E
quando ti troverai in mano quei fiori appassiti,
al sole di un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai.
[La canzone dell’amore perduto
–
Fabrizio de André]
Il rumore della
cenere nel vento
Ormai
si era abituato a quella strana sensazione, un po’ dolce e un
po’ amara, che lo
assaliva quando commetteva l’errore di pensare troppo al suo
senpai. Era bello,
perché Rin costituiva per lui tutto ciò che
c’era di più perfetto al mondo, e
se chiudeva gli occhi riusciva quasi a immaginarselo davanti, che lo
guardava
negli occhi, non voltato di spalle come era sempre. Ma era anche
terribilmente
doloroso, perché sapeva quanto fossero acuminate le schegge
dei suoi sogni
infranti, e perché da tempo ormai di lui non riusciva a
vedere più nemmeno la
schiena. Era andato troppo avanti, lasciandolo troppo indietro, e
Nitori non
aveva più quella possibilità mai sfruttata di
allungare la mano e toccarlo,
costringendolo a fermarsi per aspettarlo. Magari, se avesse avuto il
coraggio
di prenderlo per la manica della divisa e rifiutarsi di lasciarlo
andare, ora
sarebbe stato al suo fianco. Era un pensiero utile per rimproverarsi e
soffrire
un po’ di più, ma in fondo sapeva benissimo che in
nessun modo sarebbe potuto
accadere, per quanto fosse bello sognarlo. Era lui stesso a mettersi
tra i
personaggi secondarsi, comportandosi come una comparsa, non poteva
neanche dare
la colpa a Rin di quel suo ruolo marginale: lo stimava troppo per
accostarlo a
una figura minoritaria, anche se quella presenza insignificante, che
non dava
fastidio a nessuno e veniva ignorata da tutti, era proprio la sua.
Aveva accettato
da anni la sua incapacità a brillare di luce propria, ma
finché almeno serviva
a far splendere ancora di più persone come Matsuoka-senpai,
di cosa poteva lamentarsi?
Credeva di poter essere felice anche così.
«Smettila,
dai, c’è il tuo compagno di stanza.»
Haruka cerca di tenere Rin a distanza
piantandogli una mano sul fianco, ma non lo fa con troppa convinzione e
il
ragazzo non si lascia allontanare, anzi, lo stringe a sé con
ancora più forza. Nanase
lancia un’occhiata fugace a Nitori per accertarsi che non li
abbia visti, e lui
distoglie subito lo sguardo, arrossendo per la vergogna di essere stato
scoperto a spiare.
«Che
t’importa? Può girarsi dall’altra parte
se non vuole guardare.» sbuffa Rin con
un sorriso, ma Haru è già sfuggito alla sua presa
e lui deve abbracciarlo da
dietro per poterlo riacciuffare, circondandogli il bacino con entrambe
le
braccia. Non potrebbero essere più volgari nemmeno se si
mettessero a fare
sesso lì contro il muro, proprio sotto i suoi occhi. Ogni
volta che si
sfiorano, ogni sguardo che si scambiano, ogni carezza che dura sempre
un
secondo di troppo: tutto di loro e di come si comportano lascia
intendere che,
se potessero, starebbero appiccicati l’uno
all’altro fino a consumarsi l’anima.
Anche quel breve scambio di battute se lo sono sussurrato
nell’orecchio, in un
modo tanto confidenziale che Nitori si sente un guardone solo per
averlo
ascoltato accidentalmente. Vorrebbe sparire, inghiottito dalle coperte
del suo
letto, invece può solo continuare a fingere di leggere un
libro che non gli
interessa e restare lì a soffrire, sperando di non arrossire
troppo. Haruka
sembra imbarazzato quanto lui, forse perché la notte prima
si è accorto che non
stava dormendo, a differenza di quello che aveva detto Rin.
Prima
c’era stata la porta, socchiusa di poco, giusto per far
sgusciare all’interno
della stanza due ragazzi aggrovigliati l’uno
all’altro. Era buio, ma si capiva
lo stesso che erano già mezzi svestiti. E se non lo erano,
stavano per
diventarlo. Risatine soffocate nell’oscurità, di
quelle che di discreto non
avevano nulla, però davano a tutte le cose
quell’aura di complicità nell’infrangere
le regole che sembrava tanto eccitante. Avanzavano a tentoni verso il
letto, in
un’andatura un po’ goffa, forse Rin lo stava
portando in braccio, dal modo in
cui il materasso si era affossato quando ce lo aveva lasciato cadere
sopra. Subito
una t-shirt venne sfilata e abbandonata a terra. Sarà Nitori
ad raccoglierla,
la mattina seguente, a tuffare il viso tra le pieghe impregnate
dell’odore di
uomo che ha imparato ad amare.
«E
se ci sente?»
«Sta
dormendo. Dai, non rompere, ti voglio adesso.»
«Ma
potremmo svegliarlo…»
Se
c’era stata una risposta, Nitori non l’aveva
sentita. Era invece certo che ci
fosse stato un bacio, di quelli affamati – probabilmente
Matsuoka-senpai aveva
morso un po’ troppo forte, perché Haruka aveva
emesso un gemito di dolore e Aiichirou
si ricordava quanto potevano essere affilati quei denti. Poi il
tintinnare di
una cintura slacciata, il fruscio dei jeans che venivano abbassati
quando
bastava e il letto che aveva iniziato a cigolare. Il rumore bagnato del
bacino
di Rin che batteva ritmicamente contro le natiche di Haru. Qualcuno che
ansimava – non il senpai, lui era sempre silenzioso, durante
il sesso – parole sussurrate
che non era riuscito a carpire e era felice almeno di questo. E baci,
tanti
baci, pieni di saliva che faceva schioccare le labbra ogni volta che si
incontravano. Nitori aveva cercato di essere il più
silenzioso possibile mentre
si infilava una mano nelle mutande. Gli veniva da piangere, invece si
era fatto
una sega fantasticando di essere al posto di Haru, e riusciva a
immaginarselo
così bene solo perché, una volta, c’era
stato davvero. Si era concentrato sui
movimenti di Rin, che conosceva alla perfezione e poteva raffigurarsi
nella
mente anche al buio, aveva finto di avere le sue mani tra le cosce e si
era masturbato
a ritmo delle spinte che non facevano godere lui, ma un altro. Aveva
aspettato
che quel rumore di sesso si intensificasse e si velocizzasse,
perché lui sapeva
che era il segnale dell’apice imminente e voleva venire
insieme al senpai, come
premio di consolazione, perché era l’unico a cui
poteva ambire. Non era mai stato
al primo posto, nemmeno quando su quel letto c’era lui, non
poteva nemmeno far
finta di esserlo, perché Rin mentre si prendeva il suo corpo
scandiva il nome
di un altro.
Perché proprio
lui?
Sarebbe
andato bene chiunque altro. E invece no, era sempre lui. Nanase, anzi, Haru, come gli sussurrava il senpai
all’orecchio.
Aveva imparato a detestarlo prima ancora di conoscerlo, grazie a quel
nome che
gli avvelenava il cervello e riusciva sempre a rovinargli
l’orgasmo. Ci era
riuscito anche ora, perché proprio mentre si svuotava tra le
proprie mani
Haruka aveva emesso un gemito più forte degli altri e gli
aveva ricordato che c’era
lui sotto Rin. E dentro Rin, nel suo cuore e nella sua testa.
C’era sempre
stato lui. E la cosa peggiore era che di sicuro non lo amava quanto
Nitori, non
lo venerava con la stessa fervente ammirazione, non avrebbe fatto e
sopportato
di tutto solo per essere ricompensato con un sorriso ogni tanto e una
sveltina
troppo spesso.
Perché non io?
La
risposta era tanto immediata quando crudele.
Perché sei un
pezzo di riserva, Aiichirou. Duri il tempo di riparare
l’originale, poi non
servi più.
Non
aveva fazzoletti a portata di mano e si era macchiato di sperma perfino
la
maglietta. Non era nemmeno sua, era di Matsuoka-senpai, e infatti gli
stava
troppo grande: le maniche, che avrebbero dovuto arrivargli poco sotto
le
spalle, gli coprivano le braccia fino ai gomiti, e l’orlo
nascondeva quasi del
tutto la presenza dei boxer. Era vecchia e scolorita, ma a lui piaceva
lo
stesso perché gliel’aveva data Rin quando lo aveva
visto con il pigiama. “Hai sedici
anni, dannazione”, aveva
riso, e si era messo a frugare nel suo armadio per trovargli qualcosa
con cui
dormire. Gli aveva lanciato la prima t-shirt che aveva trovato e Nitori
si era
sentito il cuore in gola per l’emozione. Era stata
l’unica volta che il senpai
si era preoccupato per lui – non sapeva se poteva essere
definito preoccuparsi,
forse era solo un altro scherzo, però era pur sempre la sua
unica volta e quella
maglietta aveva l’odore di Rin e dormirci era come essere
abbracciati da lui.
Ogni volta che ci pensava si faceva pena da solo, però
continuava a indossarla,
e poi “Nanase non ce
l’ha” fu la sua
unica gratificazione prima di cedere al sonno.
Gli
si spezzò il cuore quando, la mattina dopo, vide il senpai
che infagottava un
Haruka troppo assonnato per vestirsi da solo in una delle sue felpe e
lo
spingeva verso il bagno con uno schiaffo sul sedere. Quando Rin si era
voltato
per infilarsi a sua volta qualcosa addosso aveva incrociato il suo
sguardo e
gli aveva dato il buongiorno con un’allusiva strizzatina
d’occhi, come se
quello che aveva fatto la notte precedente non fosse stato abbastanza
palese. Dopo
essersi lavato, Haru si era infilato i propri jeans ma si era
categoricamente
rifiutato di restituire la felpa, e Rin non ci aveva messo molto a
cedere di
fronte al suo broncio. L’aveva accontentato con
un’esasperata alzata di spalle
e poi lo aveva accompagnato fuori, forse per aiutarlo a uscire dalla
Samezuka
senza farsi scoprire da occhi indiscreti. Nitori era rimasto da solo.
Lui
sembrava un bambino con i vestiti smessi del fratello maggiore, Nanase
con
quelle sue gambe lunghissime era dannatamente bello anche con una felpa
troppo
grande. Era solo questo a renderli diversi? No, il senpai aveva trovato
anche
altri motivi per preferire Haruka a lui. Gli piacevano le sfide, tanto
per
cominciare, e il suo migliore amico d’infanzia sembrava
davvero un rompicapo,
con un carattere così complicato che di certo sarebbe stato
svelato del tutto
solo dopo molti anni, magari mai. Lui invece era una conquista troppo
facile, e
gli si leggeva in faccia tutto quello che gli passava per la testa,
soprattutto
quello che cercava di nascondere a tutti i costi. Come la sua cotta per
Matsuoka-senpai,
ad esempio: quella era sempre stata chiara a tutti, fin dal primo
istante. A
Rin non importava granché, forse l’aveva presa sul
serio solo quella notte in
cui aveva voglia e farsi una sega era troppo da sfigati. In quel
momento sì che
il suo fastidioso compagno di stanza si era rivelato utile, e dopo la
prima
volta ne erano seguite tante altre. Ad Aiichirou non piaceva
particolarmente,
ma almeno il senpai gli rivolgeva la parola e allora andava bene lo
stesso. Solo
quando l’avrebbe perso avrebbe cominciato a rimpiangere le
loro fugaci
avventure, rubate tanto per sfogarsi e che non avevano mai significato
nulla,
neanche per sbaglio.
«Non
dirlo a nessuno.» gli aveva sibilato all’orecchio
la prima volta, mentre lo
prendeva contro il muro della doccia.
Nitori
non poteva rispondere, sia perché aveva la faccia
spiaccicata contro le
piastrelle del bagno, sia perché ogni molecola di ossigeno
sembrava essersi
improvvisamente dileguata dal suo corpo. Aveva annuito con un cenno
repentino
del capo, anche se aveva capito benissimo che quelle parole
significavano solo “non
dirlo ad Haru”.
Nitori
li guarda mentre portano via tutte le cose di Matusoka-senpai con degli
scatoloni per organizzare il trasferimento all’Iwatobi. Era
stato
definitivamente sconfitto, senza possibilità di rivincita.
E
se invece glielo dicesse? Non ha niente da perdere.
Rin
incrocia il suo sguardo. Ammicca, malizioso, e si porta un dito alle
labbra
come a invitarlo a fare silenzio. Il nostro
piccolo segreto. Per indurlo a stare zitto basta convincerlo
che
condividano qualcosa, anche se sporco come quell’infima
parodia di una
relazione.
Nitori
deglutisce. Non ha nemmeno nulla da vincere. Può sforzarsi
quanto vuole, ma non
riuscirà mai ad attirare l’attenzione del senpai
su di sé, anche se gridasse la
sua voce verrebbe smorzata fino a renderla del tutto invisibile: Rin
è troppo
preso dalla propria vita per fare caso alla sua.
In
fondo, è giusto così. Lui è un attore
protagonista, Nitori è solo una comparsa.
È solo cenere nel vento, trasportata senza
possibilità di scelta, e quell’uragano
di Matsuoka non può certo fermarsi per stare ad ascoltarlo.
Posso essere
felice anche così?
No.
Ma
a Rin non importa, tanto Nitori sta zitto lo stesso.
Note dell’autrice:
Free!
è finito e io, dopo essermi disperata per ore e ore, alle 3
del mattino mi
metto a scrivere una cosa del genere (e la pubblico alle 5. Chi mi
sveglia, domattina? /o\). Seriously, WTF? Non posso gioire come
se non ci fosse un domani perché il mio OTP ha finalmente
visto la luce
(RinHaru is canon,
làlàlàlàlà), no,
io non sono normale e devo scrivere su quel
povero Cristo di Nitori, che mi ha fatto tanta pena poverino
nell’ultimo
episodio. Cioè, Rin lo tratta veramente da schifo e Nitori
comunque TIFA PER
LUI sebbene stia gareggiando con la squadra AVVERSARIA.
Cioè, parliamone. (Rin è comunque il mio
personaggio preferito. Anche se gli faccio sempre fare lo stronzo,
sì. Just sayin'.)
By
the way, terza fan fiction che scrivo su Free! e terza in cui il
pairing
principale non è il mio OTP. Ho qualcosa che non va
X’D
Grazie
della lettura, gente, e alla prossima ^O^