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Autore: giambo    26/09/2013    4 recensioni
Storia classificatasi terza al “ [Dragon Ball Z] Le riserve Contest” di Triz.
Estratto:
'Perché?
Perché lui?
Cosa aveva fatto per meritarsi quel fardello? Quella colpa? Quei morti?'
Perché portare l'eredità di Majin Bu sulle spalle non è affatto facile.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ub
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: giambo

Titolo: Why?

Personaggio: Ub

Contesto: Alcuni mesi dopo lo scontro con Baby su Plant

Rating: Giallo

Note:  Questa storia partecipa al “[Dragon Ball Z Le riserve Contest]” di Triz (su Efp) o Triz93 (sul forum).

Salve a tutti. Questa è la prima volta che scrivo di un personaggio come Ub. Mi era sempre piaciuto, ma provare a scrivere di lui senza renderlo OOC è stata abbastanza dura. In realtà non saprei se sono andato fuori contesto o meno dato che avrei dovuto parlare di quando scopre le sue vere origini. Qui si parla delle sue origini, ma qualche tempo dopo la sua unione con Majin Bu. Spero per questo di non essere andato fuori tema!

Non saprei cos'altro dire. In principio avevo pensato ad una cosa più lunga, ma avrei sforato il limite massimo. Spero che anche così possa risultare accettabile. In ogni caso, recensioni di qualsiasi genere, anche critiche, sono accettate. Essendo la prima volta che scrivo di questo personaggio, non mi ritengo esente da critiche o correzioni.

E detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura!

Giambo.

 

 

Why?

 

Urla. Urla disumane risuonavano con forza nell'aria. Creando un lugubre coro che lo assordava in maniera piacevole. Le sentiva e se ne compiaceva. Le udiva e sentiva il bisogno di crearne ancora. Sempre di più. Continuamente. Era diventata una droga. Una droga di cui non voleva privarsi.

Percepì le proprie labbra deformarsi a creare un ghigno crudele mentre una nuova, inebriante sensazione si impadronì di lui. Avvertiva nell'aria un odore nuovo: quello del sangue. Era un odore fantastico, favoloso, impareggiabile. Decisamente, non c'era percezione olfattiva più dolce ed aspra allo stesso tempo di quella che il sangue appena versato emanava. Un odore che si permetteva di annusare ogni volta. Quando lo sentiva, percepiva dentro il suo corpo una sensazione fantastica, inebriante. Quasi come se avesse appena avuto un orgasmo dopo un rapporto.

Attorno a lui c'era il caos. Se ne compiacque. Era la sua creazione. La sua opera migliore ed impareggiabile: lo sterminio.

Alzò un dito. Nuove fiamme si levarono mentre sentiva il coro di lamenti aumentare d'intensità. Rise di gusto nel sentirli urlare. Era fantastico poter disporre a suo piacimento delle vite altrui. Non esisteva potere più bello o prezioso in tutto l'universo.

Volle testare la loro resistenza. Era un gioco crudele. Una specie di gara in cui i più deboli avevano la fortuna di crepare subito, mentre i più forti dovevano pagare per la loro resistenza.

Alzò un secondo dito. Nuove esplosioni irradiarono il terreno attorno a lui, mentre le grida raggiunsero il picco massimo.

Esplose in un gemito di piacere. Quella era pura musica per lui. Ormai totalmente estasiato, decise di alzare l'intera mano. Ponendo fine al suo gioco.

Il pianeta esplose in una miriade di schegge lucenti. Una pioggia dorata che racchiudeva dentro di sé centinaia di migliaia di anni di storia. Che lui aveva prontamente cancellato con un semplice tocco della mano.

Cominciò a ridere in maniera sguaiata. Era bellissimo, fantastico, stupendo! Quella continua distruzione lo esaltava come nient'altro. Comprese che quell'esistenza non l'avrebbe mai abbandonata. Mai.

La pioggia dorata gli illuminò il volto. Nel riflesso dorato poté vedere il proprio ghigno sanguinario e gli occhi rossi, che nascondevano un baratro di pazzia e morte.

Poi, tutto scomparve.

Tranne quel sorriso pazzo e quegli occhi folli.

 

Ub si svegliò di colpo. Con uno scatto incontrollato si rialzò urlando, rendendosi conto solo dopo qualche istante che quello che osservava stravolto era il muro immacolato di camera sua.

Cercò di calmarsi con qualche profondo respiro, come gli aveva insegnato a fare Goku. Per qualche minuto sembrò funzionare, ma poi le immagini di quei volti insanguinati, stravolti dal dolore e dalla paura gli invasero nuovamente il cervello.

Tese tutti i muscoli, portandosi le mani tremanti al volto ed ululando come un lupo ferito. Si sentiva le mani sporche di quel sangue. Avvertiva il senso di colpa per quelle stragi che vedeva ogni notte.

Tentò di rasserenare la mente ma non ci riuscì. Era troppo turbato da quello che aveva appena visto. Si rigirò in preda al nervosismo, finendo bloccato in mezzo alle lenzuola. Aveva il respiro pesante e roco, come se avesse appena compiuto uno sforzo disumano.

Prese a fare lunghi respiri, trattenendo ogni volta il fiato per una decina di secondi. A poco a poco riuscì a calmarsi, ma la sua mente, infida e subdola, gli si ritorse contro.

Il volto di una bambina, di chiara origine aliena, gli invase il suo occhio interiore, facendolo trasalire. Era di una bellezza mozzafiato. Gli occhi verdi avevano un taglio aggraziato, i capelli, lisci e del colore della notte, andavano ad incorniciare un volto di rara bellezza. Il ragazzo ne rimase ammaliato, incredulo che una semplice bambina potesse irradiare una tale sensualità.

Poi, improvvisamente, vide il viso delicato di lei deformarsi in una maschera di dolore. Sangue scuro macchiò la sua splendida chioma, mentre l'immagine si infranse in centinaia di schegge argentate che lo ferirono al cuore con una crudeltà assoluta.

Sapeva che era stato lui ad ucciderla.

Urlò di nuovo, cadendo dal letto, e rannicchiandosi sul pavimento in posizione fetale. Cominciò a dondolarsi suoi talloni, emettendo gemiti e singhiozzi disperati dalla gola.

“Va tutto bene. Tutto bene. Non c'è niente che non va in me. Niente. Va tutto bene...” il guerriero continuò a ripetersi queste parole in maniera incessante, ossessiva, nel disperato tentativo di crederci e di poter dimenticare.

Ma non era così facile.

Perché sapeva di non essere normale. Lo aveva sempre saputo in certo senso, anche se solo in quegli ultimi tempi ne aveva avuto conferma.

Fin da quando aveva ricordo di sé stesso Ub sognava, di tanto in tanto, quegli orrendi massacri. Notte dopo notte, il piccolo bambino che era stato aveva visto pianeti esseri distrutti, città intere sterminate, uomini trucidati, donne usate, sfruttate per scopi talmente ignobili ed animaleschi che nessun bambino al mondo dovrebbe vedere. Ma la cosa che l'aveva sempre sconvolto nel profondo era che sentiva di avere, dentro di sé, nel profondo del suo essere, una terribile certezza. Una convinzione che nessuno riusciva a togliergli dalla mente: a compiere quelle orrende azioni era stato lui.

Ub ne aveva parlato con i suoi genitori quando era ancora un bambino con una forza immensa dentro di sé. Ma questi ultimi non avevano avuto risposte. Avevano provato a mandarlo dallo sciamano del villaggio, ma anche lui non era riuscito a trovare un rimedio al tormento del giovane. Anno dopo anno, Ub era cresciuto sempre più forte e sempre più buono, ma quegli incubi non se ne erano mai andati. Potevano dargli tregua per qualche tempo, ma prima o poi tornavano sempre alla carica. Rendendo le sue notti un'agonia lenta e continua. Un immergersi nel baratro della follia e della morte da cui faceva sempre più fatica ad uscirne.

Quando Goku aveva cominciato ad allenarlo, il ragazzino gli aveva parlato di questi suoi sogni, ma il saiyan aveva sempre tergiversato. Evitando l'argomento in maniera così lampante da fargli avere la certezza che gli stesse tenendo nascosto qualcosa. Alla fine aveva rinunciato ad estorcere l'informazione al suo maestro, rassegnandosi a non sapere mai la verità su di lui ed i suoi immensi poteri, ma gli incubi non erano spariti con la sua rassegnazione.

Poi, qualche mese prima, durante lo scontro con Baby su Plant, Majin Bu si era unito a lui. Aprendogli gli occhi sulla sua vera natura. Era stato un sollievo, sotto un certo senso, sapere la verità. Ma se nel furore della battaglia non si era fatto troppe domande, quando la vittoria su Baby era stata certa, la sua mente aveva cominciato a formulare quesiti a cui trovava difficile dare una risposta.

La prima domanda che si era formulato dentro di sé era stata perché. Perché proprio a lui? Perché proprio lui doveva portare sulle spalle il pesante fardello di Majin Bu? Ub era sempre stato felice ed orgoglioso della sua forza, dato che gli aveva permesso di mantenere la sua famiglia e di proteggere le persone a lui care, ma dopo che aveva saputo la vera origine di quest'ultima, il guerriero si era sentito disgustato di sé stesso.

“Sono un mostro...” pensò mentre quegli occhi folli ed assetati di sangue gli inondavano la mente. La consapevolezza di essere stato un tempo lui a compiere quelle azioni gli faceva venire la nausea. Un fiotto acido gli bruciò la gola, ma il terrestre riuscì a respingerlo ed a trattenersi. Non poteva mostrarsi debole. Lui era forte, avrebbe resistito anche a quella condanna del fato.

Ma era terribilmente difficile.

Avvertì che il suo turbamento aveva risvegliato Bu. Era raro che quest'ultimo si risvegliasse dal profondo letargo che si era imposto fin dal momento della loro unione. Era stata una sua scelta: a decidere e comandare tutto doveva essere Ub. Il ragazzo non aveva potuto fare altro che accettarla. Anche se poteva capitare che si risvegliasse, spesso a causa delle sensazioni che provava il guerriero di colore.

Con leggerezza e dolcezza, Bu indagò su cosa avesse turbato così profondamente la sua metà. Il suo pensiero mentale vagò pigramente dentro il corpo del ragazzo, donandogli un dolce calore interno che ebbe l'effetto di rasserenarlo parzialmente. Quando il vecchio Majin Bu capì la causa del suo malessere, decise di intervenire.

“Va tutto bene Ub. Va tutto bene...” oltre a contattarlo telepaticamente, Bu ricorse ad immagini gioiose ed allegre che riguardavano tutti i momenti che aveva passato insieme a Mr. Satan in quegli ultimi vent'anni. Sommerso da quel fiume di allegria e spensieratezza, il terrestre riuscì a calmarsi parzialmente, rilassando i muscoli e bloccando il tremito che lo pervadeva.

“Va tutto bene Ub...” quest'ultimo non rispose. Proprio quando stava sciogliendo le articolazioni dei muscoli, una nuova immagine di quegli occhi pazzi e di quel ghigno satanico gli invasero la mente. Facendolo impazzire.

Ricominciò ad ululare disperato, portandosi le mani sul volto e conficcandosi le unghie nelle tempie nell'estremo tentativo di scacciare quelle immagini con il dolore. Quando si accorse che la sua mente gli inviava stralci dell'ennesimo massacro, il guerriero prese ad urlare, rompendo il silenzio che regnava nella stanza.

“Io non sono come te! Vattene! Vattene via! Lasciami vivere!”

Sentì alcune voci fuori dalla porta, ma non se ne preoccupò. In quel momento il terrestre stava lottando disperatamente contro la sua mente, nell'estremo tentativo di dimenticare quelle orrende visioni.

 

Uomini su uomini che morivano come mosche, innalzando pile di cadaveri sempre più alte. Vide giovani e vecchi, uomini sani e malati, buoni e cattivi. Tutti con la stessa identica smorfia di dolore stampata sul volto e lo stesso sguardo spento rivolto verso il nulla.

 

“Basta...” balbettò tremante mentre cominciò a muoversi in maniera convulsa sul pavimento, ormai totalmente preda di quel nuovo incubo.

 

Il sangue lo ricopriva totalmente. Era bellissimo poterlo sentire sulla pelle, annusarlo, assaggiarlo. Una sensazione di puro piacere lo inondò. Mandandolo totalmente in estasi.

 

I tremiti erano sempre più forti. I nervi spiccavano nitidi sui muscoli, gonfi e tesi, come in procinto di scattare da un momento all'altro. I suoi occhi avevano perduto l'iride. Persi ormai nella follia e nella morte delle sue visioni.

 

Morte. Morte ovunque. Quanto gli piaceva tutto ciò! Quanto adorava poterla infliggere continuamente, senza interruzione, senza pause, senza mai fermarsi. Lui viveva per quello. Era scritto nel suo destino.

Lui doveva essere la Morte.

 

“Basta...ti prego basta....” il ragazzo cominciò ad avere tremiti più forti mentre le immagini dei massacri venivano frammentate da spezzoni della sua vera vita. Alternandosi dentro la sua mente come in un film impazzito.

 

Osservò suo fratello maggiore faticare per arare il piccolo pezzo di terra di cui disponevano. Gli sorrise mentre gli prendeva con dolcezza l'attrezzo agricolo dalle mani e terminava senza sforzo lui quel compito. Lo sentì ringraziarlo e ridere di gusto. Il suo sorriso si fece più largo. Era bello poter aiutare i suoi fratelli.

Poi, una volta terminato il suo lavoro, si girò. Rimanendo impietrito nell'osservare che suo fratello era sparito. Lasciando il posto a quel sorriso sanguinario ed a quegli occhi.

Sentì un liquido vischioso colargli dalle mani, se le portò di fronte agli occhi. Le vide sporche di sangue. Il sangue delle sue vittime.

Urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva. Mentre una risata malvagia gli assordò le orecchie.

 

Si svegliò con il fiatone, osservando il volto preoccupato di sua madre che tentava di tenerlo fermo.

“Ub...cosa c'è? Prima ti abbiamo sentito urlare. Va tutto bene?” gli domandò con dolcezza il genitore.

Il ragazzo non rispose. Si alzò di scatto, constatando con orrore che quelle immagini erano ancora vivide nella sua mente.

“Ub...ma cosa...” prima che sua madre potesse terminare la frase, il guerriero uscì di corsa dalla stanza. Cominciando a correre come un forsennato.

Uscì di casa. Fuori la notte era fresca. Il vento notturno gli baciò con dolcezza il petto ed il collo bagnati di sudore. Corse. Corse mettendoci tutto sé stesso in quella folle corsa. Cercando di dimenticare tutto quello che aveva appena visto e provato.

Sentiva il rumore del vento sulle orecchie, il tonfo delle piante dei piedi sulla terra battuta, il sudore che gli scendeva pigramente dalle ascelle. Si concentrò su questi fenomeni, cercando di isolare qualsiasi pensiero logico o razionale dalla sua mente. Quest'ultima gli si era rivoltata contro e lui, per non impazzire, aveva bisogno di affidarsi all'istinto. E l'istinto gli diceva di correre, muoversi. Affondare nella fatica fisica l'orrore e la confusione che lo pervadevano. Doveva rifugiarsi nel suo corpo, perché solo così poteva provare a svuotare quell'oggetto diventato improvvisamente suo nemico che la gente chiamava 'cervello'.

Corse. Corse con tutta la forza che aveva. Ben presto nella sua mente non ci fu altro che la sensazione del continuo contrarsi e distendersi dei muscoli delle gambe, il battito accelerato del suo cuore, il sudore che si raffreddava sotto l'azione del vento, facendogli venire la pelle d'oca e rendendolo incredibilmente sensibile dal punto di vista tattile.

“Va tutto bene Ub...va tutto bene...” le parole dolci che Bu gli continuava ad inviare gli diedero sollievo. Sapere che non era solo in quella lotta contro sé stesso era fantastico.

“Vorrei anch'io che fosse così...” rispose mentre continuava imperterrito nella sua falcata ampia e fluida lungo le strade battute della campagna aspra e selvaggia che lo circondava.

Perché? Perché lui? Cosa aveva fatto per meritarsi quel fardello? Quella colpa? Quei morti?

Non lo sapeva. Ma avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter avere una risposta.

“Va tutto bene...”

“No amico mio...non va bene. Io non vado bene.”

Sentì i primi crampi afferrargli i polpacci ma non si fermò. Continuò a correre sotto la volta stellata, mentre l'argentea luna si coricava dietro la linea dell'orizzonte e la sua mente continuava a domandarsi una cosa sola.

Perché?

Forse non l'avrebbe mai saputo.

“Va tutto bene Ub...va tutto bene...io sono con te...”

“Lo so amico mio...lo so...”

Proseguì nella sua corsa selvaggia ed elegante allo stesso tempo per tutta la notte, mentre la sua mente si arrovellava in modo ossessivo dietro a quella parola, inutilmente confortato da Bu.

“Va tutto bene...”

“Perché?”

 

Fine

  
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