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Autore: Chemical Lady    27/09/2013    0 recensioni
Crossover delle tre serie CSI: Las Vegas, Miami e New York.
La stanza era silenziosa, totalmente scura se fatta eccezione per una lamina di luce che sembrava provenire da sotto ad una porta.
Le faceva male la testa, ogni osso del suo corpo come se si fosse improvvisamente presa una brutta influenza.
Era confusa, spaventata, ma non sola.
Sentiva qualcuno muoversi accanto a lei di tanto in tanto e, a quei fruscii, seguiva un mugugno acuto, femminile e sofferente. Non poteva scoprire chi ci fosse lì, con lei, poiché i polsi e le caviglie legati le impedivano di spostarsi, ma quella persona non doveva passasela meglio di lei.
In un certo senso, il pensiero di avere qualcuno accanto la rinfrancò. Almeno non era sola, aveva una speranza di scappare. Solo, come?
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Greg Sanders, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: The Best I Ever Had.
Raiting:
Arancione
Personaggi Principali: Greg Sanders; Don Flack; Ryan Wolfe; Tre nuovi personaggi.
Ambientazione: CSI Las Vegas: tra la tredicesima e la quattordicesima stagione. Ho risparmiato a chiunque non avesse visto gli avvenimenti della 14x01, così da non creare spoiler. Per quel che riguarda New York e Miami, la fine di tutte le stagioni.
Avvertenze:  Potrebbero esserci scene di violenza, che verranno opportunamente segnalate.
Discriminate: Non posseggo ne la trama di fondo ne i personaggi principali, eccezione fatta delle tre protagoniste femminili. Ho inventato io stessa il caso trattato. Il resto è proprietà esclusiva della CBS. Non scrivo a scopo di lucro.
 
Crossover delle tre serie CSI: Las Vegas, Miami e New York.
La stanza era silenziosa, totalmente scura se fatta eccezione per una lamina di luce che sembrava provenire da sotto ad una porta.
Le faceva male la testa, ogni osso del suo corpo come se si fosse improvvisamente presa una brutta influenza.
Era confusa, spaventata, ma non sola.
Sentiva qualcuno muoversi accanto a lei di tanto in tanto e, a quei fruscii, seguiva un mugugno acuto, femminile e sofferente.  Non poteva scoprire chi ci fosse lì, con lei, poiché i polsi e le caviglie legati le impedivano di spostarsi, ma quella persona non doveva passasela meglio di lei.
In un certo senso, il pensiero di avere qualcuno accanto la rinfrancò. Almeno non era sola, aveva una speranza di scappare. Solo, come?

Buona lettura.
 
 
 


 

 
 
Prologo, Parte uno: Las Vegas.
 
 
 
 
 
 
Circa tredici anni prima 
Las Vegas, Nevada.
Laboratori della Polizia Scientifica.
Past.
 
Il lungo corridoio dei laboratori le pareva infinito mentre camminava fianco a fianco col suo nuovo capo. Non riusciva a trattenersi dal lanciargli di tanto in tanto delle occhiatine, troppo curiosa di lavorare fianco a fianco con quel uomo che pareva intessante.
Harper Kessler era davvero molto giovane, aveva ventidue appena fatti e la laurea in criminologia ancora calda fra le mani, ma non era una scema, sapeva che ostentando sicurezza andava sul sicuro. Nonostante questa facciata dentro di sé stava praticamente tremando di ansia, gioia, curiosità e voglia di dimostrare quanto vale.
“Ora che hai conosciuto il team e il detective Brass passo a mostrarti velocemente il laboratorio, poi raggiungeremo Caterine al Lago Meed, dove è stata appena pescata una gamba.”
“Senza nulla attaccato?” chiese la ragazza e lui annuì.
“Va trovato il resto, ora.”
Harper si sentiva ancora un po’ a disagio all’idea di far parte dei un team che pareva così affiatato. Appena entrati nella zona degli armadietti aveva visto parlare quel gruppo di ragazzi come se fossero amici di infanzia, ridendo e scherzando, e si chiese se mai anche lei sarebbe entrata così in contatto con loro.
Francamente, lo sperava.
Ad averle fatto l’impressione migliore per il momento era un ragazzo moro, con gli occhi che ‘sorridevano’. Esatto, riusciva a sorridere con solo gli occhi e questo l’aveva stupita. “Nick Stokes” si era presentato con entusiasmo, per primo, porgendole la mano con un sorriso raggiante.
Caterine era stata la seconda, che con molta educazione le aveva stretto la mano dandole il benvenuto. E poi c’era stata Sara, con lei aveva sentito che no, non sarebbero diventate poi così amiche. Non sapeva quanto stava sbagliando a giudicarla.
Avevano incontrato poi Robbins, il coroner, appena fuori dall’ascensore e Brass poco più avanti.
Gil le fece cenno di fermarsi un istante ed entrare prima di lui in uno dei cubicoli dalle pareti di plastica trasparente che formavano l’area tecnica “Questo è il laboratorio delle impronte digitali, il cui coordinatore è Mandy” guardò una ragazza all’interno dell’ufficio tutta intenta a lavorare “Questo è Bobby Dawson” continuò Grissom mentre un uomo dall’aria simpatica le porgeva la mano “addetto al laboratorio balistico…. E lui è Archie, per l’analisi dei dati audio-video. Il resto dei ragazzi li conoscerai durante le indagini e… Oh, per la miseria!” Grissom smise di parlare guardando con disappunto un altro laboratorio, prima di avvicinarsi a passi abbastanza sostenuti, in una marcia che ad Harper parve quasi minacciosa.
“Ma questa è musica meta?” chiese la giovane con aria divertita, seguendolo.
Il supervisore spalancò la porta, andando a staccare la spina di un piccolo stereo che sembrava esser stato portato da casa. Subito un ragazzo, che sembrava anche lui piuttosto giovane, si voltò, scontrando per la prima volta un paio di occhi che mai più sarebbe riuscito a levarsi dalla mente.
“Questo è Greg Sanders, addetto al laboratorio di analisi del DNA” le disse Grissom sbrigativo,  visto che il giovane topo di laboratorio sembrava aver perso l’uso del verbo. Harper lo studiò per bene come era solita fare con chiunque entrasse in contatto con lei. Non a caso era una profiler, era una distorsione professionale, la sua.
Capelli castano-biondicci ingellati, maglietta vecchia e sbiadita di Marilyn Manson sotto al camice, jeans strappati sulle ginocchia.
Era un autentico outsider, per quel luogo.
D’altro canto, anche lui l’aveva studiata.
Era bella, decisamente molto bella. Bassina, minuta e dalla pelle di porcellana tanto era chiara. Ma quello che lo colpì maggiormente, a parte quello che sembrava un polsino degli Slipknot che sbucava dalla manica della camicia formale, era stato il viso: sembrava uscito da un suo sogno. Gli occhi azzurrissimi erano limpidi come due pozze di acqua cristallina, grandi ed espressivi. I capelli erano chiarissimi, di un biondo naturale, molto curati e tagliati in modo da farli cadere armoniosi e lisci alla base del collo. Un ciuffo  non gli era mai parso così peccaminoso, anche se paradossalmente, la giovane sembrava caduta dal cielo.
La bionda si sentì un po’ imbarazzata da quegli sguardi e subito si spostò una ciocca dal viso dietro all’orecchio rivelando una fila di anelle su di esso.
“Lei è Harper Kessler” proseguì il supervisore, vedendo che la situazione pareva non volersi sbloccare “è il nostro nuovo acquisto, che ben promette. Ora andiamo da Caterine per quel-”
“Grissom aspetta!” Greg arrivò davanti all’uomo e alla ragazza “Ecco io mi chiedevo se…. Ecco….”
Gil attese qualcosa come venti secondi e poi fulminando il ragazzo uscì, seguito dalla biondina. “Allora ci vediamo qui in giro” le disse Greg facendola voltare, un po’ smarrita “Si perché io…. Io lavoro qui!”
“Beh, se sei il tecnico del DNA direi di si” ironizzò la giovane per poi sbrigarsi a seguire i capo “È sempre così?”chiese, divertita.
“Avvolte anche peggio” ammise l’uomo mentre uscivano alla volta della sua prima scena del crimine “Non preoccuparti, anche tu ti affezionerai a Greg.” le disse mettendo in moto l’auto “Se posso farti una confessione, e con questo intendo che non devi dirglielo, sarà anche eccentrico e vagamente seccante, ma nel suo lavoro è il migliore. Prendiamo molti respiri profondi per calmarci, ma non credo che sia un elemento sostituibile nel team.”
Harper annuì senza darci troppo peso.
Non che le interessasse molto di quel singolo elemento, pensò mentre il capo le parlava anche di un certo Warrick Brown, che doveva ancora conoscere, infondo era solo un tecnico, ci avrebbe parlato si e no solo per i risultati delle analisi….
Quanto si sbagliava.

 
 
 
 
July, 10 2013.
Periferia di Las Vegas (NV).
Ore 21.15 pm.
Present.
 
 
Il numero 112 di Buffalo Drive, a Summerlin, è  la tipica strada di periferia, dove abbondano le villette a schiera piena di belle famigliole felici almeno all’apparenza.
Quando Harper parcheggiò il suv d’ordinanza in fondo alla via, laddove il vicolo cieco formava una piazzola di forma circolare contornata di case, non sapeva che quel luogo le avrebbe cambiato la vita.
L’aria gelida del deserto soffiava forte, così tanto da costringerla ad alzare il colletto della giacca leggera che indossava quella sera. Rossa, di pelle, con grandi tasche parecchio comode. Si diresse verso il baule e da esso prese, come da ruotine, il kit, prima di avviarsi verso il nastro giallo. I vicini si erano radunati in branco attorno ad una grande villa dall’aspetto raffinato, ma Scott ci mise due secondi a spostare un paio di curiosi per lasciarla passare “Buonasera, Kessler.”
“Ciao Scotty, chi è già arrivato?”
L’agente la aiutò, sollevando il nastro per permetterle di passare senza doversi abbassare troppo “Il Capitano Brass è già dentro insieme a Stokes e a Finlay.”
“Urrà” la donna finse di esultare, strappando un sorrisetto all’agente, prima di dirigersi ad ampi passi verso l’ingresso. Prima, però, dovette farsi una bella camminata. Capì subito perché il nastro era stato posto fuori dalla cancellata principale: il primo cadavere era riverso in una pozza di sangue, al centro del grande cortile di ghiaia bianca e fine e siepi. Era protetto alla vista dei curiosi solo dalla berlina nera che doveva essere di sua proprietà e aveva la testa letteralmente spaccata. Harper si chinò su di lui, guardandogli il viso sul quale si era dipinta un’espressione sorpresa. Doveva essere iniziato lì, in quel cortile, l’assassino l’aveva sorpreso mentre stava per entra in casa, prima di andare a sfogare la sua sete di sangue sulla famiglia dell’uomo. Sì, perché Harper aveva montato il servizio solo venti minuti prima, ma alla radio aveva sentito che aveva a che fare con  un omicidio multiplo.
Si raddrizzò, andando vero l’ingresso dell’imponente villa, cercando di scrollarsi di dosso l’apatia che provava ormai da qualche tempo, ma che, invece di svanire, si faceva sempre più forte.
Da qualche mese, quel lavoro per cui aveva dato la vita e che l’aveva sempre gratificata, iniziava a diventare più un peso che una liberazione.  Iniziava a chiuderle ogni spazio libero, a privarla del suo ossigeno. Forse però non dipendeva dall’atmosfera del laboratorio o dai casi complessi; c’erano state giornate no e criminali furbi in tutti quei tredici anni di lavoro presso il dipartimento di Las Vegas….
Qualcos’altro stava cambiando, anzi, era già cambiato e quel qualcosa l’aspettava ai piedi di una grande scalinata.
Quando Harper vide Greg chino su una delle vittime, sentì il cuore sprofondare nel petto. Lui ci mise qualche istante a notarla, preso come era dallo scattare foto al corpo senza vita di una ragazza di circa diciotto anni, anche lei riversa in una pozza di vermiglio sangue. Quando i loro occhi si scontrarono, color miele nell’azzurro più limpido, si fissarono per un istante.
Poi lui riprese a far foto, senza dire nulla, e lei si avvicinò “Scotty mi aveva detto che avrei trovato Nick dentro.” Disse, cercando di sembrare disinteressante, mentre esaminava il cadavere. Notò una sostanza strana alla base del collo, patinata “L’hai già catalogata questa?”
“Sì, puoi prendere un campione” rispose lui, a sua volta fingendo un tono falsamente rilassato “Nick comunque ha risposto ad una chiamata mentre stavo arrivando io. Russell ha bisogno di lui per una rapina e un tentato omicidio.  Spero non sia un problema per te, se ci sono io.”
La donna prese un campione, etichettandolo “ No, non lo è.” La risposta fu più gelida di quanto Greg si sarebbe aspettato in un primo momento. La guardò alzarsi e porgergli il tampone, ben attenta a non sfiorare la sua mano nemmeno per sbaglio “Vado a vedere se Finn ha bisogno di me.” aggiunse rapidamente, defilandosi  verso la cucina, dove poteva chiaramente sentire la voce della collega che parlava al cellulare.
“Harper, aspetta.” Per impulso, le prese gentilmente il polso. Voleva dirle qualcosa, qualsiasi cosa servisse per farla rimanere lì, ma non gli venne in mente nulla.
Senza riuscire ad attirare il suo sguardo, lasciò che la mano scivolasse via dal suo bracco e tornasse ad impugnare la macchina fotografica.
Sanders la guardò andare via, concedendosi una malinconia velata nello sguardo, ora che lei non lo stava più guardando. Tutte le volte che si parlavano, quando lui andava a prendere Aubree o lei la passava a prendere, sembravano due sconosciuti.
Non sembravano genitori di una bambina di otto anni.
Non sembravano sposati.
Non sembrava nemmeno che si conoscessero.
Con un sospiro, riprese dove aveva lasciato,facendo la sola cosa che gli veniva davvero bene per distrarsi: buttarsi a capofitto nel caso.
 
 
Finn accolse Harper con un’espressione tutt’altro che felice, al contrario di David che le sorrise gioviale mentre rigirava il cadavere di una donna anziana a faccia in su, per poterlo mettere nella busta del corner “Pensavo fosse il tuo giorno libero” le disse il medico, mentre lei appoggiava il kit su un ripiano della cucina precedentemente esaminato.
“Copro Sara, oggi.” Rispose Kessler, aprendo il kit per prendere un paio di guanti e la torcia, che poi infilò in tasca. “Cosa abbiamo qui?”
“Tabita Murray, la madre del proprietario della casa, Joseph Murray.” Rispose Finn, lanciandole un’occhiata eloquente.
Harper socchiuse le labbra per stupore “Quel Murray? Il gioielliere di Cartier?”
“Esattamente.”
Kessler fischiò piano. Il solo pensiero di tutti i diamanti che potevano essere custoditi all’interno di una cassaforte in quella casa le fece dimenticare per un istante Greg “Quindi il movente è la rapina?”
“Ma non hanno preso nulla.” le fece sapere la collega “Il custode ci ha indicato la cassaforte: intatta. Vieni, ti faccio vedere gli ultimi due corpi.”
Harper si sbrigò a seguire Finn. Passarono di nuovo accanto a Greg, ma nessuna delle due lo guardò. In quel momento fu un caso, ma quasi tutto il laboratorio era schierato dalla parte della donna, quando si sussurravano pettegolezzi su loro due.
Li avevano visti crescere, da novizia e tecnico di laboratorio a due agenti su campo. Le mura della scientifica li avevano visti incontrarsi per la prima volta e innamorarsi. Li avevano visti scoprirsi sempre di più, conoscersi e litigare. Avevano addirittura visto la nascita dalla loro bambina.
Ma tutto ormai sembrava essersi appassito.
Tutto aveva assunto contorni sfocati e tristi.
Traballanti e svuotati di ogni speranza.
La stanza in cui la condusse Finn era sempre al piano terra, non sembravano esserci corpi al piano di sopra. Su tre sedie erano legati e imbavagliati tre corpi. Una terza sedia giaceva riversa al suolo, le corde erano tagliate e lasciate lì. “Questa sono la moglie, una delle due figlie maggiori e la sorella di Murray. Il figlio minore, Chad, è vivo anche se in condizioni critiche. I paramedici l’hanno slegato in fretta e hanno pestato il sangue, portandolo un po’ ovunque. Ma guarda la” le fece segno verso la finestra.
Harper si avvicinò, accendendo la torcia. Il vetro era spaccato, così come l’asse mezzana dello scuro. “Perché entrare da qui? Dopotutto avevano ucciso il capo famiglia. Bastava prendergli le chiavi ed entrare dall’ingresso.”
Finn la guardò stranita “Secondo quale supposizione pensi che Murray Senior sia morto per primo? Senza contare che quella potrebbe essere anche una via di fuga. Si sono sentiti degli spari, non potevano uscire dalla porta principale.”
Harper annuì piano, scrollando il capo “Sì io…. Scusami. No, non ci sto molto con la testa.”
La collega sospirò, mentre guardava Kessler prendere dal Kit la polvere per impronte. Iniziarono a lavorare, Harper sulla finestra e Finn sulle corde e sui rilievi principali, in silenzio. L’agente più anziano lasciò passare qualche minuto, prima di rompere il silenzio che era venuto a crearsi “Aubree come sta?”
Harp alzò lo sguardo su di lei, dopo aver constatato che non c’erano impronte utilizzabili. “Ora è da mia madre. La tiene sempre lei quando faccio le notti e ormai ha più arredata la stanza da lei che a casa nostra…”
Finn le si fece più vicina, reggendo il pennelletto della polvere magnetica in una mano, mentre portava l’altra sul fianco “Non ti ho chiedo dov’è ora, ma come sta.”
“Le manca il papà” ammise Harper, cercando di soffocare il tono triste “Greg la tiene tutti i lunedì, per il suo giorno libero e lo domenica notte…. La va a prendere ogni tanto a scuola, ma lo vede un terzo di prima e già prima ci vedeva poco entrambi. Ora addirittura mai insieme.”
La collega la guardò dispiaciuta, ma decisa a farle forza “Non preoccuparti, credo che la situazione si risolverà. È un brutto periodo per voi, ma Greg tiene alla sua famiglia, di questo penso di esserne certa.”
Harper non rispose subito, perché non riusciva a trovare le parole. Aveva interrogato Nate Haskell, Natalie Davies…. Era una profiler, era abituata a saper cosa dire anche nelle situazioni peggiori. Non si era mai fatta cogliere in fallo da un solo criminale e vantava un certo self-control, ma come reggere il peso della propria vita che si sbriciola?
“Ho conosciuto un uomo.” Iniziò, cauta. Sapeva che tutti i loro colleghi erano particolarmente sensibili all’argomento, come se il pensiero che davvero potessero divorziare fosse a loro insopportabile. Con Finn però era diverso. Lei non li aveva visti innamorarsi, crescere e tutte le stronzate di prima. Lei era arrivata in un momento in cui le cose avevano già iniziato a mutare, anche se loro coprivano quello scroscio in sottofondo con i suoi dei baci. Infatti, la collega la lasciò parlare senza interromperla, cosa che mai sarebbe riuscita a fare con Nick nonostante fossero molto amici “Si chiama Carson, lavora come aiuto cuoco al Belleview, il ristorante accanto al mio stabile. Sono passata spesso di lì ultimamente, soprattutto la domenica quando sono a casa sola, per prendere qualcosa da mangiare e ci siamo conosciuti. Lui è gentile, mi ha chiesto di uscire molte volte e venerdì, per la mia serata libera, ho accettato. Mi ha portata in un posto bellissimo, con una vista panoramica unica sul Bellagio e ha anche pagato il conto. È stato gentile e ha avuto un’accortezza che non sentito da molto tempo.”
Finn annuì lentamente “Cavolo, bel colpo. E aveva già…?”
Harper sbuffò una risata “Che tipo di ragazza credi che io sia? Ci siamo scambiati un paio di castissimi baci sulle guance, quando mi ha accompagnata a casa. Intendo rivederlo però.” Fece una pausa, riponendo nel kit il pennello. Nessuna impronta, nulla di nulla “Lo so che è stupido, ma io sono stanca di guardare mio marito che rincorre Morgan per il laboratorio, o finge di non vedermi. Io vivo da mia madre con mia figlia da quasi cinque mesi.” Ammise infine, lasciando spiazzata Finlay che no n si aspettava che le cose andassero davvero così male “Siamo separati e tutto è successo senza accordi ne nulla. Io l’ho accusato di tradirmi e lui non solo non ha negato,ma ha sciorinato un discorso senza senso su dei suoi dubbi riguardo noi due. Non ha pensato ne a me ne a Aubree. Per questo mi rifiuto di sentirmi in colpa, se vedo un altro. Mi farà bene.”
“Lo credo anche io, puoi vederla quanto meno come una pausa. Se poi Greg tornerà sui suoi passi-”
“A quel punto rifletterò su cosa fare.” La interruppe Harper, secca. Non poteva negare a se stessa quanto Greg le mancasse, di quanto avrebbe davvero voluto delle scuse. Lo aveva già perdonato una volta e avrebbe potuto anche rifarlo, ma uscire con Carson l’aveva fatta sentire di nuovo bella e importante. Unica. “Vado a controllare il perimetro esterno, ok?”
Finn annuì “Finisco i rilievi sulla porta e ti raggiungo.”
“Grazie.” Passando, Harper le appoggiò una mano sul braccio. Non la stava ringraziando perché aveva detto che sarebbe andata a darle una mano ad esaminare un cortile certamente immenso. Non la stava ringraziando perché non avrebbe mandato Greg.
La ringraziava per averla ascoltata, anche se loro due non avevano mai avuto poi così tanta confidenza.
Il giardino era buio pesto.
Harper arrivò un po’ a fatica alla finestra, notando che Finn aveva già lasciato la stanza. Forse aveva finito le buste di carta ed era uscita a prenderle nell’auto.
Fece i rilievi sulla finestra reggendo le torcia tra i denti, ma anche lì  nulla di fatto, eccetto un piccolo brandello di uno strano tessuto nero, sottile ma che pareva foderato in qualche modo. Lo imbustò, appoggiando sulla finestra, prima di camminare verso il muretto esterno, cercando di capire da dove potessero essere usciti gli assassino o l’assassino.
Sentì un rametto spezzarsi dietro di lei, alla sua destra e illuminò quella porzione di giardino, non vedendo nulla se non alberi d’arancio e cespugli di lavanda.
“Finlay?” chiamò a voce misurata “Brass?”
Nessuna risposta, forse era stata lei stessa a fare quel rumore.
Sospirò, nervosa, camminando ancora in quel sentiero scosceso tra la vegetazione curata ma un po’ troppo fitta, arrivando al muro.
Non sembrava esser passato nessuno da lì, la terra non era smossa e non c’erano segni di alcun tipo. Abbassò un poco la torcia, sentendo un altro rumore, più vicino.
Non ebbe però la prontezza di voltarsi in tempo.
Sentì qualcuno schiacciarla contro il muro, mentre la torcia le cadeva a terra e un panno umido le veniva premuto sul viso. Tentò senza successo di urlare, sbracciandosi quanto più possibile, ma fu tutto inutile.
Tirò anche un paio di calci al suo aggressore sconosciuto, ma non ci volle molto prima che il cloroformio iniziasse a fare effetto, rendendola inerte. Cadde addormentata e venne portata via con rapidità, senza che nessuno potesse accorgersi di nulla all’interno della grande villa.
Continua.
 
 
 
 
Nda.
Salve a tutti!
Approdo in questo fandom che AMO follemente.
Chiedo scusa se ci metterò un pochetto ad aggiornare, farò il possibile vista l’università e la ricerca del lavoro.
La ff è quasi finita e completamente strutturata. Avevo preso a postarla in un forum, ma ho cambiato praticamente tutto!
Ho inventato dei nuovi personaggi, sperando che possa intrigarvi la trama di fondo.
Il primo personaggio inventato ve l’ho presentato in questo prologo, è Harper Kessler, lavora presso la polizia scientifica di Las Vegas ed è sposata con Greg Sanders, con cui ha avuto anche una bambina.
Dal nome potrete intuire qualcosa del suo passato, se siete attenti!
Come presta volto immagino la bella Sarah Gadon, anche se per il 2013 dovete invecchiarla un pochetto!
Ogni commento sarà sempre ben accetto, positivo o negativo che sia!
 
A presto con il prossimo capitolo!
Un abbracci
Jessy
 

 
 
 
 
  
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