve appunto il quarto per giocare a poker e al nostro tavolo non manca mai un buon whiskey!”
Un silenzio così denso da poterlo tagliare a fette scese tra la folla, quando la voce arrochita dagli stravizi di John ‘Quickhands’ Cassidy(13) si levò mettendo a tacere quel brusio disordinato.


Alla sua sinistra sedeva un tipo da forca che anche il più audace dei pistoleri avrebbe avuto timore di incontrare di notte da solo; il suo volto era solcato da profonde cicatrici che lo deturpavano orrendamente, ricordo dei numerosi duelli col pugnale che aveva sostenuto e vinto.
Una volta un Pasodoblese sconsiderato aveva insinuato che fossero soprattutto i segni dei recinti di filo spinato che l’uomo attraversava per effettuare dei furti di galline, ma non aveva avuto modo di continuare le sue accuse, visto che era misteriosamente sparito nel nulla.
C’è da dire che il giorno dopo, un braccio umano vestito con una manica a quadretti turchesi e gialli come la camicia preferita del disperso, spuntava dalle estremità delle fauci di Chihuahua, il sanguinario e gigantesco cane di Quickhands, un simpatico incrocio di mastino, doberman, lupo alsaziano, pastore dei Pirenei e pescecane.
Ma non si può condannare qualcuno con una prova così indiziaria come una camicia dalla fantasia tanto comune e poi il cagnetto doveva pur sgranocchiare un osso, era un cucciolo di soli ottanta chili nel periodo della crescita!
Comunque Scarsy(14) – tale era il suo nome di battaglia – rimase debitore, unendosi sempre al suo benefattore nelle partite a carte; certo non sapendo né leggere né fare di conto, fosse anche sommare due più due, la sua abilità risultava un po’ sospetta…
A completare il quadro, alla destra del capogruppo, c’era un indiano dal portamento fiero, la pittura di guerra fiera, ma soprattutto un aroma personale fierissimo.
Bisonte Muschiato doveva il suo ambiguo nome proprio a questo caratteristico odore che si era diffuso fin dal momento della sua nascita, mettendo in fuga tutta la tribù compresa la levatrice, finché i suoi genitori riuscirono a mimetizzarlo avvolgendolo con una copertina inzuppata in essenza di muschio bianco.


Suo padre, il potente guerriero Mocassino Stagionato avrebbe voluto continuare la tradizione di famiglia dando al nascituro un nome che evidenziasse con orgoglio che era il continuatore di una tale onorevole dinastia, ma sua madre, Cerbiatta Sfigata, si era opposta con tutte le sue forze.
Così il piccolo Bisonte era cresciuto passando il tempo in compagnia di puzzole, sciacalli e avvoltoi piuttosto che degli esseri umani, fin quando un giorno conobbe la sofferenza più nera.
La graziosa e castissima fanciulla di cui si era invaghito, Civetta Ammiccante, aveva rifiutato il bel taglio di carne per l’arrosto che aveva frollato con tanto amore sotto le ascelle per tre giorni solo per donarlo a lei, scappando con le mani sulla bocca e il viso divenuto improvvisamente verde.
Da quel momento il giovane giurò di vendicarsi di chiunque l’avesse offeso, anche leggermente, riguardo il suo punto debole e non trovò di meglio che unirsi a quei malviventi.
Monty però era un ingenuo ragazzo di provincia e soprattutto la maggior parte dei dettagli del folcloristico trio gli appariva piuttosto sfuocata, per così dire.
“Grazie signori!”
Scarsy si voltò nervosamente alle sue spalle, cercando i destinatari di tale epiteto, capendo con molti sforzi che si riferiva a loro.
“Ci prendi in giro, moccioso?” Un fucile a canne mozze fu puntato esattamente al centro della fronte dello sceriffo, ma mentre gli avventori trattenevano il fiato lui continuò a sorridere beatamente, visto che il punto tra gli occhi era precisamente l’angolo morto più completo che avesse.
“Posso assaggiare questo whiskey? Ho la gola che sputa spago!”***
Hai fegato da vendere, eh, ragazzo?” Quickhands si aprì in una specie di sorriso che mostrava pienamente che da bambino aveva avuto una fifa blu del dentista e sua madre non era riuscita a trascinarcelo né con le buone, né con le cattive.


“Bevi alla nostra salute, tutto di un fiato!”
Una generosa quantità di un liquore dozzinale che avrebbe potuto essere etichettato un po’ in qualunque modo, da lozione per capelli a diserbante per gli afidi del cavolo (degli insettini rognosi che stavano odiosi proprio a tutti) fu versata in un bicchiere lavato in occasione dell’ultima Pasqua e trangugiato in un sorso da un volenteroso Monty.
“Che il Diavolo mi porti, questo è il torcibudella più scadente che abbia mai bevuto e manda un puzzo tremendo! Voi non lo sentite? Sembra fatto con dei topi morti di peste stagionati nell’alcool!”
Sta di fatto che il quel momento Bisonte Muschiato aveva sollevato un braccio per grattarsi tra le piume che decoravano la sua innovativa capigliatura rastafari - la quale non andando lavata regolarmente non era certo d’aiuto - portando la sua ascella dall’importante afrore sotto il naso del ragazzo.
Un secondo e tutti erano scattati in piedi, chi rovesciando un tavolo per usarlo come scudo, chi scappando dietro il bancone, chi rifugiandosi nella ritirata: a nessuno faceva piacere trovarsi i vestiti rovinati da quelle antipatiche macchie di sangue che strofini ma non viene mai via, visto che stava per esserci una carneficina!
Chihuahua, che era seduto ad un tavolo vicino - arrivandoci così bene coi gomiti da essere scambiato per un cliente davvero bruttissimo - aprì con nonchalance un ombrellino che portava con sé legato al collare di pelle nera con le borchie chiodate, pronto a parare gli schizzi, mentre lambiva la sua abituale ciotola da cinque litri di birra doppio malto.
“Worf! Blob!” Abbaiò emettendo ossigeno dalle branchie che aveva sulla gola, retaggio della sua componente di squalo.


Un’ascia di guerra dalle dimensioni ciclopiche fu la seconda arma che attentò alla vita del nostro eroe nel giro di pochi minuti, ma anche questa volta, nessuna reazione di paura.
“Grazie era proprio quello che ci voleva!” Monty preferì non urtare la sensibilità dell’indiano commentando la sua abitudine di usare un ventaglio da donna, per giunta argentato, così vistoso; l’importante era la gentilezza con cui era corso in suo aiuto tentando di fargli aria sul collo quando aveva tossito per la pessima bevanda.
Una mano dalle unghie luride si levò, fermando il gesto inconsulto.
Quickhands era davvero ammirato a quel punto e gli dispiaceva privarsi della possibilità di corrompere o ricattare quel cuor di leone per assoldarlo nel suo gruppetto, doveva riuscirci!
“Ti propongo una sfida sceriffo: giochiamo una mano secca e chi avrà il punto migliore potrà chiedere a quello col punto più basso di fare una cosa a sua scelta”.
La voce del baro era tagliente e gelida, quanto la risposta di Monty fu gioviale e calorosa.
“Il gioco delle penitenze, lo facevo sempre da bambino! Ci sto!”
I frequentatori del saloon cominciarono pian pianino a spuntare dai loro nascondigli, troppo incuriositi per perdersi quella giocata memorabile: prima di cominciare lo sfidante alzò la mano; Chihuahua gli si avvicinò sbuffando, agganciando un guinzaglio al cravattino texano dell’uomo, poi guidandolo con i denti lo accompagnò al primo albero fuori dal locale per fare la pipì, sarebbe stato sconveniente che gli scappasse durante la partita.


Julian non si era perso il singolo movimento di un muscolo: assistere a malversazioni, imbrogli e rapine era il suo piacere più grande, quando si accorse di essere ancorato al pavimento da un peso fastidioso.
Il pavido pianista gli si era aggrappato al polpaccio sinistro come se fosse un salvagente durante un naufragio e il suo tremito disperato gli stava dando una certa noia, come se avesse messo un piede in una tana di formiche rosse affamate.
“Staccati da me, pusillanime! Pensa piuttosto a intrattenere gli ospiti e non dico con quelle lagne da becchino che ci propini di solito! Cammina!”
E assestato un bel calcio nelle magre terga di quello spaventapasseri di Tim il musicista, all’anagrafe Timidity Valance,**** lo spedì dritto sul malconcio sgabellino del piano fissandolo in modo minaccioso fin quando le gioiose note di “Appendilo più in basso,***** non ci arrivo ad affettare il salame affumicato” non si librarono nell’aria viziata del locale.
Quickhands Cassidy diede mostra di quanto il suo soprannome fosse meritato; le trentadue carte (15) volteggiavano come folaghe grasse nel vento d’autunno, si mischiavano come l’acqua e l’alcool denaturato che formavano la miscela base di ogni bottiglia de ‘L’ Ultima Frontiera’, si rincorrevano come zanzare in calore...


Infine il mazzo fu posato sulla tovaglia unta e tutti, tranne l’ignaro sceriffo, sapevano con certezza matematica che a quel tavolo sedevano un genio, due compari e un pollo,****** perché adesso le carte erano disposte in modo tale da costringere Monty a chiedere di cambiarne un numero tale da far capitare tutte le combinazioni  preparate nelle mani degli altri.
I polsini dei due texani erano stranamente appesantiti da blocchi di cartoncini rettangolari e dall’ acconciatura dell’ Apache facevano capolino bizzarre figure di donne, tutte con delle trecce nere disegnate su col pennino.
Prima che alcuno potesse sollevare il mazzetto di cinque carte posto di fronte a sé, un profumo così tremendamente dolce da coprire momentaneamente quello di Bisonte li raggiunse, come se un treno che fuma******* a pieno vapore avesse deragliato in mezzo a loro.
“Cosa succede qui, ragazzi, nessuno ha voglia di farmi compagnia?”
La sensualissima sagoma di Mary Sue Shameless(16) comparve come per magia alle spalle dello sceriffo che restò annichilito dalla voce provocante oltre ogni dire della signora; un brivido freddo lo attraversò dalla testa ai piedi costringendolo a voltarsi piano per prepararsi allo shock.
La donna aveva un fisico molto particolare, tanto che da quelle parti, la chiamavano ‘Quadrilatero’:******** la mascella sporgeva come un’incudine, le spalle erano quelle di un sollevatore di pesi, il punto vita si era dimenticato di esistere, mentre le gambe parevano due tronchi di pino. Inoltre buona parte dei boccoli dorati che le cingevano il capo erano chiaramente posticci, così come le folte ciglia.
Un trucco volgarissimo le impiastricciava la faccia e l’abito rosso fuoco scollato fino alla milza, unito a delle calze a rete nere e stivaletti col tacco facevano immaginare che non fosse propriamente una suora laica.
La sua celebre voce roca era dovuta per un terzo ai sigari che fumava tutto il giorno, un terzo al gin che era stato come il latte della balia per lei, un terzo allo sforzo di cantare pur non essendone affatto capace, accompagnata da Timidity, che in lei ritrovava la cara madre scomparsa; nel senso che una notte era scappata con un nerboruto maniscalco e non aveva più dato sue notizie.


Monty la vide e scoprì cosa volesse dire amare qualcuno; si inchinò togliendosi il cappello, per salutarla con un cortesissimo baciamano.
“Mi chiamo Montgomery Marion Beauregard Huston, signorina: posso conoscere il vostro nome?”
“Sono Mary Sue e mi intrufolo dappertutto, felice di conoscerti, cowboy! Però non capisco perché stai baciando lo sgabello, hai dei modi curiosi!”
Il dettaglio passò inosservato all’attenzione di Monty, perché la rivelazione lo convinse di aver incontrato il suo angelo personale.
“Mary è sempre stato il mio nome femminile preferito! Anche adesso ce n’è una ben foraggiata che mi aspetta al caldo nella stalla! Io e lei ci capiamo senza parlare, sai?”
Dare del tu ad una così soave creatura fece arrossire le orecchie del giovane, che non si era mai preso tanta confidenza col gentil sesso.
“É un rapporto speciale… io le pulisco i denti, la striglio tutta e quando la cavalco lei scalpita di gioia; ma per te mi piacerebbe fare molto di più!”
Mary sorrise allusiva.
“Pochi uomini hanno l’ardire di parlarmi così e per fortuna non sono un tipo geloso; ascolta, voglio darti un consiglio, quei tre con cui stai per giocare, lo zozzone, lo sdentato e lo sgorbio********* hanno sicuramente l’idea di barare, vattene finché sei in tempo”.
Fin lì Cassidy e gli altri avevano lasciato correre per divertirsi di più ai danni del malcapitato, ma a quel punto scattarono in piedi come un sol uomo.
“Ricordati, lurida femmina, che mi devi ancora trecento dollari di riscatto per averti offerto lavoro in un bel posto come questo!”
Alle parole ‘bel posto’, accadde un curioso fenomeno; lo sgabello del pianoforte cominciò a tremolare, come animato di vita propria, finché il fondo della seduta si squarciò e una pallina di paglia sporca e rinsecchita si compattò per bene.
Poi formando dei ghirigori sulla polvere del pavimento, scivolò fuori dalla porta basculante, lasciando questa scritta: “Sono vecchia ma ancora dignitosa: da oggi rotolerò con le mie compagne, viva la libertà!”


Tutti rimasero annichiliti per qualche istante, finché Quickhands tirò un pungo formidabile sul tavolo.
“Ti ho lasciato scherzare quattrocchi, adesso basta! Ti propongo un patto: se dovessi vincere tu, strapperò le cambiali di Mary Sue, ma se vincessi io diventerai un mio scagnozzo fino alla fine dei tuoi giorni!”
“Ci sto”. Nessuno aveva mai udito un tono così serio uscire dalla bocca del neo sceriffo.
L’indiano e Scarsy erano piuttosto seccati di essere esclusi, ma una voce ferma bloccò le loro reazioni.
“Bisonte, lascia l’ascia! E tu posa quel fucile, i tuoi centri sono scarsi!”
Incredibile ma vero, il gracile, sottomesso e vigliacco Timidity si era messo in piedi su un barile rovesciato e arringava la folla.
“Dobbiamo lasciarli tranquilli, questa è la mano di poker più importante che si sia mai vista qui a El Paso Doble! Dico che dobbiamo farci da parte e sperare per il meglio, cioè che vinca lo sceriffo!”
La trasformazione del ragazzo da assoluto codardo ad ardimentoso lasciò tutti di stucco, ottenendo l’effetto sperato: nel perfetto silenzio, mentre Cassidy mischiava, si udì solo la voce di Monty, che allungava la mano destra fino alle carte, chiedendo scaramanticamente aiuto al mazzo stesso.
“Coraggio… fatti smazzare!” ********** Peccato che le carte fossero sollevate in modo da favorire naturalmente il tagliarle ad una certa altezza!
I due giocatori furono serviti: Montgomery lesse(17) con fare professionale, malgrado l’unica esperienza della sua vita con questo gioco d’azzardo fosse stata un’ingloriosa sconfitta grazie alla quale era tornato a casa in mutande.
La fortuna, però è cieca


La prima carta del nostro sceriffo era un asso, anche la seconda… la terza e la quarta! La quinta a quel punto non si disturbò a controllarla e fece bene, perché gli sarebbe apparso un inspiegabile quinto asso.
Difatti in mano ne aveva solo uno, in mezzo ad una scala ad incastro quindi difficilissima da chiudere, ma l’occhio sinistro l’aveva replicato dal suo lato e altrettanto il destro.
Sì, gli sembrava che fossero tutti di cuori ed era consapevole di avere un trascurabile problema nel mettere a fuoco gli oggetti, ma di più poté la convinzione che gli apparissero tutti di quel seme per l’ emozionante vicinanza di Mary Sue, che gli alitava sul collo con un fiato da stendere la sua omonima equina.
Decise che dichiararsi servito sarebbe apparso un po’ da gradasso.
“Una carta!”
Quickhands apparentemente non si scompose, ma sentì una fitta al fegato; aveva troppi sguardi puntati addosso anche per la sua bravura e destrezza, doveva continuare solo col piano A.
“Non ho sentito bene, amico. C’è troppa confusione qui”.
Per la verità l’unico rumore era quello di Chihuahua che stava usando la gamba di uno sgabello come stuzzicadenti, ma nessuno si offrì di interrompere quell’attività.
“Una carta, per favore” Replicò il ragazzo, dispiaciuto di essere stato poco educato prima.
“Forse ne vuoi quattro, marshall? La sorte va tentata”
“No grazie, una!”
Schiumando di rabbia dalla bocca, le orecchie e perfino dagli occhi l’imbroglione non poté che consegnargli proprio il jack che sapeva benissimo essere la prima carta del mazzo, mentre cambiando la sua il supposto full di re naturalmente non si chiuse più.


Monty mise giù la scala con fare vittorioso, convinto del poker d’assi, quindi trovò perfettamente normale il gesto di lieve stizza del suo avversario, che gettata a terra l’inutile doppia coppia al re, diede fuoco al tavolo, sparò al lampadario, avrebbe perfino osato dare un calcio al cane se questi non l’avesse fissato con occhi che sputavano fiamme infernali e mostrandogli la doppia fila di denti di ricambio seghettati che gli stava spuntando.
Non sapendo con chi prendersela, stava per fare una sparatoria generale, quando un uomo trafelato irruppe nel saloon gridando a più non posso.
“Huston, abbiamo un problema! *********** Sta arrivando la banda del Cavaliere Abbronzato************ si sentono gli zoccoli dei loro cavalli lontano un miglio!”
“Forza, Montgomery!” Mary Sue sprizzava fierezza da tutti i pori per il coraggio del suo uomo.
“Dimostra di che pasta sei fatto!” E senza indugio gli srotolò in bocca una bella lingua felpata e aromatizzata alla cipolla fritta che mandò su di giri il giovane, dandogli quell’energia che solo la passione può generare… con la sua bella al fianco si sentiva invincibile!
Quando il drappello di banditi giunse fino alle porte de ‘L’Ultima Frontiera’, trovò la coppietta novella che stava pomiciando selvaggiamente davanti alla porta del locale.
“Hem, hem…” Tossicchiò imbarazzato il capobanda, Bronzeface,(18) abituato a ricevere urla di terrore e un fuggifuggi (19) generale come benvenuto.
“Noi saremmo qui per rapinare, violare e uccidere e gradiremmo la vostra collaborazione; entro mezzogiorno e mezzo*************al massimo l’una meno un quarto vorremmo ritirarci, fa caldo!”
Chi vorreste aggredire, voi?” La voce tonante di Mary Sue coprì totalmente quella del delinquente, mentre la suddetta signorina faceva sporgere la mascella in stile pitbull e le mani sui fianchi imponenti, poste a mo’ di anfora, mettevano in evidenza la muscolatura delle braccia.
I malviventi si guardarono l’uno con l’altro.


“Facciamo la conta?”
“Io rinuncio, ho un problemino di cistite”.
“Grazie, con questa temperatura preferisco aspettare la sera”.
Bronzeface era visibilmente scontento della misera virilità dei suoi seguaci.
“Bene, allora ribaltiamo questa baracca!”
I cinque pistoleri non fecero in tempo ad imbracciare le armi, che una vera folla uscì dal saloon, pronta ad affrontarli a viso aperto!
Julian Jewel era in prima fila, impugnando la sua vecchia carabina.
“Questo locale è tutto quello che ho, me lo ha lasciato la mamma, lei sì che era una donna di gusto! Non vi permetterò di distruggerlo!”
Caldi lacrimoni scorrevano lisci sull’olio che sgocciolava dai baffi del barista, che si ritrovò nel mirino dei banditi, quando accadde l’impossibile: Timidity, pur in soggezione per essere al centro dell’attenzione generale, gli stava facendo scudo col suo corpo.
“Passerete sul mio cadavere prima di ferire quest’uomo! Sì, perché io ti amo, Julian, anche se mi hai sempre trattato come lo straccio per lavare a terra…”
La dichiarazione non era finita, ma Julian lo interruppe subito.
“È per questo che il pavimento è così lercio, non volevo usarti! Vieni qui, piccolo fifone rinsecchito!”
Con un solo balzo il pianista si avvinghiò con le gambe alla vita del suo amato, baciandolo come se fosse l’ultimo minuto della loro vita, cosa che in effetti era probabilissima.
Bronzeface era il ritratto del disgusto, ma il suo vice era commosso e si stava rumorosamente soffiando il naso in un fazzoletto arcobaleno.
“Vorrei essere al loro posto…”


Prima che una raffica di vigorose imprecazioni fungesse da risposta, la porta si spalancò di colpo lasciando passare una coppia davvero rimarchevole: Quickhands era a cavallo di Chihuahua, bardato coi finimenti da battaglia.
La sella era nera - come pure le briglie - ed era decorata con i dentini da latte del cane, lunghi circa dieci centimetri, vari scalpi rimpiccioliti dal loro amico Apache e dai proiettili a lui diretti, che la bestiola aveva intercettato coi denti, masticandoli come chewing gum prima di risputarli al mittente.
Chihuahua si avvicinò a Monty, poi coi pollici opponibili che aveva quasi sviluppato, aprì il ciondolo di ferro battuto di circa un chilo che portava al collo come medaglietta.
Al suo interno c’era il fine ritratto di una splendida gatta siamese, gli occhi turchesi pieni di mestizia e la scritta: ‘Tua, senza speranza, Fuffy’.
Bisonte si fece avanti, naturalmente favorito dal corridoio libero che si formava al suo approssimarsi.
“Occhi Biforcuti ci ha dato una grande lezione oggi! Tutti possiamo scegliere la via dell’amore come vuole Manitù invece di odiarci. Propongo di fumare il calumet della pace!”
In quel mentre un anziano tutto rattrappito che stava russando da tempo immemorabile dietro un barile di cetrioli in salamoia, rialzò la testa canuta, parlando in modo poco comprensibile, visto che gli restava un solo dente, ovviamente cariato.
“Mi ricordo di quella volta nel Klondike, quando scavando trovavo pepite d’oro grosse come noci e vennero dei ladri come questi! Erano cento contro uno, ma li ho stesi tutti!”(20)
“Torna a dormire nonno!” Scarsy azzittì l’avo, rivelando da chi aveva preso la propensione a dire bugie belle grosse.
Bronzeface non era certo abituato a riflettere, ma fece un’eccezione, valutando che trucidare quella manica di svalvolati non avrebbe figurato sul suo curriculum.
“Fate così pena che vi faccio un dispetto a lasciarvi vivere, non c’è più il West che c’era una volta!************** Andiamo, uomini!”
Così i cinque ripartirono al galoppo come erano venuti, tra grida di giubilo generali, ma pochi secondi dopo quello col fazzoletto multicolore era tornato indietro.
“Vi prego, prendetemi con voi, sono stanco di questa vita, tutto quello che sogno è una casetta con le tendine di percalle e qualcuno per cui cucinare un buon pollo alle spezie per cena…”
“Certo che puoi restare! E con la mia autorità di sceriffo dichiaro che da oggi El Paso Doble si chiamerà Amity, la città più ospitale del West!”***************
“Auuuuuuuhhh!!!” Uggiolò di gioia Chihuahua, sentendosi finalmente nel suo habitat.
“Evviva!” Innumerevoli cappelli da cow-boy furono lanciati in aria.
“Da bere gratis per tutti!” gridò felice Julian. “Suona qualcosa per festeggiare, Tim!”
Il giovane si precipitò al piano e suonò questa bella melodia per tutti i suoi nuovi amici, il suo innamorato e per voi, cari lettori!

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Note autore, come lista dei titoli dei film citati e/o “storpiati”, con gli asterischi:
* Il Texano dagli occhi di ghiaccio, regia di Clint Eastwood
** Per qualche dollaro in più, regia di Sergio Leone
*** Battuta di: La magnifica preda; Marylin Monroe e il suo innamorato cavaliere di rodeo! Kitsch-western!
**** L’uomo che uccise Liberty Valance
***** Impiccalo più in alto, regia di Ted Post
****** Un genio, due compari, un pollo;  Sergio Leone produttore. Ci stava bene letterale!
******* Quel treno per Yuma
******** Lo chiamavano Trinità, regia di E.B. Clucher
********* Il buono, il brutto, il cattivo, regia di Sergio Leone
********** Coraggio... fatti ammazzare, regia di Clint Eastwood
*********** Perché, Apollo 12 non era un western? No?
************ Il cavaliere pallido  regia di Clint Eastwood
************* Mezzogiorno e mezzo di fuoco, regia di Mel Brooks
************** C'era una volta il West, regia di Sergio Leone ; il capolavoro!
*************** Amity è la città de “Lo squalo”di Spielberg, il quale scelse questo nome in omaggio alle leggende urbane su Amityville, dalle quali proviene il ciclo di film “Amityville Horror”


Note, altre parole segnalate con i numeri:
(1)
Il secondo nome, femminile, è quello vero di John Wayne.  Beauregard (Bellosguardo) è il leggendario cacciatore di taglie con gli occhiali del film “Il mio nome è Nessuno”; Leone collaborò alla regia. Houston è la quarta città del Texas
(2) Rocca Cannuccia (Rm)
(3) Non uccidetemi per la spiegazione: Eastwood!
(4) Mossa di catch, consiste in una presa effettuata alle spalle incrociando le braccia intorno alla vita dell’avversario
(5) El Paso è la famigerata città di passaggio, appunto, per le fughe in Messico; Paso Doble è ovviamente il ballo!
(6) ‘Straniero’, nelle zone al confine con gli stati latini, offensivo
(7)Questo è western serio, essendo ‘Balla coi Lupi’, ma non ho resistito!
(8) Per motivi di diffamazione, ho dovuto cambiare una lettera
(9) Spero che faccia ridere, ma non sembri serio… 0_0
(10) Non è dialettale, è il “termine tecnico” per ‘masticare tabacco sputandolo a terra’; scusate la precisazione
(11) Forse anche questo è offensivo spiegarlo, ma è Giuliano Gemma!
(12) Sceriffo, in inglese tanto per cambiare parola
(13) I tre personaggi sono vagamente ispirati a “Pronti a morire” (The Quick and the Dead),regia di Sam Raimi
(14) Scars (cicatrici) + Scary (spaventoso) = Scarsy. Non uccidetemi!
(15) Giocano all’europea, con 32 carte per 4 giocatori, non all’ americana; poteva generare confusione nei lettori
(16) Non sono io, eh! Non potevo resistere nel citare una signorina che ci accompagna dovunque, con relativo corredo di descrizioni…
(17) Da qui, basilare gergo del poker; purtroppo non c’è un sito da linkare abbastanza ‘povero’, sarebbe peggio
(18) Volutamente letterale
(19)
Chiedo scusa della nota, io credevo fosse scritto sempre staccato! fuggifuggi  [fug-gi-fùg-gi] o fuggi fuggi  (Sabatini Coletti Dizionario della Lingua Italiana)
(20) Da immaginare pronunciata con la tipica voce balbettante del “vecchietto del west”, che scritta trovo molto brutta

  
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