Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club
Ricorda la storia  |      
Autore: Shirangel    26/09/2013    6 recensioni
Perché proprio lui?
Perché non io?
Perché sei un pezzo di riserva, Aiichirou. Duri il tempo di riparare l’originale, poi non servi più.
[NitoRin onesided] [accenni RinHaru]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nitori Aiichirou, Rin Matsuoka
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

E quando ti troverai in mano quei fiori appassiti,
al sole di un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai.
[La canzone dell’amore perduto – Fabrizio de André]

 

Il rumore della cenere nel vento

Ormai si era abituato a quella strana sensazione, un po’ dolce e un po’ amara, che lo assaliva quando commetteva l’errore di pensare troppo al suo senpai. Era bello, perché Rin costituiva per lui tutto ciò che c’era di più perfetto al mondo, e se chiudeva gli occhi riusciva quasi a immaginarselo davanti, che lo guardava negli occhi, non voltato di spalle come era sempre. Ma era anche terribilmente doloroso, perché sapeva quanto fossero acuminate le schegge dei suoi sogni infranti, e perché da tempo ormai di lui non riusciva a vedere più nemmeno la schiena. Era andato troppo avanti, lasciandolo troppo indietro, e Nitori non aveva più quella possibilità mai sfruttata di allungare la mano e toccarlo, costringendolo a fermarsi per aspettarlo. Magari, se avesse avuto il coraggio di prenderlo per la manica della divisa e rifiutarsi di lasciarlo andare, ora sarebbe stato al suo fianco. Era un pensiero utile per rimproverarsi e soffrire un po’ di più, ma in fondo sapeva benissimo che in nessun modo sarebbe potuto accadere, per quanto fosse bello sognarlo. Era lui stesso a mettersi tra i personaggi secondarsi, comportandosi come una comparsa, non poteva neanche dare la colpa a Rin di quel suo ruolo marginale: lo stimava troppo per accostarlo a una figura minoritaria, anche se quella presenza insignificante, che non dava fastidio a nessuno e veniva ignorata da tutti, era proprio la sua. Aveva accettato da anni la sua incapacità a brillare di luce propria, ma finché almeno serviva a far splendere ancora di più persone come Matsuoka-senpai, di cosa poteva lamentarsi? Credeva di poter essere felice anche così.

«Smettila, dai, c’è il tuo compagno di stanza.» Haruka cerca di tenere Rin a distanza piantandogli una mano sul fianco, ma non lo fa con troppa convinzione e il ragazzo non si lascia allontanare, anzi, lo stringe a sé con ancora più forza. Nanase lancia un’occhiata fugace a Nitori per accertarsi che non li abbia visti, e lui distoglie subito lo sguardo, arrossendo per la vergogna di essere stato scoperto a spiare.

«Che t’importa? Può girarsi dall’altra parte se non vuole guardare.» sbuffa Rin con un sorriso, ma Haru è già sfuggito alla sua presa e lui deve abbracciarlo da dietro per poterlo riacciuffare, circondandogli il bacino con entrambe le braccia. Non potrebbero essere più volgari nemmeno se si mettessero a fare sesso lì contro il muro, proprio sotto i suoi occhi. Ogni volta che si sfiorano, ogni sguardo che si scambiano, ogni carezza che dura sempre un secondo di troppo: tutto di loro e di come si comportano lascia intendere che, se potessero, starebbero appiccicati l’uno all’altro fino a consumarsi l’anima. Anche quel breve scambio di battute se lo sono sussurrato nell’orecchio, in un modo tanto confidenziale che Nitori si sente un guardone solo per averlo ascoltato accidentalmente. Vorrebbe sparire, inghiottito dalle coperte del suo letto, invece può solo continuare a fingere di leggere un libro che non gli interessa e restare lì a soffrire, sperando di non arrossire troppo. Haruka sembra imbarazzato quanto lui, forse perché la notte prima si è accorto che non stava dormendo, a differenza di quello che aveva detto Rin.

Prima c’era stata la porta, socchiusa di poco, giusto per far sgusciare all’interno della stanza due ragazzi aggrovigliati l’uno all’altro. Era buio, ma si capiva lo stesso che erano già mezzi svestiti. E se non lo erano, stavano per diventarlo. Risatine soffocate nell’oscurità, di quelle che di discreto non avevano nulla, però davano a tutte le cose quell’aura di complicità nell’infrangere le regole che sembrava tanto eccitante. Avanzavano a tentoni verso il letto, in un’andatura un po’ goffa, forse Rin lo stava portando in braccio, dal modo in cui il materasso si era affossato quando ce lo aveva lasciato cadere sopra. Subito una t-shirt venne sfilata e abbandonata a terra. Sarà Nitori ad raccoglierla, la mattina seguente, a tuffare il viso tra le pieghe impregnate dell’odore di uomo che ha imparato ad amare.

«E se ci sente?»

«Sta dormendo. Dai, non rompere, ti voglio adesso.»

«Ma potremmo svegliarlo…»

Se c’era stata una risposta, Nitori non l’aveva sentita. Era invece certo che ci fosse stato un bacio, di quelli affamati – probabilmente Matsuoka-senpai aveva morso un po’ troppo forte, perché Haruka aveva emesso un gemito di dolore e Aiichirou si ricordava quanto potevano essere affilati quei denti. Poi il tintinnare di una cintura slacciata, il fruscio dei jeans che venivano abbassati quando bastava e il letto che aveva iniziato a cigolare. Il rumore bagnato del bacino di Rin che batteva ritmicamente contro le natiche di Haru. Qualcuno che ansimava – non il senpai, lui era sempre silenzioso, durante il sesso – parole sussurrate che non era riuscito a carpire e era felice almeno di questo. E baci, tanti baci, pieni di saliva che faceva schioccare le labbra ogni volta che si incontravano. Nitori aveva cercato di essere il più silenzioso possibile mentre si infilava una mano nelle mutande. Gli veniva da piangere, invece si era fatto una sega fantasticando di essere al posto di Haru, e riusciva a immaginarselo così bene solo perché, una volta, c’era stato davvero. Si era concentrato sui movimenti di Rin, che conosceva alla perfezione e poteva raffigurarsi nella mente anche al buio, aveva finto di avere le sue mani tra le cosce e si era masturbato a ritmo delle spinte che non facevano godere lui, ma un altro. Aveva aspettato che quel rumore di sesso si intensificasse e si velocizzasse, perché lui sapeva che era il segnale dell’apice imminente e voleva venire insieme al senpai, come premio di consolazione, perché era l’unico a cui poteva ambire. Non era mai stato al primo posto, nemmeno quando su quel letto c’era lui, non poteva nemmeno far finta di esserlo, perché Rin mentre si prendeva il suo corpo scandiva il nome di un altro.

Perché proprio lui?

Sarebbe andato bene chiunque altro. E invece no, era sempre lui. Nanase, anzi, Haru, come gli sussurrava il senpai all’orecchio. Aveva imparato a detestarlo prima ancora di conoscerlo, grazie a quel nome che gli avvelenava il cervello e riusciva sempre a rovinargli l’orgasmo. Ci era riuscito anche ora, perché proprio mentre si svuotava tra le proprie mani Haruka aveva emesso un gemito più forte degli altri e gli aveva ricordato che c’era lui sotto Rin. E dentro Rin, nel suo cuore e nella sua testa. C’era sempre stato lui. E la cosa peggiore era che di sicuro non lo amava quanto Nitori, non lo venerava con la stessa fervente ammirazione, non avrebbe fatto e sopportato di tutto solo per essere ricompensato con un sorriso ogni tanto e una sveltina troppo spesso.

Perché non io?

La risposta era tanto immediata quando crudele.

Perché sei un pezzo di riserva, Aiichirou. Duri il tempo di riparare l’originale, poi non servi più.

Non aveva fazzoletti a portata di mano e si era macchiato di sperma perfino la maglietta. Non era nemmeno sua, era di Matsuoka-senpai, e infatti gli stava troppo grande: le maniche, che avrebbero dovuto arrivargli poco sotto le spalle, gli coprivano le braccia fino ai gomiti, e l’orlo nascondeva quasi del tutto la presenza dei boxer. Era vecchia e scolorita, ma a lui piaceva lo stesso perché gliel’aveva data Rin quando lo aveva visto con il pigiama. “Hai sedici anni, dannazione”, aveva riso, e si era messo a frugare nel suo armadio per trovargli qualcosa con cui dormire. Gli aveva lanciato la prima t-shirt che aveva trovato e Nitori si era sentito il cuore in gola per l’emozione. Era stata l’unica volta che il senpai si era preoccupato per lui – non sapeva se poteva essere definito preoccuparsi, forse era solo un altro scherzo, però era pur sempre la sua unica volta e quella maglietta aveva l’odore di Rin e dormirci era come essere abbracciati da lui. Ogni volta che ci pensava si faceva pena da solo, però continuava a indossarla, e poi “Nanase non ce l’ha” fu la sua unica gratificazione prima di cedere al sonno.

Gli si spezzò il cuore quando, la mattina dopo, vide il senpai che infagottava un Haruka troppo assonnato per vestirsi da solo in una delle sue felpe e lo spingeva verso il bagno con uno schiaffo sul sedere. Quando Rin si era voltato per infilarsi a sua volta qualcosa addosso aveva incrociato il suo sguardo e gli aveva dato il buongiorno con un’allusiva strizzatina d’occhi, come se quello che aveva fatto la notte precedente non fosse stato abbastanza palese. Dopo essersi lavato, Haru si era infilato i propri jeans ma si era categoricamente rifiutato di restituire la felpa, e Rin non ci aveva messo molto a cedere di fronte al suo broncio. L’aveva accontentato con un’esasperata alzata di spalle e poi lo aveva accompagnato fuori, forse per aiutarlo a uscire dalla Samezuka senza farsi scoprire da occhi indiscreti. Nitori era rimasto da solo.

Lui sembrava un bambino con i vestiti smessi del fratello maggiore, Nanase con quelle sue gambe lunghissime era dannatamente bello anche con una felpa troppo grande. Era solo questo a renderli diversi? No, il senpai aveva trovato anche altri motivi per preferire Haruka a lui. Gli piacevano le sfide, tanto per cominciare, e il suo migliore amico d’infanzia sembrava davvero un rompicapo, con un carattere così complicato che di certo sarebbe stato svelato del tutto solo dopo molti anni, magari mai. Lui invece era una conquista troppo facile, e gli si leggeva in faccia tutto quello che gli passava per la testa, soprattutto quello che cercava di nascondere a tutti i costi. Come la sua cotta per Matsuoka-senpai, ad esempio: quella era sempre stata chiara a tutti, fin dal primo istante. A Rin non importava granché, forse l’aveva presa sul serio solo quella notte in cui aveva voglia e farsi una sega era troppo da sfigati. In quel momento sì che il suo fastidioso compagno di stanza si era rivelato utile, e dopo la prima volta ne erano seguite tante altre. Ad Aiichirou non piaceva particolarmente, ma almeno il senpai gli rivolgeva la parola e allora andava bene lo stesso. Solo quando l’avrebbe perso avrebbe cominciato a rimpiangere le loro fugaci avventure, rubate tanto per sfogarsi e che non avevano mai significato nulla, neanche per sbaglio.

«Non dirlo a nessuno.» gli aveva sibilato all’orecchio la prima volta, mentre lo prendeva contro il muro della doccia.

Nitori non poteva rispondere, sia perché aveva la faccia spiaccicata contro le piastrelle del bagno, sia perché ogni molecola di ossigeno sembrava essersi improvvisamente dileguata dal suo corpo. Aveva annuito con un cenno repentino del capo, anche se aveva capito benissimo che quelle parole significavano solo “non dirlo ad Haru”.

Nitori li guarda mentre portano via tutte le cose di Matusoka-senpai con degli scatoloni per organizzare il trasferimento all’Iwatobi. Era stato definitivamente sconfitto, senza possibilità di rivincita.

E se invece glielo dicesse? Non ha niente da perdere.

Rin incrocia il suo sguardo. Ammicca, malizioso, e si porta un dito alle labbra come a invitarlo a fare silenzio. Il nostro piccolo segreto. Per indurlo a stare zitto basta convincerlo che condividano qualcosa, anche se sporco come quell’infima parodia di una relazione.

Nitori deglutisce. Non ha nemmeno nulla da vincere. Può sforzarsi quanto vuole, ma non riuscirà mai ad attirare l’attenzione del senpai su di sé, anche se gridasse la sua voce verrebbe smorzata fino a renderla del tutto invisibile: Rin è troppo preso dalla propria vita per fare caso alla sua.

In fondo, è giusto così. Lui è un attore protagonista, Nitori è solo una comparsa. È solo cenere nel vento, trasportata senza possibilità di scelta, e quell’uragano di Matsuoka non può certo fermarsi per stare ad ascoltarlo.

Posso essere felice anche così?

No.

Ma a Rin non importa, tanto Nitori sta zitto lo stesso.

 

 

Note dell’autrice:

Free! è finito e io, dopo essermi disperata per ore e ore, alle 3 del mattino mi metto a scrivere una cosa del genere (e la pubblico alle 5. Chi mi sveglia, domattina? /o\). Seriously, WTF? Non posso gioire come se non ci fosse un domani perché il mio OTP ha finalmente visto la luce (RinHaru is canon, làlàlàlàlà), no, io non sono normale e devo scrivere su quel povero Cristo di Nitori, che mi ha fatto tanta pena poverino nell’ultimo episodio. Cioè, Rin lo tratta veramente da schifo e Nitori comunque TIFA PER LUI sebbene stia gareggiando con la squadra AVVERSARIA. Cioè, parliamone. (Rin è comunque il mio personaggio preferito. Anche se gli faccio sempre fare lo stronzo, sì. Just sayin'.)

By the way, terza fan fiction che scrivo su Free! e terza in cui il pairing principale non è il mio OTP. Ho qualcosa che non va X’D

Grazie della lettura, gente, e alla prossima ^O^

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club / Vai alla pagina dell'autore: Shirangel